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Il limite ignoto Domani i colloqui a Istanbul

Il capo della delegazione russa Vladimir Medinsky parla ai media dopo il primo round di colloqui di pace Il capo della delegazione russa Vladimir Medinsky parla ai media dopo il primo round di colloqui di pace

Più che verso i negoziati previsti domani a Istanbul, l’attenzione di Russia e Ucraina sembra assorbita da quanto accade al fronte. È ormai ufficiale che Mosca stia tentando di premere su diverse assi per guadagnare terreno e concretizzare un’offensiva primaverile ai danni di Kiev. In particolare, l’area nord-orientale di Sumy si trova parecchio interessata dalle spinte: secondo il presidente ucraino Volodymyr Zelensky qui sarebbero state ammassate 50mila truppe nemiche e una settimana addietro il suo omologo russo Vladimir Putin aveva parlato esplicitamente della necessità di una buffer zone al confine.

POTREBBE ESSERE dunque questa l’intenzione del Cremlino: completare definitivamente la liberazione della oblast di Kursk (da cui gli ucraini si erano ritirati in maniera quasi totale a marzo, dopo l’incursione a sorpresa dello scorso agosto) e rosicchiare ulteriori metri in campo avversario per una “messa in sicurezza” che può essere presentata internamente come un’operazione vittoriosa. Sebbene sia difficile che si verifichino sfondamenti cospicui e in breve tempo (la Russia manca di sufficienti mezzi corazzati per manovre di peso e la linea di contatto è pattugliata da una parte e dall’altra da sciami di droni), Kiev si affretta a sfollare il più possibile la popolazione: sarebbero oltre 200 le località con ordine di evacuazione. Il comandante in capo delle forze ucraine Oleksandr Syrsky ha inoltre riferito di attacchi più sostenuti del solito lungo l’asse di Zaporizhzhia, centro-est del paese.

NON STUPISCE allora che i proclami riguardanti la diplomazia si rarefacciano. Anzi, parrebbe quasi che sia Ucraina che Russia si stiano approcciando ai colloqui a Istanbul dando per scontato che accordi sul quadro generale della guerra non saranno nell’ordine delle possibilità. Più probabile che si cerchi intese su questioni pratiche, come è successo nella scorsa sessione che ha comunque fruttato il più grosso scambio di prigionieri dall’inizio del conflitto. In ogni caso, Kiev ha sottoposto sia alla controparte che agli Stati uniti un memorandum in 22 punti in cui stila le proprie condizioni per la prosecuzione del dialogo con Mosca la quale, però, al momento non sembra essersi sforzata nel fare altrettanto. Sono, invece, i paesi terzi a profondere maggiore impegno nel tentativo di tenere in piedi i negoziati. Innanzitutto la Turchia, padrona di casa piuttosto attiva negli ultimi giorni: il ministro degli esteri Hakan Fidan si è recato l’altro ieri di persona in Ucraina, mentre il presidente Erdogan si è sentito telefonicamente con Zelensky ribadendo che Ankara «sostiene la sovranità e l’integrità territoriale» del paese aggredito. Pur avendo intessuto nel corso del tempo rapporti di strumentale collaborazione con la Russia, la Turchia rimane il secondo esercito della Nato e ultimamente, complici forse le volontà di protagonismo nella gestione della Siria post-Assad, si nota un certo riavvicinamento all’Europa (e ai suoi piani di riarmo).

WASHINGTON dal canto suo continua su una sorta di doppio binario retorico per cui, da un lato, il presidente Donald Trump e funzionari quali l’inviato Keith Kellogg operano concessioni verso Mosca (il secondo ha definito «legittime» le preoccupazioni russe verso l’espansione dell’alleanza militare euro-atlantica), dall’altro, il senatore repubblicano Lindsey Graham si dice pronto con un pacchetto di nuove sanzioni da approvare la settimana prossima. Sul Bosforo dovrebbe arrivare domani anche una rappresentanza della «coalizione dei volenterosi», coi consiglieri militari di Francia, Germania e Gran Bretagna. Pure qui, la necessità di recuperare peso su una scena internazionale sempre più incerta si fa sentire. Il cancelliere tedesco Friedrich Merz, dopo essersi accreditato come garante del sostegno militare all’Ucraina e aver dato l’ok agli attacchi in territorio russo, ha peraltro annunciato che giovedì si recherà negli Stati uniti per incontrare per la prima volta il leader della Casa bianca. Fuori dai giochi l’Italia di Giorgia Meloni, che dal vertice con le repubbliche centro-asiatiche ad Astana (Kazakhstan) si giustifica: «Non è un’esclusione, per ora si lavora su formati già collaudati».