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Niente paura Un movimento che non si è fatto ingabbiare dagli schemi tossici della destra. E che ha capito che la cura collettiva e la difesa della democrazia sono precondizioni della politica nuova

Partecipanti alla manifestazione contro il Dl sicurezza a fianco al camion del corteo foto P.Cortellessa Corteo contro il dl sicurezza – Patrizia Cortellessa

Il corteo contro il dl sicurezza è stato un successo che ha sventato molti rischi. Una regola della militanza, che si impara per via empirica e ti resta attaccata alla pelle dice che quando un compagno o una compagna finisce alla sbarra del processo, recluso in casa o addirittura in galera, bisogna fare di tutto per tirarlo fuori dai guai.

Questa forma di solidarietà primaria è stata per anni un motore potente di costruzione di legami, fiducia e lealtà. Con dei rischi. Perché si sa che la semplice «lotta alla repressione» può restare invischiata nelle trappole del potere, nelle tossine che esso semina. In quel caso minaccia di produrre comunità minoritarie, basate solo sulla difesa e mai sull’attacco, a volte anche paranoiche perché afflitte dalla persecuzione.

Tutto ciò serve a dire che non è questo il caso della battaglia contro il disegno di legge poi divenuto decreto sicurezza. Di fronte alla stretta repressiva che introduce quattordici nuove fattispecie di reato e nove aggravanti, che scarica centinaia di anni di carcere su chi è povero e su chi si organizza e lotta, anche in forma nonviolenta, per non esserlo, si è dipanato in movimento che ha saputo adottare il metodo della convergenza e che ha sempre rilanciato in avanti, evidenziato i nessi sociali e la ricchezza delle relazioni produttive messe sotto attacco dal governo Meloni.

Nel corso di questi mesi ci siamo interrogati molte volte sui motivi che hanno spinto le destre a condurre questa ennesima forzatura contro lo stato di diritto. Queste cause sono emerse di volta in volta in maniera abbastanza nitida. C’è innanzitutto un motivo di carattere strutturale: la funzione storica del postfascismo è quella di mettere al servizio l’autoritarismo per assolutizzare la difesa della proprietà privata e delle mire particolari, contro ogni interesse collettivo e contro gli stessi principi costituzionali. Questa missione si accompagna alla campagna propagandistica sulla sicurezza in atto da anni in questo paese, da ben prima che il circoletto di Colle Oppio si insediasse a Palazzo Chigi. Adesso siamo di fronte al passaggio decisivo. Sarebbe sbagliato non vederne il salto di scala e l’intensità della ferocia che lo caratterizza, ma quanti anni sono che la goccia della paranoia securitaria e delle minacce «percepite» scava la roccia della realtà e dei problemi concreti delle persone?

La potente operazione ideologica costruita attorno al tema della sicurezza, tutta volta a disintegrare legami sociali e insinuare nei nostri quartieri dispositivi bellici (contro migranti, poveri, dissidenti, diversi), ha costruito le condizioni per questa torsione autoritaria.

Infine, dopo le notazioni strutturali e quelle culturali, è impossibile non notare un carico soggettivo particolare, uno specifico accanimento della destra contro i suoi nemici nella società. Possiamo sintetizzarla così: questo decreto sicurezza è anche una vendetta della destra estrema contro i suoi nemici di sempre, contro quelli che in maniera imperfetta ma incessante non hanno smesso di costruire gli anticorpi a egoismo, prevaricazioni, solitudine.

Le decine di migliaia di persone che ieri sono scese in piazza a Roma, e i molti altri che da tempo in tutto il paese si mobilitano contro questo governo sono la dimostrazione che esiste ancora un corpo sociale vivo e reattivo, nonostante anni di crisi della politica (a tutti i livelli, nei partiti e nei movimenti) e sfiducia verso l’azione collettiva. Della gente che ieri abbiamo incontrato per le strade di Roma, con tutte le differenze, sappiamo che possiamo almeno provare a fidarci. Di questo hanno paura i vecchi e nuovi reazionari: della costruzione dal basso di forme di protezione e cura collettiva. Perché questa è la condizione necessaria per la nascita di una nuova politica: l’antidoto al loro veleno.