La guerra commerciale lanciata dagli Stati Uniti prende il via e si allarga immediatamente all’energia. Il 1 febbraio Washington ha annunciato l’introduzione di nuovi dazi che avrebbero colpito Cina, Canada e Messico.
Per i propri vicini, per i quali era prevista una tariffa del 25% sulla maggior parte dei beni (ridotta al 10% sulle importazioni di energia dal Canada) Donald Trump ha negoziato una sospensiva di 30 giorni in cambio di concessioni sulla politica di controllo delle frontiere e sulla lotta alla criminalità.
Pechino invece dalle 6 di ieri mattina, 4 febbraio, deve fare i conti con una tariffa aggiuntiva del 10% su tutte le sue esportazioni verso gli Usa.
La definizione di “risorse energetiche” contenuta nell’ordine esecutivo statunitense include il polisilicio, le celle solari e i wafer.
A settembre 2024, l’amministrazione Biden aveva raddoppiato le tariffe sulle celle solari dalla Cina dal 25% al 50%. A dicembre era arrivata una misura simile polisilicio e wafer. Ne deriva che questi prodotti provenienti dal gigante asiatico sono ora soggetti a tariffe del 60%.
La risposta della Cina è arrivata puntuale. Ieri il ministero delle finanze cinese ha annunciato tariffe del 15% su carbone e gas naturale liquefatto e del 10% su petrolio greggio, attrezzature agricole, veicoli di grossa cilindrata e pick-up dagli Stati Uniti.
Non solo: Pechino ha decretato un immediato blocco delle esportazioni di cinque metalli critici e prodotti correlati utilizzati anche nei settori dell’energia e della difesa: tungsteno, tellurio, bismuto, indio e molibdeno.
Si tratta dell’ennesimo tentativo della Cina di trasformare in un’arma il suo predominio nell’estrazione e nella lavorazione di questi materiali, forse in risposta alle indagini antidumping americane sul materiale anodico attivo proveniente dalla Cina, che potrebbero portare a possibili dazi doganali fino al 920% sulle importazioni dal Paese asiatico di grafite e di altri componenti chiave per le batterie al litio (Dazi Usa del 920% sugli anodi cinesi? Rischio caro-batterie).
La Cina ha anche presentato ricorso all’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) contro i dazi imposti da Trump.
Capital Economics, una società di ricerca con sede nel Regno Unito, ha stimato che le tariffe aggiuntive della Cina si applicherebbero a circa 20 miliardi di dollari di importazioni annuali, rispetto ai 450 miliardi di dollari di beni cinesi soggetti ai dazi americani.
“Le misure sono piuttosto modeste, almeno rispetto alle mosse degli Stati Uniti, e sono state calibrate per inviare un messaggio agli Usa”, ha affermato in una nota Julian Evans-Pritchard, responsabile della divisione China Economics dell’azienda.
I nuovi dazi cinesi non entreranno in vigore prima del 10 febbraio, dando a Washington e Pechino il tempo di provare a raggiungere un accordo. Trump ha infatti in programma di parlare con il presidente cinese Xi Jinping nel corso della settimana.
Secondo la US Energy Information Administration, le importazioni cinesi di petrolio greggio statunitense erano già in calo, del 52% nei primi 11 mesi del 2024 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (circa 230.540 barili al giorno).
Secondo dati doganali cinesi citati da Reuters nell’arco dell’intero anno le importazioni statunitensi hanno rappresentato l’1,7% delle importazioni di greggio della Cina, per un valore di circa 6 miliardi di dollari, in calo rispetto al 2,5% del 2023.
Tuttavia, le importazioni di GNL americano sono in crescita nel Paese asiatico e hanno raggiunto un totale di 4,16 milioni di tonnellate l’anno scorso, per un valore di 2,41 miliardi di dollari.
L’importazione di gas naturale liquefatto dagli Usa tramite contratti a lungo termine potrebbe rimanere conveniente, nonostante i dazi, per gli acquirenti cinesi, secondo studiosi dell’ICIS, società londinese che fornisce analisi di mercato. Ma è probabile che il gigante asiatico eviterà comunque di acquistare carichi spot da Washington, andando quindi a cercare altre fonti.
Durante la prima amministrazione Trump era successo lo stesso con il greggio statunitense: la Cina aveva imposto tariffe del 25% riducendo gli acquisti di 300.000-400.000 barili al giorno e rivolgendosi a mercati alternativi come l’Africa occidentale e i Paesi asiatici.
Città
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medie annuali 2024 (µg/mc)*
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riduzione delle concentrazioni necessaria (%)
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PM10
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NO2
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PM10
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NO2
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Bologna
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21
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19
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-6%
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-
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Cesena
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23
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17
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-13%
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-
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Ferrara
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23
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14
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-13%
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-
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Forlì
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20
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19
|
-
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-
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Modena
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28
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21
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-29%
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-5%
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Parma
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26
|
19
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-23%
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-
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Piacenza
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27
|
17
|
-26%
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-
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Ravenna
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24
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16
|
-17%
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-
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Reggio Emilia
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26
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20
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-22%
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-
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Rimini
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26
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22
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-22%
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-9%
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* I dati sono aggiornati sul sito di Arpa Emilia Romagna fino al 03/11/2024. La media
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riportata fa riferimento quindi al periodo 01/01/2024 - 03/11/2024
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Mentre metà dei lavoratori dipendenti attendono il rinnovo del contratto collettivo nazionale, il governo resta immobile, impegnato a difendere gli interessi di pochi privilegiati invece di garantire dignità a chi manda avanti il Paese. Operai, impiegati pubblici, infermieri, farmacisti, addetti delle telecomunicazioni: 6,6 milioni di lavoratori abbandonati a se stessi, ostaggio di un esecutivo pericoloso e inadeguato.
Nei prossimi sei mesi altri contratti scadranno e, nonostante lo storytelling rassicurante di Palazzo Chigi, il ticchettio della bomba sociale si fa sempre più pressante. I dati dell’Istat sono impietosi: a dicembre 2024 le retribuzioni contrattuali sono aumentate di un ridicolo 0,1%, mentre su base annua si registra addirittura un calo. Un disastro annunciato, conseguenza diretta dell’ostinazione di Meloni & co. a negare un’emergenza salariale sempre più drammatica. È bene ripeterlo fino allo sfinimento: siamo l’unico Paese Ocse con gli stipendi bloccati da almeno trent’anni.
Davanti a questo sfacelo, l’esecutivo non solo si rifiuta di agire, ma boicotta ogni soluzione possibile. Ha bocciato la proposta di un salario minimo a 9 euro l’ora e ha persino impugnato la legge della Regione Puglia che garantiva questa soglia. Una scelta ideologica, figlia di una precisa scelta politica: difendere rendite e privilegi piuttosto che garantire il diritto di milioni di cittadini a vivere dignitosamente.
Sui contratti siamo all’accanimento terapeutico. Il tempo medio di attesa per il rinnovo è salito a 22 mesi. Un’agonia insopportabile. I lavoratori della sanità privata scendono in piazza sotto il ministero della Salute, i metalmeccanici minacciano nuovi scioperi, altre categorie alternano stati agitazione a mobilitazioni ma l’esecutivo se ne frega, barricandosi dentro la sua bolla di arroganza e incompetenza.
Nel pubblico impiego la situazione è fuori controllo: i contratti del triennio 2022-24 sono bloccati e il ministro dell’Economia Giorgetti offre briciole. Meno di 42 euro per gli infermieri, poco più di 38 euro per gli operatori socio-sanitari, meno di 38 euro per i funzionari pubblici. Una vera e propria umiliazione, tanto che i sindacati hanno rispedito al mittente questa presa in giro.
Per non parlare dell’economia, impantanata nelle sabbie mobili dello zero periodico. Il 2024 si è chiuso con una crescita risibile dello 0,5%, mentre il 2025 è partito senza slancio. Invece di intervenire con politiche espansive, si insiste su tagli lineari e austerità mascherata, aggravando il declino industriale e occupazionale di un Paese in crisi di credibilità.
I soldi per invertire la rotta ci sarebbero eccome. Chiedere a chi detiene grandi profitti, evade le tasse o possiede grandi patrimoni. Ma anche qui l’esecutivo se ne frega e preferisce lisciare il pelo ai potenti, smantellare la Costituzione e picconare la magistratura. Tutte priorità di una destra sempre più infastidita dalla democrazia.
Mercoledì 5 febbraio alle 20,30 a Faenza, presso l’aula 3 di Faventia Sales in via San Giovanni Bosco n.1, la professoressa Anna Foa, docente emerita di Storia moderna
all’Università “La Sapienza” di Roma, presenterà il suo ultimo libro “IL SUICIDIO DI ISRAELE” (Ed. Laterza, 2024).
L’iniziativa è promossa da “Overall Rete Multiculturale Faenza”. L’ingresso è aperto a tutti.
L’autrice, presente in collegamento online, dialogherà con Loretta Pezzi, esponente di Overall, e con il pubblico.
La professoressa Anna Foa, ebrea della diaspora, dopo aver analizzato nel suo libro la sofferta storia del rapporto tra israeliani e palestinesi culminato nella tragica vicenda della guerra di Gaza, ha scritto:
“Quello che succede oggi in Medio oriente è per Israele un vero e proprio suicidio.
Un suicidio guidato dal suo governo, contro cui – è vero – molti israeliani lottano con tutte le loro forze, senza tuttavia finora riuscire a fermarlo. E senza nessun aiuto, o quasi, da parte degli ebrei della diaspora...Qualunque sostegno ai diritti di Israele – esistenza, sicurezza – non può prescindere da quello dei diritti dei palestinesi. Senza una diversa politica verso i palestinesi Hamas non potrà essere sconfitta ma continuerà a risorgere dalle sue ceneri. Non saranno le armi a sconfiggere Hamas, ma la politica”.
Anna Foa è autrice di numerosi studi di “Storia culturale” della prima età moderna e di opere sulla storia degli ebrei in Italia e in Europa. Insignita nel 2019 dal presidente Sergio Mattarella della Gran Croce dell’Ordine al merito della Repubblica, ha pubblicato molti volumi tra i quali ricordiamo:
Ateismo e magia, Giordano Bruno; Eretici. Storie di streghe, ebrei e convertiti; Andare per ghetti e giudecche; Ebrei in Europa. Dalla Peste Nera all’emancipazione XIV-XIX secolo; Diaspora. Storia degli ebrei nel Novecento; Portico d’Ottavia 13. Una casa del ghetto nel lungo inverno del ’43; La famiglia F.; Gli ebrei in Italia. I primi 2000 anni.
Storie e protagonisti della transizione ecologica italiana. Nonostante la strada in salita, mette in evidenza Legambiente, l’Italia crede nella transizione ecologica come dimostrano le tante imprese che puntano sempre più su decarbonizzazione, sostenibilità ambientale ed economia circolare. Sono 30 i “campioni nazionali” censiti da Legambiente con un tour itinerante, partito 20 mesi fa, nell’ambito della campagna nazionale “I cantieri della transizione ecologica”. Storie che, spiega l’associazione ambientalista, arrivano dal Nord al Sud e dalle Isole della Penisola e che dimostrano con concretezza la forza della transizione ecologica in diversi ambiti: rivoluzione energetica, adattamento alla crisi climatica, agroecologia, rigenerazione urbana, mobilità sostenibile, riconversione industriale, economia circolare, lotta alle illegalità, aree protette e biodiversità, giovani e università.
SI va dalla Cartiera Pirinoli che a Roccavione (CN) utilizza il 100% di materiale proveniente dalla raccolta differenziata al più grande impianto fotovoltaico per autoconsumo in ambito aeroportuale d’Europa a Fiumicino (RM); dal riciclo delle terre rare dai RAEE da parte dello Stabilimento Itelyum Regeneration a Ceccano (FR) al recupero degli oli minerali usati e dei rifiuti pericolosi da parte di CONOU, Mecomer a San Giuliano Milanese (MI).
Ancora: dalle attività di riciclo degli pneumatici fuori uso da parte di Ecopneus e della Tyres Recycling Sud a Balvano in Basilicata alla chiusura del cerchio dal rottame di vetro per l’imbottigliamento del vino in Sicilia (CoReVe, il Centro di trattamento Sarco, la vetreria O-I Italy); dall’acciaieria di Lonato del Garda (BS) che lavora nel forno elettrico il 99% di rottami ferrosi (Ricrea e Feralpi group) agli impianti di produzione di elettricità da fonti rinnovabili (eolico e fotovoltaico) in provincia di Trapani (gruppo A2A); dall’esperienza degli scarti della coltivazione degli ulivi, della raccolta e lavorazione delle olive per la produzione di oli, trasformati in biometano e compost in provincia di Foggia (CIB e l’impianto a biometano dell’azienda agricola Arca a Cerignola) alla centrale a biomassa in Veneto che utilizza il legno proveniente anche dagli schianti verificatesi con la tempesta Vaia, per fornire energia alla vetreria locale (Assovetro, Zignago Vetro, Fossalta di Portogruaro), fino alla produzione di pannelli in cartongesso da parte della Fassa Bortolo, puntando su recupero degli scarti e tecniche di estrazione da cave in sotterranea a basso impatto ambientale a Calliano (AT); dall’infrastrutturazione digitale a servizio del monitoraggio antincendio nelle riserve naturali abruzzesi (INWITT) a un modello virtuoso di separazione e riciclo della plastica da raccolta differenziata in provincia di Caserta.
La strategia che accomuna queste realtà è quella di innovare produzioni e prodotti, decarbonizzare l’economia italiana per moltiplicare i posti di lavoro e competere sui mercati internazionali. Ed è anche la ricetta che Legambiente propone per accelerare in Italia la transizione ecologica. L’associazione ambientalista ha presentato a Roma, in occasione della seconda edizione del Forum “L’Italia in cantiere”, la “Bussola per la competitività” dell’economia italiana. Lo ha fatto fa nel giorno in cui la Commissione Europea fa altrettanto, ovvero presenta il piano di legislatura incentrato proprio sul tema della competitività, al centro del recente rapporto presentato da Mario Draghi. La bussola si compone di 14 proposte su quattro aree di intervento - iter autorizzativi, energia, economia circolare e controlli ambientali, su cui secondo l’associazione è fondamentale lavorare per avere un’Italia davvero decarbonizzata, circolare e competitiva a livello internazionale.
Per quanto riguarda gli iter autorizzativi, secondo Legambiente occorre completare l’organico della Commissione PNRR - PNIEC del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e rafforzare il personale degli uffici regionali e comunali preposti alle autorizzazioni; sull’energia rinnovabile occorre rivedere il decreto sulle aree idonee, accorciare i tempi del regime transitorio per l’entrata in vigore del prezzo zonale al posto del PUN, prezzo unico nazionale, snellire gli iter autorizzativi dei progetti di repowering dei parchi eolici esistenti, estendere alle aree agricole all’interno dei Siti di interesse nazionale (SIN) e regionale (SIR) da bonificare la possibilità di realizzare impianti fotovoltaici a terra, rendere obbligatoria l’installazione di impianti fotovoltaici nei parcheggi di superficie superiore a 1.500 mq, garantire il completamento dei percorsi avviati con gli accordi tra GSE e i principali settori industriali energivori. Per quanto riguarda l’economia circolare occorre monitorare e velocizzare gli iter di autorizzazione e realizzazione degli interventi previsti dal PNRR, sostenere lo sviluppo delle filiere e dei settori strategici nel panorama nazionale e internazionale, dal tessile alle materie prime critiche, dai rifiuti speciali ai RAEE, semplificare l’iter tortuoso di approvazione dei decreti End Of Waste (EOW), estendere l’obbligo di utilizzare i Criteri Ambientali Minimi (Green Public Procurement) agli affidamenti di qualsiasi tipologia di opere, beni e servizi da parte della Pubblica Amministrazione). Sui controlli ambientali va completata l’approvazione dei decreti attuativi della legge 132 del 2016 cha ha istituito il Sistema nazionale di protezione ambientale per fermare la concorrenza sleale degli operatori che non rispettano le regole.
La grande spinta, osserva l’associazione ambientalista, arriva soprattutto da due settori di punta: dall’economia circolare e da quello energetico incentrato sulle fonti pulite, dove tra l’altro l’Italia fa scuola con i primati raggiunti in diverse filiere come quelle del vetro, carta, acciaio, oli minerali esausti e vantando una produzione di elettricità da rinnovabili che nel 2024 ha raggiunto il record storico del 41,2% di copertura del fabbisogno annuale (dati Terna) – nonostante gli ostacoli non tecnologici.
Parlare di transizione ecologica significa parlare di green jobs. Stando ai dati del rapporto GreenItaly 2024 di Fondazione Symbola, Unioncamere e Centro Studi Tagliacarne, nel 2023 le figure professionali legate alla green economy rappresentavano il 13,4% degli occupati totali, pari a 3.163.400 unità. Inoltre, i nuovi contratti attivati nelle filiere dell’economia verde sono stati 1.918.610, pari al 34,8% del totale dei nuovi contratti in Italia attivati nel 2023. in Italia le Regioni che registrano l’incidenza più elevata di green jobs sul totale degli occupati sono la Lombardia e l’Emilia-Romagna, con il 15%, seguite da Umbria (14,7%), Piemonte (14,3%), Trentino-Alto Adige (14,3%). Nella parte centrale della classifica delle Regioni ci sono Lazio (13,7%), Toscana (13,6%), Veneto (13,6%), Friuli-Venezia Giulia (13,4%), Abruzzo (13,1%), Molise (12,6%), Marche (12,3%), Puglia (12%), Basilicata (11,7%), Liguria (11,6%), Valle d’Aosta (11,5%), Campania (11.5%) e Calabria (11,4%); chiudono la classifica Sicilia e Sardegna rispettivamente con il 10,5% e il 10%.
Un gruppo di manifestanti si è riunito in piazza per portare alla luce una situazione che si starebbe verificando in un centro di accoglienza della provincia La manifestazione in piazza (foto Argnani)
Nel centro di accoglienza mancherebbero i servizi minimi. Questo è quanto hanno denunciato questa mattina in piazza del Popolo alcune decine di manifestanti, tra attivisti e persone ospitate nel Cas di Bagnacavallo che sorge all'interno dell’ex Hotel Gemelli. "Siamo qui per chiedere alla Prefettura di Ravenna di agire per garantire la corretta applicazione capitolato d'appalto sull'accoglienza. Le persone sono una cosa seria. Quando si parla di accoglienza, si parla di persone", si legge nei cartelloni affissi al centro della piazza.
Come si legge nei documenti esposti in piazza, la cooperativa che gestisce il Centro d'accoglienza di Bagnacavallo sarebbe "la più grande in termini di capienza e utenza nella provincia di Ravenna, con oltre 30 Cas sparsi in tutta la provincia". Quello che i manifestanti hanno voluto denunciare, e per il quale chiedono un intervento delle istituzioni, è che le persone accolte nel Cas non avrebbero l'accesso "ai pasti regolari, alle medicine, ai pannolini, al materiale scolastico per minori, a standard abitativi e igienici minimi". Servizi che, per i promotori del presidio, sarebbero previsti dal capitolato d'appalto e garantiti in altri centri di accoglienza straordinaria sul territorio ravennate.
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Gli ospiti del Cas protestano davanti alla Prefettura: "Mancano medicine, pasti regolari e igiene minima"
https://www.ravennatoday.it/cronaca/cas-protesta-prefettura-medicine-pasti-regolari-igiene-minima.html
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