Stati Uniti L’economia rallenta per il drastico aumento dell’import e il calo della spesa pubblica. L’età dell’oro promessa è una chimera: l’incertezza pesa su tutti i settori
Dopo aver sconvolto i mercati finanziari e gli schemi commerciali globali, la politica dei dazi voluta da Donald Trump sta sconvolgendo anche gli indicatori di crescita economica. Il Dipartimento del Commercio ha pubblicato il rapporto sui primi tre mesi del 2025, mostrando che il prodotto interno lordo statunitense, corretto per l’inflazione, è diminuito a un tasso annuo dello 0,3%, segnando la peggiore performance degli ultimi tre anni. Un’inversione di tendenza rispetto alla forte crescita registrata alla fine dello scorso anno, quando l’economia si era espansa a un tasso del 2,4%.
IL RALLENTAMENTO economico è dovuto principalmente a un drastico aumento delle importazioni, dovuto all’urgenza delle imprese che si sono affrettate ad acquistare beni esteri in vista dei dazi promessi da Trump. A pesare sulla crescita c’è anche il calo della spesa pubblica e della spesa dei consumatori che hanno frenato gli acquisti più consistenti. «La crescita è semplicemente svanita – ha scritto dopo la pubblicazione del rapporto, in una nota ai clienti, Chris Rupkey, capo economista di Fwdbonds, società di ricerca finanziaria – Forse parte di questa negatività è dovuta alla fretta di importare prima che i dazi aumentino, ma i consulenti politici non hanno proprio modo di indorare la pillola».
Su Politico il giornalista Sam Sutton ha sintetizzato così: «Trump ha promesso che il suo secondo mandato avrebbe segnato l’inizio di una nuova età dell’oro. I primi risultati economici sembrano più simili al peltro», Nella narrazione di Trump, però, non ci sono tracce di consapevolezza: ha aperto la sua seconda riunione pubblica del gabinetto deviando le accuse sul suo predecessore.
AFFIANCATO dai suoi principali luogotenenti, Trump ha scaricato i pessimi dati del primo trimestre sull’ex presidente Joe Biden: «Tutto questo è Biden, questo non è Trump – ha detto il tycoon – Siamo arrivati a gennaio, questi sono numeri trimestrali. Ero molto contrario per tutto ciò che Biden stava facendo in termini di economia, distruggendo il nostro Paese in così tanti modi». Anche il calo della Borsa è colpa di Biden. «Il nostro paese prospererà, ma dobbiamo liberarci del ‘sovrapprezzo’ di Biden – ha aggiunto su Truth Social – Ci vorrà un po’ di tempo, non ha nulla a che vedere con i dazi, solo che ci ha lasciato con numeri negativi, ma quando inizierà il boom, sarà come nessun altro. SIATE PAZIENTI!!!».
HA ANCHE anticipato che, come i risultati del primo trimestre dipendono ancora da Biden, altrettanto «si può anche dire del prossimo trimestre, in un certo senso, dato che (il cambiamento) non si verifica solo su base giornaliera o oraria, ma stiamo cambiando rotta. È una grande nave da cambiare rotta». I dati, però contraddicono la valutazione di Trump riguardo il mercato azionario. Dopo la sua vittoria l’indice S&P 500 era salito vertiginosamente, a indicare l’ottimismo di Wall Street sulla direzione che avrebbe preso l’economia Usa messa nelle mani del tycoon. E questo Trump l’aveva anche rivendicato nel comizio a Washington, D.C., alla vigilia del suo insediamento: «Dalle elezioni, il mercato azionario è salito vertiginosamente e l’ottimismo delle piccole imprese è aumentato altrettanto vertiginosamente, raggiungendo un record di 41 punti, il massimo degli ultimi 39 anni».
IL VERTIGINOSO ottimismo, però, è crollato, e le azioni sono precipitate il 2 aprile, dopo il “Giorno della Liberazione”, quando Trump ha svelato dazi ben superiori a quanto previsto dagli investitori. Anche dopo aver annunciato la loro sospensione per 90 giorni, i mercati hanno continuato a tremare: era ormai diventato chiaro che i tentativi di Trump di raggiungere accordi commerciali individuali stavano naufragando. L’incertezza si è sentita in tutti i settori, specialmente in quello automobilistico. Dopo aver registrato ricavi in calo, Stellantis ha sospeso le previsioni per l’intero 2025, così come General Motors e Mercedes. Volkswagen è in calo del 40,6% rispetto allo stesso periodo del 2024 e anche per Mercedes il primo trimestre 2025 si chiude con un calo del 43%, nonostante l’ordine esecutivo firmato da Trump per ridurre l’impatto dei dazi sul settore. I dazi del 25% sull’import di auto negli Usa rimangono, ma si evita che i dazi si sommino a quelli sull’acciaio e l’alluminio.
Di tutto ciò nel comizio in Michigan per celebrare i primi 100 giorni al potere, Trump non ne ha parlato. Ma prima di salire sul palco ha detto ai giornalisti di sentirsi in grado di ricoprire il ruolo di papa: «Vorrei diventare papa – ha detto – Sarebbe la mia scelta numero uno».
POCO DOPO, più realista del re, il super repubblicano Lindsey Graham su X ha chiesto al conclave di «mantenere una mentalità aperta» riguardo alla possibilità di nominare Trump prossimo papa: «Sarebbe davvero un outsider».
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