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Gianna Fracassi, Cgil, commenta i primi deludenti provvedimenti dell'esecutivo su inflazione, caro energia e fisco. "Auspichiamo di essere coinvolti nella discussione, però basta parlare di innalzamento del contante, flat tax e condoni"

Inflazione, caro energia e fisco stringono salari e pensione in una triplice morsa. Questa, quella del potere di acquisto delle famiglie, è la vera prima emergenza da affrontare. Non è con flat tax e condoni che si risponde, ma con un raddoppio del cuneo fiscale a favore dei lavoratori e con un recupero del fiscal drag. E le risorse ci sono, basta volerle trovare: negli extra profitti, nel contrasto all’evasione, in un contributo di solidarietà. Gianna Fracassi, vice segretaria generale della Cgil, era al confronto con il governo e poi ha letto nel dettaglio l’aggiornamento alla Nadef e la bozza del decreto Aiuti Quater: nulla, se non la conferma di provvedimenti del governo Draghi per il contenimento del caro energia. L’augurio è che prima della stesura della legge di bilancio si avvii un confronto reale sulle proposte delle organizzazioni sindacali.

Partiamo dall'incontro con il governo, il tuo giudizio?
Sicuramente c'è stata una disponibilità formale al confronto. Oltre questo al momento nulla, non si è entrati nel merito delle cose, sia per quanto riguarda il decreto Aiuti quater, sia per quanto riguarda la legge di bilancio. Il segretario generale Maurizio Landini ha illustrato in maniera precisa e dettagliata sia delle proposte sia i problemi aperti, a partire dall'emergenza salariale fino alla questione precarietà, e ai temi di politica industriale con i problemi e le opportunità legati alla riconversione. E poi le pensioni, gli investimenti in sanità e istruzione, l’emergenza su salute e sicurezza. Rispetto a tutto questo nulla, né risposte né come si intende operare. E questo è un problema, la legge di bilancio dovrà essere definita in tempi molto rapidi e allora confrontarsi su cosa si intende fare rispetto alle grandi emergenze e rispetto al futuro del Paese è indispensabile.

 Foto: Marco Merlini


Gli unici due documenti sui quali si può provare a ragionare sono da un lato l'aggiornamento alla Nadef, dall'altro la bozza del decreto Aiuti appena varato dal Consiglio dei ministri. Partiamo dalla Nadef o meglio dall'aggiornamento alla Nadef.

La Nadef aggiornata è sostanzialmente molto simile a quella presentata a settembre, anzi direi pressoché identica per buona parte del dell'impianto. Ha un unico elemento di diversità che riguarda le modalità di adempimento all’obbligo europeo di rientro dal debito, il cosiddetto 3% del rapporto deficit-Pil. Per il 2023 si prevede di allargare le maglie, così da creare maggiore disponibilità economica, salvo poi precipitare molto rapidamente nei due anni successivi fino a rientrare nel rapporto del 3%. A nostro giudizio, però, non prefigura grandi spazi di agibilità economica. Di conseguenza dovrà essere la legge di bilancio a individuare le risorse necessarie e ovviamente occorrerà farlo attraverso il fisco. Voglio esser chiara, non vorremmo che si desse seguito a quello che purtroppo il ministro Giorgetti ha già ha già annunciato, e cioè che qualunque tipo di misura dovrà essere finanziata all'interno del settore. Questo significherebbe, ad esempio, che se c'è bisogno di risorse per la sanità si dovrebbero trovare all'interno della sanità stessa. Sarebbe paradossale visto che abbiamo alcuni settori, la sanità appunto o l’istruzione, che sono già definanziati e che, al contrario, hanno bisogno proprio per dare anche attuazione al Pnrr di ulteriori investimenti. 

E poi c'è il tema dell'emergenza energetica, delle bollette e dell’inflazione...
Nella Nadef ci sono 21 miliardi per fronteggiare queste emergenze. Ricordo che nell'arco del 2022 abbiamo speso circa 70miliardi, quindi pensare di affrontare il 2023 con 21 miliardi vuol dire non aver compreso l’entità della questione. Questa è la ragione che ci fa dire che occorre reperire le risorse attraverso il fisco. Serve rendere esigibile e ampliare il gettito da extra profitti, serve una serie e incisiva lotta all’evasione, e invece si parla di condoni, mandando così un messaggio totalmente sbagliato. E serve ragionare su un contributo di solidarietà: quando le risorse sono poche si devono far scelte per far dare di più a chi più ha. 

A leggere la Nadef si trova confermata la previsione di riduzione dei finanziamenti per sanità e istruzione. Se non si implementa la spesa corrente in questi due settori, sono a rischio le riforme previste dal Pnrr.
In realtà nella Nadef si riduce la spesa corrente e si prevedono aumenti su alcune poste di bilancio, ad esempio, sugli investimenti per far fronte ad alcuni anticipi di investimenti europei, e per l’aumento dell’8% della spesa pensionistica per l’adeguamento, neppure completo, all’inflazione. Insomma, servono risorse aggiuntive altrimenti si rischia di scoprire proprio i capitoli di spesa che riguardano l’inclusione e la coesione sociale o di non dare risposte all’emergenza. Basta osservare il folle dibattito sul reddito di cittadinanza ridotto a bancomat per recuperare risorse per finanziare la flat tax. Trovo francamente paradossale che si riducano le risorse per chi è in povertà assoluta, per consentire un risparmio fiscale a quelli che ricavano tra i 65 e i 100.000 euro l’anno.

Proprio di flat tax si parla molto nel Documento sull'economia non osservata, dove si mette in evidenza come invece che essere un modo per recuperare risorse dall'evasione fiscale, diventa uno strumento per l'evasione fiscale stessa...
Lo dice la Relazione della Commissione: emerge con chiarezza che c'è un addensamento attorno a 65 mila euro, questo vuol dire che siamo in presenza del fenomeno distorsivo delle sotto dichiarazioni per rimanere nel regime della tassazione agevolata. Pensare addirittura di innalzare la soglia è una follia, non significa assolutamente far emergere l'evasione ma aumentare il numero di chi paga meno tasse con il regime agevolato, continuando così a mantenere le condizioni per le sotto dichiarazioni e il nero.

Veniamo al decreto Aiuti quater. Sono due le cose principali del testo: da un lato il rifinanziamento di tutti i bonus e i contributi per famiglie e imprese rispetto al caro energia, dall’altro è messo nero su bianco l'innalzamento dell'uso del contante che invece di scendere a 1.000 euro come era previsto dalle norme, arriverebbe a 5 mila euro.
Il decreto dovrebbe prorogare semplicemente le misure che scadevano a novembre. Una di queste, il credito d'imposta per le imprese, ha un costo molto oneroso, tre miliardi. Altro intervento quello della rateizzazione delle bollette, ma pare solo per le imprese. Dovrebbe esserci, poi, un intervento di allargamento dei fringe benefit, e si agisce anche sul superbonus facendo un'operazione che in qualche modo mette in difficoltà chi fino ad oggi ha avviato i lavori. Significa, di conseguenza, migliaia di aziende e migliaia di lavoratori a rischio. Non è un caso che le categorie degli edili abbiano chiesto un incontro urgente con il governo per cercare di sventare un rischio concreto.

E cosa pensi dell'innalzamento del contante?
È un provvedimento sbagliato che lancia un messaggio profondamente sbagliato, e che fa il paio con l’annunciato condono. Aumentare o diminuire l’uso del contante ha a che fare esclusivamente con la possibilità di rendere tracciabili le transazioni economiche. Aumentarne la soglia mette in discussione la possibilità per il nostro Paese di recuperare un pezzo di evasione. Segnalo che la seconda imposta più evasa dopo la l'irpef degli autonomi è l'iva. E poi, Meloni al Senato ha affermato che non esiste nessuna correlazione scientifica tra uso del contante ed evasione. Si sbaglia. Innanzitutto è bene ricordare che siamo stati più volte richiamati dall’Europa, da ultimo nel 2019, a diminuire l’uso del contante proprio in funzione del contrasto all’evasione fiscale. E poi ricordo che la Banca d'Italia nel 2021 ha pubblicato uno studio – Pecunia olei – nel quale è dimostrato che un aumento dell’1% delle transazioni in contanti determina un aumento dell'economia sommersa tra lo 0,8 e l’1,8%. Non ne abbiamo proprio bisogno. C’è chi afferma, poi, che l’aumento delle banconote disponibili serve al nero di necessità. Ecco lo dico con fermezza: nero di necessità non esiste. Esiste il nero e basta. In questo Paese abbiamo bisogno di ricostruire un’etica pubblica condivisa e diffusa, non di mandare messaggi che incentivino illegalità e truffe ai danni della collettività. Perché l’evasione è una truffa ai danni dei cittadini e dei lavoratori onesti.

Per farlo basta una donazione minima di 10 euro!
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Le elezioni del 25 settembre hanno reso non più rinviabile un radicale cambiamento delle
regole elettorali

mattarellum – laCostituzione.info

 

per sottoscrivere la petizione  https://chng.it/RdCqVYFzhc


La nuova legge elettorale deve essere di tipo proporzionale, garantendo che elettrici e
elettori possano scegliere direttamente i parlamentari, senza liste bloccate, togliendo ai
capipartito la decisione su chi debba essere eletto, come è accaduto finora.
La crescita dell’astensione dal voto (+ 9%) ha raggiunto il livello più alto in elezioni
politiche e sottolinea la crisi di questo sistema elettorale.
La maggioranza attuale ha ottenuto il 59% dei seggi con il 44% dei voti, grazie ad un
premio di maggioranza di fatto del 15 %, sostanzialmente con gli stessi voti del 2018.
Nel 2006 la coalizione di centro sinistra ottenne 19.002.598 voti, mentre nel 2008 quella di
centro destra ne ottenne 17.064.506, entrambe con una chiara maggioranza di voti e di
parlamentari. Malgrado il sistema elettorale dell’epoca presentasse aspetti negativi e
incostituzionali vi era comunque un rapporto tra percentuale di voti e percentuale dei seggi
più coerente del “rosatellum”, arrivato a sproporzioni inaccettabili.
Il “rosatellum” ha compresso al massimo la possibilità di scelta degli elettori. Mentre la
legge elettorale dovrebbe aiutare a ristabilire un rapporto di fiducia tra elettori ed eletti,
superando l’attuale frattura.
Il punto più grave è che l’elettore è costretto a votare congiuntamente per il candidato nel
collegio maggioritario che per le liste collegate nel proporzionale. I capi dei partiti decidono
sia le candidature nel collegio uninominale che i nomi della lista bloccata proporzionale,
impedendo agli elettori di scegliere direttamente i loro rappresentanti.
Le leggi elettorali decidono la rappresentanza parlamentare, traducendo i voti in seggi e
determinano la qualità del sistema politico, aumentandone o diminuendone il tasso di
democraticità.
La legge attuale contiene un premio di maggioranza di fatto che cambia pesantemente il
risultato in seggi parlamentari rispetto ai voti espressi dal corpo elettorale, alterando di
conseguenza il principio costituzionale dell’eguaglianza del voto dei cittadini e modificando
il bilanciamento dei poteri e dei ruoli previsti dalla Costituzione. Inoltre abbassa in modo
occulto la soglia dei due terzi dei parlamentari, rendendo così possibile cambiare la
Costituzione (art 138) togliendo alle opposizioni e ai cittadini dissenzienti la possibilità di
esprimere la loro contrarietà nel referendum popolare, come invece è accaduto nel 2016.
C’è oggi il rischio di una seria crisi della democrazia che può coinvolgere tutto l’assetto
istituzionale, per questo è decisivo cambiare subito la legge elettorale.
Il ruolo del Parlamento è ai minimi storici della considerazione pubblica. La risposta è
ristabilire la centralità del Parlamento, senza il cui ruolo fondamentale tutto il nostro
sistema democratico è squilibrato. Oggi il vero legislatore è il Governo con una negativa
confusione di ruoli che contraddice la Costituzione.
L’approvazione di una nuova legge elettorale deve ridare centralità alla rappresentanza
delle elettrici e degli elettori che è premessa indispensabile per costruire qualunque
cambiamento positivo.
La legge elettorale da sola non risolverà la crisi di credibilità del parlamento e dei
parlamentari, ma essa è il passaggio fondamentale per ristabilirne il ruolo nel nostro
sistema istituzionale, che deve affrontare problemi drammatici come la pandemia, la

guerra, la crisi energetica e del clima, la crescente divaricazione sociale, la
precarizzazione della vita di milioni di lavoratori.
Il Parlamento deve rappresentare le posizioni politiche, culturali, i territori, le persone e
deve interpretarle attraverso l’approvazione delle leggi.
I decreti del Governo sono ormai il 50% delle leggi approvate. Sui decreti legge viene
posta la fiducia e vengono usati maxiemendamenti per costringere il parlamento alla loro
approvazione. Per questo è indispensabile una nuova legge elettorale che dia più forza ai
rappresentanti delle elettrici e degli elettori: al Parlamento.
Una nuova legge elettorale può aiutare anche i partiti a superare la loro grave crisi.
Per queste ragioni chiediamo una nuova legge elettorale subito.


Pietro Adami, Alessandra Algostino, Mario Agostinelli, Silvia Albano, Cesare Antetomaso,
Gaetano Azzariti, Francesco Baicchi, Vittorio Bardi, Mauro Beschi, Maria Luisa Boccia,
Giacinto Botti, Maria Agostina Cabiddu, Roberta Calvano, Duccio Campagnoli, Carmen
Campesi, Giusy Clarke, Claudio De Fiores, Riccardo De Vito, Michele Della Morte, Anna
Falcone, Antonello Falomi, Antonio Floridia, Domenico Gallo, Alfonso Gianni, Alfiero
Grandi, Monica Kleinefeld, Roberto La Macchia, Sergio Labate, Daniele Lorenzi, Silvia
Manderino, Giulio Marcon, Antonio Minisola, Filippo Miraglia, Daniela Padoan, Francesco
Pallante, Giovanni Palombarini, Vincenzo Palumbo, Maria Paola Patuelli, Livio Pepino,
Antonio Pileggi, Jacopo Ricci, Maria Ricciardi Giannoni, Giulia Rodano, Laura Ronchetti,
Nello Rossi, Alessandra Ruffini, Giuseppe Salmè, Geni Sardo, Mauro Sentimenti,
Massimo Serafini, Emilio Sirianni, Armando Spataro, Massimo Torelli, Margherita Torrio,
Raniero La Valle, Giulia Venia, Massimo Villone, Vincenzo Vita, Mauro Volpi.
10/11/2022

Proposta del Coordinamento per la democrazia costituzionale e dei sindacati. Lo Stato deve essere il garante del diritto universale all'istruzione

SCUOLA SCUOLA ELEMENTARE FOTO DI © INA/SINTESI Foto: @Ina Sintesi

Secondo lo Svimez uno studente e una studentessa del Sud stanno in classe 100 ore in meno all’anno. Ancora: al Sud i giovani tra i 15 e 24 anni fermi alla licenza media sono il 20 per cento, 5 punti sopra la media nazionale e 9 rispetto a quella europea. Poi c’è l’abbandono: dall’ultimo Rapporto pubblicato da Save The Children la Sicilia è al primo posto per dispersione scolastica a livello nazionale, con una media pari al 21,1% e con punte del 25%. Si potrebbe continuare a lungo con i dati, ad esempio con quelli che riguardano i Neet (cioè i giovani che non studiano, non lavorano e non sono in formazione): nel Mezzogiorno costituiscono il 39% dei giovani tra i 15 e i 24 anni: quasi il doppio di quelli residenti nelle altre aree del paese.

No ad altre diseguaglianze

Ebbene, a fronte di questo quadro in cui prevalgono gli squilibri, con la nuova maggioranza di governo sta tornando in auge la famigerata autonomia differenziata, cioè quella che darebbe mani libere alle Regioni in ben 23 competenze, tra cui ovviamente la scuola. La bozza di legge quadro è stata preparata dall’inossidabile Calderoli, ministro per gli Affari regionali e le autonomie, e rischia di spostare sempre più risorse verso le Regioni più ricche, finendo così per aumentare le diseguaglianze esistenti. Sembra di tornare al 2019, all’epoca delle intese separate di Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna.

Per scongiurare questa iniziativa il Coordinamento per la democrazia costituzionale – insieme a Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola Rua, Snals Confsal e Gilda Unams – ha avviato una raccolta di firme per una Proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare di modifica di parte degli articoli 116 e 117 della Costituzione – contenuti nel titolo V della Carta – che ripartiscono le diverse competenze tra Stato e Regioni tra esclusive e concorrenti.

La governance in mano allo Stato 

Rispetto a questa operazione, spiega la segretaria nazionale della Flc Cgil, Grazia Maria Pistorino, “la prima emergenza che ci si pone come sindacato è quella di difendere e rilanciare il diritto universale all'istruzione. Differenziare i programmi su base regionale, assumere localmente insegnanti e dirigenti, magari pagandoli diversamente, configurerebbe un diritto allo studio ancora più diseguale di quello attuale”.

Di qui la proposta di legge costituzionale che, puntualizza la sindacalista, “non interviene solo sulla scuola. Non parliamo di una modifica integrale del Titolo V, ma di introdurre strumenti normativi che costruiscano un sistema di equilibri tra Stato e Regioni e in cui la governance resti in mano allo Stato, che deve essere il garante dell’interesse nazionale generale. Cosa che del resto avviene anche negli Stati federali”. 

Proprio per questo la potestà legislativa sarebbe esclusivamente statale (e non più in condominio con le Regioni) in materie strategiche per l'unità del paese, dall'istruzione, alla salute e al sistema sanitario nazionale, a porti, aeroporti, autostrade, ferrovie, reti di comunicazione. 

Niente intese separate

“Vogliamo anche – aggiunge Pistorino – scongiurare il principio pattizio, cioè quello per cui si può avviare l'autonomia con accordi tra governo e singola Regione, non passando in questo modo per il Parlamento che avrebbe l’unico compito di ratificare l’intesa”. Tra gli altri paletti inseriti per garantire gli interessi supremi dell’unità nazionale, la proposta di legge prevede anche di introdurre una clausola di supremazia della legge statale, collegare l'autonomia a specificità della Regione richiedente e individuare per la legge di approvazione momenti di verifica referendaria.

Per concludere tornando ai dati, si può ricordare che nel suo rapporto di ottobre l’'Ocse, come ci ricorda Fabio Cirino, segretario generale della Flc Palermo, “certifica il record di analfabetismo nell'Isola e dell'alfabetismo senza titolo: il 50 per cento dei giovani siciliani risulta inattivo ma quel che è peggio senza speranza. Sono dati allarmanti, che indicano 300 mila analfabeti in Sicilia". Un’autonomia differenziata che farebbe parti diseguali tra chi è disuguale sarebbe un ulteriore colpo mortale al futuro di centinaia di migliaia di giovani.

Durante l'incontro a Palazzo Chigi la premier invita alla collaborazione. Landini ribadisce le richieste della Cgil: "Riforma fiscale seria, riforma delle pensioni e lotta alla precarietà"

 Foto: Marco Merlini

Sul piano formale il presidente del Consiglio ha dichiarato grande disponibilità a un confronto sui vari temi che si affronteranno, anche per una discussione sul futuro del Paese e sulle scelte strategiche. Ha dichiarato che considera importante il rapporto con le parti sociali, in questo caso con i sindacati. Da parte nostra, abbiamo assicurato piena disponibilità alla discussione avanzando proposte per risolvere i problemi". Così il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, al termine dell'incontro a Palazzo Chigi con la premier Giorgia Meloni.

"Nel merito ad oggi non abbiamo avuto risposte", specifica il segretario. "Conosciamo solo il perimetro nel quale

In serata lo sbarco dei profughi che erano ancora a bordo dell'Humanitas 1 e della GeoBarents. Soddisfazione della Cgil, ma non viene meno l'indignazione contro le scelte del governo

 

Tutti a terra. Dopo giorni e ore di inutili sofferenze psicologiche su corpi e volti già stravolti dalla vita, questa linea del governo, senza senso e senza umanità, è stata cancellata dall'esito del sopralluogo della commissione medica che ha scritto la parola fine in fondo a questo scempio. Tutti a terra, la vita di questi migranti finiti, sfortuna nella sfortuna, nelle maglie della speculazione politica della sgangherata compagine post fascista a guida Meloni, riparte dall'ultima linea di confine tra umanità e disumanità che si era spostata temporaneamente a Catania.