In Francia la paura della destra fa 218 come i candidati che rinunciano al 2° turno per fare barriera contro Le Pen. Il maggior sacrificio lo fa la sinistra, ma malgrado le ambiguità di Macron anche molti dei suoi si ritirano: nelle sfide a due a Rn può sfuggire la maggioranza assoluta
IL TRIANGOLO NO. La paura rianima il «fronte repubblicano». Soprattutto i candidati della sinistra rinunciano al secondo turno, ma anche tanti centristi
Sostenitori del Nouveau Front Populaire incollano manifesti per le strade di Parigi - foto Ap
L’equazione si annunciava complicata, ma sembra essere stata in gran parte risolta. Il primo turno delle elezioni legislative francesi ha sancito un numero di ballottaggi «triangolari» senza precedenti nella storia della 5a Repubblica: ben 306 seggi da assegnare dopo un secondo turno a tre candidati che, alla fine, si sono ridotti a poco più di un centinaio, in seguito alle «desistenze» per sfavorire l’elezione di deputati d’estrema destra.
SECONDO UN CONTEGGIO di Le Monde, il Rassemblement National di Marine Le Pen sarà presente in almeno 243 ballottaggi, quasi sempre in competizione con candidati del Nuovo Fronte Popolare (Nfp) o della coalizione macronista, Ensemble, e talvolta con candidati dei Républicains, il partito della destra gollista. Con una maggioranza assoluta fissata a 289 deputati, quindi, ogni ballottaggio diventa cruciale per impedire a Jordan Bardella d’insediarsi a Matignon, la residenza del primo ministro.
Domenica sera, dopo la pubblicazione dei risultati, Jean-Luc Mélenchon ha annunciato che i candidati del Nfp si sarebbero ritirati qualora arrivati terzi e quando in questo caso un candidato Rn fosse primo o suscettibile di essere eletto. Un modo per non disperdere i voti e sbarrare la strada ai candidati lepenisti.
Dal canto loro, Emmanuel Macron e i suoi hanno invece emesso segnali contrastanti. Tra domenica e lunedì, è sembrata imporsi una linea del «né-né» all’insegna degli «opposti
Commenta (0 Commenti)FRANCIA. Estrema destra al 33%, blocco di sinistra al 28% 306 le sfide “triangolari”. Ma non tutto è perduto. Il Fronte popolare fa un passo indietro quando utile. Tra i centristi invece ci sono dubbi. I Républicains, in netto declino, non danno nessuna indicazione di voto. La coalizione del presidente, Ensemble, in testa solo in 68 circoscrizioni
L’estrema destra è alle porte del potere in Francia. Ma è ancora possibile evitare il peggio, la maggioranza assoluta al Rassemblement National. Bisogna aspettare oggi alle 18, per vederci più chiaro sugli schieramenti per il secondo turno di domenica 7 luglio, dopo la conferma del terremoto politico che sta scuotendo la Francia con i risultati del primo turno.
Ieri c’erano già più di 170 “desistenze” al secondo turno dei candidati nelle 306 sfide “triangolari” possibili. L’alta affluenza alle urne ha permesso molte “triangolari”, cioè oltre ai primi due candidati arrivati in testa un terzo ha la possibilità di presentarsi (ci sono persino 5 quadrangolari).
L’ESTREMA DESTRA – Rn più il drappello portato dall’ex Lr, Eric Ciotti (il partito di Zemmour, Reconquête, è quasi sparita) – ha ottenuto il 33%, 10,6 milioni di voti (nel 2017 ne aveva 3 milioni,
Leggi tutto: Patto di desistenza, Macron non scioglie la riserva - di Anna Maria Merlo, Parigi
Marine Le Pen dopo l'annuncio dei risultati per il primo turno delle elezioni legislative in Francia (AP Photo/Thibault Camus)
Al primo turno delle elezioni legislative francesi il Rassemblement National (RN) – il partito di estrema destra di Marine Le Pen e Jordan Bardella alleato con Eric Ciotti, il presidente dei Repubblicani, di destra – è di stato nettamente il più votato: ha ottenuto il 33,2 per cento dei voti, un risultato quasi doppio rispetto a quello delle elezioni legislative del 2022 quando RN, al primo turno, prese il 18,7 per cento.
Il Nuovo Fronte Popolare (NFP), l’alleanza elettorale di sinistra che riunisce tra gli altri il Partito Socialista, il Partito Comunista, il partito ecologista Europe Écologie-Les Verts e La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon, ha ottenuto il 28 per cento, più di quanto aveva preso nel 2022 con la propria precedente alleanza elettorale, NUPES, che si era fermata al 25,6 per cento. Il loro risultato a questo primo turno rimane però inferiore alla somma dei risultati che ciascun partito aveva ottenuto alle elezioni europee dello scorso 9 giugno (31,6 per cento). Ensemble pour la République, la coalizione del presidente francese Emmanuel Macron che aveva convocato le elezioni in seguito all’ottimo risultato di RN alle europee, si è fermato al 20 per cento. Il quarto partito più votato è stato quello dei Repubblicani, al 6,6 per cento.
Domenica 7 luglio si svolgerà il secondo turno in tutte le circoscrizioni che non hanno eletto un candidato al primo. Avranno accesso al ballottaggio non i due candidati che hanno ottenuto i migliori risultati al primo turno, come succede in Italia, ma tutti quelli che hanno ottenuto più del 12,5 per cento dei voti delle persone iscritte nelle liste elettorali (non dei votanti). A causa dell’elevata partecipazione (66,7 per cento) il ministero dell’Interno ha individuato più di 300 triangolari, cioè ballottaggi in cui i candidati sono tre, e anche qualche quadrangolare, cioè ballottaggi con quattro candidati.
Al primo turno sono stati eletti appena 75 deputati, su un totale di 577. Tra questi, 39 sono di RN in alleanza con Ciotti (e tra loro c’è anche Marine Le Pen), 32 sono di NFP (compresi il socialista Olivier Faure e l’ecologista Sandrine Rousseau) e due della coalizione di Macron.
Commentando i risultati il quotidiano Le Monde ha scritto che «il fallimento è stato totale per il presidente della Repubblica Emmanuel Macron, che
Commenta (0 Commenti)Oggi si vota, il Rassemblement National di Marine Le Pen in testa a tutti i sondaggi, il generoso Nuovo Fronte Popolare insegue, il centrodestra di Macron annullato in mezzo. Una bomba si aggira per l’Europa, può chiudere un’epoca difficile e aprirne una decisamente peggiore
FRANCIA. Si vota, i sondaggi danno il Rassemblement National primo al 35%. Macron pare aver perso la scommessa. Può chiudersi un’epoca
È il Brexit francese? Certo il voto delle legislative del 30 giugno e del 7 luglio non sarà un vero e proprio Frexit, cioè un’uscita dalla Ue e tanto meno dall’euro, ma come il voto britannico di otto anni fa, rischia di essere un segnale di chiusura su se stessi, di ripiego, di rigetto dell’altro da sé, che avrà forti conseguenze in Europa.
I sondaggi annunciano un’estrema destra complessivamente intorno al 35%, il Nuovo Fronte Popolare al 29% e il centro appena sotto il 20%. Le previsioni del risultato finale sono difficili, viste le modalità di voto – un maggioritario a due turni, diviso in 577 circoscrizioni, ognuna con delle particolarità specifiche – il tasso di partecipazione, che si annuncia in netta crescita rispetto alle precedenti elezioni, cambia alcune carte in tavola, con la possibilità di più di due candidati al secondo turno (per essere presenti, oltre ai primi due arrivati, bisogna aver ottenuto più del 12,5% degli iscritti). Ma si può già scommettere che per il campo di Macron non ci saranno belle sorprese: il centro, che aveva proposto il superamento degli schieramenti destra-sinistra, è schiacciato tra i due blocchi, come alla fine di un ciclo, estremamente breve. «Il presidente ha ucciso la sua maggioranza» accusa l’ex primo ministro Edouard Philippe, che già pensa all’Eliseo per il 2027.
L’ESTREMA DESTRA ormai domina su una destra di governo boccheggiante e ormai spaccata dallo strappo del presidente dei Républicains, Eric Ciotti, che ha abbracciato il Rassemblement National. Mentre la sinistra, che è riuscita a unirsi nel Nuovo Fronte Popolare, ha suscitato speranze e farà probabilmente un buon primo turno, ma avrà difficoltà al secondo, ad attirare un “fronte repubblicano” per sconfiggere il Rassemblement National. Lo storico Patrick Boucheron parla di «sentimento appiccicoso dell’inevitabile», come un torpore che poco per volta domina, scoraggia e deprime. Nella breve campagna elettorale sono stati i sentimenti – e le illusioni – a prevalere, non la ragione, diventata inudibile. L’eventualità dell’arrivo dell’estrema destra al potere in Francia sarà una bomba devastante per tutta Europa. Parigi debole, con due teste in conflitto, l’asse franco-tedesco insabbiato, freno alle iniziative per il futuro… La fine di un’epoca.
Il popolo a venire (1/2): l’unione della destra contro il Fronte popolare
Il popolo a venire (2/2): per un “contro-populismo”
EMMANUEL MACRON ha fatto lo stesso errore di David Cameron: con una decisione improvvisa, ha convocato in tutta fretta (e contro il parere delle
Leggi tutto: Involuzione francese, Le Pen davanti a tutti - di Anna Maria Merlo
Commenta (0 Commenti)La tremenda, balbettante prova di Biden nel dibattito tv contro Trump incendia i social, gela i media amici e fa saltare in aria il partito democratico. Che ora discute l’impensabile: sostituire il candidato che l’establishment aveva blindato. E che insiste: «Io so fare questo lavoro»
UN PARTITO DIVISO. L’avevano vista arrivare, la débâcle di Joe Biden, ma non nelle dimensioni catastrofiche in cui è stata crudamente, crudelmente, messa in scena per novanta minuti sugli schermi della Cnn giovedì notte
Joe Biden durante il dibatitto con Donald Trump ad Atlanta - AP Photo/Gerald Herbert
La disfatta di Atlanta, i democratici l’avevano vista arrivare, ma non nelle dimensioni catastrofiche in cui è stata crudamente messa in scena per novanta minuti sugli schermi della Cnn giovedì notte. Pensavano, strateghi e big del partito, che Biden, opportunamente protetto da una rete di sicurezza, avrebbe potuto sostenere la difficile prova con Trump.
Tanto che la leadership democratica non ha concepito né predisposto un piano alternativo, come quello che adesso in molti invocano a gran voce e con urgenza, in prima fila i donor che mai come in questa competizione hanno aperto così generosamente il portafoglio.
Il tema dell’età di Joe Biden, unita a una sua crescente fatica a reggere un ruolo così pesante, è all’ordine del giorno dacché la sua ricandidatura è stata messa sul tavolo dall’interessato con il sostegno della famiglia e dei maggiorenti del Partito democratico, ma anche degli ambienti vicini che contano, come il New York Times, Hollywood, i grandi atenei, un fronte che vedeva nel presidente in carica quello più attrezzato per sconfiggere nuovamente l’impostore di New York.
Certo, va detto che ultimamente Biden ha subito un evidente peggioramento delle sue condizioni psicofisiche, probabilmente dovuto alle vicende giudiziarie del figlio Hunter.
Nel suo recente tour europeo, poi soprattutto in un gala per la raccolta fondi a Los Angeles, era apparso in uno stato di smarrimento e di affanno fisico. Ha colpito l’immagine, nell’evento di Los Angeles, di Barack Obama che gentilmente ma fermamente lo conduce
Leggi tutto: Usa, democratici nel panico e senza piano B - di Guido Moltedo
Commenta (0 Commenti)INTERVISTA . Storia critica dell'IDF. Il docente, saggista e filmaker ebreo israeliano spiega: «Nella maggioranza degli stati è lo stato che crea un esercito e l’esercito serve lo stato. Qui è l’inverso, è l’esercito che ha creato lo stato e ha definito la sua identità sionista»
Un tank israeliano al confine tra Gaza e Israele - Ap
Quando ci colleghiamo su Zoom per l’intervista, Haim Bresheeth è da poco rientrato da un presidio di studenti pro-Palestina, uno dei molti a cui è stato invitato in questi mesi, in Gran Bretagna e in altri paesi. Da quando l’esercito israeliano ha cominciato l’operazione genocida su Gaza, Bresheeth si spende per spiegare, per contestualizzare quello che sta avvenendo, come parte di un lungo progetto coloniale, ma la sua voce di ebreo israeliano anti-sionista non trova ascolto nei media di massa. «La Bbc mi ha intervistato quattro volte durante le manifestazioni a Londra. Nessuna è andata in onda. Non vogliono sentire quello che ebrei come me hanno da dire».
Eppure Bresheeth avrebbe più di una ragione per essere ascoltato. Professore di media e cinema in pensione, filmmaker, fotografo, storico e autore di vari libri dedicati a Israele e Palestina, ha passato gli ultimi cinquant’anni a costruire ponti tra culture, lavorando in università britanniche e israeliane, più recentemente alla School of Oriental and Asian Studies (SOAS) di Londra.
È nato a Roma nel 1946, in un campo per rifugiati dove entrambi i genitori, ebrei polacchi sopravvissuti ad Auschwitz, erano riparati. «Ma come apolidi non potevano ottenere un visto, né per rimanere né per andare in altri paesi. Le uniche soluzioni che ci venivano offerte erano tornare in Polonia, dove i sentimenti anti-ebrei non erano sopiti, o andare in Israele. Fin dalla conferenza di Evian, sionisti come Ben Gurion avevano opposto le politiche dei visti per
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