Opposizioni in piazza contro le riforme della maggioranza. Che se passeranno toglieranno al parlamento ogni funzione. Già oggi per la destra le camere sono solo un teatro per le risse. Dopo l’ultima, particolarmente grave, a Montecitorio arrivano le sanzioni. Lievi
ULTIMO SPETTACOLO. Comitati, sindacati e partiti si ritrovano a Montecitorio. Appuntamento il 18 giugno
La manifestazione contro l'autonomia differenziata a piazza Montecitorio - Ansa
La piazza si riempie in maniera quasi spontanea, dopo le intimidazioni e alle aggressioni in aula degli ultimi due giorni. Ma, e questa è la prima notizia, finisce per rappresentare la convergenza delle opposizioni dentro e anche fuori dal Parlamento. È una composizione variegata che non si vedeva da anni, che si indigna contro le violenze della maggioranza e tira le fila del lavoro che mesi costituzionalisti e militanti stanno facendo su autonomia differenziata e premierato. Sono piccole delegazioni e gruppetti rappresentativi, non è di certo una manifestazione di massa quella che si ritrova di fronte alla Camera. Ma questa rappresentanza ampia e plurale trova il modo di coesistere e parlarsi. Primi passi dopo anni di camere stagne e bolle omogenee.
CI SI (RI)VEDE oltre le transenne di Montecitorio, e anche questa è una notizia: da anni alle proteste non è consentito arrivare di fronte al parlamento. L’infrastruttura della manifestazione è costituita dalla «Veglia laica per la Repubblica» convocata dai Comitati per il ritiro di ogni autonomia differenziata e il Tavolo No Ad. Ma, appunto, la mobilitazione si allarga. E ci si ritrova di fronte all’inconsueta mescolanza di bandiere: c’è l’Flc Cgil e l’Usb coi Cobas, i Giovani democratici e gli studenti di Cambiare rotta, Rifondazione e il M5S. «Questa battaglia non si vince solo nelle aule parlamentari anche là dentro, si è superato ogni limite come dimostra aggressione squadrista al deputato Leonardo Donno», dice Nicola Fratoianni.
LE OPPOSIZIONI parlamentari invitano a ritrovarsi martedì prossimo alle 18 a piazza Santi Apostoli, quando l’aula riprenderà l’esame del ddl. L’allarme viene raccolto dal presidente dell’Anpi Gianfranco Pagliarulo: «In questa settimana è saltato tutto – dice Pagliarulo – Hanno dedicato un francobollo al fascista Italo Foschi, Roberto Vannacci ha inneggiato alla X Mas e dei criminali sono stati trasformati in santini, la cosa è stata subito ripresa in aula dal deputato leghista Domenico Furgiuele. E poi le orribili chat del portavoce del ministro Francesco Lollobrigida, Paolo Signorelli». «Altro che patrioti, questi stanno spaccando la patria», dice il deputato del Pd Marco Sarracino. Per la Cgil c’è Maurizio Landini.
Autonomia, finisce in rissa: pugni in testa al 5S Donno
«Il messaggio che mandiamo oggi è molto chiaro – dice Christian Ferrari della segreteria nazionale del sindacato – Se non si fermeranno, saremo noi a fermarli. Siamo pronti a partire subito con firme per referendum abrogativo». A questo punto, tocca agli studenti di di Osa e Cambiare rotta tracciare un link tra le intimidazioni in parlamento e le repressioni di piazza: «Noi le manganellate le abbiamo già prese sulla nostra pelle – dicono – sappiamo cosa significa». Quando si aggiungo i parlamentari del Movimento 5 Stelle dicono di esserci per manifestare «contro questo folle provvedimento che spacca l’Italia e nega i servizi essenziali a milioni di cittadini, va avanti dentro e fuori dai palazzi istituzionali». I deputati denunciano «la gravità della prepotenza con cui la maggioranza prova a reprimere il libero dissenso parlamentare delle opposizioni, culminata nell’aggressione squadrista contro il deputato Donno».
«DOPO LE AGGRESSIONI fisiche della maggioranza in Parlamento non possiamo accettare che anche il paese sia ostaggio di questo clima di intimidazioni continue – scrivono Pd, M5S, Avs e +Europa in un comunicato congiunto – Il governo Meloni sta forzando la mano e prova a minare le basi democratiche della nostra Costituzione, procedendo a colpi di maggioranza verso l’approvazione dello Spacca-Italia e del premierato».
Elly Schlein, che già dai giorni scorsi aveva detto ai suoi di prepararsi a una nuova fase dopo le elezioni europee, è altrettanto netta: «C’è un serio problema quando cominci ad assistere a ripetute intimidazioni, aggressioni verbali e fisiche – scandisce la segretaria Pd – Hanno iniziato intimando il silenzio alla nostra capogruppo Chiara Braga, dicendole di stare zitta, hanno continuato facendo per tre volte il simbolo della Decima Mas, e hanno proseguito ulteriormente con l’aggressione squadrista a danno del deputato Donno. Quindi è chiaro che c’è un problema, questo non è un clima in cui si può lavorare in questo Parlamento e si sta dando un pessimo spettacolo al paese».
«Scenderemo con i tricolori in piazza il prossimo 18 giugno – le fa eco Giuseppe Conte dal M5S – E ci ritroveremo con le altre forze di opposizione per ribadire il nostro no all’autonomia differenziata, a questo clima intimidatorio, a queste aggressioni». Martedì, nelle stesse ore, al senato si voterà sul premierato. Tutti, in questa piazza di fine primavera, mostrano di conoscere bene la profonda relazione tra il disegno autoritario della riforma Meloni e quello che accresce le disuguaglianze del progetto di Calderoli
Commenta (0 Commenti)Non è Giorgia Meloni, adesso è Le Pen a disegnare gli equilibri dell’Europa in nero. Incontra Salvini, diventato un partner minore, e parla di gruppo unico delle destre nell’europarlamento. Spiazzando Fratelli d’Italia. Il prossimo voto in Francia può rafforzarla ancora
DETTA MARINE. Esclude le dimissioni dopo le legislative, agita la teoria degli opposti estremismi e tende la mano a Glucksmann e ai Républicains
Il discorso di Emmanuel Macron; a sinistra la riunione dei Républicains davanti alla sede del partito a Parigi chiusa da Eric Ciotti - foto Ansa
Ieri è iniziata la campagna elettorale più breve ma “storica” di Francia, con l’estrema destra alle porte del potere. Emmanuel Macron è sceso in campo, escludendo le dimissioni dopo le legislative: «Non voglio dare le chiavi del potere all’estrema destra nel 2027», alle prossime presidenziali, per questo «voglio un governo che possa agire per rispondere alle esigenze» e alle inquietudini espresse dal voto delle europee, che ha causato un terremoto politico, l’estrema destra al 40%, i partiti «estremisti» al 50% (il calcolo del presidente viene fuori sommando Rassemblemente national e France insoumise). Era l’impegno preso sette anni fa – non dare più nessuna ragione di votare per l’estrema destra – che si è fracassato sul risultato elettorale delle europee.
AL PAVILLON Cambon Capucines, non lontano dall’Eliseo, il presidente ha spiegato prima di tutto le ragioni dell’imprevisto scioglimento dell’Assemblée nationale: la Francia era in «un’equazione politica intenibile», di fronte a un «blocco», «pericoloso» per il paese, con la minaccia di una mozione di censura per l’autunno contro il governo. Lo scioglimento deve portare a «un chiarimento». Macron, che resta un «ottimista» e dichiara di non voler cedere allo «spirito della sconfitta», si rivolge ai cittadini-elettori, facendo appello all’«etica della responsabilità», nella «battaglia di valori esplosa in piena luce», che deve interrogare ogni cittadino.
ERA NECESSARIO chiamare di nuovo in causa gli elettori, non si può voler «un governo senza il popolo» e non si può «dissolvere il popolo», afferma. Delinea un progetto che
Leggi tutto: Macron scende in campo in cerca di un centro - di Anna Maria Merlo, PARIGI
Commenta (0 Commenti)L’azzardo elettorale di Macron contro l’onda nera manda in tilt gli schieramenti. Il leader dei Repubblicani rompe il tabù e apre a Le Pen, ma il suo partito alza le barricate. Estrema destra divisa. A sinistra il “fronte popolare” alla prova delle liste. La Francia rischia un salto nel buio
FRONTE RETRO. Eric Ciotti apre all’accordo con il Rassemblement National.I vertici insorgono: «Irricevibile, lasci la presidenza del partito». La destra implode. Mentre i sondaggi danno il ‘delfino’ Bardella in crescita vertiginosa
Eric Ciotti e Marine Le Pen - foto Ansa
La destra è implosa. L’annuncio della convocazione di elezioni legislative anticipate, la bomba lanciata da Emmanuel Macron la sera della sconfitta alle europee, ha già un primo risultato: Les Républicains, il partito erede del gollismo, è scoppiato. Il segretario, Eric Ciotti, ieri a metà giornata, ha annunciato la nascita di un’alleanza del «blocco di destra», un «blocco nazionale» con il Rassemblement national. Accordo confermato in serata dal delfino di Marine Le Pen, Jordan Bardella, che parla di varie decine di deputati repubblicani pronti a sostenerlo. Per Ciotti l’obiettivo è «preservare il gruppo Lr all’Assemblée nationale», che ora ha 61 deputati (e soprattutto salvare il suo seggio, visto che nella sua circoscrizione a Nizza il Rn è sopra il 30%).
IMMEDIATA REAZIONE di buona parte dei leader della destra classica, che rifiutano l’intesa elettorale con l’estrema destra, che nella versione di Ciotti potrebbe permettere a Lr di tornare al potere dopo 12 anni di astinenza. Ma è una scelta che contraddice la storia del movimento che con Jaques Chirac sconfisse Jean-Marie Le Pen nel 2002 con più dell’80% dei voti.
Una democrazia dimezzata in un Paese diviso
I senatori Lr, che non subiranno conseguenze dal voto del 30 giugno e 7 luglio che riguarda solo l’Assemblée nationale, guidano la carica: accusano Ciotti di aver
Leggi tutto: Roulette francese. Le Pen manda in tilt i repubblicani - di Anna Maria Merlo, PARIGI
Commenta (0 Commenti)CUORE DI TENEBRA. La premier potrà entrare nel palazzo del potere della Ue solo da una porta laterale
Dal “sondaggione interno” delle politiche europee Giorgia Meloni è uscita in piedi, anche se meno trionfante di quanto non racconti. Ha perso voti e neanche pochi, 600mila e rotti, ma ha guadagnato punti percentuali, come partito e come coalizione. Non ha fatto lo strapieno come chiunque si trovasse a palazzo Chigi quando si aprivano le urne in Europa ma non è neppure finita a gambe all’aria come chiunque governi oggi nella stessa Europa. Si dichiara soddisfatta e lo è davvero. Solo che per lei le elezioni non erano solo un sondaggione privo di conseguenze concrete, salvo esiti clamorosi come quello francese. La posta in gioco è a Bruxelles e Strasburgo: su quel tavolo l’elettorato le ha servito carte ambigue che la costringono in una situazione che richiederà maestria.
«IL RESPONSO DEI CITTADINI impone che l’Europa guardi più verso il centrodestra: questo è quel che i cittadini chiedono», afferma fingendosi sicura Meloni. Sulla carta potrebbe anche aver ragione. Nei fatti non è così. Ursula von der Leyen, leader pronta a tutto come pochi altri, capace di volteggiare con aristocratica ineleganza passando dal Green Deal al riarmo, dall’apertura a destra al cordone sanitario contro la destra, guarda ai numeri, tiene conto del veto del Pse e dei Liberali, indisponibili a sostenerla se intavolerà trattative con i Conservatori, trae le conseguenze. Ora vuole «costruire un bastione contro gli estremisti».
Conte chiama Elly: «Avanti col dialogo». Toninelli prova a guidare il dissenso
A tal fine dialogherà prima di tutti con i Socialisti però «lasciando le porte aperte ad altri». Non allude però a quella che sino a ieri sembrava l’amica del cuore «davvero europeista», Meloni Giorgia, ma ai Verdi, i quali peraltro si sono già detti prontissimi a
Leggi tutto: Meloni resta in piedi in casa ma perde lo scettro europeo - di Andrea Colombo
Commenta (0 Commenti)EUROSHOCK. Per quanti sforzi facciano popolari e socialisti a fornire una versione edulcorata della cronaca, la vittoria delle destre estreme è un risultato clamoroso di fronte alla stori
L’Unione europea, con le sue scelte politiche di fondo, ha opposto un argine debolissimo alla destra più nera e questo argine è stato travolto dal voto di ieri. Il simbolo della disfatta è Emmanuel Macron che con la sua resa travestita da rilancio replica la condotta irrazionale che ha avuto sulla guerra in Ucraina.
Il destino del parlamento francese da qui a poche settimane appare segnato e con esso, tristemente, quello del cuore politico del continente. I partiti dell’estrema destra entrano da padroni di casa nell’Unione, una casa che non hanno contribuito a costruire e che hanno sempre provato a demolire.
Agli esiti neri di queste elezioni fa da contraltare la quinta quasi immobile dell’emiciclo di Strasburgo. Dove von der Leyen si proclama vincitrice e prova a raccontarsi come alternativa a quella destra estrema che ha contribuito a gonfiare. Il risultato elettorale è come una scossa potente che sul momento crepa l’edificio senza abbatterlo. L’equilibrio dell’europarlamento in fondo sembra cambiare poco.
La vecchia alleanza tra popolari, liberali e socialisti potrebbe avere i voti sufficienti per riproporsi imperterrita, indifferente al terremoto. Ma non si potrà fare finta di niente. Perché l’Europa unita si regge, ancora, sugli stati che la compongono: la Francia, come la Germania dove i neonazisti raggiungono Scholz, ne è dunque un pilastro sul punto di crollare.
Per quanti sforzi facciano popolari e socialisti a fornire una versione edulcorata della cronaca, la vittoria delle destre estreme è un risultato clamoroso di fronte alla storia. Partiti xenofobi e razzisti, in molti casi apertamente nostalgici e neo fascisti superano di slancio e travolgono formazioni che sono state l’architrave dell’Europa per ottant’anni. È un D-day – celebrato appena l’altro giorno – ma al contrario.
Il risultato italiano, con un’affluenza più bassa di quella media dell’Unione, è solo una conferma per Meloni e non un trionfo. Più chiaro il successo di Schlein che supera le migliori previsioni. Così come fanno abbondantemente Verdi e Sinistra, trainati – vedremo oggi – dai consensi per Ilaria Salis. Una luce, dentro un tunnel nerissimo.
Commenta (0 Commenti)EUROPEE. Estrema destra all’assalto tra ripuliti e impresentabili Data in testa in 9 Paesi su 27, potrebbe eleggere oltre un quarto degli eurodeputati, con 200 seggi, una quarantina in più di adesso
Pulizie al Parlamento europeo foto Getty Images
Stasera si conosceranno i risultati del voto europeo, che si è svolto nei 27 paesi della Ue e che configurerà per 5 anni e 720 deputati (15 in più di quello in uscita) un parlamento comune che però, a differenza di quelli nazionali, non ha l’iniziativa legislativa, anche se ha ottenuto più poteri con le ultime revisioni dei Trattati. 360 milioni di iscritti, ma una partecipazione che dal 1979 – il primo voto europeo – è stata sempre in calo, dal 70% fino al 40% del 2014, mentre nel 2019 si è registrata una piccola ripresa, al 51%, che potrebbe però non venire confermata. Nessun partito ormai difende l’opzione “exit”, dopo il fiasco Brexit, ma nei fatti, si tratta di 27 elezioni nazionali, che solo in seconda battuta ridisegneranno il panorama politico europeo.
Non ci sono circoscrizioni transnazionali.
Tutti votano con il sistema proporzionale, ma in giorni diversi, in Estonia era possibile per corrispondenza dal 3 giugno, giovedì 6 in Olanda, venerdì in Irlanda e Repubblica ceca, nel week end tutti gli altri, molti sul solo giorno di domenica. Le regole sono diverse, in Belgio, Austria, Malta e Germania votano a 16 anni, a 17 in Grecia, gli altri a 18 (ci sono 2 milioni di giovani al primo voto). I paesi eleggono un numero diverso di deputati, in rapporto con la popolazione con correzioni (6 per i più piccoli, Cipro, Malta, Lussemburgo, 76 per l’Italia, 81 per la Francia, 96 per la Germania).
«La politica resta un affare nazionale» afferma il giurista Alberto Alemanno, professore a Hec di Parigi, «manca una sfera pubblica europea, il prisma resta quello nazionale, anche se i grandi temi sono europei». I 17 milioni di cittadini europei che vivono in un paese diverso da quello di nascita pesano poco. Nel 2019 c’era stato un gran parlare di liste transnazionali, ma quest’anno il progetto è rimasto nel cassetto, non è più evocato da nessuno e persino i partiti che hanno una aspirazione federalista la stanno tenendo ben nascosta, travolta dall’ondata “sovranista” in corso. In Francia, nei volantini elettorali, neppure i più europeisti (Ps, Ecologisti, i liberali di Renaissance) hanno stampato il riferimento ai gruppi di appartenenza a Strasburgo.
Da domani, cominceranno le trattative per la formazione dei gruppi
Leggi tutto: Estrema destra all’assalto tra ripuliti e impresentabili - di Anna Maria Merlo
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