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Parata militare Il presidente cinese sarà al fianco del leader russo nel Giorno della Vittoria, trasformato dal Cremlino in un simbolo di potenza

Carri armati T-34 dell’era sovietica in attesa della Parata della Vittoria di oggi a Mosca Carri armati T-34 dell’era sovietica in attesa della Parata della Vittoria di oggi a Mosca – Ap

I contorni della questione li ha disegnati Xi Jinping una volta arrivato al Cremlino. «Siamo al fianco della Russia contro le prepotenze egemoniche: le nostre relazioni sono più sicure, più stabili e più resilienti». Parole che superano gli accordi, una ventina in tutto, firmati al vertice di ieri, e forse anche le aspettative di Vladimir Putin, che si è rivolto a Xi Jinping chiamandolo «caro amico», ma ha mostrato nel complesso più moderazione: il nostro rapporto, ha voluto precisare nel corso dell’incontro, «non è rivolto contro alcuno».

INSIEME i due leader hanno ribadito la ferma opposizione al «doppio contenimento» con cui l’occidente cerca di combattere le loro ambizioni. Il documento conclusivo parla apertamente del «rischio strategico» legato «all’espansione di alleanze militari nuove e già esistenti» che «potenze nucleari portano avanti ai confini di altre potenze nucleari». Un riferimento evidente al conflitto in Ucraina. Ma la medesima tesi può essere usata per le tensioni sempre più forti nei mari del Sudest asiatico. Come dire: l’alleanza tra Russia e Cina corre politicamente dal confine più orientale dell’Europa alle coste del Pacifico; così come Xi ha garantito sostegno a Putin nella sua campagna in Ucraina, in particolare sul piano tecnologico, Putin potrebbero offrire in futuro assistenza a Xi Jinping per risolvere dispute simili. «La Russia aderisce al principio secondo il quale Taiwan è parte inalienabile del territorio cinese», ha ricordato non a caso proprio ieri Xi.

I DUE QUEST’OGGI assisteranno dalla tribuna d’onore, probabilmente fianco a fianco, alla parata militare nella Piazza Rossa per il Giorno della Vittoria, in cui i russi celebrano il successo sulla Germania nazista. Nella capitale le misure di sicurezza sono al massimo livello, anche per l’implicita minaccia di attacchi che il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha sventolato la scorsa settimana: «Non possiamo garantire – aveva detto – la sicurezza degli ospiti durante la parata». Per adesso la tregua di tre giorni annunciata proprio dal Cremlino e cominciata l’altra notte sembra tenere. Eppure le autorità hanno comunque deciso di interrompere il segnale internet degli smartphone in tutta la Russia europea. La decisione è estrema, ma la cerchia del Cremlino non può permettersi fallimenti.

È stato proprio Putin a rilanciare le celebrazioni del 9 maggio. Molti lo considerano uno dei meriti del suo lungo mandato. È vero anche che la «Vittoria», in russo pobeda, è diventata negli ultimi anni pobedobesie, ovvero «culto della vittoria» con punte vicine al fanatismo. In più occasioni e in poco tempo i connotati dell’evento sono radicalmente cambiati. «Putin storico in capo» sarebbe il caso di dire, riprendendo il titolo scelto da Nicolas Wert, presidente dell’organizzazione Memorial in Francia, per un saggio su certe dinamiche che attraversano il paese.

ALL’INIZIO degli anni Duemila il Giorno della Vittoria è servito a fissare punti fermi in una società che aveva perduto ogni riferimento dopo il crollo del sistema sovietico. Una volta superate la crisi economica e la guerra in Cecenia Putin l’ha usato per mostrare di nuovo la potenza militare della Russia.
Ora lo accosta all’invasione in Ucraina, che i giornali e le tv di stato sono ancora costretti a chiamare «operazione militare speciale». Il passaggio gli sta riuscendo. Quest’oggi nella Piazza Rossa sfileranno centinaia di uomini che prendono parte alla guerra. Nel settembre 2022 il ministero della difesa ha mobilitato circa 300mila uomini. I volontari nel solo 2023 sono stati 190mila. Ancora adesso se ne arruolano, secondo dati ufficiali, almeno trentamila al mese.

La macchina procede senza intoppi ed esiste un intero apparato di propaganda che lavora per tenerla in moto. Dal funzionamento macchina, non è un mistero per nessuno, dipende anche una parte dei programmi che Xi è venuto a discutere a Mosca.
Che cos’è questa Russia? Quelli che ieri mattina passavano per caso nei pressi del Cremlino hanno assistito a una insolita scena. Duecento cadetti impegnati nelle prove generali della parata. Fucili fra le braccia, berretti piegati su un lato della fronte, passo di marcia cantando a squarciagola un pezzo chiamato Gruppa Krovi, «gruppo sanguigno», che il rocker sovietico Viktor Tsoi aveva composto negli anni Ottanta pensando alla guerra in Afghanistan. «Su una manica ho il gruppo sanguigno / Su una manica ho il numero di matricola / Dimmi buona fortuna prima della battaglia! / Non voglio rimanere sull’erba, quindi dimmi buona fortuna!».

ERA IN ORIGINE un inno pacifista estremamente popolare tra gli ultimi ventenni dell’Urss. Rappresenta in tutto e per tutto la cultura underground di quel periodo storico. Sembra di capire che attorno a Putin siano riusciti a sistemare persino quello nel pacchetto patriottico di questa nuova Russia.