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L'INTESA MELONI-RAMA. Un documento interno del governo rivela: costi altissimi per allestire tre strutture dove ci sarà posto per 720 migranti. Un hotspot nel porto di Shengjin, un luogo di trattenimento e un Cpr a Gjader. E mancano ancora le spese per l’ente gestore e i trasferimenti navali a bordo di mezzi militari
Un anno, cento milioni. Ecco il vero prezzo dei campi in Albania Il primo ministro albanese Edi Rama e la presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni - Ansa

Circola nelle mail dei funzionari dei ministeri coinvolti un prospetto complessivo sul totale dei costi stimati per i centri italiani in terra albanese e accende una prima luce sull’impegno economico della nuova scommessa di Meloni: almeno 92,5 milioni di euro il primo anno e poi 49 per ognuno dei quattro successivi previsti dall’intesa quinquennale. Nel documento che il manifesto ha potuto visionare, finora inedito, c’è un numero importante che smentisce gli annunci della premier: saranno 720, e non 3mila, i migranti trattenuti contemporaneamente oltre Adriatico nella migliore delle ipotesi. Almeno nella fase di avvio del progetto, che da protocollo prevede un totale «non superiore» a quello dichiarato dalla presidente del Consiglio.

Andiamo con ordine. Sull’accordo con il primo ministro albanese Edi Rama erano trapelate solo due cifre: i 16,5 milioni di euro come anticipo a Tirana entro i tre mesi dall’entrata in vigore del protocollo, verosimilmente per le spese di vigilanza esterna da moltiplicare per cinque anni, resi noti dal Corriere della Sera l’8 novembre scorso; i 100 milioni congelati su un fondo di garanzia per eventuali controversie di cui ha parlato la testata albanese gogo.al. Niente di ufficiale dunque, ma soprattutto nulla di relativo ai soldi che Roma dovrà utilizzare per la gestione diretta del progetto.

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NELLA TABELLA RELATIVA al «totale dei costi stimati» per dare attuazione all’intesa ci sono numeri molto più interessanti. Riguardano le cifre per la realizzazione delle strutture, per le procedure relative alla protezione internazionale, per il personale di polizia e i suoi strumenti logistici. I centri saranno tre: un hotspot al porto di Shengjin (300 posti); una struttura di trattenimento a Gjader (300 posti); un Centro di permanenza per il rimpatrio, Cpr, nella stessa località (120 posti). Probabilmente gli ultimi due si troveranno in una ex base militare e saranno differenziati solo funzionalmente.

PER REALIZZARLI serviranno 36 milioni, mentre la loro gestione è stimata in 8 milioni annui. Per il funzionamento del collegio aggiuntivo della commissione territoriale per l’asilo e le procedure connesse agli iter delle domande sono messi a budget 1,5 milioni ogni dodici mesi. Quasi 40, invece, i milioni necessari su base annuale per le «risorse umane» che si occuperanno delle attività di polizia. Altri 7,5 milioni previsti, una tantum, per gli strumenti logistici a esse relativi (tra mezzi di trasporto, equipaggiamenti, risorse telematiche e voci varie). Le forze dell’ordine saranno organizzate su turni di 15 giorni. Il costo del viaggio andata e ritorno è calcolato in 800 euro per agente, mentre tra vitto e alloggio ne serviranno 120 a testa a notte. Per due settimane di impiego il personale che si occuperà dell’ordine pubblico godrà di un’indennità di trasferta di 450 euro a cui potranno sommarsi fino a 885 euro per gli straordinari (previsti per un massimo di 3 ore ogni giorno).

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RESTANO FUORI, e andranno aggiunte, spese varie ed eventuali al momento non calcolabili su ogni capitolo di spesa. Oltre, come detto, a quelle per l’ente gestore. Il quale dovrà retribuire il suo personale, garantire vitto e alloggio ai migranti ed erogare loro alcuni servizi, tra cui l’assistenza sanitaria. Per un’idea indicativa si possono utilizzare i dati che la Coalizione italiana libertà e diritti civili (Cild) ha pubblicato nel rapporto L’affare Cpr, presentato a giugno scorso presso la Camera dei deputati.

Il totale relativo al triennio 2021-2023 per i dieci Cpr attivi sul territorio nazionale, almeno fino alla chiusura di quello torinese, con una «capienza teorica di 1.105 posti» è di 56 milioni stanziati a favore dei privati che li gestiscono. Se fosse possibile calcolare matematicamente la proporzione rispetto ai posti andrebbero previsti circa 12 milioni di euro ogni anno. Ma non è escluso che l’Albania, paese con un tenore di vita più basso, possa permettere forme di trattenimento low cost (se il personale impiegato fosse italiano, però, potrebbe costare di più per i benefit da trasferta).

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LUNEDÌ A PALAZZO CHIGI si terrà la riunione preparatoria del Consiglio dei ministri per discutere, tra le altre cose, la legge di ratifica del protocollo, che dovrà passare dal parlamento. In attesa che il governo diffonda cifre ufficiali, più volte reclamate dai parlamentari d’opposizione senza esito, mettendo insieme tutte le stime venute fuori fino a questo punto i costi dell’intesa con Tirana partiranno da una base di 373,5 milioni di euro, senza contare i 100 milioni bloccati nel fondo di garanzia e le spese per l’ente gestore.

E senza contare neanche tutte le controversie giuridiche che si apriranno intorno al trattenimento dei migranti e alle loro richieste d’asilo nel territorio albanese sotto giurisdizione italiana. Oltre alle compicate questioni logistiche, che avranno un ulteriore risvolto economico, sul trasferimento dei migranti verso il porto di Shengjin con navi militari: non esattamente la destinazione dove contano di arrivare persone che hanno rischiato la vita attraversando il mare e spesso il deserto.