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Il cosiddetto odg sulla famiglia naturale ha portato Faenza agli onori della cronaca nazionale.
Non so se è un bene per il buon nome della città, ma qualche effetto positivo lo sta producendo. Una parte degli iscritti del Partito democratico sembra svegliarsi da un prolungato torpore e quasi gridando: “Ma in che mani siamo finiti?” reagisce rivendicando una più moderna concezione della famiglia fondata sugli affetti, sul rispetto reciproco, sulla responsabilità nei confronti dei figli e sbandierando un principio di laicità che da tempo, invero, mi pareva appannato nel partito democratico specie in quello faentino.
Il fatto è che la questione non è soltanto di natura ideologica anche se certamente questo è il piano verso cui sta palesemente scivolando buona parte della destra italiana. Lo dimostra la presentazione nei Comuni di mezza Italia di ordini del giorno di questo tenore (a tale scopo è utile la lettura del testo originario presentato da Forza Italia). È il terreno dove è più facile giocare con il “richiamo della foresta”, non diversamente da quanto fa la Lega di Salvini sui temi dell’immmigrazione e - presto vedrete - su molti temi sociali resi brucianti dal perdurare e dall’aggravarsi delle povertà.

Quello che più stupisce in questa vicenda, non è la scelta di numerosi esponenti del Partito democratico, fra cui una consigliere regionale fresca di nomina, il Sindaco e il Presidente del Consiglio comunale già competitor del sindaco alle primarie di quattro anni fa, (per i sostenitori della laicità, non c’era proprio scampo!) di votare seguendo una propria convinzione maturata immagino sulla base di un rispettabilissimo percorso educativo e di una personale riflessione filosofica o religiosa.
Ma qui di altro si tratta: perché in quel ordine del giorno si impegna Il Comune di Faenza:

 

  • a chiedere alla Regione l'organizzazione della "Festa della famiglia naturale" fondata sull'unione fra uomo e donna …
  • a chiedere al Governo centrale la non applicazione del Documento Standard per l'educazione sessuale in Europa, redatto dall'ufficio europeo dell'Organizzazione Mondiale della Sanità

e si invita la Giunta comunale

  • ad introdurre il "Fattore Famiglia" quale criterio di sostegno alle politiche attive e passive al reddito delle famiglie faentine

Insomma ciò che oltremodo stupisce è che soprattutto al Sindaco non sia balenato in mente ch’egli non stava facendo personali valutazioni di credo religioso o filosofico, ma stava impegnando l’intera collettività faentina che egli rappresenta, e stava progettando di orientare risorse della collettività in una direzione che non poteva non spaccare la comunità, non solo dei suoi eventuali elettori, ma dei cittadini tutti.
Ho sempre pensato, e nella mia breve lontanissima esperienza consiliare cercato di praticare, che le risoluzioni e gli ordini del giorno vadano usati con estrema parsimonia, per questioni gravi ed urgenti, e soprattutto da parte degli amministratori, perseguendo sempre, nei limiti del possibile, l’unanimità dei consensi. Perché quando un Consiglio parla, parla a nome di tutta la collettività. Ma oramai si sa, quando molti sindaci appena eletti proclamano: “Sarò il sindaco di tutti!” utilizzano soltanto una formula retorica.

Ciò non di meno sorprende l’arroganza, la straordinaria sicurezza con la quale per andare incontro ad una opposizione estremista ed ideologica (la destra faentina) si determina senza troppe remore la spaccatura del proprio gruppo: sono malizioso ma qui ci vedo il tratto del renzismo rampante, quello che anche in terreni delicatissimi come la riforma della Costituzione ritiene che quando il capo ha deciso, dopo una rapida consultazione dei fedeli, l’intendenza seguirà.
Le minoranze devono adeguarsi. Si forse questa volta il calcolo è stato sbagliato, ma la reazione dei militanti quanto conterà alle prossime primarie (se ci saranno): sarà un handicap o aprirà le porte ad una vasta platea di orfani di Berlusconi e di Casini?
Quello che forse è mancato è un saldo ancoraggio ai valori costituzionali: già la stessa accettazione dell’equivoca espressione “famiglia naturale” è aberrante. Infatti l’art. 29 della Costituzione parla di riconoscimento di ”diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio” (e non di famiglia naturale) ma lo fa come è unanimemente riconosciuto , per limitare il pericolo di un’eccessiva regolazione da parte dello stato assicurandole una sfera di autonomia, per tutelare e dare diritti, non per negarli ad altre forme di famiglia.

Quali fossero gli obiettivi di quella norma lo chiarirono in Assemblea costituente, guarda caso, proprio giuristi cattolici, come Aldo Moro e Costantino Mortati[1].

Certo che è difficile concedere l’attenuante dell’inesperienza al Sindaco a quattro anni dall’elezione, e ad una consigliera fresca di promozione al consiglio regionale, quello che dovrà rispondere all’appello integralista di Faenza. Una prima versione di questo Odg era stata presentata in Consiglio comunale dal cons. Bernardi già in gennaio;c’è ne stato di tempo per approfondire e chiarire!

Non sono le persone che non vanno, è il modello che non funziona e fa sì che ciascuno possa dare all’occorrenza il peggio di sé.
A Roma l’arroganza è la regola, le riforme costituzionali vengono imposte non solo alle minoranze interne ma anche comprimendo il ruolo del parlamento; si lavora attorno ad una legge elettorale che vuole dare tutto il potere ad una minoranza e mantenendo il sistema dei nominati, e tutto ciò lo si fa sulla base di patti più o meno segreti con la destra. Dobbiamo meravigliarci se in periferia gli epigoni peccano per eccesso di imitazione?
Se in sala da pranzo si mangia con le mani sarebbe strano se nelle cucine usassero le posate!

Alessandro Messina

 

[1] Aldo Moro, in sede di Assemblea costituente, dichiarò che quella dell’art. 29 «non è una definizione, è una determinazione di limiti». E Mortati ribadì che essa aveva lo scopo di «circoscrivere i poteri del futuro legislatore in ordine alla sua [della famiglia] regolamentazione». L’autonomia della famiglia fondata sul matrimonio, come “formazione sociale intermedia”, non avrebbe potuto essere invasa da interventi autoritari, come quelli messi in atto dai regimi fascisti appena tramontati o da quelli comunisti, volti a soppiantarla a vantaggio di regolamentazioni autoritative di taglio statalista o collettivista e di modelli organizzativi o fini contrastanti con quello di sede del libero e autonomo svolgimento della personalità dei suoi singoli componenti e di tutela dei loro «diritti inviolabili» (così definiti dall’art. 2)
in Felice Mill Colorni: La Costituzione delle mille famiglie.