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E la guerra va Dopo gli attacchi alle basi dell’aeronautica russa e il sabotaggio del ponte di Crimea i negoziati sono su un binario morto

Il presidente russo Vladimir Putin nella sua residenza di Novo-Ogaryovo foto Ap/Gavriil Grigorov Il presidente russo Vladimir Putin nella sua residenza di Novo-Ogaryovo

Quando l’escalation diventa inevitabile il fallimento è collettivo. La Russia risponderà agli attacchi ucraini degli ultimi giorni in modo deciso e le speculazioni su quanta forza metterà in campo il Cremlino si sprecano. Tutto ormai ruota intorno a questa rappresaglia e il coinvolgimento degli Stati uniti e del Papa provano che Vladimir Putin è tutt’altro che pazzo, come in molti si ostinano a definirlo. Criminale sì, ma lucido, calcolatore e pronto a sfruttare ogni occasione. I raid di droni ucraini che hanno distrutto diversi (41, secondo Kiev) aerei da guerra di Mosca, tra i quali bombardieri strategici capaci di trasportare testate nucleari, si presentano come il primo elemento di un sillogismo. La tesi è che l’attacco dell’intelligence di Kiev non può restare impunito; l’antitesi che la Russia non dovrebbe superare l’ultima linea rossa rimasta, l’uso delle armi atomiche; la sintesi è che la guerra in Europa dell’est è già precipitata in un buco nero nel quale sta progressivamente attraendo tutto l’occidente.

NON SERVE A NULLA la telefonata di Donald Trump di ieri, tardiva ed egotica. Un’ora e un quarto di conversazione del quale il presidente Usa offre una sintesi sul suo social network, Truth: «È stata una conversazione positiva, ma non tale da portare a una pace immediata. Il presidente Putin ha affermato con grande fermezza che dovrà rispondere al recente attacco agli aeroporti». Che il tycoon abbia tentato di portare l’omologo russo a più miti consigli è plausibile, ma che il leader del Cremlino lo ascolterà molto meno. «Abbiamo discusso dell’attacco sferrato dall’Ucraina contro gli aerei russi ormeggiati e anche di vari altri attacchi che hanno avuto luogo da entrambe le parti», fine delle comunicazioni sul tema. Il resto del post tratta dell’Iran e del possibile supporto di Putin a una risoluzione delle tensioni a proposito del programma nucleare di Teheran.

Mesi di proclami, annunci e insulti urbi et orbi per arrivare a quattro righe che annunciano come ineluttabile la risposta del gigante eurasiatico. Chissà cosa ne pensa Salvini che a febbraio dichiarava che «Trump merita il premio Nobel per la pace», riconoscimento del quale il tycoon si era praticamente già insignito senza aver concluso nulla. Il consigliere presidenziale russo Ushakov al termine della telefonata tra i due presidenti ha definito il colloquio «positivo e produttivo», aggiungendo che i due leader hanno concordato di «continuare i contatti sull’Ucraina ai massimi livelli e attraverso altri canali».

Ushakov ha anche sottolineato che Trump ha assicurato a Putin di non «essere stato informato dei piani di Kiev di attaccare domenica le basi aeree russe dove sono di stanza bombardieri strategici che fanno parte del sistema di deterrenza nucleare di Mosca». La ripresa dei rapporti bilaterali tra la Casa bianca e il Cremlino è salva. E si scongiura in un sol colpo anche una remota, ma non impossibile, escalation tra le due principali potenze nucleari del pianeta.

Putin ha anche avuto una conversazione non annunciata con Leone XIV, per la prima volta da quando il nuovo pontefice si è insediato, e ha ribadito che «la Russia ha interesse a raggiungere la pace attraverso mezzi politici e diplomatici» ma «ha richiamato l’attenzione sul fatto che il regime di Kiev sta scommettendo sull’escalation del conflitto, sabotando infrastrutture civili».

ERA STATO ANCORA più perentorio nel pomeriggio, durante una sessione videotrasmessa del Consiglio di sicurezza nazionale: «non molto tempo fa le autorità ucraine e i loro alleati sognavano una sconfitta strategica della Russia sul campo di battaglia. Oggi tra perdite enormi e in ritirata su tutta la linea del fronte, in un tentativo disperato di intimidire la Russia, la leadership di Kiev ha iniziato a organizzare attacchi terroristici. Contemporaneamente chiedono di sospendere le ostilità per 30 o addirittura 60 giorni. Chiedono un vertice ai più alti livelli. Ma chi potrebbe negoziare con questi terroristi? E perché dovrebbero essere ricompensati con una pausa nelle ostilità che loro userebbero soltanto per riarmare il regime con le armi occidentali, per continuare la mobilitazione coatta e a preparare ulteriori attacchi terroristici come quelli che hanno portato avanti a Bryansk e nel Kursk?».

INTANTO I SATELLITI Planet Labs Pbc e Maxxar pubblicavano le prime immagini satellitari dei velivoli distrutti nelle basi russe. Di sicuro 3 bombardieri Tu-95 e 4 Tu-22M, nella base di Belaya in Siberia e altri a Olenya, nell’oblast di Murmansk. Kiev ha stimato i danni inflitti al nemico in 7 miliardi di dollari, Mosca l’ha definita una cifra «esagerata». Ma il danno è enorme. Come se non bastasse due giorni dopo è stato colpito il ponte di Crimea. Due simboli dell’imperialismo putiniano in nemmeno 72 ore. Zelensky ieri ha provato a fare pressioni a Ramstein affinché gli alleati costringano Putin alla pace, sottolineando che non vede il senso di proseguire i colloqui con la Russia con le delegazioni attuali ma che servirebbero colloqui diretti fra lui e Putin. Ma la risposta del Cremlino la conosciamo. In ogni caso nel fine settimana i due belligeranti dovrebbero scambiarsi 500 prigionieri per parte, anche se per Kiev si tratta solo di un modo che la Russia usa «per temporeggiare ed eludere le sanzioni».

E L’EUROPA COSA FA? Continua a parlare della minaccia russa per la sicurezza continentale – ieri l’Alta rappresentante per gli Esteri Kallas è tornata a parlare della Moldavia come «obiettivo della guerra ibrida di Mosca» – e si riarma. Al vertice del gruppo di contatto per l’Ucraina a Ramstein dichiara in pompa magna che bisogna essere «pronti a rispondere». Magari spera che la reazione russa non sia devastante. Ma come diceva Tolstoj le argomentazioni della guerra sono fallaci in partenza, bisogna rifiutare questa sintesi che non ci contempla, «inevitabile» sarà solo quando non ci sarà più nessuno a opporsi.