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Nel deserto della partecipazione falliscono i referendum sul lavoro proposti dalla Cgil e quello sulla cittadinanza, appoggiati dai partiti di opposizione. L’affluenza arriva appena al 30%. La destra esulta e non vede più ostacoli alle sue politiche su migranti e precarietà

Vuoto a perdere Landini: «Ripartiamo dai 14 milioni che sono andati alle urne» Ma l’astensione preoccupa: «È in atto una crisi democratica»

Delusione Cgil: «Non siamo stati noi a politicizzare il voto» l segretario della Cgil Maurizio Landini durante la conferenza stampa sull’esito dei referendum – LaPresse

«Il nostro obiettivo era il quorum per cambiare le leggi: non l’abbiamo raggiunto. Non è una vittoria», esordisce il leader della Cgil Maurizio Landini nella conferenza stampa sul risultato referendario. Quella percentuale del 30,5% raggiunta a fatica è impressa sul volto dei militanti del sindacato che, al centro congressi di via dei Frentani, nel quartiere romano di San Lorenzo, non nascondono delusione e stupore. «Avevamo avuto risposte confortanti in questi giorni», dice ancora stupito un giovane sindacalista, impegnato domenica nel giro dei seggi. E poi chiosa: «Noi il nostro l’abbiamo fatto, la nostra generazione è andata a votare, sono quelli con il lavoro sicuro che non hanno sentito l’urgenza».

E A GUARDARE I PRIMI dati sembra avere ragione: nelle città universitarie senza dubbio si sono registrate percentuali più lusinghiere. A titolo di esempio, nelle sezioni per gli studenti fuorisede allestite all’Università cattolica di Milano l’affluenza è stata tra l’82 e il 92 per cento. E anche per il quesito sulla cittadinanza, bocciato a livello nazionale dal 34,6% dei votanti, la fascia sotto i quarant’anni ha votato sì con percentuali molto alte. Francesca, della segreteria organizzativa della Cgil, alla chiusura dei seggi si sforza di vedere in questo dato un bicchiere mezzo pieno: «Guardate al voto dei giovani e delle donne», dice ai cronisti appostati davanti alla sala stampa. Sulla carta è così (in tutta Italia le donne hanno votato più degli uomini, con uno scarto del +7%, secondo Youtrend) ma non è bastato.

«SAPEVAMO CHE NON sarebbe stata una passeggiata. C’è un evidente crisi della democrazia e della partecipazione. Estendere la tutela del lavoro e della democrazia sono lo stesso problema», commenta il segretario della Cgil che rivendica la scelta del referendum: «Abbiamo sempre detto che questo non era un voto politico o contro il governo, ma che era un voto per cambiare leggi balorde – spiega – e non abbiamo cambiato idea. È il centro destra che l’ha politicizzato invitando ad andare al mare ma i disagi e le problematiche del Paese ci impegnano a continuare questa battaglia utilizzando tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione, sia in termini contrattuali si in termini di mobilitazione. Questi temi dovranno essere oggetto nei prossimi giorni di un confronto con il governo e con le associazioni industriali». «C’erano ministri che non conoscevano i quesiti ma invitavano a non votare, non volevano confrontarsi nel merito», insiste, ma è vero anche che a parlare del quesiti su lavoro e cittadinanza come un referendum sul governo di Giorgia Meloni sono stati anche i partiti di centro sinistra, una volta raccolto l’appello del sindacato. «Se la discussione diventa chi ha vinto o perso tra le forze politiche non si sta capendo ciò che è avvenuto: c’è una forte crisi democratica. Da cambiare è l’atteggiamento delle forze politiche rispetto alla democrazia. L’esplicito tentativo di voler utilizzare il mancato raggiungimento del quorum per dire che tutti quelli che non hanno votato sarebbero d’accordo con chi gli ha detto di non andare a votare sarebbe un’esagerazione. Sarebbe come se noi dicessimo che abbiamo vinto», afferma il segretario.

INTANTO FIOCCANO LE dichiarazioni degli esponenti della destra di governo e dei cosiddetti riformisti:

«Sperpero di soldi pubblici», dicono i primi, «battaglia di retroguardia bocciata», insistono i secondi. La Cgil rimanda al mittente le accuse («Noi avevamo chiesto di votare al primo turno delle amministrative», ribatte Landini) e insiste sulla campagna «d’ascolto» portata avanti nelle scorse settimane: «Un’esperienza molto importante: abbiamo avuto la possibilità di creare reti con le realtà associative, consideriamo questo un elemento di investimento per aprire una relazione con mondo molto vasto di giovani che subiscono una precarietà che non ha precedenti».

LA CGIL PER ORA FA QUADRATO attorno al suo leader. «Non mi dimetterò», afferma Landini, il cui mandato scade tra un anno, ma ammette: «Vedremo quali cambiamenti fare all’interno del sindacato in termini di alleanze e collaborazioni». Per la resa dei conti interna c’è tempo. Adesso occorre trovare una chiave di lettura che respinga l’accusa di aver fornito un assist al governo. E la chiave sta nel numero dei votanti. Landini dice di non aver parlato con i leader dei partiti di centro sinistra a urne chiuse. Ma le dichiarazioni di Pd e di Avs vanno nella stessa direzione: «Ricominciamo da 14», parafrasando Massimo Troisi. E cioè i 14 milioni di italiani che (secondo le prime stime) avrebbero ritirato le schede. «Meritano rispetto, le battaglie difficili si fanno perché nessuno ha mai regalato niente al mondo del lavoro», afferma il capogruppo Pd in commissione Lavoro alla Camera, Arturo Scotto (l’unico dem a recarsi a via dei Frentani) mutuando le parole di Schlein.

E anche il presidente del M5S, Giuseppe Conte, sottolinea, «è lo stesso numero di votanti con cui la maggioranza Meloni è arrivata al Governo», anche per levare agli alleati il dubbio che i dati divergenti del quesito sulla cittadinanza (sotto al 66% di sì, contro la media dell’88% degli altri) siano dovuti allo storico scetticismo dei pentastellati per questo tema. «Verificare che ci sono quasi 15 milioni di persone che hanno votato è una base che ci dice che siamo sulla strada buona», sottolinea Landini, conteggiando anche gli elettori all’estero.

UNA VISIONE OTTIMISTA che non rispecchia lo smarrimento dei militanti. «Abbiamo fatto di tutto per portare la gente alle urne e non è bastato, cosa diremo la prossima volta per