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Lettera aperta ad istituzioni e parti sociali per non assecondare l’iniziativa


Nello stesso momento in cui studenti e società civile scendono nelle piazze d’Europa per chiedere azioni urgenti per fermare il riscaldamento globale, in Emilia Romagna si prepara una manifestazione a favore di autostrade e infrastrutture dedicate alla mobilità privata su gomma. Una strategia opposta alla decarbonizzazione dei trasporti non solo necessaria ma soprattutto urgente per rispettare gli accordi di Parigi.
Al netto delle motivazioni relative ai corretti rapporti tra istituzioni, l’ipotesi che Amministrazioni e parti sociali di questa regione scendano in campo nel 2019 sotto il vessillo delle autostrade ha qualcosa di triste e suona come la campana a morto di una stagione ormai conclusa. Una stagione in cui il tessuto sociale, imprenditoriale e politico dell’Emilia Romagna si è sempre dimostrato all’avanguardia nella capacità di elaborare e dar vita ad un nuovo futuro (dagli asili modello, alle norme sull’urbanistica, passando per i primi sistema di protezione integrata in agricoltura, … ). Oggi vediamo invece il sindaco di Bologna (!) e il presidente della Regione(!) chiamare a raccolta le forze sociali per difendere colate di asfalto simbolo stesso del passato e degli impatti sull’ambiente.

Non vogliamo apparire ideologici: strade e autostrade nel ‘900 sono servite a fare crescere la nazione, ed in misura limitata può essere utile completarne alcune lungo la penisola. Ci sembra però evidente come nel ventunesimo secolo non sia questa la risposta alle necessità di mobilità e di crescita del paese e della regione. Molti altri temi oggi meriterebbero la mobilitazione di ampie parti della società: dalle azioni per decarbonizzare l’economia contro l’emergenza climatica, alla difesa dei diritti delle persone e dei principi di convivenza oggi messi sotto attacco nel Paese. Temi peraltro che sono accomunati da uno stesso modello di crescita squilibrato.

Scriviamo dunque alle forze sociali, ai sindacati, alla politica, agli stessi amministratori ed elettori che militano nella parte politica di Merola e Bonaccini, perchè prendano le distanze da una scelta sciagurata: aprire uno scontro sui residuati di una pianificazione infrastrutturale di 20 anni fa. Opere che sono anche il simbolo stesso di uno sviluppo che la stragrande maggioranza degli scienziati, oltre che degli stati più avanzati, giudica a fine corsa.
Ci è chiaro che nel mezzo di una crisi economica perdurante, sarebbe folle non occuparsi del lavoro. Ma credere ancora che la crescita economica debba avvenire a discapito dell’ambiente è una visione che può solo acuire entrambe le problematiche, quella del degrado del pianeta e quella del diritto al lavoro.

Sbagliata anche la narrazione che si è fatta su queste opere, come soluzione salvifica per il mondo dell’ediliza. Degli interventi oggetto di confronto (Bretella di Sassuolo, Cispadana, adeguamento del nodo bolognese), se ne discute da un quindicennio e più. Imprese e mondo del lavoro avrebbero molte più chance di vedere aprirsi cantieri su opere davvero utili per clima, ambiente, e vita dei pendolari. Tante le ha ricordate anche la nostra associazione (dai tram, all’ammodernamento delle linee ferroviarie minori passando per l’adeguamento dei ponti malandati sul Po). Lo stesso PUMS di Bologna (il piano della mobilità sostenibile) sarebbe un progetto su cui fare convergere le forze di tutti (maggioranza e opposizione).
Un altro degli argomenti proposti a favore delle autostrade è quello della necessità di portare le merci verso il nord Europa, oppure di aiutare il turismo.

Ma lungo l’arco alpino, Svizzera e Austria stanno attuando chiare politiche di spostamento del traffico merci su ferro, in particolare al Brennero che impone limiti al numero di camion, in vista dell’apertura del Brenner base Tunnel, corridoio ferroviario per merci e passeggeri. La Svizzera ha realizzato l’importante traforo ferroviario del Gottardo, finanziando addirittura interventi su suolo italiano per il potenziamento dei terminal dove arriva l’operatore elvetico Hupac. Ma anche la Germania si è mossa dotandosi di un operatore ferroviario “di bandiera” attivo nel nostro paese, con l’acquisto di una società privata italiana.
Sul lato del comprensorio turistico romagnolo invece quello che veramente manca per essere al pari con la modernità è un sistema di trasporto pubblico di massa costiero che non è nemmeno presente nei documenti di programmazione.

E’ compito della politica pianificare infrastrutture all’avanguardia che favoriscano la mobilità pubblica, collettiva ed a emissioni zero. Ancora più prioritario nella nostra regione immersa nel bacino padano, area d’Europa che registra il più alto numero di decessi per la cattiva qualità dell’aria. Dalle parti sociali dovrebbe arrivare un sostegno a questo tipo di percorso con la richiesta, semmai, di politiche industriali coerenti nel tempo e nei diversi livelli di governo: al riparo dagli antagonismi tra schieramenti. Come non vedere il paradosso di piani per la mobilità pubblica che vanno a rilento mentre la principale industria di autobus italiana, che ha sede nella nostra regione, sta chiudendo i battenti.
E’ evidente infine che lo scontro in atto polarizza mediaticamente gli schieramenti in una sfida che fa parte di una campagna elettorale permanente. Vogliamo rimanere nel merito.

Il ministero delle infrastrutture ha fatto bene a cercare di onorare quanto promesso (e dunque atteso) in campagna elettorale: la riconsiderazione di opere come la Bretella Campogalliano-Sassuolo e il ridimensionare gli impatti del Passante di Mezzo di Bologna. Crediamo queste scelte vadano giustamente portate avanti con ogni opzione politica.
E’evidente che uno dei temi sullo sfondo è anche quello del corretto rapporto tra istituzioni: il mancato coinvolgimento degli enti locali sul cambio di progetto del Passante di Mezzo, rischia oggettivamente di determinare precedenti pericolosi.

Crediamo che pur nella fermezza della sua posizione il ministro Toninelli dovrebbe aprire il tavolo su Bologna. In questo tavolo andrebbero messe al primo posto le opere del trasporto collettivo in attesa di partire da troppo tempo (ad es. il Servizio Ferroviario Metropolitano di Bologna attende di essere completato da oltre un decennio). Riteniamo inoltre che il ministero dovrebbe affrontare il tema delle risorse di Autostrade per il nodo bolognese, lasciando da parte l’obiettivo di generare un risparmio di cui si è letto sui giornali.

Autostrade da tempo aveva accantonato 1200 milioni per il nodo bolognese: il tema non è fare risparmiare la Società, ma usare queste risorse per la mobilità dei cittadini della Città Metropolitana, utilizzandole anche e soprattutto per un trasporto pubblico economico ed efficiente, che renda non competitivo l’utilizzo del mezzo privato per gli spostamenti casa-lavoro e casa-studio 1. Una richiesta sullo stanziamento economico, avanzata alla politica e al sindaco di Bologna già dal 2016.

Sulla Bretella Campogalliano-Sassuolo e Cispadana appaiono invece del tutto pretestuose le recriminazioni del Presidente Bonaccini. In questo Paese manca da sempre un Piano nazionale delle infrastrutture che metta in relazione le risorse con le priorità. E’ una necessità che i governi mettano in fila le scelte infrastrutturali previste nei vari territori e valutino quali abbiano senso. Tanto più che se parliamo della Cispadana autostradale è lo stesso project financing a dimostrare enormi limiti facendo acqua da tante parti.

Certamente su questi temi non mancano le contraddizioni anche a livello governativo, come la proposta di aumento dei limiti di velocità per le auto (quando per l’inquinamento della pianura padana servirebbe invece ridurlo).
Al centro del confronto dovrebbero inoltre essere posti gli interventi di mitigazione per ridurre l’impatto dell’attuale asse autostrada-tangenziale, prendendo in considerazione la ricerca di soluzioni all’avanguardia (escludendo la costruzione di tragitti alternativi a nord e a sud)

Spinte di segno diametralmente opposto che vanno assolutamente arginate, se si vuole apparire coerenti.
Il problema dell’inquinamento dell’aria nel bacino padano, e delle morti che ne conseguono, deve essere in testa alle priorità nazionali e regionali. Dal ministero deve venire uno sforzo di maggiore coordinamento, per dare gambe al protocollo delle regioni del bacino padano che al momento è rimasto un libro dei desideri scritto su un documento mai attuato.

Bologna, 22 febbraio 2019