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Sono decine di migliaia i nati in Italia figli e nipoti di immigrati. Troppi non hanno parità di diritti con i loro coetanei senza una storia migratoria 

Marco Merlini 

Seconda e terza generazione di immigrati, così si sogliono definire coloro che, nati in Italia,  sono figli o nipoti di persone migrate da altri Paesi. Sono giovani e meno giovani che in moltissimi casi non hanno la cittadinanza italiana e quindi non possono sempre godere degli stessi diritti dei loro coetanei, nonostante i genitori e in alcuni casi essi stessi paghino le tasse in Italia e contribuiscano al “dio Pil”.

Conoscere dati e numeri sui G2 e i G3 (così vengono definiti) non è mero esercizio di curiosità, ma serve per le analisi utili a mettere in campo le corrette politiche in materia. Dati e numeri, però, scarseggiano e sono di difficile reperibilità. Le fonti sono Eurostat, Istat (con un indagine del 2021 pubblicata nel maggio 2023), un rapporto Caritas e poco altro.

STRANIERI A CASA PROPRIA 

Eurostat ci dice che sono 898 mila gli adulti nati nell’Ue figli di extra-comunitari e il numero riguarda solamente le persone in età lavorativa, con l’esclusione della fascia più giovane, per altro molto ampia soprattutto in Italia. 872.360 è invece il totale degli alunni con cittadinanza non italiana nell’anno scolastico 2021/2022.

Il XXXII Rapporto Immigrazione Caritas e Fondazione Migrantes precisa che le regioni con la maggior presenza di questi alunni si confermano Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto e, per quanto riguarda i continenti di provenienza, il 44,1% sono originari dell’Europa (Romania e Albania sono i Paesi prevalenti), seguono Africa, Asia e America. Il totale degli studenti con cittadinanza straniera iscritti all’anno accademico 2021/2022 sono il 6% del totale, meno della metà dei quali ha conseguito un diploma in Italia. 

Il tasso di naturalizzazione degli extra-comunitari in Italia (il rapporto tra chi ha la cittadinanza e il numero complessivo dei residenti stranieri) è pari al 2,9%. Arriviamo con questo dato alla annosa questione della cittadinanza, che in Italia si ottiene dopo almeno dieci anni di residenza, per matrimonio o per trasmissione o elezione, vale a dire la ricezione della nazionalità dei genitori. Il nostro Paese è decimo in Ue per tasso di naturalizzazione dei cittadini extra-comunitari.

Così Gianluca Torelli, responsabile Politiche giovanili Cgil: “Ci sono scuole di aree metropolitane che hanno sino al 70% di studentesse e studenti di origine straniera, quindi in futuro il dato della multiculturalità sarà sempre più la nuova identità del Paese”. Che aggiunge: “Più che integrare serve cambiare la nostra mentalità”, anche per contribuire a superare le oggettive difficoltà dei ragazzi con storie migratorie”.

E se si pensa alle fasce in età lavorativa “la Cgil si misura anche con questa sfida”: “Si tratta di lavoratori più esposti”, basti pensare alla piaga del caporalato: “La sindacalizzazione è difficile – conclude – ma ormai abbiamo delegate e delegati migranti o di seconda generazione che in prima persona si prendono l’impegno di condurre battaglie per tutti i colleghi”. 

CITTADINANZA ARENATA 

Le proposte di legge in materia di cittadinanza non sono mai mancate, ma nessun governo ha mai avuto la forza politica di farne approvare nemmeno una in via definitiva. Vediamo quali sono le proposte sul campo e le diverse strade possibili per ottenere, oggi, la cittadinanza. 

Ius soli: la cittadinanza è acquisita per il fatto di essere nati sul territorio dello Stato nel quale si risiede. Una proposta di legge è arenata in Parlamento dal 2013 e introdurrebbe uno ius solis temperato, almeno uno dei genitori deve essere titolare del diritto di soggiorno permanente.

Ius sanguinis: la cittadinanza è acquisita per discendenza o filiazione, se i genitori immigrati hanno la cittadinanza anche i figli sono cittadini italiani (legge 91 del 1992)

Ius scholae: si acquisisce la cittadinanza al compimento di un ciclo di studi. Anche in questo caso il tema è oggetto di una riforma della legge sulla cittadinanza del 2018 che è ferma in Parlamento dal 2022 e che prevede il riconoscimento della cittadinanza italiana per i minorenni stranieri nati in Italia o arrivati prima del compimento dei 12 anni che abbiano risieduto legalmente e senza interruzioni in Italia, e che abbiano frequentato regolarmente almeno 5 anni di studio nel nostro Paese, in uno o più cicli scolastici.

Ius culturae: i minori stranieri nati in Italia, o entrati entro il dodicesimo anno di età, possono ottenere la cittadinanza dopo avere “frequentato regolarmente per almeno cinque anni uno o più cicli presso istituti scolastici del sistema nazionale, o percorsi di istruzione e formazione professionale triennali o quadriennali”: un’altra proposta di legge approvata dalla camera nel 2015 e che ha avuto lo stop in Senato nel 2017.