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Il decreto Salvini è un punto di svolta nell’equilibrio interno al governo e per ora la Lega sembra esercitare un’egemonia
di Alfiero Grandi


Il decreto Salvini è stato approvato dal Senato con voto di fiducia. Il voto di fiducia è servito per imporre l’approvazione di questo testo ai senatori 5 Stelle, al cui interno c’è forte malessere. Malgrado questo ricatto alcuni di essi hanno rifiutato di votarlo, con fondate e importanti  motivazioni di merito. Il decreto Salvini è un testo di legge grave e preoccupante, che contiene rotture pesanti con importanti principi costituzionali, compromette quel tanto che era stato costruito per affrontare un problema epocale come le migrazioni che sono in gran parte fughe da guerre, feroci dittature, discriminazioni, torture, rischio della vita. Per di più questo decreto non riuscirà a realizzare neppure gli obiettivi che dichiara di voler raggiungere, malgrado metta in discussione diritti fondamentali delle persone, basta vedere i magrissimi risultati ottenuti sui rimpatri, dopo aver sparato cifre mirabolanti. Occorre attendere il voto definitivo della Camera per avviare la procedura che può portare a sottoporre le parti incostituzionali del decreto al giudizio della Corte e chiedere il rispetto della nostra Costituzione.
Da subito invece deve essere rafforzata un’azione di informazione, denuncia e iniziativa per sensibilizzare e organizzare una risposta forte, in modo da contrastare nel modo più ampio questo provvedimento. Non solo con il ricorso agli strumenti costituzionali ma preparando una larga mobilitazione in tutte le forme possibili, perché occorre contrastare in profondità cultura e politica che lo hanno ispirato. Molte e diffuse iniziative nel territorio nazionale possono contribuire a costruire una risposta di massa. È evidente che questo decreto fa parte di una strategia della Lega, che è iniziata con l’attacco alle navi delle Ong, che pure avevano il merito di aver salvato centinaia di migliaia di vite umane nel Mediterraneo, con l’ostracismo verso il sindaco di Riace, che aveva il merito di avere costruito un sistema innovativo di integrazione dei migranti, con l’incoraggiamento a iniziative regionali e locali che puntano a discriminare gli immigrati, da ultimo in Lombardia, e ad alimentare un clima di autentico respingimento, ignorando le loro condizioni, i loro diritti, elementi fondamentali di umanità e solidarietà.
Sono di grande rilievo e del tutto condivisibili  le critiche dei senatori 5 Stelle che non hanno votato la fiducia al governo pur di non contraddire principi costituzionali e di civiltà. È grave che ora venga esercitata su di loro una pressione fino a metterli sotto accusa. Sotto accusa dovrebbe essere la sudditanza dei vertici 5 Stelle alla Lega. Va sottolineato che se questi senatori hanno potuto votare liberamente, fino ad astenersi dal votare la fiducia, è perché è tuttora in vigore l’articolo 67 della Costituzione che garantisce ai parlamentari la libertà di votare senza vincoli di mandato, secondo coscienza. Se i parlamentari non avessero questa garanzia costituzionale verrebbero ridotti a parte di un mero votificio, senza alcuna possibilità di esprimersi secondo convinzioni e coscienza. Il ricorso al voto di fiducia è un comportamento che in passato i 5 Stelle hanno duramente criticato e che oggi purtroppo adottano, contraddicendosi pesantemente, pur di difendere il patto con la Lega e per tenere in piedi ad ogni costo il governo, derogando perfino dal “famoso” contratto di governo e finendo per subire l’egemonia di Salvini e della Lega.
Perfino l’argomento caro ai 5 Stelle “né di destra né di sinistra”, che sappiamo essere destituito di fondamento, è stato gettato alle ortiche perché questo provvedimento ha una chiara impronta di destra, che purtroppo i 5 Stelle hanno subito. Infatti affronta i problemi legati all’immigrazione come un mero problema di ordine pubblico, instaura un sistema di detenzione, fuori controllo, con tempi raddoppiati, costruisce un sistema di regole per realizzare il massimo di respingimenti, anche sull’ordine pubblico regredisce verso strumenti e comportamenti sbrigativi e arroganti e questi non solo verso i migranti ma anche i cittadini del nostro paese. Questo decreto costruisce una legislazione discriminatoria ed egoista, contraria a principi fondamentali di solidarietà. L’impronta di destra del decreto Salvini è evidente e purtroppo i 5 Stelle hanno rinunciato a contrastarla, finendo con il subire un provvedimento odioso, discriminatorio e grave.
Il prezzo pagato con il ricorso al voto di fiducia è molto grave ed è del tutto inutile tentare di bilanciarlo con la proposta di bloccare la prescrizione dopo il primo grado di giudizio perché i guasti di questo provvedimento targato Lega sono troppo gravi. Inoltre l’accordo Lega-5Stelle sulla prescrizione ha un futuro del tutto incerto perché crea un collegamento con la più generale riforma del processo penale che rinvia la possibile entrata in vigore del blocco della prescrizione dopo il primo grado di giudizio al 2020. Come ha detto Davigo con una battuta fulminante, entrerà in vigore in un futuro troppo lontano, dopo la sua morte, mentre le norme targate Salvini sui migranti entreranno in vigore subito dopo l’approvazione.
Il tentativo di dividere gli argomenti di influenza politica tra i 2 partiti della maggioranza si sta rivelando una trappola per i 5Stelle, che pagano prezzi pesanti alla destra, e in un vantaggio per la Lega, che appare, e purtroppo è la forza egemone in questo governo. Quello che sembra sfuggire a Di Maio è che ogni provvedimento va giudicato per quello che stabilisce, pensare di riequilibrare in altri campi non porta lontano e il prezzo lo pagano tutto i 5Stelle. C’è ancora la possibilità di bloccare questa deriva alla Camera, bloccando o almeno cambiando il decreto Salvini altrimenti i 5Stelle saranno corresponsabili e pagheranno un prezzo politico e di credibilità pesante che andrà a tutto vantaggio della Lega, ben consapevole che un impegno che scatterà tra almeno un anno potrebbe non diventare esigibile.
Il decreto Salvini è un punto di svolta nelle politiche e nell’equilibrio interno a questo governo e purtroppo per ora la Lega sembra esercitare un’egemonia.
15 novembre 2018

La conclusione dell’iter di approvazione del nuovo Statuto dell’Unione della Romagna Faentina è stata commentata da esponenti del Pd con amnesie e con alcune affermazioni che non condividiamo.
Sarebbe stato più opportuno e veritiero riconoscere che gli ultimi mesi di lavoro – sia sul Documento generale di indirizzo (giunto alla sesta riscrittura!), sia per la “riforma” dello Statuto – hanno impresso modifiche sostanziali all’impianto originario, elaborato e preso a riferimento per lungo tempo senza alcun coinvolgimento delle minoranze e delle organizzazioni sociali e culturali del territorio. E che a presiedere la Commissione speciale incaricata di un compito non facile è stato Edward J. Necki, consigliere de L’Altra Faenza.
Il coordinatore del Pd della Romagna Faentina, Giorgio Sagrini, ha affermato che “L’obiettivo delle modifiche statutarie è di definire chiaramente, da un lato, i compiti dell’Unione per conto dei Comuni aderenti e, dall’altro, affidare ai singoli Comuni, ai Consigli comunali, il potere di indirizzo sulle tematiche di interesse sovracomunale e il potere di decisione su ogni atto relativo alla propria comunità, al proprio territorio, nel quadro delle scelte di programmazione condivise a livello di Unione”. Condividiamo questa impostazione perché noi – L’Altra Faenza, Mdp-Art.1 e le persone che hanno contribuito al lavoro di studio – e non altri l’abbiamo proposta e sostenuta in tutte le sedi in cui è stato possibile farlo.
Assieme ai tanti emendamenti alle precedenti versioni dello Statuto e del Progetto di riordino, abbiamo prodotto una nota politica che resta la bussola per ogni futura valutazione. Essa richiama con chiarezza l’esigenza di: 1) rispondere prima di tutto ai bisogni e ai diritti dei cittadini; 2) salvaguardare il ruolo delle assemblee elettive (Consigli comunali) quali espressione della volontà popolare; 3) adottare criteri di rappresentanza che assicurino la maggiore partecipazione democratica; 4) organizzare i lavori degli organi dell’Unione puntando ad un effettivo coinvolgimento di quanti ne fanno parte; 5) garantire pari opportunità a tutti i Comuni; 6) promuovere percorsi partecipativi effettivi, aperti alle realtà associative presenti nei territori, sulle scelte di rilevante interesse che competono all’Unione; 7) promuovere il positivo coinvolgimento del personale e delle loro rappresentanze sindacali.
Pur avviato in ritardo – e sotto la spinta e le proposte dei gruppi consigliari de L’Altra Faenza e di Mdp-Art.1 – il confronto senza preconcetti sul merito delle questioni da risolvere ha consentito di pervenire ad un risultato condivisibile. Poco conta ora intestarsene il merito: l’importante è definire un nuovo assetto delle istituzioni locali e dei servizi pubblici che tuteli e promuova il benessere e i diritti delle comunità amministrate.
Faenza, 11 novembre 2018

L’Altra Faenza  –  MDP-Art.1 Faenza

 

Non utilizziamo la retorica del 4 novembre per giustificare le guerre di oggi, magari chiamate missioni di pace. Pax Christi rinnova anche quest’anno l’appello a guardare la guerra dalla parte delle vittime.


Come ebbe a dire papa Francesco a Redipuglia, il 13 settembre 2014: “Qui e nell’altro cimitero ci sono tante vittime. Oggi noi le ricordiamo. C’è il pianto, c’è il lutto, c’è il dolore. E da qui ricordiamo le vittime di tutte le guerre. Anche oggi le vittime sono tante… Come è possibile questo? E’ possibile perché anche oggi dietro le quinte ci sono interessi, piani geopolitici, avidità di denaro e di potere, c’è l’industria delle armi, che sembra essere tanto importante!


La Prima guerra mondiale è stata una vera strage, “un’inutile strage” come la definì papa Benedetto XV.
Tra le tante voci che si sono levate in questi giorni vogliamo esprimere la solidarietà di tutta Pax Christi al vescovo di Bolzano-Bressanone, Ivo Muser che ha scritto nella sua lettera pastorale: “Nessuna guerra è una vittoria In questi giorni in cui si ricorda, si riflette e si commemora, nessuno dovrebbe parlare di vittoria. I monumenti di ogni genere inneggianti alla vittoria, che rimandano a dittature e guerre, dovrebbero perdere la loro forza di attrazione una volta per tutte. Sarebbe un segno concreto e lungimirante se la piazza davanti al monumento alla Vittoria a Bolzano fosse rinominata in piazza dedicata alla pace, alla riconciliazione, alla comprensione, alla volontà di convivenza! Non si chiamano vittorie quelle che si raggiungono attraverso guerra, nazionalismo, disprezzo di altri popoli, lingue e culture. Alla fine di una guerra ci sono sempre e solo sconfitti!”

Ma furono tante le forme di dissenso alla guerra e di disobbedienza che, già nel 1915-18, maturavano nella popolazione civile e negli eserciti. Primordi di obiezione di coscienza.

Presentiamo e rilanciamo, proprio alla vigilia del 4 novembre, il dossier di Mosaico di pace di novembre: “Obiezione alla Grande guerra” a cura di Diego Cipriani e con interventi anche di Ercole Ongaro, Sergio Tanzarella, Luca Kocci e Giorgio Giannini.


(Informazioni e richieste: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. – 080-3953507)

Perché alla morte per guerra si può obiettare, ieri come oggi.

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Comunicato
Da Faenza solidarietà a “Mimmo” Lucano

L’ordine del giorno in solidarietà col sindaco di Riace Domenico “Mimmo” Lucano, presentato dal consigliere de L’Altra Faenza Edward J. Necki in accordo col gruppo consigliare di Mdp-Art.1, è stato approvato a maggioranza dal Consiglio comunale nel corso della seduta di giovedì 25 ottobre. Hanno votato a favore – oltre a L’Altra Faenza e a Mdp-Art.1 – i gruppi del Pd, di Insieme per Cambiare e de La tua Faenza; si sono astenuti i consiglieri del M5S e hanno votato contro quelli della Lega e di Rinnovare Faenza.
L’ordine del giorno esprime una valutazione positiva sul modello di accoglienza e di integrazione avviato da anni a Riace. Esso ha consentito la rinascita e lo sviluppo del piccolo centro della Locride prima in preda al degrado e all’abbandono. A differenza di quanto sostiene una propaganda che fa leva sulle paure e sul razzismo, l’esperienza di Riace dimostra che la convivenza ordinata e pacifica non solo è possibile, ma può tradursi in un fattore di crescita delle comunità.
La presa di posizione, inoltre, riaffermando che in democrazia spetta alla magistratura e non alla politica o al governo giudicare ed eventualmente sanzionare chi non rispetta le leggi, esprime l’auspicio che l’indagine in corso porti all’assoluzione del sindaco “Mimmo” Lucano, così da consentirgli di riprendere il suo lavoro di amministratore pubblico e di promotore di un’esperienza che andrebbe sostenuta e non contrastata fino a volerla annullare.
Che queste opinioni siano largamente condivise a Faenza l’ha dimostrato l’alta partecipazione al sit-in svoltosi nella mattinata di sabato 27 ottobre sotto la torre civica per iniziativa di tante associazioni nel quadro della Giornata nazionale “Con i migranti contro la barbarie”.
Faenza, 27 ottobre 2018

L’Altra Faenza – Mdp-Art.1