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Qualcuno ha scritto che se l'Italia non affonda mai è merito della sua provincia sempre piena di risorse e fantasia. Sulle immaginifiche peculiarità dei furbi provinciali si sono scritti fiumi di inchiostro. Chi non ricorda, ad esempio i sensali, astuti villani, che una volta calcavano le nostre piazze, capaci tra una madonna e l'altra di strappare contratti e affari di ogni genere. Seguiti a ruota dai fattori, sempre col cappello ben piantato in testa a testimoniare una solida  autorità. Arguzia e scaltrezza messe in evidenza anche dalla commedia dell'arte con Brighella o il famoso Bertoldo dalle scarpe grosse e dal cervello fino.

Giuseppe Prezzolini nel 1921 scrisse la lapidaria frase: i furbi non usano mai parole chiare. I fessi qualche volta.

Ebbene, alla storia dei furbi e dei fessi abbiamo pensato immediatamente in questi giorni, apprendendo dai giornali che l’AUSL ha messo all’asta l'intera area su cui si trova l’Arena Borghesi di Faenza. Anzi, c’è molto di più, perché i giornali danno per scontato che sarà acquisita dal supermercato Conad, mentre lo stesso assessore Isola, intervistato, si dice sicuro che poi l'Arena sarà regalata al Comune.

 Io non so se in questa strampalata vicenda ci sono dei furbi o c’è qualcuno che cerca di farlo, ma come domandano Legambiente e Italia Nostra in un loro comunicato e come hanno spiegato nella conferenza stampa di martedì 18 aprile (domande e osservazioni sul RUE che è bene dirlo, non hanno mai avuto risposte, mentre va segnalato che, seppur con un linguaggio criptico,  le hanno prontamente avute quelle fatte dalla rappresentanza legale del Conad  ),  si chiede  innanzitutto come può l’AUSL fare una cosa simile in presenza di un  accordo di programma col Comune, accordo  del 2013 che prevede un percorso preciso e nettamente diverso nella gestione dell’Arena Borghesi?  Ancora più strana  pare l’ipotesi sicura che l’acquirente sarà Conad Arena, naturalmente con l’implicita concessione del contestato ampliamento a favore del supermercato, ampliamento che è bene ripetere prevede il taglio di un quinto dell’intera area. Dobbiamo pensare forse che non si tratta di un’asta libera? Perché se  è tale, come si può sapere in anticipo chi vincerà? E perché, ci si domanda, se anche l’operazione dovesse riuscire, il supermercato dovrebbe regalare  tutto al Comune? Non risulta da nessuna parte che Conad si sia espresso pubblicamente in questo senso. E se anche fosse, oltre a tenere per sé un quinto dell'attuale area per allargare il supermercato, vorrebbe altri vantaggi?

Come si vede non ci sono parole chiare  in tutta questa vicenda, che pare essere una  stranezza di inizio estate, se non fosse che  però di nuovo ruotano attorno ad un supermercato Conad, come la collocazione della discussa e sempre più contestata Casa della salute  sistemata inopinatamente  negli edifici del Conad Filanda. Tutto casuale?

Scrivevo prima che in questa  storia non sappiamo se ci sono  presunti furbi, ma sicuramente ci sono cittadini che si sentono fessi. Sono tutte quelle persone che in questi mesi sono coinvolte per discutere e mettere a punto il D.P.Q.U, ovvero il documento per la qualità urbana del Comune di Faenza. Persone e associazioni coinvolte dietro lo slogan: disegniamo assieme la città e che già si sono espresse contro l’ampliamento del supermercato e il taglio delle piante dell’Arena. Da una parte quindi si chiamano i cittadini a collaborare per migliorare e riqualificare le aree sensibili della nostra città e poi dall’altra si progettano o si fanno accordi sotto banco che vanno in direzione contraria?

Due parole sul D.P.Q.U.  è bene spenderle, per rimarcare la giustezza della intuizione di Prezzolini.  Una volta si sarebbe chiamato semplicemente Piano Regolatore e stabiliva, in sostanza, come e dove costruire nuovi edifici e case. Semplice, no?  Una volta era così, tutto meno complicato, anche perché le cose venivano chiamate col loro nome: il cemento era cemento, l'aria in città era semplicemente aria, non: miscela eterogenea di gas e particelle.  Chi puliva le strade era lo stradino, non l'operatore ecologico,  e si potrebbe continuare quasi all'infinito.

Piano Regolatore. Due parole semplici, tutto sommato comprensibili e tranquillizzanti. Una volta, forse, oggi le  cose sono  così tanto cambiate che  solo a nominarle quelle due pacate  parole  farebbero saltare sulla sedia tutti gli ambientalisti e brindare con bottiglie di  champagne tutti i costruttori edilizi. Uno sconquasso da evitare.

Come cantava il Bob del Nobel, i tempi sono cambiati e i nostri furbi provinciali, che questo l'hanno capito benissimo, cosa ti tirano fuori dal cappello? Il D.P.Q.U. appunto, un immaginifico pamphlet pieno di grafici, che ha come sottotitolo frasi fulminanti e funamboliche come: sintesi tra opportunità e necessità, oppure: rigenerazione della città, superamento del dualismo tra pianificazione e la programmazione. Ma poi non si accontentano e sempre per favorire la chiarezza si spingono al: Do nothing, Do minimum, Do something. E chiudono il tutto con termini chiaramente di ispirazione dialettale come: Layers, swot, blueprint e sistema smart, tutto chiaro,vero?

Altro che provincia, qui siamo al marinettismo, al futurismo balneare, o più semplicemente al Totò

che vendeva il Colosseo. Ed eccoci tornati al punto di partenza: la spiacevole sensazione che sotto tutto questo fumo ci sia qualcosa di poco chiaro, magari interessi e favori che alla fine vanno in direzione opposta agli interessi veri dei faentini. E’ bene ripeterlo: l’Arena Borghesi è dei faentini e se ci sono interventi da fare è per una sua vera riqualificazione, che non può passare  certo da una  svendita o da una cementificazione. L’Arena è il nostro Colosseo e visto come vanno le cose il riferimento a Totò sembra più di una battuta.

Purtroppo non siamo in un film  all’italiana e non c’è nemmeno tanto da sorridere, dietro allo swot e alle stravaganze lessicali non si nasconde una commedia, ma una tragica realtà.