Sicurezza Per Riccardo Zappone un arresto cardiaco in questura. La procura apre un’inchiesta. Sarà fatta l’autopsia, ma nei precedenti l’esame non si è rivelato
Una rissa in strada a Pescara ieri mattina, l’arrivo della polizia, un colpo di taser. Poi l’arresto, il trasferimento in questura, il malore in sala d’attesa, l’arrivo del 118 e la corsa in ospedale. Dove però i medici non hanno potuto fare altro che constatare il decesso. Questa è la prima ricostruzione delle ultime ore di Riccardo Zappone, trent’anni, originario di San Giovanni Teatino, paese a pochi chilometri a ovest di Pescara.
IL COMUNICATO con cui la procura di Pescara ha diffuso nel pomeriggio la notizia parla dell’arresto di Zappone, «apparentemente coinvolto poco prima in un alterco da strada», per resistenza a pubblico ufficiale «che è stato necessario vincere con l’uso del taser». Ed è proprio su questo uso «necessario» che si concentreranno le indagini delegate alla squadra mobile. Nel mentre, dalla questura, sia pure informalmente, vengono soffiate altre possibili cause, perché «non è emersa una correlazione accertata tra l’uso del taser e l’arresto cardiaco». Quindi, dicono i poliziotti, bisogna valutare attentamente la dinamica della rissa, perché pare che Zappone avesse avuto la peggio. Poi bisogna capire se il trentenne fosse sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. E c’è un dettaglio biografico che viene sottolineato: parliamo di un tossicodipendente con precedenti.
Quindi se da una parte si suggerisce che il cuore di Zappone potrebbe essersi fermato per motivi non legati alla scarica elettrica subita, dall’altra siamo indubbiamente davanti all’identikit della tipica vittima di malapolizia: un marginale per il quale non è necessario usare tante accortezze.
I PRECEDENTI, almeno in fatto di taser, parlano chiaro. Poco meno di due anni fa, nell’agosto del 2023, proprio a San Giovanni Teatino è morto Simone Di Gregorio, 35enne in cura presso un centro psichiatrico di Pescara. Nel suo caso lo storditore venne usato dai carabinieri perché l’uomo «stava dando in escandescenze» e, completamente nudo, correva verso i binari della ferrovia. La procura di Chieti aprì un fascicolo contro ignoti per omicidio colposo, ma l’autopsia escluse che la morte fosse arrivata a causa della scossa elettrica. Un anno dopo, nel luglio 2024, in Alto Adige, il taser è stato usato contro Carlo Lattanzio, un operaio 42enne di Barletta salito a Vipiteno per lavorare in un’azienda edile. Era stato lui a chiamare i carabinieri, che lo avrebbero trovato in stato confusionale, forse ubriaco. E lui prima avrebbe provato ad aggredirli e poi si sarebbe lanciato da una finestra. Sopravvissuto alla caduta, avrebbe tentato di nuovo di aggredire i militari che a quel punto lo hanno colpito col taser. L’indagine condotta dalla procura di Bolzano non ha portato a nulla, perché l’autopsia non ha rilevato una correlazione diretta tra il decesso e l’intervento dei carabinieri. Il problema degli accertamenti medici per queste vicende appare evidente: da un punto di vista strettamente legale, stabilire un nesso causale tra taser e arresto cardiaco è pressoché impossibile nel momento in cui esistono altri elementi che potrebbero causare una morte improvvisa. Restano le parole con cui, nella sentenza numero 5.830 del 2019 la Cassazione ha descritto il taser: «Arma comune da sparo sicuramente idonea a recare danno alla persona». Chi produce e commercia questi strumenti, da parte sua, insiste molto sul fatto che parliamo di «dispositivi non letali». Almeno in teoria perché, in più rapporti, Amnesty International ha spiegato che, per quanto riguarda l’uso di pistole elettriche, «il rischio zero non esiste» e che «gli studi medici a disposizione sono concordi nel ritenere che l’uso dei taser abbia avuto conseguenze mortali su soggetti con disturbi cardiaci o le cui funzioni, nel momento in cui erano stati colpiti, erano compromesse da alcool o droga o, ancora, che erano sotto sforzo, ad esempio al termine di una colluttazione o di una corsa».
SIA NEL CASO di Zappone, sia nei precedenti di Di Gregorio e Lattanzio, in ogni caso, parliamo dell’uso di un’arma comune da sparo contro persone evidentemente disarmate.