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Sovranismo. Altro che restauratore del comunismo: demolisce invece «le odiose fantasie utopiche ispirate dalla Rivoluzione, ma assolutamente distruttive per qualsiasi Paese»

Protesta contro l'invasione russa dell'Ucraina, Tel Aviv

Protesta contro l'invasione russa dell'Ucraina, Tel Aviv © Ap

Quanti hanno avuta la costanza di leggere il lunghissimo discorso di Putin del 21 febbraio 2022, tre giorni prima dello scoppio della guerra? Nel discorso vi sono novità strabilianti e conferme del suo essere Putin.

Le novità riguardano il giudizio sul passato sovietico che contrasta l’etichetta su di lui come l’ex membro del Kgb, colpevole d’aver dichiarato la scomparsa dell’Urss «la più grande tragedia del Novecento», e dunque di poter essere un prevedibile pericoloso restauratore del comunismo.
Ecco come Putin definisce la rivoluzione bolscevica: «Dopo il colpo di stato di ottobre del 1917 e la conseguente guerra civile – frantumando la Russia – la politica bolscevica ha portato alla nascita dell’Ucraina sovietica, che ancora oggi può essere giustamente chiamata “Ucraina di Vladimir Lenin”. È il suo autore e architetto». Stalin poi attuò la politica di distanziamento dal passato con «il Terrore Rosso e la rapida transizione verso una dittatura stalinista, il dominio dell’ideologia comunista e il monopolio del potere da parte del Partito Comunista, la nazionalizzazione e il sistema pianificato dell’economia nazionale».

All’origine dunque vi sono: «Le odiose fantasie utopiche ispirate dalla Rivoluzione, ma assolutamente distruttive per qualsiasi Paese normale» e infine: «Il crollo del nostro Paese unito è stato causato da errori storici e strategici dei dirigenti bolscevichi, e dalla direzione del Partito Comunista, fatti in diversi momenti nella costruzione dello Stato, nella politica economica e nazionale».

Le parole che usa Putin sono le stesse che i Reagan, i Bush, i Clinton, e i sovietologi hanno fatto circolare per decenni, solo che per la prima volta la denuncia dell’ideologia comunista viene dal Cremlino, senza la consapevolezza del paradosso, senza che sia accreditata la rottura politica e istituzionale con i 74 anni precedenti. Oppure la rottura è da desumere da quel video dove in una ambientazione sfarzosa si vedono cadetti in uniforme altrettanto sfarzosa, aprire le porte a Putin che avanza?

Un Putin compreso nel ruolo di rex costruens, un ruolo mirabolante data la sua origine di figlio di un operaio della città di Pietro il grande.
Nel ruolo di rex costruens vi sono conferme della sua strategia. Difatti nella seconda parte del discorso vi è da un lato il resoconto di tutti i benefici che l’Ucraina ha avuto del suo essere parte della Russia: industrializzazione e urbanizzazione di un paese contadino e dall’altro lato la denuncia che una parte del paese era attratta «dal virus del nazionalismo» sino al colpo di stato del 2014 quando «ha ricevuto assistenza diretta da Paesi stranieri. Il cosiddetto campo di protesta in piazza dell’Indipendenza a Kiev è stato sostenuto materialmente dall’ambasciata americana per un milione di dollari al giorno».

Così l’Ucraina è divenuta una «colonia con un regime fantoccio» e al presente tende «con il sostegno militare della comunità internazionale a un confronto geopolitico con la Federazione Russa». La riappropriazione della Crimea è stata una dichiarazione di intenti rivolta agli avversari da parte del rex costruens.

Il discorso si conclude con la disamina dei rapporti tra Mosca e l’America-Nato: «Il principale avversario degli Stati Uniti e della Nato è la Russia. Nei documenti della Nato il nostro Paese è ufficialmente dichiarato direttamente come la principale minaccia alla sicurezza euro-atlantica. E l’Ucraina servirà da trampolino per un tale colpo».

Nella disamina sono elencati gli eventi che dal 1989 hanno contraddistinto le relazioni tra la Russia e l’America, e quelle dell’Unione Europea – che accoglie il cavallo di Troia dei paesi dell’Est-Europa senza rendersi conto che sarebbero diventati lo strumento in mano americana per bloccare il nostro futuro politico e militare. Non solo ignora questo nostro dramma il rex costruens della Russia – cui interessa restituire la sua dignità di grande potenza – ma non distingue tra l’avversione della Polonia e i fremiti di autonomia da Washington della Francia, della Germania, dell’Italia. Parla con Macron per ribadirgli le sue intenzioni e non si fa consigliare in russo dalla Merkel…

Nel cortile occidentale la sola eccezione è Israele. E al di fuori la Cina. Sono eccezioni che si spiegano: per Israele a causa della sua rete di finanza internazionale senza confini (che non distingue tra i business men di Wall Street, di Kiev, Londra, Mosca, Las Vegas, eccetera); per la Cina a causa della diga o ponte della politica di potenza. Se si chiudono gli occhi «sui danni collaterali» in terra ucraina – come gli americani e gli inglesi fanno in Medio Oriente e al presente nell’Afganistan dei talebani – la guerra in corso nella nostra Europa ha le sue radici nella partita tra due potenze che si sono ingigantite proprio nel combattersi. Il livello dei rispettivi apparati militari sono lì a dimostrarlo.

La guerra fredda è stata una tregua, la fine dell’Urss un’occasione che l’America è stata capace di sfruttare solo con Gorbaciov e Eltsin ma poi è arrivato l’imprevedibile, una piccola ex spia che si crede l’erede di Pietro il grande. Non di Stalin come ai politici e ai media occidentali fa comodo far credere, ma l’erede di una icona russa. E qui entra in campo la Cina, che al momento sta osservando le mosse dei due, di una America sfiancata dalle sconfitte in Medio Oriente e di una Russia che possiede capacità nucleari ma fallisce nel rifornire di benzina i carri armati e di cibo i suoi soldati, stanchi dell’attesa ai confini delle terre ucraine.

Potrà la Cina intervenire su quell’attesa, far tornare a casa i soldati, e rimandare in America l’apparato tecnologico e militare su cui si regge il presidente-attore? Sarebbe la sua prima mossa di grande potenza strategica in campo occidentale. Sarebbe l’inizio della storia del futuro?

* Storica del socialismo sovietico