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25 SETTEMBRE. L’Italia è di fatto in guerra - come minimo attiva sostenitrice della guerra - ma il tema è derubricato nelle appendici dei programmi elettorali

foto parco giochi kiev Bambini sull'altalena a Kiev davanti a un palazzo distrutto dalle bombe - Ap

La guerra in Ucraina è assente dalla campagna elettorale. Non ne parla quasi nessuno e soprattutto nessuno che si faccia promotore – non a chiacchiere, ma con proposte concrete – di un’idea di politica estera e della difesa ispirata alla pace e alla cooperazione internazionale, che ne faccia il tema centrale della campagne elettorale.

La situazione in Ucraina è gravissima a sei mesi dalla criminale invasione russa voluta da Putin (per una guerra che trova le sue origini nel 2014): i pericoli per la pace in Europa e nel mondo sono enormi e tutto si concentra sulle preoccupazioni – certo fondate – delle conseguenze del conflitto sull’approvvigionamento del gas e dell’aumento del suo prezzo. L’Italia è di fatto in guerra – come minimo attiva sostenitrice della guerra – ma il tema è derubricato nelle appendici dei programmi elettorali e in battute di circostanza in qualche intervista o iniziativa pubblica.

Quando fu fondata l’Associazione per la pace alla fine degli anni Ottanta , padre Ernesto Balducci ci invitò «a portare la pace nella politica», mentre oggi, sconsolati, assistiamo all’assenza della pace nella politica: quello che è peggio è che è la guerra ad essere «stata portata nella politica». Una parte della politica si è messa l’elmetto, un’altra assiste inerte o balbetta qualcosa.

Quello che si scrive nei programmi elettorali, poi, è ancora peggio di quello cui assistiamo: Più Europa auspica la continuazione dell’invio della armi in Ucraina e Azione il raggiungimento in tempi rapidi del 2% del Pil per la spesa militare. Dato per scontato che il centro-destra ribadisce nel suo “accordo di governo” la centralità dell’interesse nazionale e delle radici giudaico-cristiane dell’Europa, in nessun programma elettorale si fa riferimento alla necessità di una riforma delle Nazioni Unite. Un po’ ne parlano Più Europa e Partito democratico – ma non del suo ruolo prioritario, nè della sua centralità – ma nessun altro sembra accorgersi delle Nazioni unite. Ed è scoraggiante che i Cinque Stelle enfatizzino – come primo punto della politica estera – la loro fedeltà indefessa all’Alleanza atlantica e parlino di «no al riarmo», ma non di disarmo. E non è una sottigliezza.

Più promettente sembrerebbe il programma dei Verdi Sinistra Italiana che dedicano il tredicesimo capitolo del loro programma all’”Italia della pace” e hanno la colomba nel loro simbolo elettorale. E in effetti – oltre ad un’attenzione al tema della guerra e a quella in Ucraina – ci sono una serie di misure condivisibili e circostanziate sui temi della difesa nonviolenta e dei corpi civili di pace. Dopodichè per le armi si propone la “moratoria sulle spese aggiuntive”: e la riduzione delle spese militari no?

E l’invio delle armi in Ucraina? Si sorvola. Gli F35 – che erano stati al centro della mobilitazione negli anni scorsi – completamenti dimenticati. Come è rimosso il tema delle Nazioni Unite, dell’«Onu dei popoli», per dirla con Don Tonino Bello. La stessa dimenticanza (dell’Onu e dei cacciabombardieri F35) è nel programma di Unione Popolare, che pure è chiaramente a favore della riduzione delle spese militari e contro l’invio delle armi in Ucraina. Ma di politiche della nonviolenza non si parla mai.

Se poi si passa dalle proposte ai nomi, tanta acqua è passata sotto i ponti in pochi anni. Nel 2013 erano stati candidati nelle liste di Italia Bene Comune e di Rivoluzione Civile il segretario del Movimento Nonviolento, il coordinatore della Tavola della pace, il coordinatore della Rete Disarmo, il presidente di un’organizzazione pacifista come l’ARCI, e altri ancora. E oggi? Niente. In liste governate dall’ossessione della sopravvivenza del ceto politico esistente o dell’ascesa di quello aspirante a esserlo di nuovo, non c’è spazio per la società civile e i pacifisti, men che meno per coloro che si sono impegnati contro la guerra in Ucraina.

Anche per questo disinteresse verso la pace e verso i pacifisti, il crepuscolo della politica democratica e della sinistra italiana assume i toni desolanti di una diffusa irresponsabilità verso il dramma che stiamo vivendo di fronte ad una guerra – come quella in Ucraina – che rischia di sfuggire dei mano e travolgere l’Europa, e non solo. La speranza che la guerra e la pace tornino al centro di questa campagna elettorale non è cessata. Ma, dai programmi e dalle liste elettorali e dal dibattito in corso qualche serio dubbio lo abbiamo.