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INCONTRO A CAMALDOLI. L’incontro di Camaldoli, nell’80-esimo dell’omonimo Codice, potrebbe essere l’inizio della rigenerazione dello statuto della politica e di classi dirigenti adeguate

Coltivare i semi nel campo progressista Monsignor Zuppi - AP Photo/Domenico Stinellis

L’incontro di Camaldoli, nell’80-esimo dell’omonimo Codice, potrebbe essere l’inizio della rigenerazione dello statuto della politica e di classi dirigenti adeguate. La prolusione del Presidente della CEI, come pure l’introduzione del prof Tiziano Torresi, ha attinto alla celebrata fonte per proporre, non ad un partito, ma a tutti coloro che si fanno carico del governo della comunità, «lezioni di stile» su senso e missione della Politica.

La presenza del nostro Presidente della Repubblica ha certificato la dimensione costituzionale dell’evento.

Mons. Zuppi si è rivolto, in primo luogo, all’intero e differenziato universo dei cattolici, nel loro agire politico sparsi e, spesso, sconnessi, come tecnici amorali, dall’ispirazione cristiana. Ma ha inteso parlare a tutti gli uomini di buona volontà attivi nell’amministrazione della cosa pubblica. Inequivocabili le sue parole: da Camaldoli, «La presenza politica rinasceva nel grembo della cultura. Uno dei problemi di oggi è invece proprio il divorzio tra cultura e politica, non solo per i cattolici, consumatosi negli ultimi decenni del Novecento, con il risultato di una politica epidermica, a volte ignorante, del giorno per giorno … Cioè, il tradimento della politica stessa!».

«Il divorzio tra cultura e politica» non ha reso soltanto la politica misera, ha impoverito anche la cultura: «La responsabilità è iniziativa … non umiliandosi con la vita concreta fa illudere di essere dalla parte giusta anche se si finisce fuori dalla storia», afferma Matteo Zuppi. Gli intellettuali, fuori da una prassi di insostituibile fertilità epistemica, sono catturati dagli specialismi dei saperi, funzionali al primato della tecnica sulla politica e sulla società. Certo, «l’esperienza insegna che il lavoro culturale, anche indipendente dalla politica, è fondamentale». Ma per avere senso politico deve «umiliarsi con la vita concreta».

Oggi, come allora, la rigenerazione morale e intellettuale della politica si deve misurare con un nodo decisivo, enucleato nella prolusione dalla messe dei temi del Codice: «L’uso sociale della proprietà privata». Allora, era condizione imprescindibile per dare dignità al lavoro, incidere sulle disuguaglianze, promuovere la democrazia. Oggi, è anche presupposto per affrontare l’emergenza antropologica e la conversione per l’ecologia integrale. Oggi, come allora, «l’infiacchimento della democrazia è sempre un cattivo presagio per la pace» perché «l’urgenza della pace e la scelta per la democrazia» si tengono per mano.

A differenza di 80 anni fa, per fortuna, non abbiamo l’onere, oltre che l’onore, di scrivere una Costituzione. Tuttavia, l’obiettivo è comunque «costituente» in quanto, allora come oggi, è in gioco la centralità della persona. Allora, la Politica era assoluta. Oggi, la sfida è la ricostruzione del primato della Politica sulla Tecnica, sul Mercato in primis, data l’insostenibilità sociale, ambientale, spirituale e geo-politica dell’impianto liberista.

Sarebbe irresponsabile archiviare l’evento di Camaldoli come rito di grande spessore spirituale e culturale. È stato un evento deliberatamente e compiutamente politico. Sono stati piantati semi di speranza. Vanno coltivati. Il destinatario principale della sollecitazione etica e culturale è l’universo cattolico. Ma la portata del messaggio, data l’identità del messaggero, è universale.

Quindi, è responsabilità primaria della classe dirigente dell’intero spettro politico interpretare la sfida. È, insieme, responsabilità delle classi dirigenti delle organizzazioni di lavoratrici e lavoratori e delle associazioni della cittadinanza attiva.

Il versante progressista, in tutte le sue articolazioni, dovrebbe reagire. Le leadership di Pd e M5S, innanzitutto, dovrebbero coordinarsi per chiamare a raccolta le migliori energie intellettuali disponibili, in particolare giovani, per avviare un’opera comune di interpretazione autonoma della fase, di tratteggio di una visione e di conseguente elaborazione programmatica. Dovrebbero costruire luoghi di educazione al dialogo, di confronto sistematico, anche in forma di rivista periodica. Il cimento oggi non è meno impegnativo di allora