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INTERVISTA. La coordinatrice dem: «Uniti abbiamo riaperto la partita anche in Abruzzo, è un paziente lavoro di ricostruzione. Meloni non è maggioranza nel paese. Il nostro assillo è parlare a chi non crede più alla politica. Conte? Con lui continuiamo a ragionare a partire dai temi, anche la sua base chiede un'alternativa alla destra»
 Marta Bonafoni - Ansa

Marta Bonafoni, coordinatrice della segreteria Pd. In Abruzzo il centrosinistra ha perso chiaramente, nonostante le aspettative. Cosa è mancato per la rimonta?

Fino a una manciata di settimane fa la partita in Abruzzo non era neppure giocabile. Ci distanziavano dalla destra venti punti percentuali, che grazie a una campagna elettorale giocata senza risparmiarci – a cominciare dal candidato Luciano D’Amico – si sono ridotti a sette. È vero abbiamo perso, la destra ha confermato la guida della Regione, ma abbiamo riaperto la partita ed è questo il punto in cui siamo. Serve tempo, per un lavoro di ricostruzione paziente e che deve sempre di più andare in profondità.

Dopo la Sardegna sembrava che il vento stesse cambiando a sfavore delle destre. Questa folata è già finita?

Sarebbe sbagliato pensarlo, come altrettanto errato sarebbe pensare che dopo la Sardegna si potesse veleggiare senza sforzo né fatica. Da troppi anni lo scollamento tra la politica e i destini delle comunità, tra la sinistra e i bisogni delle persone, è diventato una voragine. Il tempo della semina è in pieno corso, e la Sardegna ne è stata una tappa fondamentale. Una candidata radicata e credibile, una proposta testardamente unitaria, la capacità di intercettare visione e bisogni concreti.

È stato un errore dare così tanto peso politico nazionale – quasi fosse un voto sul governo- alla sfida abruzzese?

La sanità che non funziona, il lavoro che o è povero o non c’è, la scuola pubblica che viene smantellata, i trasporti che non funzionano o le infrastrutture ferme al secolo scorso, l’assalto alla conversione ecologica, non sono temi nazionali o locali, sono questioni che toccano la carne viva delle persone. Antonio Scurati negli scorsi giorni si é appellato alla sinistra richiamandola alla propria missione naturale, che non è tanto o solo mantenere la promessa di uguaglianza, ma rinnovarla di fronte al suo popolo. La Sardegna prima, l’ Abruzzo ora, ci hanno dato l’occasione di ricominciare a farlo.

Dopo un anno di governo la forza della destra non si è ancora esaurita.

Meloni continua ad essere maggioranza ma dentro una quadro di disaffezione dal voto. Non è maggioranza nel Paese. La nostra sfida ora è battere queste destre alle europee.

Le urne dicono che col campo largo il Pd guadagna voti e il M5S invece ne perde rispetto a quando va da solo. Questo è un problema per la costruzione di un’alternativa nelle altre regioni e a livello nazionale?

Noi pensiamo che soltanto l’unità della coalizione abbia consentito alla partita abruzzese di essere giocabile, è quindi necessario e inevitabile proseguire in questo solco. In questi mesi non abbiamo incontrato un elettore o una elettrice che fermandoci in strada non ci abbia chiesto “unità” con le altre forze dell’opposizione, e lo stesso ci raccontano ormai i sondaggi che interpellano l’elettorato Cinque Stelle. Bisogna tenacemente ricostruire il fronte andato in briciole alle elezioni del 2022.

Davvero non temete che Conte possa ricercare una maggiore autonomia e dunque smarcarsi dalla coalizione?

Il leader dei 5S, dopo il voto abruzzese, ha detto che il Movimento deve proseguire nel lavoro di radicamento nei territori. Gli auguriamo di farlo al meglio perché non può che far bene alla partecipazione e alla democrazia. Con lui e con le altre forze di opposizione proseguiamo a ragionare a partire dai temi, come sulla legge di iniziativa popolare sul salario minimo che abbiamo appena lanciato tutti insieme.

Il Pd guadagna voti rispetto a due anni fa e ancor più rispetto alle ultime regionali. E tuttavia nelle aree più interne ci sono ancora molte difficoltà, sono sempre le città a darvi le maggiori soddisfazioni.

Raddoppiamo i consensi rispetto alle regionali del 2019. E avanza di 4 punti percentuali anche sulle politiche. E questo grazie al fatto che in questo primo anno di segreteria Schlein abbiamo restituito credibilità e una identità al partito, grazie a una campagna elettorale dove non si è risparmiato nessuno, a partire dalla segretaria nazionale arrivando a una classe dirigente locale generosa e brillante. E poi il migliore dei candidati possibili, Luciano D’Amico. E però c’è il dato delle aree interne e dei centri non urbani, e con quello la percentuale di astensionismo che aumenta rispetto a cinque anni fa. Questo deve essere il nostro assillo, i luoghi sociali e geografici da cui ripartire. Il Pd deve stare là dove la speranza si è spenta o trasformata in rabbia e rifiuto. È difficile, ma è quello che dobbiamo fare