Il “governo tecnico” di Renzi - «Se vince il No, il "governo tecnico" di Renzi può tranquillamente andare avanti. Ha più di un anno per correggere la rotta. Lo chiamo “governo tecnico” tra virgolette perché nessuno ha mai votato la sua maggioranza… Ho visto un "di più" nella campagna del Sì che mi è andato di traverso: l'allarmismo, il promettere qualsiasi mancia, addirittura l'inno alle clientele… Se vince il Sì, temo che si vada subito alle urne, con l'Italicum in vigore. La strada delle elezioni prenderebbe velocità e porterebbe a un cambio della forma di governo sbagliato e pericoloso. Nascerebbe un governo del capo proprio nel momento in cui il mondo si riempie di capi problematici» - Pier Luigi Bersani
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Qualcuno giustamente ha detto che i fatti hanno la testa dura. A questo ho pensato leggendo gli interventi che si sono succeduti al mio articolo, dove cercavo, nei limiti delle mie capacità e conoscenze, di fare il punto e stimolare un ragionamento su alcune delle cause del declino della sinistra. Certamente su molte cose che si sono scritte concordo, il punto cruciale però, tornando ai fatti, è che la sinistra in Italia non ha più nessuna voce in capitolo e nessuna prospettiva di avere numeri significativi in una competizione elettorale. Non vorrei essere troppo polemico, ma mi pare che negli interventi letti questo aspetto non venga sottolineato; come si trattasse di un particolare irrilevante, come se quello che conta unicamente è il ribadire con forza la nostra presenza e i mitici ideali della sinistra.
Nessuno vuole abiurare ai principi, che sono ovviamente la nostra l'identità. Quello che cercavo di sottolineare è che se si perde il consenso popolare significa non essere capaci di rappresentare o rappresentare male i problemi della gente e questo può essere irrilevante se si vuole mettere in piedi una onlus di beneficenza, ma è fondamentale e decisiva invece se parliamo di costruire un Partito, che ha il compito di organizzare e rappresentare bisogni diversi nella società.
Quello che serve quindi è farsi carico di queste difficoltà e sforzarsi di trovare risposte nuove, diverse dalle destre, ma magari non sempre coincidenti con i vecchi schemi che abbiamo nella testa.
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Le presidenziali americane con la sorpresa Trump, ma prima la Brexit, e poi la ripresa in quasi tutta Europa di posizioni razziste e xenofobe, i muri mentre aumentano le disuguaglianze tra e all’interno dei diversi Paesi, al Sud e al Nord del mondo. Altri frutti (assieme al terrorismo internazionale) di questa globalizzazione, si potrebbe dire.
Ma se le risposte che emergono vengono sostanzialmente dal campo liberista e delle destre (e magari trovano spazio anche tra le classi popolari), quali dovrebbero essere invece le risposte delle sinistre in questo nuovo secolo?
Questioni complesse. Con tutta l'umiltà che serve in questi casi, dovremmo cominciare a pensarci meglio, evitando anche noi di essere piccole élite che hanno sbagliato i sondaggi. Dopo gli interventi di Fabio Mongardi e Rita Menichelli. pubblichiamo quello di Luigi Albonetti, auspicando che il confronto continui, qualunque sia il risultato del referendum.
Costruire una sinistra unita partendo da obiettivi concreti di Luigi Albonetti
La globalizzazione e l’egemonia del mercato hanno comportato in tutto il mondo una difficoltà reale per la sinistra. In questo contesto essa non è stata in grado di fare unità per affermare i propri valori di riferimento: centralità della persona, solidarietà, eguaglianza, giustizia sociale, diritto al lavoro e sua dignità, in sintesi una società più giusta.
Invece di fare rete attorno a queste tematiche, i partiti e i movimenti progressisti si sono isolati entro i confini dei propri Paesi: in questo modo le grandi questioni internazionali sono state derubricate ad argomento di dibattito intellettuale e mai concretamente affrontate con azioni incisive. Ad esempio, non ha avuto alcun seguito l’importante momento di lotta esercitato a Genova nel 2001 nei confronti delle politiche del G8.
La scelta dei partiti socialdemocratici e di centro sinistra di aprire ad un «liberismo temperato» - tale spesso solo di facciata e i cui effetti sui diritti dei lavoratori e nella vita di ognuno di noi sono quelli che oggi constatiamo - ha di fatto offerto in tutta Europa alle destre populiste argomenti tradottisi nell’abbandono della partecipazione popolare alla politica e nel diffondersi di comportamenti individualistici ed egoistici.
Anche gli italiani non sono immuni da questa
Leggi tutto: Adesso da dove si riparte? (Continua...)
Commenta (0 Commenti)Essere di sinistra oggi.
Come si capisce di appartenere alla sinistra?
Lo si capisce, credo, agendo da persona di sinistra.
Questa è stata grosso modo la mia esperienza.
Sono una persona anziana e per me essere di sinistra vuol dire preoccuparsi per il mio prossimo, chiunque sia colui che mi si para davanti e subisce ingiustizie, disuguaglianze e vessazioni di qualunque genere senza distinzione di razza, di religione, di appartenenza politica, di nazionalità.
Del resto la nostra vecchia e sorpassata costituzione fatta , all'epoca, da costituenti di alta levatura, ma, e soprattutto, da rappresentanti di ogni partito politico, dice proprio questo.
Questo non è più moderno? Non è più adeguato ai tempi?
Leggi tutto: Adesso da dove si riparte? interviene Rita Menichelli
Commenta (0 Commenti)Michael Moore:
Cinque cose da fare dopo la vittoria di Trump
di Michael Moore, da facebook.com
1. Restituire il Partito Democratico al popolo. Ha fallito miseramente.
2. Licenziare chi ha fatto previsioni sbagliate: esperti, profeti, sondaggisti, chiunque del mondo della comunicazione si sia rifiutato di ascoltare o riconoscere cosa stava realmente accadendo. Quegli stessi parolai ora ci diranno che dobbiamo “superare le divisioni” e “unirci”. Diranno ulteriori balle nei giorni a venire. Spegneteli.
3. Ogni membro democratico del Congresso che oggi non si sia svegliato con la voglia di combattere, resistere e ostacolare come hanno fatto i repubblicani con Obama tutti i giorni degli ultimi otto anni, si faccia da parte e lasci il posto a chi è pronto ad arginare la follia che sta per cominciare.
4. Basta dire che siete “scioccati” e “sconvolti”. Dovreste piuttosto dire che avete vissuto in una bolla e non avete fatto attenzione ai vostri fratelli americani più disperati. Per anni sono stati ignorati da entrambi i partiti, la rabbia e la voglia di vendetta contro il sistema non ha fatto che aumentare. Poi è arrivata la star della tv il cui piano era distruggere i partiti, quindi la vittoria di Trump non è una sorpresa. Trattare Trump come fosse uno scherzo non ha fatto che renderlo più forte. E’ una creatura dei media, ma anche una creazione dei media.
5. Hillary ha vinto il voto popolare, ricordatelo a chiunque incontrate. La maggioranza dei votanti l’ha preferita a Trump. Punto e basta. E’ un dato di fatto. L’unico motivo per cui lui è stato eletto presidente è una folle e arcana idea datata diciottesimo secolo e chiamata Collegio elettorale. Finché non la cambiamo, continueremo ad avere presidenti che non abbiamo eletto e che non vogliamo. Viviamo in un Paese dove la maggioranza è d’accordo sul cambiamento in atto, sulla parità di salario fra uomini e donne, sull’educazione libera da debiti. Una maggioranza di cittadini che non vuole invadere altri paesi, vuole un aumento del salario minimo e un sistema sanitario che funzioni, insomma una maggioranza che ha posizioni “liberali”. Ci manca solo la leadership liberale per realizzare tutto questo.
(11 novembre 2016)
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