Amici,
Mi dispiace dover essere ambasciatore di cattive notizie, ma sono stato chiaro l'estate scorsa quando vi ho detto che Donald Trump sarebbe stato il candidato repubblicano alla presidenza. Ed ora vi porto notizie ancora più terribili e sconfortanti: Donald J. Trump vincerà a Novembre. Questo miserabile, ignorante, pericoloso pagliaccio part-time, e sociopatico a tempo pieno, sarà il nostro prossimo presidente. Presidente Trump. Forza, pronunciate queste parole perché le ripeterete per i prossimi quattro anni: "PRESIDENTE TRUMP".
In vita mia non ho mai desiderato così tanto essere smentito.
Posso vedervi adesso. State scuotendo la testa convinti: ....
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Apprendiamo con dispiacere del danneggiamento della statua dello scultore e ceramista Carlo Zauli. L'opera dal titolo “Cubo alato” posta sulla rotatoria davanti alla Stazione ferroviaria di Faenza è stata spezzata, pare solo incidentalmente, da alcuni giovani che frequentano il vicino bar.
Il danneggiamento della scultura richiede oltre ad una giusta e accurata indagine per appurarne le cause, anche una riflessione sui motivi e l'origine del mancato rispetto per l'arte e la cultura nel nostro paese. Scriveva Italo Calvino nelle Città invisibili: “Di una città non godi le sette o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà alla tua domanda”. E' esattamente così: non conta tanto l'apparenza, quanto le risposte reali che riesce a dare ai cittadini sul piano dei contenuti.
Proviamo allora a collocare questo ragionamento in ambito locale e facciamoci qualche doverosa domanda: sarebbe, ad esempio, interessante sapere quante persone a Faenza conoscono la qualità, il valore e il significato delle opere collocate sulle rotonde, nelle piazze o nei giardini pubblici del territorio. Credo che se questa indagine fosse rivolta in particolare proprio alle giovani generazioni, non darebbe risposte soddisfacenti. Perché? Per avere una risposta dobbiamo tornare a Calvino e alle sue settantasette meraviglie. Io sono fra quelli entusiasti del museo all'aperto, ovvero dell'idea di portare all'esterno sculture o altre opere, di farle uscire dal chiuso e renderle sempre fruibili a tutti. E' una grande idea, che può valorizzare una città e un territorio, ma perché funzioni deve essere costruita su un progetto educativo culturale preciso. E' mai stato fatto, ad esempio, un percorso formativo nelle scuole di Faenza per spiegare il valore e la conoscenza delle sculture? Se non c'è un riconoscimento di valore è evidente che verrà meno anche il rispetto. Poi quando vedo il degrado anche estetico delle rotonde su cui sono collocate le opere, o la mancanza di manutenzione dei giardini attorno alle statue, mi sembra che questo rispetto sia carente anche da parte delle istituzioni faentine. Quando si tollera che la rotatoria della Stazione, quella per intenderci su cui è collocata la scultura danneggiata, diventi alla notte territorio di movida giovanile, con lancio di bottiglie, ubriacature e schiamazzi denunciati inutilmente dai residenti senza che si intervenga, i risultati possono essere solo quelli che abbiamo visto.
Ancora una volta dobbiamo sottolineare l'importanza di fare cultura partendo dal basso, in modo capillare, in particolare proprio cominciando dai giovani e dalle scuole. Non serve avere settantasette meraviglie se non riesci a vederne nemmeno una.
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Nella storia non c’è stata mai una guerra giusta, ma alcune guerre sono state necessarie: si poteva fermare Hitler senza l’Armata Rossa e senza gli sbarchi degli Alleati?
Sulla guerra la nostra Costituzione parla chiaro, al di là delle interpretazioni sofistiche che le sono state date negli ultimi trent’anni: l’Italia ripudia la guerra come strumento per la risoluzione dei conflitti internazionali. Ripudiare ha una forza costrittiva e morale che solo chi è in malafede può mettere in discussione. La Costituzione, però, non fa dell’Italia un Paese senza esercito e senza forza militare; li assoggetta invece, implicitamente, alla legittima difesa della Nazione: di fronte ad un attacco armato di un altro Stato, l’Italia si difenderà con le armi, nel pieno rispetto del dettato costituzionale, senza ombra di dubbio. Ma che ne è della nozione di ‘legittima difesa’ nell’epoca delle guerre asimmetriche e della lotta al terrorismo internazionale? Molti l’hanno allargata fino alla totalizzante, e per questo ormai inutilizzabile, nozione di ‘guerra preventiva’. Di fronte alla minaccia terroristica, ogni azione, anche un intervento militare fuori dallo stato di guerra, è ammissibile e riconducibile al dettato costituzionale: è una posizione che calpesta l’articolo 11 della Costituzione, ma è ormai la posizione che tutte le maggioranze parlamentari succedutesi al governo del Paese negli ultimi anni hanno fatto propria, avallate dalla presidenza della Repubblica. Oggi che si torna a parlare di nuove missioni militari è giusto domandarsi: sono necessarie alla sicurezza del Paese?
Per rispondere è utile rammentare i passaggi decisivi della politica estera occidentale dal 1991 e presentare un sintetico quadro della situazione sul campo oggi.
Nel 1989, la caduta del muro di Berlino, salutata come la fine della storia, doveva aprire un’era di convivenza pacifica sotto l’egemonia economica e culturale occidentale. La guerra è stata utilizzata subito, non appena questa egemonia è stata messa in discussione. L’attacco all’Iraq nel 1991 è stato, prima di tutto e soprattutto, una dimostrazione di forza dell’Occidente; nell’intenzioni degli USA e dei suoi alleati doveva servire come prima, ma anche ultima e definitiva esemplificazione della loro supremazia, come lezione da imparare a memoria da parte di tutti coloro che volevano opporsi ai loro piani di dominio e controllo. Era ancora una ‘guerra simmetrica’, una guerra tra eserciti nazionali (per quanto di impari forza), una guerra che la diplomazia internazionale sperava di chiudere con le sanzioni e gli USA con il controllo dell’economia irachena. Era una guerra che Norberto Bobbio definì “un caso esemplare di guerra giusta”. Si sbagliavano tutti.
Ma Stati Uniti e Inghilterra hanno fatto un altro errore, ancora più macroscopico: dopo l’attacco terroristico dell’11 settembre 2001, hanno manipolato l’opinione pubblica internazionale per
Leggi tutto: Il nuovo disordine mondiale - di Martino Albonetti
Commenta (0 Commenti)Continuiamo a pubblicare contributi sul caso Arena Borghesi, come su altri di grande interesse: la cultura, l’economia e lo sviluppo del territorio, il lavoro e gli effetti di una crisi che dura ormai da troppi anni, la sanità, i servizi sociali. Il sito ospiterà di buon grado le opinioni che gli perverranno.
Paghi uno prendi due?
di Fabio Mongardi
A proposito della Arena Borghesi e in seguito all'interpellanza comunale del consigliere de L'Altra Faenza Eddy Necki, apprendiamo dal sindaco che quello da noi sospettato corrisponde a realtà: c'è ancora in piedi il progetto di vendere un'ulteriore parte dell'Arena al supermercato Conad.
Senza tanti giri di parole ci dice il Dott. Malpezzi che non c'è scandalo in tutto ciò, è una semplice questione di risorse, cioè di denaro da trovare per il restauro. (guarda la diretta del Consiglio comunale dal minuto 01:17:20)
A parte che gli sprechi che hanno caratterizzato tutte le ultime amministrazioni a Faenza, esistono risorse a livello regionale o europeo proprio per la valorizzazione del patrimonio artistico ambientale del territorio. Ma naturalmente bisogna essere consapevoli di quello che si vuole conservare e della loro importanza. Quello che vediamo purtroppo è che la fantasia dei nostri amministratori non ha limiti. Fino ad oggi esisteva il coinvolgimento del privato che sponsorizzava il restauro o la ricostruzione di un'opera. Bene. Ben venga, diciamo noi, consapevoli che le risorse pubbliche scarseggiano.
Qui a Faenza però si sta facendo un curioso e imprevedibile salto di qualità, le cui conseguenze proiettate nel futuro potrebbero portare ad effetti, direi , quantomeno sconcertanti. Il privato che sponsorizza un restauro non ottiene come benefici sgravi fiscali, agevolazioni o possibilità di sfruttare la cosa come pubblicità, no, qui si va oltre, il privato se ne compra addirittura un pezzo, cioè si compra un pezzo di un bene pubblico.
Questa è la fantasiosa idea che circola all'interno delle stanze comunali. Come se Della Valle per restaurare il Colosseo avesse preteso di prendersene una parte, magari per farne un mega negozio di scarpe. Si potrebbe quindi ipotizzare, ad esempio, di vendere una parte di Pompei a Briatore, che sicuramente saprebbe sfruttare come location per le sue conturbanti feste. Oppure vendiamo un bronzo di Riace, tanto ne abbiamo un'altro. Insomma con questo principio e la follia di noi italiani, può succedere di tutto.
A Faenza con l'aria che tira e visto che c'è di mezzo un supermercato, si potrebbe addirittura arrivare al paghi uno e prendi due?
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“Red carpet” , la bella iniziativa di Legambiente svoltasi sabato 17 settembre lungo il viale Stradone, ha riacceso l’interesse sul destino dell’Arena Borghesi. Un progetto del quale si parla da anni potrebbe infatti infliggerle una ferita profonda, tale da stravolgerne l’immagine e l’armonia. Decisioni che riguardano il futuro della nostra città – in tutti i campi: urbanistico, economico, culturale, sociale, sportivo – non possono prescindere dall’opinione e dalle aspettative dei faentini. Né ispirarsi alla sola convenienza economica.
E’ dunque opportuno che le persone sappiano e si esprimano. Nel pubblicare le considerazioni che seguono, qualcosadisinistra.info auspica che si accenda un dibattito, il più ampio ed articolato possibile, nel segno della partecipazione e dell’impegno civico. Sul caso Arena Borghesi come su altri di grande interesse: la cultura, l’economia e lo sviluppo del territorio, il lavoro e gli effetti di una crisi che dura ormai da troppi anni, la sanità, i servizi sociali. Il sito ospiterà di buon grado le opinioni che gli perverranno.
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Questa è come una di quelle storie già scritte da molto tempo. E' una di quelle storie in cui il lettore fin dall'inizio ha capito perfettamente la trama e gli intenti dei protagonisti. L'ha capito, perché è una vicenda che appartiene agli eventi e alla mitologia del genere umano. Per dirlo in maniera chiara e lineare, è il classico tentativo di sopraffazione del grande contro il più piccolo. Davide contro Golia.
Tutto nasce al momento della costruzione del supermercato Conad Arena nello Stradone di Faenza, quando incautamente si decide di far inglobare dal supermercato un angolo del piccolo spazio Arena Borghesi. Bene. Tutto sembrava finito lì, ma quando le cose cominciano male, l'esperienza ci dice che tendono a finire peggio.
Diversi anni dopo, infatti, prende corpo un insano progetto che vede il sacrificio di un ulteriore spicchio di quell'Arena dove centinaia di cittadini faentini trascorrevano e trascorrono ancora oggi le serate estive in cerca di svago e refrigerio, progetto che prevede anche il taglio di una fila di piante quasi secolari. Un coro di proteste riuscì a far accantonare questa assurda idea. Passano gli anni e guarda caso, ora, nel momento in cui l'Arena Borghesi avrebbe bisogno di un intervento di manutenzione e ristrutturazione, pare che qualcuno abbia pensato bene di ritirare fuori dal cassetto quella proposta, dove dentro ci sarebbe l'offerta del Conad di accollarsi quelle spese.
Questa è una vicenda che deve farci riflettere e lo voglio fare raccontando la storia del piccolo parco “Lo spicchio” di Napoli. In mezzo alla caotica speculazione edilizia di quella città, stranamente si era salvato un minuscolo triangolo di terreno divenuto ben presto incolto, dove tra rifiuti di ogni genere si svolgevano ovviamente attività illegali. Mentre tutto faceva pensare che il destino di quell'angolo di libertà fosse segnato e che le betoniere avrebbero ben presto cominciato a girare, miracolosamente invece venne affidato alle persone giuste per un tentativo di riqualificazione. Oggi è un piccolo meraviglioso e colorato parco giochi per bambini. Un angolo di vita sociale in mezzo al cemento.
Cosa ci insegna questa storia? Ci insegna che gli spazi urbani sono un bene preziosissimo, e se è prezioso anche un semplice terreno incolto, figuriamoci un ambiente come L'Arena Borghesi, con la sua storia antica alle spalle, il suo verde, la sua architettura che si collega allo Stradone e al Fontanone.
Solo l'insipienza e la cecità di qualche amministratore locale non capisce l'importanza culturale storica e sociale di questo posto di cui fa cenno persino il poeta Dino Campana. Possiamo permettere che l'arroganza di un supermercato e l'insulsaggine dei nostri amministratori trasformino poco alla volta questo tesoro urbano in un deposito di prosciutti?
Fabio Mongardi
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