La Commissione europea “ritiene che gli investimenti privati nel settore del gas e del nucleare possano svolgere un ruolo nella transizione” energetica.

Così si legge nella nota con cui l’esecutivo comunitario ha presentato oggi la sua proposta definitiva di regolamento delegato sulla tassonomia per gli investimenti sostenibili.

Bruxelles conferma così l’orientamento delineato nella contestata bozza in circolazione da circa un mese, di includere atomo e metano tra gli investimenti verdi.

Il documento definitivo (link in basso) presenta solo aggiustamenti marginali rispetto al testo noto finora: la previsione di tempi più rapidi per rendere i nuovi impianti a gas compatibili con i combustibili low carbon e norme più stringenti sulla trasparenza dei prodotti finanziari legati a gas e nucleare.

I paletti al nucleare

In sintesi, secondo il regolamento proposto, le nuove tecnologie per il nucleare a ciclo del combustibile chiuso (la cosiddetta quarta generazione), ancora in fase di studio, saranno sempre ammessi come investimenti sostenibili, per incentivare la ricerca e l’innovazione.

Le nuove centrali realizzate “con le migliori tecnologie esistenti disponibili” (la cosiddetta generazione III+), saranno invece considerate investimenti utili alla transizione se otterranno il permesso di costruzione entro il 2045. Le modifiche e gli ammodernamenti degli impianti nucleari esistenti ai fini del prolungamento della vita, infine, saranno riconosciuti fino al 2040 (data di approvazione da parte dell’autorità competente).

Quanto alla questione scorie, gli Stati in cui i progetti ammissibili saranno proposti, dovranno avere impianti di smaltimento dei rifiuti a bassa attività già operativi e un piano dettagliato per rendere operativa, entro il 2050, una soluzione per le scorie ad alta radioattività.

I limiti per il gas

Per quel che riguarda il gas, è ammesso tra gli investimenti verdi sia per la produzione di energia elettrica che per la cogenerazione ad alto rendimento, teleriscaldamento e teleraffrescamento.

Le nuove centrali che otterranno il permesso a costruire entro il 2030, laddove le rinnovabili “non siano disponibili su scala sufficiente”, dovranno avere emissioni dirette inferiori a 270 gCO2e/kWh o, per l’attività di generazione elettrica, una media su 20 anni non superiore a 550 kg CO2e/kW (dopo il 2030 il limite scenderà a 100 gCO2e/kWh).

I progetti dovranno inoltre soddisfare una serie di condizioni cumulative: sostituire un impianto che utilizza combustibili fossili solidi o liquidi, leggasi carbone o olio combustibile, ed essere pronte per essere alimentate a gas rinnovabili o a basse emissioni entro il 2035.

Non sono state dunque accolte le richieste dell’Italia, che con una lettera inviata alla Commissione aveva chiesto limiti più flessibili per il gas, dato che, come avevamo spiegato, la definizione attuale renderebbe difficile etichettare come sostenibili nuove centrali nel nostro Paese.

Prossimi passi e primi commenti

La proposta di regolamento delegato presentata oggi dalla Commissione dovrà ora essere esaminata dall’Europarlamento e dal Consiglio Europeo, che avranno quattro mesi, estendibili su richiesta per altri due, per sollevare eventuali obiezioni o revocare la delega alla Commissione.

Il Consiglio potrà opporsi solo con una maggioranza qualificata rafforzata (almeno 20 Stati membri che rappresentino almeno il 65% della popolazione Ue), mentre il Parlamento europeo anche a maggioranza semplice (353 deputati su un totale di 705).

Tra i primi comunicati critici appena giunti in redazione quello di Legambiente, che parla di “un duro colpo al Green Deal Europeo e a una ambiziosa politica climatica in linea con l’obiettivo di 1.5 °C indispensabile per fronteggiare l’emergenza climatica”.