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AMBIGUITÀ PETROLIFERE. Mossa concordata con il governo. Ma da Bruxelles arrivano critiche: rischio infrazione

Eni cambia idea e apre conto in rubli: ma non lo useremo

 

L'amministratore delegato di Eni Claudio De Scalzi

Anche Eni sembra sottostate ai ricatti di Putin. Ieri la compagnia guidata da Claudio De Scalzi – ministro ombra in queste settimane di viaggi governativi nel mondo alla ricerca di nuovi approvvigionamenti – quanto meno si adegua all’ambiguità dell’Unione europea sul pagamento in rubli del gas russo e annuncia di aprire il doppio conto presso GazpromBank, uno in euro e l’altro in rubli, in accordo con il governo.

Il decreto del 30 aprile firmato da Putin in cui si imponeva l’apertura di un doppio conto – uno in euro o dollari, l’altro in rubli – per saldare le forniture di Gazprom è stato immediatamente bollato dagli europei come «una violazione dei contratti». Ma subito dopo aver studiato il sistema, che prevedeva il coinvolgimento non solo di GazpromBank ma anche della Banca centrale russa, si è aperta una querelle dalla non facile soluzione, con tutte le società energetiche europee, impegnate nelle interpretazioni e nei possibili escamotage. Per cercare di superare quella «zona grigia», come l’ha definita il premier Mario Draghi a Washington da Biden,

«La procedura per l’apertura dei conti presso Gazprom Bank è stata avviata senza accettazione di modifiche unilaterali dei contratti in essere», rende noto Eni in un lungo comunicato stampa, spiegando che «l’apertura dei conti avviene su base temporanea» e «in via cautelativa».

In pratica Eni sostiene che continuerà a pagare in euro come fatto finora ma che ha appurato che l’apertura del conto in rubli non viola – al momento – alcuna norma.

La cautela di Eni è stata poi condivisa con il governo. «La decisione, condivisa con le istituzioni italiane». A oggi, precisa ancora Eni, «Gazprom Export e le autorità federali russe competenti hanno confermato che la fatturazione e il relativo versamento da parte di Eni continueranno a essere eseguiti in euro, così come contrattualmente previsto – spiega il colosso italiano dell’energia – . Le attività di conversione da euro a rubli – prosegue Eni – saranno svolte da un apposito agent operativo presso la Borsa di Mosca senza coinvolgimento della Banca Centrale Russa».

Ma da Bruxelles già in mattinata era arrivata una bocciatura preventiva. «L’apertura di un conto in rubli va oltre le indicazioni che abbiamo dato agli Stati membri», aveva precisato un portavoce della Commissione Ue. Per quanto riguarda il rispetto della direttiva, «è il paese membro che deve far rispettare le sanzioni, dunque è il paese che deve vigilare che le società rispettino le sanzioni: le sanzioni hanno un obbligo legale e in caso contrario la Commissione può aprire la procedura d’infrazione», ha aggiunto il portavoce.

Protesta subito Angelo Bomelli, co-portavoce di Europa Verde: «L’Italia cede al ricatto russo: da una parte decide di mandare armi all’Ucraina per difendersi dall’aggressore Putin, ma contestualmente, tramite l’Eni, paga in rubli il gas consentendo allo stesso Putin di finanziare la guerra. Era il 24 marzo quando Draghi e poi l’ad Eni De Scalzi dicevano che non avrebbero mai pagato in rubli, dopo poco più di un mese cambiano idea. La grande ipocrisia di dire prima di no e poi fare retromarcia con il sì al pagamento in rubli mostra un’assenza di strategia energetica», conclude Bonelli.