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UNIONE EUROPEA. Roma e Budapest uniche contrarie alla direttiva sul risparmio energetico degli edifici approvata definitivamente dall’Ecofin. Patrizia Toia (Pd): «Il provvedimento non impone alcun obbligo ai cittadini, piuttosto chiede agli Stati nazionali di impostare politiche sensate e a lungo termine. E questo il governo lo sa benissimo».

Il ministro Giorgetti alla riunione Ecofin di marzo Il ministro Giorgetti alla riunione Ecofin di marzo - Ansa

Roma e Budapest si allineano di nuovo sulla direttiva Casa Green. All’atto dell’approvazione finale del provvedimento, durante la riunione dei ministri dell’Economia dei 27 (Ecofin) in Lussemburgo, Italia e Ungheria sono stati gli unici Paesi ad esprimere una contrarietà netta. Perfino peggio fa l’Italia su un altro voto conclusivo al Consiglio Ue: in quello sulle emissioni industriali, dove Roma è stata l’unica a votare contro.

IL GOVERNO MELONI non è nuovo a prese di posizione contrarie al Green Deal. Ha puntato i piedi fino all’ultimo contro il regolamento Imballaggi, si è espresso con decisione contro il passaggio da motore termico a elettrico per le auto di nuova fabbricazione a partire dal 2035. Negli ultimi mesi dell’attuale legislatura europea, l’Italia ha contribuito allo stallo della direttiva sull’etica d’impresa, avversata dalle multinazionali, e ha giocato un ruolo chiave nelle esenzioni da regole ambientali stringenti del settore agricolo, riforma della Politica agricola comune (Pac) inclusa. Una battaglia che ha condotto, tra gli altri, al fianco dell’Ungheria di Viktor Orban, come è accaduto anche per la Legge sul Ripristino della Natura, pilastro del Green deal, congelata all’ultimo minuto in Consiglio Ue e ormai affossata, almeno per ora.

LA CASA PERÒ per il governo di destra è tema identitario fin dai tempi di Berlusconi ed è per questo che la battaglia contro la direttiva è stata implacabile, anche se alla fine si è rivelata fallimentare. Il nuovo provvedimento Ue riguarda le prestazioni energetiche degli edifici, che nei prossimi anni dovranno essere portate a un livello superiore di efficienza in modo da salvaguardare l’ambiente: meno consumi, meno inquinamento e più risparmio in bolletta per i cittadini, dicono i suoi sostenitori.

«Per noi il tema è: chi paga?», si chiede il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti citando l’esperienza negativa del Superbonus, subito dopo il voto in sede Ecofin. Gli fa eco l’eurodeputata leghista Isabella Tovaglieri, relatrice italiana della direttiva nella commissione Industria ed Energia dell’Europarlamento a cui Casa green era stata assegnata: «Bene che il governo abbia detto no alla direttiva Case green, dando un segnale forte a un’Europa lontana anni luce dalla realtà, che in nome dell’ambientalismo ideologico impone ristrutturazioni che costeranno fino 60 mila euro a famiglia». Plaude al no italiano anche Confedilizia, che pur ricordando i miglioramenti inseriti nella legge grazie proprio all’intervento di Roma, parla di testo «ancora non accettabile».

A GIORGETTI e al suo «bello, ma chi paga?» replicano Annalisa Corrado e Brando Benifei, rispettivamente ambiente Pd e capodelegazione degli eurodeputati Pd al Parlamento europeo. Se il Ministro dell’economia non sa dove reperire i finanziamenti «il testo della direttiva approvata ricorda gli strumenti Ue utilizzabili a tal scopo». Tra questi, oltre al Pnrr, RePowerEU e i fondi di coesione, c’è ancora «il Fondo sociale per il clima, che mette a disposizione 65 miliardi di euro da spendere tra il 2026 e il 2032 per i piani nazionali di ristrutturazione degli edifici».

SEMPRE RESTANDO sul versante dei finanziamenti, un’ampia parte decisionale è demandata alle capitali. Non bisogna infatti trascurare che la legge europea, essendo in questo caso una direttiva, andrà recepita dai singoli Stati entro due anni. Il governo Meloni avrà quindi un ruolo importante nel mettere a terra il provvedimento, come tra l’altro ha sempre chiesto in sede di trattative per la definizione della legge che si sono svolte a Bruxelles nel corso di molti mesi. «Il nostro Paese ha il patrimonio immobiliare più vecchio e inefficiente d’Europa», sottolinea l’eurodeputata Pd Patrizia Toia «la direttiva non impone alcun obbligo ai cittadini, piuttosto chiede agli Stati nazionali di impostare politiche sensate e a lungo termine. E questo il governo lo sa benissimo».

CERTO, LA CONSEGUENZA di maggior impatto politico di questo voto rimane, come scrivono ancora i dem Corrado e Benifei, «l’ennesima dimostrazione dell’isolamento del governo in Europa e della sua incapacità di portare a casa risultati nell’interesse del nostro Paese». L’allineamento Roma-Budapest sulla direttiva Casa green non sembra occasionale: se letto alla luce delle convergenze del passato, diventa una prova più che un indizio