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SINISTRE. Potere al popolo si smarca dalla lista promossa dall'ex conduttore con Raniero La Valle. Ma tramite Unione popolare si continua a discutere

«Da Michele Santoro solo risposte evasive»

 

La lista per la pace di Michele Santoro rompe con Unione popolare? È presto per dirlo, ma ieri c’è stato un segnale pubblico di divergenza. Lo ha manifestato Potere al popolo, una delle organizzazioni che compongono il soggetto della sinistra radicale. Pap ha diffuso una nota dal suo sito e dai suoi canali social per sottolineare la frattura con il progetto di una «lista pacifista» lanciato all’inizio dello scorso autunno dal giornalista insieme a Raniero La Valle. Tre sono i principali nodi problematici. Potere al popolo chiede che la lista parli esplicitamente di «superamento» della Nato. Inoltre, spiegano, c’è la discriminante sulla collocazione politica della lista. Per Pap bisogna evitare di sostenere «ogni ipotesi unitaria a sinistra»: la lista, dicono, «deve essere chiaramente indipendente ed in alternativa rispetto a tutti i principali schieramenti, senza distinzione». Da qui discenderebbe la collocazione «nel gruppo della sinistra radicale nel parlamento europeo», vale a dire il Gue.

Di fronte a tutto ciò, cosa dice Santoro? «Ci sembra che le risposte finora ricevute a queste condizioni politiche di premessa siano state inesistenti, evasive e largamente insufficienti – dicono da Pap – Mentre nulla, se non vaghi accenni a personalità assai lontane da noi, ci è stato detto sulle stesse modalità e forme democratiche di gestione della lista». Il documento non sembra lasciare margini di trattativa: «Proponiamo che Unione popolare consideri concluso il confronto con Santoro», vi si legge.

Potere al popolo

Alle nostre condizioni di premessa sono arrivate repliche insufficienti. Proponiamo che Unione popolare concluda il confronto con Santoro

Ieri doveva tenersi la cabina di regia di Unione popolare. Raccoglie i rappresentanti dei soggetti organizzati fondatori (Rifondazione comunista, DeMa, ManifestA e, appunto, Potere al popolo) più alcune figure indipendenti e il portavoce Luigi De Magistris. La riunione è stata aggiornata a oggi per via di alcune assenze giustificate, ma chi c’era racconta di un clima che non sembra preludere alla rottura. Si tratterebbe, insomma, di passaggi interlocutori, seppure fortemente dialettici, che al momento non pregiudicherebbero la nascita della lista e tantomeno metterebbero in forse l’esistenza stessa di Unione popolare, all’interno della quale il segretario di Rifondazione Maurizio Acerbo sarebbe più disposto a cercare la convergenza con l’esperimento promosso da Michele Santoro. Va detto, peraltro, che Rifondazione comunista ha un peso specifico particolarmente rilevante in questa partita: porta in dote il simbolo del Gue e della Sinistra europea che consentirebbe al soggetto pacifista di non raccogliere le firme per la presentazione delle liste, compito piuttosto gravoso soprattutto nel caso delle elezioni europee.

Il contesto è delicato: si tratta di mettere insieme storie politiche diverse e soprattutto di coniugare partiti, soggetti organizzati e singole personalità (seppure, come nel caso dell’ex conduttore e giornalista Rai, in grado di portare visibilità e di catalizzare l’attenzione mediatica). Ma a quanto pare, tuttavia, il confronto prosegue

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IL CASO. Il viceministro ha polemizzato con i dirigenti di Ps mercoledì a Forlì, durante la visita di Meloni e von der Leyen, perché non hanno fermato le proteste degli alluvionati. Il sindacato dei funzionari di polizia: un tentativo di limitare la libertà di manifestare. Il Pd a Piantedosi: é fuori dalla Costituzione
 Polizia contro Bignami (Fdi): «Voleva condizionare gli agenti» Il viceministro Galeazzo Bignami - LaPresse

Funzionari di polizia contro il viceministro ai Trasporti di Fdi Galeazzo Bignami. L’accusa non è di poco conto: Bignami avrebbe cercato di condizionare il comportamento degli agenti mercoledì scorso a Forlì, in occasione della visita della premier Meloni e della presidente della commissione Ue Ursula von der Leyen, accompagnata da proteste degli alluvionati.

Secondo Enzo Letizia, segretario dell’associazione nazionale funzionari di polizia, Bignami «ha platealmente protestato con il dirigente del servizio di ordine pubblico perché, a suo dire, si consentiva a dei facinorosi di manifestare vicino al palazzo del Comune, accusando d’incompetenza i responsabili dell’ordine pubblico. Tale comportamento solleva questioni importanti che riguardano il diritto alla libera espressione». Secondo Letizia «le azioni e le opinioni del sottosegretario potrebbero apparire e/o essere interpretate come un tentativo di limitare il fondamentale diritto di manifestare».

Il Pd ha presentato un’interrogazione alla premier Meloni e al ministro degli Interni Piantedosi per chiedere «se non ritengano che il comportamento del viceministro sia andato non solo oltre le proprie competenze, ma soprattutto oltre i limiti costituzionali». Duro il senatore dem Daniele Manca: «Si è atteggiato a “federale”: è evidente che nel dna di Bignami, che ama vestirsi da nazista, non ci sono i principi democratici e il rispetto dei diritti ma solo l’arroganza del potere».

«Siamo ben oltre il livello di guardia», attacca Nicola Fratoianni. «Se qualcuno pensa di essere padrone del Paese e di poter sequestrare la democrazia si sbaglia di grosso. Chiederemo al ministro Piantedosi di spiegarlo in Parlamento». Secondo Riccardo Magi di + Europa «ha fatto bene il sindacato di Polizia a rendere note le indebite pressioni» ricevute. «Il governo Meloni ha un’attitudine predatoria e pensa di essere padrone dello Stato».

In serata Letizia ha fatto sapere di essersi sentito al telefono con Bignami: «Ci siamo chiariti. Non appartiene al nostro ruolo essere contro qualcuno, volevamo solo fissare alcuni principi»

 
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IL MURO DI BERLINO. In Germania sale la mobilitazione antifascista. In molti comuni si riempiono le piazze e sabato 3 febbraio una catena umana si alzerà a proteggere il Reichstag dal fuoco neonazi. Spd e Verdi pensano al taglio dei contributi per Afd, non allo scioglimento

La manifestazione antifascista domenica a Berlino foto Ap La manifestazione antifascista domenica a Berlino - Ap

Non si ferma l’ondata antifascista che ormai ha investito ogni singolo comune della Repubblica federale tedesca. Ieri il terzo giorno di mobilitazione a tutti i livelli con centinaia fra cortei organizzati, manifestazioni spontanee, sit-in, dibattiti e assemblee pubbliche per chiedere di arginare il boom dell’estrema destra nel formato doppiopetto di Afd quanto la messa fuorilegge delle decine di gruppi neonazisti da anni incistati nella socialdemocrazia.

Una piazza coincidente ormai con l’intero Paese e nessuna intenzione di ridursi o, peggio, sciogliersi dopo il “sussulto” di coscienza iniziale, prima del prevedibile calo dell’interesse mediatico.

Ieri quasi 200 organizzazioni della società civile tedesca hanno fissato la «demo generale dell’Antifascismo» che vedrà la partecipazione in massa dei cittadini ma anche delle massime cariche istituzionali della Bundesrepublik: il prossimo 3 febbraio attorno al palazzo del Reichstag, l’attuale sede del Parlamento, verrà eretto il gigantesco «Brandmauer», il «Muro tagliafuoco» contro il pericolo d’incendio dell’estrema destra.

UNA VERA E PROPRIA catena umana per proteggere il luogo principe della democrazia. «Sarà l’abbraccio al Bundestag. La nostra alleanza non a caso si chiama

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Lunedì Rosso del 22 gennaio 2024

Dalla Gran Bretagna all’Australia le lotte di sindacati e reti di attivismo anticoloniale si intrecciano. Con milioni di persone in piazza per Gaza, Londra continua nel sostegno armato a Tel Aviv. Calderoli, l’ultimo giapponese del federalismo di Bossi. Negli anni 90 l’ampolla e la secessione, poi i saggi di Lorenzago partoriscono la devolution. Nel 2009 la Lega ci riprova col federalismo fiscale. Fino all’autonomia di oggi. Lo stupro di gruppo sul Metaverso ai danni di una ragazza inglese di meno di sedici anni ha innescato un dibattito antico e al contempo nuovo sul rapporto tra realtà virtuale e fisica. Nella foto:Una donna si immerge nell’acqua gelida come rito tradizionale per l’Epifania Ortodossa in Russia @AP Questo e molto altro tra le storie del Lunedì Rosso. Per iscriverti gratuitamente alla newsletter vai sul tuo profilo e gestisci le iscrizioni.

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IL CASO. L'associazione dei partigiani: "Siamo da sempre impegnati nella ricerca e nella costruzione del dialogo e nel perorare ogni possibilità di disarmo, cessate il fuoco e trattative diplomatiche, al fine della realizzazione dell’obiettivo fondamentale: la pace"

L’Anpi: “Non si possono mettere sullo stesso piano la Shoah e le tragedie contemporanee”

 

Non si può mettere sullo stesso piano la Shoah con la pur terrificante situazione odierna a Gaza. Lo scrive in una nota il comitato nazionale dell’Anpi per quella che una presa di posizione sul caso della sezione locale dell’associazione dei partigiani di Bagno a Ripoli, nel fiorentino, che in vista della Giornata della memoria aveva promosso, insieme ad Assopace Palestina, un incontro intitolato «Mai più: 80 anni fa lo sterminio del popolo ebraico da parte dei nazisti. Oggi il genocidio del popolo palestinese da parte dello stato di Israele». L’accostamento ha suscitato le ire della comunità ebraica fiorentina e dell’Anpi provinciale, con il circolo Arci di Antella che è arrivato a revocare la disponibilità ad ospitare l’iniziativa (si farà lo stesso, al Centro popolare autogestito di Firenze Sud). 

Scrive l’Anpi nazionale: «È un errore gravissimo mettere sullo stesso piano, in occasione del giorno della Memoria, l’incommensurabile tragedia della Shoah e altre, pur terrificanti vicende del nostro tempo, a cominciare dall’inammissibile e vergognosa mattanza che l’attuale governo israeliano sta ininterrottamente compiendo da più di cento giorni nei confronti del popolo di Gaza dopo il barbaro attacco di Hamas ai civili israeliani del 7 ottobre 2023». E ancora: «Radicalizzando le posizioni con questo intollerabile parallelo non solo si offende la memoria di milioni e milioni di ebrei sterminati dalla macchina di morte nazista, ma si danneggia pesantemente anche l’impegno per l’immediata cessazione dei bombardamenti su Gaza e per la ricerca di una soluzione politica al tragico conflitto in corso. Tale soluzione non può che essere quella di due popoli in due Stati, a garanzia della sicurezza di entrambi». 

L’Anpi di Bagno a Ripoli e Assopace Palestina si sono comunque detti «sconcertati» dalle polemiche e dalla decisione dell’Arci di non offrire la propria sede. «Riteniamo che fare memoria degli orrori e dei crimini di ieri, abbia fra i suoi scopi fondamentali evitare che i crimini si ripetano oggi. Il nostro auspicio sincero, pur nella consapevolezza della sua difficile realizzazione, è che la comunità ebraica e i sostenitori senza riserve della politica israeliana, riescano ad allargare il loro orizzonte di valutazione, alla stregua di tanti gruppi e associazioni ebraiche; ciò le consentirebbe di entrare in dialogo con quel mondo, che vuole rigettare l’orrore e l’ingiustizia di qualunque provenienza». 

Il presidente dell’Anpi ripolese Luigi Remaschi, inoltre, sottolinea come sia prassi della sua sezione partecipare alle varie iniziative sulla Giornata della memoria, dando però spazio anche a vicende contemporanee: in passato già era stato dato spazio alla questione palestinese, così come, ad esempio, ai curdi e ai sahrawi

L’Anpi nazionale, dal canto suo, fa sapere di voler rimanere fedele al Giuramento di Mathausen, «incardinato sui valori di pace, libertà e giustizia sociale. Da ciò deriva la solidarietà internazionale che è ben presente nella nostra memoria e per questo l’ANPI è da sempre impegnata nella ricerca e nella costruzione del dialogo e nel perorare ogni possibilità di disarmo, cessate il fuoco e trattative diplomatiche, al fine della realizzazione dell’obiettivo fondamentale: la pace»

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«Siamo stufi, chiediamo un accordo con Hamas». Accampati sotto casa di Netanyahu, i familiari degli ostaggi guidano la nuova ondata di proteste contro il premier israeliano. Ma non è aria di cessate il fuoco: a Gaza i morti sono oltre 25mila, il 70% donne e bambini

GUERRA A GAZA. Crescono le proteste contro il premier. A Gaza cimiteri profanati, la denuncia di Cnn

Basta Netanyahu. Ostaggi, «le famiglie sono stufe» Protesta dei famigliari di alcuni ostaggi detenuti da Hamas - Ap

«Dimettiti, chi distrugge non costruirà, chi distrugge non creerà» ha urlato da un palco nel centro di Tel Aviv, Yonatan Shamriz, fratello di Alon ucciso a Gaza «per errore» dall’esercito israeliano. Intorno, una folla di migliaia di persone riunita sotto la scritta luminosa «riportateli a casa» ha chiesto le dimissioni del premier Benjamin Netanyahu e del suo governo, innalzando cartelli con le foto degli ostaggi. «Elezioni subito» gridavano anche a Haifa e a Gerusalemme mentre a Cesarea venerdì notte diverse famiglie del «Forum per la liberazione degli ostaggi» si sono accampate fuori dalla casa vacanze di Netanyahu e sono rimaste lì per tutto il giorno seguente. «Le famiglie sono stufe» si legge in una nota, «chiediamo subito un accordo».

INTANTO LA GUERRA CONTINUA e dei 25 mila morti gazawi dichiarati ieri dal ministero della Salute di Hamas il 70% sono donne e bambini. A dirlo è l’Agenzia dell’Onu che promuove l’uguaglianza di genere, Un women, secondo la quale ogni ora nella striscia muoiono due madri. Inoltre, dall’inizio dell’operazione di terra almeno 3 mila donne potrebbero essere rimaste vedove e almeno 10 mila bambini potrebbero aver perso il padre. Dei 2,3 milioni di abitanti del territorio, si legge nel rapporto di Un women, 1,9 milioni sono sfollati e «quasi un milione sono donne e ragazze». In totale, in 100 giorni di conflitto a Gaza le vittime sono quasi 3 volte superiori a quelle complessive degli ultimi 15 anni. Cifre agghiaccianti che però sembrano non influire in nessun modo sull’andamento del conflitto. Secondo Hamas nelle ultime 24 ore i bombardamenti israeliani hanno lasciato a

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