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Elezioni Europee. L'agricoltura industriale che riscalda il pianeta si regge alla fin fine su uno sfruttamento bestiale del lavoro umano

Una manifestazione dei Friday for future

Molto opportunamente Guido Viale è intervenuto ( il manifesto 23/4) sul movimento generato da Greta Thunberg per orientarlo verso una visione più ampia e connessa dei problemi(conversione ecologica) ed entro un percorso politico concreto. Su quest’ultimo punto vorrei aggiungere delle ulteriori indicazioni, per evitare che il generoso sforzo di questa ragazza e di tanti giovani entrati sulla scena mondiale, si esaurisca in un movimentismo senza esiti.

E’ necessario che il Friday for future trovi immediatamente obiettivi determinati, su cui incanalare pressioni rivendicative incalzanti, e sappia anche mostrare concrete iniziative, a scala locale, in grado di invertire la tendenza al riscaldamento climatico, e al tempo stesso alimentando la volontà di lotta quotidiana dei militanti e dei cittadini.

Forse una prima cosa da sapere è che in Europa – terza per produzione di C02 dopo Cina e Usa – a dispetto degli accordi di Parigi e dell’ultima conferenza di Katowice, continua a sostenere con agevolazioni l’uso del carbone quale fonte di energia in gran parte dei paesi dell’Est: Romania, Repubblica Ceca, Estonia, Polonia, che addirittura ne dipende per l’80%. Ma persino la Germania, pur virtuosa su altri piani, trae energia da questo fossile per un buon 40% del suo fabbisogno. (Luca Manes, Inquinamento: la sfida più urgente, Micromega, 2019/2) Ebbene, qui il movimento deve innescare fronti nazionali di lotta su un terreno rilevante per la diminuzione dell’effetto serra, oltre a chiedere a Bruxelles di cambiare le sue politiche.

Ma c’è un ambito di produzione di gas serra, meno noto, su cui le politiche dell’Unione svolgono un ruolo di prim’ordine: è la politica agricola comunitaria (Pac). E’ vero che negli ultimi anni anche l’agricoltura biologica e integrata hanno cominciato a godere di aiuti comunitari, ma la Pac tiene ancora in piedi il modello agricolo della rivoluzione verde, quello esportato dagli Usa nel mondo e che contribuisce con cifre oscillanti tra il 20 e il 30% al riscaldamento climatico.

Il successo produttivo di questo modello, che ben presto ha generato in Europa fenomeni di sovrapproduzione , solo oggi mostra tutta la sua insostenibilità, non solo ambientale, ma anche energetica. Come ha mostrato, D.A.Pfeiffer nel saggio del 2006, Eating fossil fuels («Mangiare carburante fossile»), tra il 1950 e il 1985 la produzione agricola mondiale, calcolata in cereali, è cresciuta del 250%. Un risultato indubbiamente rilevante, che ha permesso una più ampia distribuzione di cibo su scala mondiale, anche se con gli squilibri che conosciamo.

Ma l’energia impiegata per ottenere tale risultato è nel frattempo cresciuta del 5000%. Per produrre tanto e in eccesso – oggi nel mondo, quello ricco, finiscono nei rifiuti 1,3 miliardi di tonnellate di cibo – si è sfruttato, in maniera distruttiva, non solo il suolo, ma anche il sottosuolo.

In tale ambito la lotta dei giovani del Friday acquisterebbe un rilievo politico del tutto particolare. L’agricoltura industriale che riscalda il pianeta si regge alla fin fine su uno sfruttamento bestiale del lavoro umano. Alla base della redditività agricola attuale non c’è solo il petrolio, ma anche la schiavitù del lavoro. Come è stato messo in luce da una ricerca recente, gran parte delle operazioni di raccolta nelle agricolture dei paesi ricchi si regge sul lavoro semischiavile dei migranti. E’ quanto accade in Usa coi latinos, ma anche nel Regno Unito, in Spagna, nella Francia Meridionale, in Grecia, persino in Israele e nella Nuova Zelanda.

E naturalmente in Italia.(G.Avallone, Sfruttamento e resistenza.Migrazioni e agricoltura in Europa, Ombre corte, 2017) E’ grazie ai salari di fame che la grande distribuzione commerciale fa profitti vendendoci frutta, verdura e prodotti trasformati, confezionati in plastica e altri materiali e destinati a creare rifiuti e ulteriore inquinamento.

Il movimento può dunque rivendicare il sostegno esclusivo dell’Unione alle agricolture biologiche, e di prossimità, al piccolo allevamento, al lavoro contadino, che rigenera il suolo, protegge il paesaggio, limita l’effetto serra.

All’interno di questa visione, che critica alla radice anche il modello alimentare dominante, fondato sul consumo di carne e sul cibo industriale, c’è spazio per una politica attiva, in grado di rendere i giovani protagonisti di una rivoluzione culturale in parte già in atto.

Si dovrebbe pensare ai centri urbani come ecosistemi energivori che possono essere tuttavia modificati con una vasta campagna di rigenerazione urbana, in cui in tutti gli spazi liberi, nei luoghi degradati, nelle periferie, si piantano alberi, si impiantano orti, si raccoglie acqua, si fa della città un luogo in cui la natura ritrova nuova vita e funzioni di mitigazione del clima. Al tempo stesso finalmente nascerebbe un movimento di massa contro la cementificazione: un altro fenomeno del capitalismo attuale generatore di riscaldamento climatico.

* Candidato alle elezioni europee nella lista La Sinistra

 

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La memoria al presente. Prima o poi questa assurda alleanza di governo dovrà fare i conti con i valori antifascisti che fondano la Costituzione e la convivenza civile. Il 25 Aprile è la giornata di Liberazione del popolo italiano dal giogo del fascismo e del razzismo, ed è il giorno in cui l’unità dei partigiani e della Resistenza vinse su dittatura, ferocia e razzismo

Anche quest’anno, siamo pronti a celebrare degnamente, con impegno e passione, il 25 aprile, Festa della Liberazione. Il corteo che sfilerà per le strade di Milano, in occasione della Manifestazione Nazionale è, simbolicamente, la conclusione dei cortei che in questa giornata sfileranno in tantissime città e paesi italiani. Ma quelle di oggi non sono le uniche iniziative svolte in Italia, anzi sono ormai mesi e mesi che le cittadine e i cittadini scendono in piazza per difendere la Costituzione, la libertà e la democrazia. Mai come quest’anno si è verificata, nelle manifestazioni, una partecipazione così ampia. C’è un popolo in cammino.

È il popolo delle magliette rosse con le partigiane e i partigiani. Il popolo degli operai che, in occasione di questo straordinario 25 aprile, hanno moltiplicato, nelle fabbriche, le celebrazioni in ricordo della lotta di tanti lavoratori che li hanno preceduti e che hanno difeso, spesso sacrificando anche la propria vita, le fabbriche che i nazifascisti volevano distruggere, nella loro risalita verso la ritirata.

E poi ci sono i giovani. Una fitta e bella «brigata» di ragazzi e ragazze, che, a cominciare dalle scuole, hanno voluto conoscere per capire. E con loro abbiamo lavorato assieme a insegnanti consapevoli, per studiare la Costituzione italiana, nata dalla Resistenza, e la storia della Resistenza stessa. E le biografie di tanti giovani come loro, caduti a vent’anni, per dare a tutti noi un tempo di pace e libertà.
Ho ancora negli occhi lo striscione appeso al balcone di una scuola di Prato, in cui gli studenti hanno scritto semplicemente, in risposta ad una manifestazione filofascista, a cui si è ribellata tutta la città: «Abbiamo studiato. Sappiamo cos’è il fascismo». Magnifica semplicità!

È un popolo in cammino quello che abbiamo incontrato e s’illude chi spera di poterlo fermare.

La presidente dell’Anpi Carla Nespolo

Non ci nascondiamo, però, che, in questo inizio secolo, non poche speranze nate nella Resistenza italiana ed europea, sono state deluse. Tanti sogni di libertà, democrazia e giustizia sociale, sono stati disattesi. La Costituzione Italiana, in tante sue parti importanti, non è stata attuata. Pensiamo, per esempio, all’Art. 3 che vieta ogni forma di discriminazione. In Europa, le logiche e gli interessi finanziari sono spesso prevalsi su quelli dei popoli e sotto questa spinta di errori e tensioni «affaristiche», rischia di soccombere l’intero continente.

Occorre fare in modo che, anche da questo nostro 25 aprile, si alzi forte la voce delle cittadine e dei cittadini, la voce dei popoli, per tornare realmente e concretamente all’idea di Europa che animò il Manifesto di Ventotene. Occorre combattere con decisione il razzismo diffuso a piene mani dal Ministro dell’Interno e difendere la Costituzione pretendendo la sua piena attuazione, non lo stravolgimento. Le modifiche istituzionali proposte da questo Governo sono da respingere perché tendono a contrapporre democrazia diretta a democrazia rappresentativa, col risultato di cancellare l’una e l’altra. Il Parlamento, poi, viene continuamente mortificato: ci si impegni, tutti insieme, in ogni luogo e occasione, a ribadire che la democrazia si realizza e sviluppa nelle aule parlamentari non in televisione, sui social o in riunioni private.

Sotto sotto, ma neppure troppo, si cerca anche di cancellare il 25 aprile come festa nazionale. Ci aveva già provato Berlusconi e dobbiamo, dunque, tenere alta la vigilanza.

Il 25 Aprile è la giornata di Liberazione del popolo italiano dal giogo del fascismo e del razzismo, ed è il giorno in cui l’unità dei partigiani e della Resistenza vinse su dittatura, ferocia e razzismo. Non fu, secondo una misera vulgata, la lotta tra fascismo e comunismo. Non ci faremo trascinare in una inutile e strumentale polemica, ma diciamo a tutti i democratici che per sconfiggere davvero ogni passo indietro, ogni più o meno esplicita tentazione prevaricatrice ed autoritaria, bisogna essere fortemente uniti. C’è una grande differenza tra «predicare» l’unità e praticarla ogni giorno.

Io sono tra coloro che guardano con attenzione e rispetto le dichiarazioni antifasciste del Presidente della Camera Fico, del vice premier Di Maio e di tanti altri. Prima o poi questa assurda alleanza di Governo dovrà fare concretamente i conti con i valori antifascisti che fondano la Costituzione e la convivenza civile. Spetterà sicuramente ad altri trovare soluzioni di Governo dignitose per il nostro Paese nel segno di una effettiva realizzazione degli ideali che mossero i combattenti per la libertà.

L’ANPI non è un partito e mai lo diventerà. Nostro compito è trasmettere memoria e pretendere l’attuazione della Costituzione. E, in ultimo, ma non per ultimo, difendere i diritti dei più deboli. Lo diremo in ogni piazza, via o contrada. Diremo con voce unica: viva il 25 Aprile, viva la Resistenza, viva l’Italia.

* Presidente dell’Anpi (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia)

 

 

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 Ambiente. In migliaia in piazza del Popolo per il «Friday for future». I ragazzi non mollano, prossimo sciopero globale il 24 maggio 

 

Roma, il «Friday for future» ieri in piazza del Popolo con Greta Thunberg

C’era trepidazione ieri a piazza del Popolo, soprattutto nei minuti che hanno preceduto l’arrivo di Greta Thunberg, simbolo del movimento ambientalista globale. Cielo vivido e una folla colorata di 20mila persone ad animare un altro Friday for Future, l’azione di protesta che da mesi sta portando ogni venerdì milioni di ragazzi e ragazze in piazza. L’appuntamento romano è reso speciale dalla presenza di Greta, che ha parlato per ultima, in inglese, dopo due ore di interventi e musica. «Il problema di fondo è che non si sta facendo nulla per fermare o anche solo rallentare il disastro ambientale, le emissioni continuano a crescere, dobbiamo prepararci al fatto che questa lotta andrà avanti per molto tempo, non settimane, non mesi, ma anni».

IL DISCORSO di Greta è intervallato da applausi e grida, la sua voce è emozionata ma potente: «Noi ragazzi non stiamo sacrificando la nostra istruzione per farci da adulti e politici quello che loro considerano sia politicamente realizzabile, non stiamo scendendo in piazza perché si facciano dei selfie insieme a noi, stiamo facendo questo perché vogliamo che agiscano».

Le trecce bionde e il corpo minuto, la ragazza sprigiona un inusuale carisma e le sue parole risuonano come una disarmante verità. Ma oltre a Greta in piazza del Popolo c’è soprattutto un movimento appena nato e già capace di una sorprendente lucidità. Lo striscione principale non ha simboli né disegni e recita soltanto «Non c’è più tempo».

PRIMA DI THUNBERG hanno parlato insegnanti, scienziati ma sopratutto ragazzi e ragazze, la più giovane Alice, di nove anni. Alessia che frequenta la terza media grida dal palco: «Dobbiamo fermarci e renderci conto che siamo tutti collegati, bisogna ripulire il pianeta dai rifiuti ma anche dall’odio, da chi ci insegna a considerare come scarti, i poveri, i deboli, coloro che stanno ai margini». Parole che smuovono per la loro immediatezza, una virtù che sembrava perduta tra coloro che ambiscono a cambiare il mondo.

Emergono negli interventi anche gli aspetti soggettivi della crisi attuale, che oltre che climatica viene definita esistenziale. Si racconta la solitudine, l’aridità del consumismo e il malessere. «Quando mi partono le paranoie e le ecoansie mi viene da pensare: c’era una volta un futuro, un futuro per il quale si studiava, un futuro per il quale si lavorava, cosa c’è adesso?» dice col respiro affannato Miriam, di Milano.

NELLA LOTTA TRANSNAZIONALE in difesa del clima sono presenti le istanze ambientaliste e territoriali che da anni combattono in prima linea, No tav, No Muos e i Comitati contro le grandi opere. La chiamata è per il 4 maggio a Taranto per una manifestazione nazionale che chieda la riconversione ecologica dell’Ilva, tra le fabbriche più inquinanti d’Europa. Alle vittime di inquinamento viene dedicato un minuto di silenzio, che cala drasticamente spezzando il chiasso della piazza.

Il surriscaldamento globale getta luce sulle contraddizioni della nostra epoca. «Per fermare il disastro bisogna cambiare l’idea di società, bisogna porre fine allo sfruttamento delle risorse e delle persone, siamo la parte del mondo che ama» dice dal microfono un ragazzo di 20 anni. I riferimenti alle responsabilità della classe politica sono continui e spietati, «alcuni ministri di questo governo hanno votato no all’adozione degli Accordi di Parigi in Europa» dice Luca, studente di un liceo romano. Ma la volontà di sfuggire a ogni etichetta politica è, per fortuna, chiara ed esplicita «noi non vogliamo essere strumentalizzati, noi vogliamo essere ascoltati, confido nelle vostre capacità, confido nell’umanità, daje raga spacchiamo», conclude il suo intervento Miriam di Milano. Prossimo sciopero globale, il 24 maggio.

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La sinistra. Al teatro Quirino di Roma il lancio della lista. Polemica con Zingaretti: nella crisi greca i socialisti schierati con la Merkel

Maurizio Acerbo, Eleonora Forenza, Costanza Boccardi e Nicola Fratoianni

 

«Quella di Zingaretti è pubblicità ingannevole, continua a dire che da Macron a Tsipras è già realtà. Poi però si aggiunge che nessun eletto del Pd andrà nel gruppo della Sinistra Europea dove sta Tsipras». A Nicola Fratoianni, uno degli amici di Alexis Tsipras in Italia, l’ultimo slogan del segretario dem non va giù. E nonostante l’espressione sia stata quasi avallata dallo stesso premier greco in un’intervista al francese Figaro, ora da Syriza arriva l’altolà. «Questo slogan è un alibi triste» attacca Argiris Panagopoulos,rappresentante del partito di Tsipras in Italia, «la verità è che a sinistra c’è Alexis, il primo ministro lasciato solo quando il socialismo europeo era al guinzaglio di Merkel. Tsipras ha dato la cittadinanza ai figli di genitori venuti a lavorare in Grecia da un altro paese, ha garantito la corrente e l’acqua a tutte le famiglie. Ha dato il reddito sociale a 350mila persone e aumentato il salario minimo. Non a caso Louka Katseli, la ministra socialista che ha protetto la prima casa delle famiglie popolari dalla Troika, sta con Tsipras. E il Pasok ce l’ha a morte con lui. A noi piacciono i socialisti» conclude, «ma quelli che hanno lasciato il neoliberismo per incontrare la sinistra, come in Portogallo e in Spagna».

È ANCHE PIÙ DURO Nico Cue, il candidato della Sinistra Europea a presidente della Commissione, in tandem con la slovena Violeta Tomic: «Da quando c’è Macron le lotte in Francia sono aumentate perché sta distruggendo il modello sociale che nasce dalla lotta di resistenza contro il nazifascismo. Zingaretti e gli altri social-liberisti hanno smontato, come Macron, il welfare. Zingaretti come immagina di fare sintesi tra programmi contrapposti?». Infine: «Tsipras ha lottato contro la Troika per allargare il welfare. Nella conferenza stampa che ho fatto con lui, Alexis ha detto che dopo il voto starà nel Partito della sinistra europea, non tra i socialisti. Che fanno le campagne elettorali a sinistra e poi governano a destra».

La corsa per le europee è iniziata, la polemica non finirà qui. Anche perché «il fronte da Tsipras a Macron» è uno slogan suggestivo che rischia di rubare qualche voto alla lista La Sinistra, composta da chi è stato sul serio dalla parte di Tsipras sin dall’inizio della crisi greca. Se ne parlerà oggi al Teatro Quirino di Roma dove alle 10 si aprirà la campagna elettorale per le europee di questa area. Che con la Grecia è legata a doppio filo tant’è che Luciana Castellina, fondatrice del manifesto, giornalista e storica dirigente della sinistra-sinistra è candidata nelle liste europee proprio di Syriza. E invece Panagopulos sarà nelle liste italiane.

CASTELLINA OGGI SARÀ al Quirino alla kermesse «Noi con te. Contro il liberismo, contro il razzismo». Con lei molti candidati. Soprattutto candidate. Saranno infatti tutte donne i capolista. L’europarlamentare uscente Eleonora Forenza al Sud, Eleonora Cirant (Nonunadimeno) al Nordovest, Silvia Prodi al Nordest, al centro Marilena Grassadonia, presidente di Famiglie Arcobaleno. Per le isole la scelta arriverà stamattina. Altri nomi: Paola Natalicchio, ex sindaca di Molfetta, Valentina Cera, del Treno della Memoria, lo storico Piero Bevilacqua, Sandro Fucito, presidente del consiglio comunale di Napoli, Paolo Narcisi, medico dei migranti a Bardonecchia. L’editrice e scrittrice Ginevra Bompiani offre il suo prestigio alla causa. Darà una mano anche Fratoianni, leader di Sinistra italiana. Non ci sarà invece l’attivista Luca Casarini: il capo della missione di Mediterranea non salirà sulla Mare Ionio che oggi riprende il mare («per rispetto verso l’inchiesta resto a disposizione della magistratura», spiega); ma seguirà i lavori da terra quindi niente corsa per le europee. Al Quirino, via video, arriverà il sostegno della scrittrice Michela Murgia e dell’attore Peppino Mazzotta, l’ispettore Fazio di Montalbano.

DAL PALCO FRA GLI ALTRI parlerà Cue, il suo vice Paolo Ferrero e Maurizio Acerbo (segretario Prc). Ma anche il senatore Francesco Laforgia, ultimo arrivato in famiglia, che ieri con il deputato Luca Pastorino (ex Possibile) ha varato a Firenze l’associazione «èViva» con gli autoconvocati di Leu (dopo la frammentazione di Leu Piero Grasso «ha preferito sottrarsi a ogni scelta di campo», viene riferito). «Ci siamo messi in cammino», dice Laforgia, «green New Deal, patrimoniale, riduzione dell’orario di lavoro, art. 18: facciamo appello a tutte le forze che condividono i nostri obiettivi di unirsi in un unico grande soggetto della sinistra». Appello già sentito più volte. Sempre finito male, fin qui. Per fortuna non è questo il collante della lista La sinistra, stavolta si tratta di una confluenza. Del resto si riparlerà dopo il 26 maggio. 

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Roma. Intervista all’ex sindaco di Roma, dopo la fine del tormentone «scontrini» decretata dalla Cassazione. «Dal Pd mi hanno chiamato in tanti ma non tutti».«Senza la saggezza di analizzare quanto accaduto nel 2015 e di promuovere una classe dirigente giovane e non coinvolta con le vicende del passato, non ci sarà cambiamento»

È tornato alla sua antica passione e di politica non ne vuole più sapere, il professore Ignazio Marino, neppure dopo che la Cassazione ha chiuso definitivamente in suo favore lo strumentale tormentone «scontrini pazzi» che il M5S e il Pd avevano usato nel 2015 per far cadere la sua scomoda giunta. Ma da Philadelphia, dove ormai vive stabilmente ed è titolare di una prestigiosa cattedra alla Thomas Jefferson University, senza darlo troppo a vedere, mantiene un occhio sulle travagliate vicende del centrosinistra italiano e sulle tristi sorti della sua Roma. Lo sguardo di un «marziano».

C’è qualcuno della vecchia dirigenza del Pd, dei responsabili o dei testimoni della sua defenestrazione, nel 2015, che l’ha chiamata in questi giorni?

Ho ricevuto moltissimi messaggi e telefonate, compresi quelli di funzionari e dipendenti del Comune di Roma e ovviamente quelli di alcuni ex assessori e stretti collaboratori che vissero con me quei 28 mesi in Campidoglio: Giovanni Caudo, Francesca Danese, Alessandra Cattoi e Roberto Tricarico. Mi hanno chiamato anche alcuni parlamentari o ex parlamentari, esponenti del Pd, ex esponenti del Pd. Vuole i nomi? Graziano Delrio, Marianna Madia, Giovanni Legnini, Antonio Bassolino e Annamaria Carloni, Roberto Speranza, Leoluca Orlando. Posso dire in generale che chi mi è stato vicino allora e poi nei momenti più delicati, negli anni a seguire, in queste ultime ore mi ha confermato stima e amicizia. Mi ha fatto certamente piacere. Su WhatsApp però ho centinaia di messaggi ancora da leggere… chissà forse quando riuscirò a leggerli tutti troverò qualche sorpresa.

Ha già detto che per lei quella fase è finita, che vuole rimanere fuori dal «circo della politica», ma la politica non è proprio la volontà e la capacità di andare oltre le sconfitte e fare tesoro delle ferite?

Io sono andato oltre e credo anche di aver fatto tesoro delle ferite che ho subito, oltre che degli errori che ho commesso. Però, ho sempre dichiarato che per me l’impegno politico sarebbe stata una parentesi e che sarei tornato a quello che resta il mio vero lavoro, per me il più bello del mondo: fare il medico, il chirurgo, insegnare agli studenti, i medici di domani, assistere pazienti a cui puoi restituire la speranza, fare ricerca… E così ho fatto. Del resto ho iniziato nel 2006 in Senato e nei quasi 10 anni di impegno politico, nonostante la brusca interruzione del mio mandato da sindaco, ho avviato la discussione sul testamento biologico, la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, il riconoscimento delle unioni civili anche fra partner dello stesso sesso.

C’è qualcosa che non rifarebbe, sia nel Pd che come sindaco?

Innanzitutto non mi fiderei del Partito Democratico nella formazione delle liste elettorali. Nella campagna del 2013 mi affidai completamente al Pd senza pretendere di verificare e conoscere coloro che sarebbero diventati consiglieri, trovandomi poi in aula Giulio Cesare molte persone che rispondevano ai diktat di partito più che al sindaco. Per di più persone che hanno sempre vissuto solo di politica, quindi più facilmente “controllabili” quando hanno ricevuto l’ordine del capo di andare davanti a un notaio per interrompere la consiliatura. Errore numero due: non aver saputo comunicare efficacemente ai romani e alle romane ciò che stavamo facendo, il senso del cambiamento e soprattutto il sistema di potere contro il quale avevamo avviato una battaglia solitaria. Per esempio tutto il marcio che stavamo eliminando dalle aziende partecipate di Roma.

Con il senno di poi, lo slogan «non è politica, è Roma» non ha aiutato i 5 Stelle nel loro messaggio antipolitico?

Sinceramente non credo. Non rinnego quello slogan ma penso che il modo in cui io e la mia squadra lo abbiamo concepito e inteso sia molto lontano dalla vera natura del M5S.

Cosa pensa del nuovo corso del Pd?

Seguo la politica italiana a distanza, forse mi sono perso qualche passaggio fondamentale ma per il momento non comprendo come si possa parlare di un “nuovo corso”. Io mi auguro davvero una nuova stagione di fermento politico sui grandi temi coinvolgendo le persone, trasformando la loro comprensibile disaffezione, ma anche la rabbia e lo scontento, in energia positiva. Non bastano le parole, servono proposte concrete che nascono dalla conoscenza diretta della realtà. Bisogna ascoltare le persone e lavorare per loro, con loro.

Quali sono i peggiori errori della giunta Raggi?

Non c’è una visione di città, non vedo un programma di scelte coerenti, non vedo niente. Le grandi emergenze non sono migliorate, anzi. Molte iniziative da noi avviate sono state inspiegabilmente annullate. Sono stati rimossi manager capaci che avevano portato risultati estremamente positivi: uno spoil system nello stile dei vecchi partiti nonostante vantino di essere diversi… Fa tristezza pensare che la sindaca abbia sostituito alla presidenza dell’Acea una straordinaria professionista come Catia Tomasetti con una persona che poco tempo dopo la nomina è stata arrestata: la giustizia stabilirà se ha commesso reati oppure no, ma l’immagine non è bella. E pensare che Virginia Raggi ha chiesto a me in vari processi risarcimenti per danni di immagine… Governare Roma è complicato ma lo è ancora di più se ci si preoccupa soprattutto di non perdere consensi.

Cosa pensa che possa accadere, e cosa si augura, alle prossime elezioni amministrative a Roma?

Il mio unico pensiero è per le romane e i romani che non meritano certo la situazione di degrado in cui è Roma. Mi auguro che dall’impegno civico di tanti cittadini possa nascere qualcosa di veramente positivo per la Capitale. Ma temo purtroppo che il populismo della destra unito al disfattismo del M5S possa allungare i tempi di una rinascita.

Ma il Pd romano è sulla strada giusta verso il risanamento e la ricostruzione di un rapporto con la città? Sarà in grado di sfidare la destra?

A distanza sarei arrogante nel fare affermazioni definitive. Tuttavia, mi sembra che la leadership del Pd romano sia nelle stesse mani del 2016. Se non si avrà la saggezza di analizzare quanto è accaduto nel 2015 e di promuovere una classe dirigente giovane e non coinvolta con le vicende del passato non ci sarà un cambiamento. Mi permetto un esempio: se io avessi in Chirurgia Generale un chirurgo addominale che continua ad avere morti al tavolo operatorio non sarei molto saggio se proponessi di farlo ruotare e operare l’addome. Le persone non si fiderebbero e cambierebbero ospedale.

 

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13.04.2019 Matilde Mirabella

[il Report di sintesi dell'Assemblea]

Assemblea costituente FFF: una nuova sensibilità prende forma
(Foto di Matilde Mirabella)

Si è svolta oggi presso l’aula magna Levi dell’Università Statale di Milano la prima Assemblea costituente di FridaysForFuture, il movimento nato sulla scia dell’esempio della giovane attivista svedese Greta Thunberg. Per buona parte della giornata si sono susseguiti sul palco i portavoce di oltre 100 città italiane, grandi e piccole, dove questo movimento si è attivato e sta agendo. Da Torino, Roma, Napoli e Palermo a Fano, Acireale, Ladispoli, Alcamo, Pomigliano (solo per citarne alcune), giovani soprattutto, ma qualcuno anche meno giovane, hanno portato la loro esperienza e hanno espresso le loro necessità e aspettative sulla costruzione di questa nuova realtà che sta cominciando a prendere corpo.

Praticamente unanime la definizione del movimento: pacifista, aperto, politico ma apartitico, consapevole del rischio di manipolazione da parte di “loro” e determinato a portare avanti la lotta, non sono per il futuro proprio ma anche di quelli che verranno dopo. “E che sia chiaro che i problemi del clima nascono da un sistema economico!”.

E’ una nuova sensibilità che sta finalmente emergendo. Una sensibilità che si sta manifestando in un mondo che ne ha grande necessità: una sensibilità che rispetta, protegge, cura. Non la propria nazione, non il proprio orticello, non soltanto i propri esseri cari, ma tutti gli esseri viventi. La giustizia climatica si accompagna alla giustizia sociale perché sono correlate, e i diritti sono diritti di tutti gli esseri. Quindi no agli allevamenti intensivi e no alla deforestazione. No allo sfruttamento nel nome del profitto: “dobbiamo unirci alle lotte dei lavoratori”. No alle grandi opere inutili e dannose: “con 3 metri di TAV si possono fare 4 aule di scuola materna”. “Avvelenano il nostro spirito”, dice qualcuno.

Ogni città piccola o grande ha ferite da raccontare: inceneritori, industrie chimiche e petrolchimiche, alluvioni, malattie e morti causate dall’inquinamento o dalle radiazioni, sversamenti di inquinanti, ma racconta anche di azioni collettive per ripulire spiagge, strade, argini, di proposte – quasi inascoltate, “ma andremo avanti” – portate ai sindaci del proprio paese, di aperitivi in piazza con cibi in scadenza raccolti dai supermercati, di assemblee settimanali, di microfoni aperti.

Che forma prenderà questo movimento? Le proposte parlano di un coordinamento che coordini e non che rappresenti, dell’assemblea come organo decisionale, della trasversalità come punto di forza. Si chiede la massima autonomia dei territori.

Cosa vuole? Vuole il rispetto degli accordi di Parigi. Vuole smetterla con questa “ideologia tumorale” del crescere per crescere, crescere per distruggere, vuole dai politici scelte coraggiose, immediate e intransigenti.

“Siamo l’ultima generazione che può fare qualcosa per questo cambiamento: salviamo il luogo in cui viviamo da chi lo ha trasformato in una immensa, sudicia società per azioni!”. “Dobbiamo andare nei libri di storia non come quelli che ci hanno provato, ma come quelli che ci sono riusciti”.

“Salviamo questo pianeta, è l’unico con la pizza…”

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