Il Ministero dello Sviluppo economico ha risposto a Edison Stoccaggio in merito alla richiesta dell’azienda di aumentare la pressione del giacimento del 20% per incrementarne la capacità di stoccaggio. Stando a quanto comunicato dal Ministero, non sarà necessaria la procedura di Via, richiesta espressamente dai Comuni interessati dal giacimento (Bagnacavallo, Cotignola, Lugo) e dall’Unione dei Comuni della Bassa Romagna.
La soluzione progettuale non ha convinto i tecnici dell’Unione neanche dopo le integrazioni presentate da Edison, in quanto le prove stesse non rispecchiano le condizioni naturali di equilibrio del giacimento.
È per questo che le Amministrazioni interessate e l'Unione dei Comuni della Bassa Romagna esprimono contrarietà all’esclusione dalla VIA delle prove in sovrapressione in quanto non previste dalle autorizzazioni di esercizio attuali che invece sono state valutate all’interno di una Via.
Un malessere profondo scorre nelle vene della nostra società. Un mix di rassegnazione e rancore, sparso nei diversi territori geografici e sociali, che esplode ad ondate, si esprime con modalità democratiche – dal voto alla protesta.
Passa per gli insulti sui social, arriva alla violenza – individuale e di gruppo – sfiora e oltrepassa i limiti della tolleranza e della convivenza civile.
Un fenomeno-specchio della nuova fase di globalizzazione planetaria e dei sentimenti che essa genera: soli, ma sempre iperconnessi; col mondo racchiuso nel palmo di una mano ma con la paura del vicino; sgomenti e senza una visione di futuro nella quale collocare la propria esistenza. Quale abisso tra la portata di questi problemi e le ricette che la politica oggi è in grado di offrire!
Eppure questo malessere non è nuovo, viene da una lunga incubazione.
Venticinque anni di minore crescita rispetto ai principali paesi vicini, di politiche che prelevano dai cittadini più di quanto restituiscono con i servizi, fatte in nome degli interessi da pagare, ma che, ciò malgrado, vedono il debito aumentare inesorabilmente. Per sempre prigionieri delle politiche del passato.
La rassegnazione si spiega così. Il rancore anche con altro.
Dentro questa società bloccata, ceti professionali e manageriali hanno visto crescere a dismisura redditi e ricchezze, mentre ceti medi e lavoratori sono precipitati nella scala sociale e masse di giovani si trovano impantanati nelle sabbie mobili della precarietà.
Una lunga stagnazione, ma non per tutti, con dinamiche interne di forte divaricazione sociale. Con modelli di vita e di successo ostentati che diffondono invidia sociale. Un mercato di illusioni seguite da delusioni socialmente devastante. Così si può anche galleggiare nella rassegnazione, ma restiamo seduti su una polveriera.
Di fronte alla dimensione di questi problemi, la ricetta offerta dalla politica è ancora e sempre la crescita. E, in suo nome, la prosecuzione delle politiche fatte finora.
Certo, un punto di Pil equivale a 17 miliardi. Ma oggi l’1% appare un obiettivo irraggiungibile e, solo per pagare gli interessi sul debito, servirebbero non uno ma quattro punti.
E allora per quanti anni ancora si pensa di poter proporre ancora le vecchie politiche? Ci pensiamo al fatto che il rancore da esse generato ha spianato la strada al populismo? Che la politica è diventata solo una corsa per accaparrarsi le briciole che la bassa crescita consente? E che questo trasforma i partiti in dispensatori di benefici a microgruppi sociali ed economici che bussano alle loro porte frantumando in mille rivoli le poche risorse e rinunciando a progetti comuni e di respiro? Che in nome del nuovo e del cambiamento rischiamo di ritrovarci ai tempi della Dc, ma senza le risorse di quei tempi? Insomma non sarebbe l’ora di dirci la cruda verità e cioè che la sola crescita non può essere la soluzione? Che i problemi che abbiamo non dipendono solo dalla bassa crescita, ma dal tipo di crescita e, soprattutto, da come sono distribuiti i suoi frutti in termini di redditi e di ricchezze accumulate?
Ecco il tema che dovrebbe qualificare la campagna elettorale europea e quella della sinistra in particolare. Assumere la crescita come solo obiettivo da perseguire è, oltre che sbagliato, suicida per la sinistra. Significa, infatti, collocarsi in maniera subordinata rispetto al modello di sviluppo in atto e rinunciare ad una funzione specifica di rappresentanza degli interessi di una parte della società ed in particolare di quella più fragile. Questo non fa bene né alla sinistra né alla democrazia.
Oggi c’è bisogno di un mix di politiche, di sviluppo – crescita alternativa – , ma anche di redistribuzione, di un contributo dei redditi e delle ricchezze più alti, per attivare investimenti produttivi e sociali.
Ormai economisti a tutti i livelli indicano in una politica fiscale redistributiva che agisca sui patrimoni e sulle trasmissioni ereditarie la soluzione.
Occorrono forze politiche che la perseguano. Occorre aprire una nuova fase di conflitto distributivo. I ceti popolari disagiati non possono prendersela solo con chi sta peggio di loro.
È compito della sinistra indicare arricchimenti e privilegi da contrastare. Il sindacato sta arrivando a porsi questo problema. Sta alla sinistra, nella sua autonomia, fare la sua parte.
Commenta (0 Commenti)Elezioni europee. Il Pd di Nicola Zingaretti è disposto a fare proprie, a portare nelle piazze, le parole del manifesto elettorale del partito del socialismo europeo?
Questa volta, con le elezioni del Parlamento europeo, ciascuna elettrice, ciascun elettore si trova di fronte ad un bivio: se imboccare una strada che porta all’affermazione continentale del liberismo, travestito di austerità, che fomenta la guerra tra i più deboli, attraverso un’alleanza inedita tra popolari e razzisti, trasformando il continente in terreno di caccia tra Stati Uniti, Russia, Cina. O se percorrere quella di un’Europa, che può soltanto diventare più unita e più forte se rappresenta i molti deprivati di mezzi e di diritti. La sinistra italiana, nelle sue diverse sfumature, per corrispondere a questo bisogno diffuso, quali chiarimenti dovrebbe offrire, a meno di due mesi dalla scadenza?
Cominciamo dagli obiettivi. Il manifesto elettorale del partito del socialismo europeo, a cui il Pd appartiene, si apre con queste parole (la traduzione dall’inglese è mia perché – guarda caso – la versione completa in italiano è difficilissima da trovare):
«L’Unione Europea deve servire meglio il suo popolo. Le elezioni di maggio 2019 sono la nostra opportunità per cambiare l’Unione europea e costruire un’Europa più giusta. Le nostre società tuttora sopportano i costi della crisi economica del 2008. Abbiamo sfide urgenti cui fare fronte. L’Europa deve superare l’ineguaglianza, battersi per una giustizia fiscale, fare fronte alle minacce dei mutamenti climatici, contenere la rivoluzione digitale, assicurare un’equa trasformazione agricola, gestire meglio le migrazioni, e garantire la sicurezza di tutti gli Europei. L’Europa richiede un cambiamento di guida e indirizzo politico, relegando al passato i modelli conservatori e neoliberali dominanti, puntando su posti di lavoro di qualità per il suo popolo, un ambiente sano, sicurezza sociale e un modello economico che affronti l’ineguaglianza e i costi della vita attuali. Lo status quo non è un opzione. Un mutamento radicale è necessario per costruire un progetto per un futuro in cui tutti gli Europei possano credere».
Parole chiare, paradossalmente ispirate agli europeisti della sinistra britannica che hanno scelto come parola d’ordine: «Per un’altra Europa». Il Pd di Nicola Zingaretti è disposto a farle proprie, a portarle nelle piazze, a tradurle in opposizione a questo governo e a coloro che, puntando alle politiche, vogliono insediare un governo Salvini, o preferisce abbandonarle nei meandri di internet, continuando ad inseguire quelli che dovrebbero essere i suoi avversari politici? E i suoi candidati, Calenda compreso? La domanda non è retorica, perché l’ambiguità è reale.
Seconda domanda, rivolta alla c.d. sinistra radicale – altro paradosso – più in sintonia con il manifesto del Pse: è capace di produrre una proposta elettorale unitaria tra le sue componenti, che non rappresenti una mera contrapposizione al Pd – con cui dovrà allearsi a livello europeo – o, peggio, una dispersione di voti (la soglia, come noto, è al 4%; ben oltre quanto conseguito da LeU, il 4 marzo)? È capace di fondere in un’alleanza verdi e sinistra almeno a parole?
Poiché è alto il rischio che al silenzio politico e programmatico della sinistra italiana, nelle sue diverse articolazioni, seguano delle semplici liste di candidati, l’elettorato in attesa potrebbe formulare due semplici richieste.
1) Che ciascuno di essi renda pubblico qualsiasi finanziamento elettorale superiore ai 1000 euro. E, per favore, che nessuno accampi la c.d. privacy per sottrarsi ad una regola che i democratici statunitensi stanno già mettendo in pratica!
2) Che ciascun candidato dichiari le proprie appartenenze associative, quali che esse siano, come elemento di giudizio a disposizione dell’elettore.
Posso sbagliarmi, ma credo che molti di noi elettori, orfani di partito, sceglieremo sulla base delle risposte a questi o simili interrogativi e conseguenti richieste.
Commenta (0 Commenti)Roma. Il trasferimento dei rom prevede la separazione dei nuclei familiari. Oggi e domani cortei dell'estrema destra, sabato in piazza anche gli antifascisti
Commenta (0 Commenti)Da ravennnawebtv guarda il video
Musica, teatro, cinema, letture, sport, benessere, laboratori, didattica, socialità e promozione del territorio, ma soprattutto una passeggiata guidata praticamente ogni domenica.
La colonia di Castel Raniero torna a rivivere grazie alla neonata associazione e all’Asp che hanno dato il via ad una nuova collaborazione. La colonia vera e propria, l’edificio storico, rimarrà al momento inagibile.
Il parco tutt’attorno, la casa del custode e i terreni circostanti, tuttavia faranno da teatro ad un ricco calendario di eventi già iniziato in queste settimane e che vedrà i volontari impegnati fino a novembre inoltrato.
Il sogno nel cassetto è di trovare fondi o qualcuno che possa recuperare la colonia. Ma non è l’unico. La speranza è di realizzare un lungo sentiero agibile a tutti per collegare la colonia a Faenza e trasformare la casa del custode in un ostello.
Commenta (0 Commenti)Non lasciamoci ingannare dalle coreografie di croci processioni ed esorcismi – che tuttavia ci sono e le abbiamo viste nelle campagne antiabortiste davanti agli ospedali -, il congresso delle famiglie di Verona c’entra pochissimo con la religione. Tanto è vero che il Vaticano, per bocca del Segretario di Stato, Pietro Parolin, ha preso distanza. È un congresso decisamente politico e lo dimostra l’imponente presenza di ministri e parlamentari del nostro governo: il ministro dell’interno Matteo Salvini, il ministro per la Famiglia Lorenzo Fontana, il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti, il senatore della Lega Simone Pillon e Giorgia Meloni (qui un’ampia esauriente descrizione di chi ha promosso il congresso).
Legate a questa parata pubblica ci sono proposte di legge – come il Ddl Pillon, la revisione della Legge 194, la riforma dello stato di famiglia, la reintroduzione delle case chiuse, la cancellazione delle unioni civili, dei matrimoni di gay e lesbiche – che hanno come scopo evidente quello di cancellare la libertà che le donne hanno faticosamente conquistato, e il rilievo che vanno assumendo a livello mondiale la cultura e le pratiche del femminismo, come lotta contro tutte le forme di dominio e di oppressione: dal sessismo al razzismo al classismo ai nazionalismi alla devastazione dell’ambiente.
Ciò nonostante, ancora una volta, l’attenzione dei media, pur registrando la deriva reazionaria e oscurantista, tace – e ha dell’incredibile vista la mobilitazione che si sta preparando pubblicamente da tempo – sui tre giorni di controconvegno (in coda il programma completo) e sulla manifestazione di sabato 30 marzo, promossi da una quantità incredibile di associazioni, gruppi, e in primis dalla rete Non una di meno. Ma si sa, il movimento delle donne, è, non da ora innominabile.
Basta risalire ai romantici adoratori delle madri dell’Ottocento, come Paolo Mantegazza e Jules Michelet, molto letti e amati dalle donne, per capire quanto il fanatismo misogino o l’ipocrisia
Leggi tutto: Ma quale medioevo? - di Lea Melandri*
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