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Intervista al sociologo. Il professore: il leghista si è mangiato M5S, cita il fascismo e presto pretenderà Palazzo Chigi. Il ministro dell’interno è il leone che ha preso la gazzella e la sbrana un pezzo alla volta. Ma oggi non c’è alternativa: Renzi ha cambiato il Pd, finirà in milioni di schede bianche

Ha studiato i 5 stelle, ha fatto ricerche per loro, ne ha apprezzato il potenziale. Poi per primo li ha avvertiti che se avessero fatto il governo con la Lega sarebbero finiti «mangiati». Il sociologo Domenico De Masi ha appena dato alle stampe «Il mondo è ancora giovane» (Rizzoli), una lettura carica di speranza. Con un’avvertenza finale, una condizione: «Se non andiamo a sbattere in un fascismo».

Professore, la Lega si è mangiata i 5 stelle, anche nella vicenda Diciotti si sono consegnati a Salvini?

Gli scontri ci sono tutti i giorni, ma ormai l’esito si può quantificare. All’inizio Salvini aveva il 17% e Di Maio il 33. Ora le parti sono inverse. Mai in Italia, forse al mondo, un partito ha raddoppiato i consensi stando al governo e in soli 8 mesi. Continuerà così. Salvini è il leone che ha preso la gazzella, la tiene ferma e se la mangia un pezzo alla volta.

E dopo il banchetto?

Salvini esibisce il suo piano. Va in giro vestito da militare. Cita apertamente il linguaggio fascista: ’molti nemici molto onore’. Umberto Eco elenca 14 elementi per riconoscere la propensione all’autoritarismo, all’Ur-fascismo, il fascismo eterno. Salvini li ha tutti. E così gli elementi che Adorno individua nella personalità autoritaria. E quelli di Talcott Parsons. Per ora in dose pediatrica. Ma il decreto sicurezza vieta gli assembramenti e punisce i mendicanti: altri fascismi l’hanno fatto dopo la presa del potere. Qui prima.

Salvini si avvia alla ’presa del potere’?

Se alle europee avesse un successo smaccato, come quello che dette alla testa a Renzi, non tarderebbe a porre il Colle a un bivio: o Palazzo Chigi o il voto. Non continuerebbe a fare ’solo’ il vicepremier. A quel punto il lavoro sporco non lo farebbe più lui. Non a caso blandisce formazioni come Casapound.

Il ’lavoro sporco’ è costruire il consenso sulla pelle dei migranti, come in queste ore?

Questi episodi sono un effetto. Il fenomeno è che in Italia c’è il 35 per cento degli elettori che è d’accordo. Il metodo con cui Salvini lo snida è rozzo: tenendo migranti al gelo su una nave, portando via dalle scuole i bambini. Cose che non possono non evocare come i fascisti si comportarono con gli ebrei. Quello di Salvini è un linguaggio. Così il suo linguaggio ’vestimentario’, l’uso delle divise. Significa: se io avessi il potere lo eserciterei in modo militare. Ma il modo militare in caserma è democratico, nella società è fascismo. E poi vuol dire alle forze armate: state pronti, sono la persona giusta.

E l’altro 65 per cento che fa?

Questo è il punto. Il fascismo è la miscela che rende complici quelli che consentono la presa del potere. L’ho osservato in Brasile, che frequento da trent’anni. Bolsonaro non si è camuffato: in tv ha detto che era contro la parità, a favore della tortura, ha invitato gli studenti a filmare i professori che parlano di politica e a fare delazione. La sinistra ragionevole e colta, per non votare Pt, ha votato scheda bianca. Milioni di voti persi. Il Brasile oggi ha 7 ministri militari.

L’Italia rischia uno scenario del genere?

E cosa ci fa credere di avere gli anticorpi? Ci siamo cullati nell’idea che due cose non potessero mai succedere: il ritorno del fascismo e quello della guerra. Ma la storia dimostra che questi fenomeni sono ricorrenti. Camus racconta che i germi della peste non muoiono, si nascondono nei cassetti.

In molti contestano, qui e oggi, l’uso della parola ’fascismo’.

A differenza di altri autoritarismi, il fascismo è diventato un aggettivo ed è stato usato per la Spagna franchista, per l’Argentina della dittatura, per la Grecia dei colonnelli. Uso questo termine per definire un regime in cui la Costituzione non viene rispettata, in cui il volere del capo prevale su tutto, i dissidenti sono puniti, c’è un culto della tradizione, della patria, il rifiuto della critica, la paura della diversità, il disprezzo per le minoranze, il machismo. Ogni giorno siamo più assuefatti.

E i 5 stelle?

Sono stati un baluardo.

M5s un baluardo?

Tenue, ma baluardo. Sono gli unici con cui Salvini ancora deve trattare. Ora quelli di destra passeranno con Salvini, quelli di sinistra resteranno sbandati e si asterranno. Il Pd è troppo lento nel modificarsi, e forse non ha la consistenza culturale per farlo. È un partito apparentemente di sinistra ma a tutti gli effetti neoliberista, non attrae quelli che abbandonano i 5 stelle.

Il Pd non è socialista, è neoliberista?

Renzi ha emarginato i sindacati, ridotte le tasse, condonato i capitali esteri, abolito l’art.18. Un programma neoliberista.

Insomma c’è una base sociale, un popolo di sinistra ma non c’è una sinistra politica, un partito, un riferimento?

In piazza contro la sindaca Raggi a Roma c’era gente per cui una manifestazione politica è un’increspatura superficiale senza consapevolezza. Qualcuno si rende conto che se salta la Raggi arriva la Meloni? O la Lega? In Italia l’alternativa non c’è. Renzi ha provato a fare un’operazione deleteria nel Pd, allontanare la sinistra e attirare i berlusconiani. È riuscito solo nella prima parte. Oggi rimettere insieme pariolini progressisti e sottoproletari è difficile. E dire che c’è un nemico comune. Qualcosa si muove. Ma troppo lentamente rispetto alla velocità con cui Salvini va al potere.

Prevede la destra al potere per un periodo lungo?

È la sinistra che ha tempi lunghi. Ci sono schegge di sinistra ovunque, persone sfruttate a cui la sinistra non ha fatto pedagogia. E così anche gli sfruttati stanno con gli sfruttatori. Marx la chiama alienazione. C’è una mousse di sinistra abbastanza intellettuale da essere scettica, ma non così tanto da essere colta. Sarà quella che ci regalerà il fascismo votando scheda bianca.

 

 

 

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Intervento pubblicato su Il Fatto Quotidiano il 26 gennaio 2019

Il pregio del Manifesto di Calenda è aver aperto un dibattito; il difetto averlo impostato su presupposti confusi e discutibili. Un fronte indistinto – che lui definisce liberal-democratico – in una competizione proporzionale sarà facile bersaglio della propaganda gialloverde, facendo loro il regalo di trasformare le elezioni europee in un referendum sull’Europa.
Da giorni ripete “no a quelli Leu”, eppure tra i promotori c’è Enrico Rossi, fondatore di Mdp, che con altri ha dato vita a LeU. Sostiene poi che debba essere escluso chi cerca alleanze nazionali con Lega o M5S. LeU non ha questa intenzione, ma ritengo sia stato un 
errore politico grave non avviare dopo le elezioni un dialogo col M5S: per vedere le carte di un possibile bluff e per non consegnare larga parte di elettorato grillino alla Lega, come è avvenuto (stessa posizione di Martina, altro entusiasta firmatario).
Vista la stima che nutro per Calenda voglio rassicurarlo: 
non aderirò al suo manifesto.
Nella carta dei valori di Liberi e Uguali c’è un concetto a me caro: cambiare il mondo, non aggiustarlo. È indubbio che il centrosinistra, in Italia come in Europa, abbia adottato ricette neoliberiste: in una spirale perversa la politica è stata sopraffatta dall’economia e questa, a sua volta, dalla finanza. Il risultato ci mostra cittadini indifesi di fronte alla ricchezza e al potere di pochi. Calenda denuncia le diseguaglianze e invoca nuove politiche per la crescita e lo sviluppo, ma avendo avuto ruoli importanti negli anni, dal sostegno all’agenda Monti ai successivi incarichi, l’autocritica non basta ad assegnare patenti di novità, eventualmente di trasformismo. Bastano gli esempi dell’inserimento in Costituzione del pareggio di bilancio, l’acquiescenza ai diktat tecnocratici sull’austerità e il Jobs Act. Puntare poi, come si afferma nel manifesto,

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Si avvicina il 27 gennaio, ricorrenza della liberazione del lager di Auschwitz da parte dell’armata rossa, che, con una legge del 2000, è stato istituito come “Giorno della Memoria” «al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei».
In occasione del Giorno della Memoria, la legge richiede che siano organizzate iniziative e incontri, in particolare nelle scuole «in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia, affinché simili eventi non possano mai più accadere». Come gli anni precedenti, anche quest’anno si organizzano iniziative e incontri e sugli schermi televisivi passano film che ci rammentano la discesa dell’umanità nell’inferno dei campi di sterminio.
In un paese smemorato come il nostro è essenziale coltivare la memoria, che però ha un senso solo se da essa possiamo trarre degli insegnamenti che ci aiutino a orientarci nel tempo presente, altrimenti si risolve in un mero rito necrofilo, come rinnovare le corone di fiori sui monumenti ai caduti o spolverare le lapidi. Se c’è una cosa che bisogna evitare in questa grigia alba del 2019 è quella di celebrare gli eventi del passato, enucleandoli dal presente. Invece, come osservò Alberto Asor Rosa: «Nostro compito non è ricordarlo (l’olocausto), ma pensarlo. Ricordarlo in quanto avvenimento storico è semplice: difficile è pensarlo nella tragica simultaneità e perennità dei suoi significati possibili».
E allora dobbiamo ricordare che il terreno che ha generato l’olocausto è stato seminato da una politica che ha costruito la discriminazione e l’esclusione sociale, che ha spezzato il vincolo di unità della famiglia umana, separando il destino degli uni dagli altri. Questa politica ha prodotto le leggi di Norimberga in Germania nel 1935 e le leggi razziali in Italia nel 1938 e ha istituito gli stranieri (gli ebrei, considerati un corpo estraneo alla popolazione tedesca e – di riflesso – a quella italiana) come nemici pubblici, responsabili di ogni malessere dei ceti popolari. Dopo vennero la notte dei cristalli, la guerra, i rastrellamenti, i campi di sterminio.
In un differente contesto storico e istituzionale stanno ritornando in tutt’Europa, e specialmente in Italia, i veleni di una politica protonazista, che si esprime in una ostilità per lo straniero, in un ostracismo per il diverso, in una caduta delle garanzie giuridiche, in un daltonismo sociale che non ha occhi per il colore della pelle degli altri. Questi veleni si insinuano nel corpo sociale e ci rendono indifferenti al dolore degli altri.
Ciò consente a un ignobile ceto politico di aggirare i vincoli costituzionali e di adottare misure persecutorie verso il popolo dei migranti, di spingere fuori dalla legalità anche quelli che sono regolari, di emanare norme come il c.d. decreto sicurezza che, al di là della criticabilità delle singole disposizioni, è governato dallo stesso spirito di discriminazione che ispirava le leggi razziali.
La persecuzione, alla fine produce morte. L’Oim, l’Organizzazione per le migrazioni dell’Onu, stima che da inizio anno sono quasi duecento i morti o i dispersi nel Mediterraneo: negli ultimi 5 anni sono stati 17.644. La responsabilità di questo genocidio è dell’intera Europa, ma il nostro paese sta dando un forte contributo delegando il “salvataggio” agli aguzzini libici e vietando lo sbarco alle navi che soccorrono i naufraghi.
È rimasta famosa la frase disperata e profetica che il pastore tedesco Dietrich Bonhoeffer (ucciso dai nazisti nel lager di Flossemburg il 9 aprile 1945) pronunciò  dopo “la notte dei cristalli” del 9 novembre 1938: «Solo chi grida per gli ebrei può cantare il gregoriano». Parafrasando Bonhoeffer potremmo dire: solo chi grida per gli immigrati può cantare nel giorno della memoria.

Domenico Gallo
da: http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/?p=26590

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 Salute. Gli esiti devastanti del regionalismo differenziato chiesto dal Veneto, dalla Lombardia e dall’Emilia Romagna. Cioè dalla Lega e dal Pd.

Il M5s, attraverso il suo ministro della salute, Giulia Grillo, ha accettato, sulla sanità, senza condizioni, il regionalismo differenziato chiesto dal Veneto dalla Lombardia dall’Emilia Romagna. Cioè dalla lega e dal Pd.
LE REGIONI, per gentile concessione del M5s, cioè di coloro che si sono sempre dichiarati grandi difensori della sanità pubblica, avranno i poteri esclusivi dello Stato su: personale, farmaci, governance, fondi integrativi, tariffe, servizi, formazione. Lo Stato quindi su queste fondamentali materie non avrà più voce in capitolo.
Ogni regione se la suonerà e se la canterà come vuole, potrà privatizzare i suoi servizi, potrà fare contratti ad hoc per i propri operatori, potrà dare di più o di meno, potrà gestire la sanità con aziende uniche, centralizzate, o altro, potrà avere propri operatori specifici, potrà formare perfino i medici come vuole, potrà curare la gente a modo suo, potrà ovviamente mettere le tasse che servono sui propri cittadini, perché l’unica condizione posta a questa follia contro-riformatrice è che tutto avvenga per lo Stato a «costo zero» cioè che le regioni si paghino le spese. Un costo zero che sarà pagato a caro prezzo dal nostro paese.

MUORE COSÌ, nel quarantennale della sua nascita, il servizio sanitario nazionale. Con esso muore: la solidarietà tra le persone, quella che finanzia attraverso il fisco in modo giusto i bisogni di salute dei poveri e dei

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Solo fino a pochi mesi fa pareva impossibile. Maurizio Landini oggi sarà eletto segretario generale della Cgil. L’ultimo a fare il passaggio dalla Fiom alla confederazione fu Bruno Trentin nel 1988 e basterebbe questo a farlo entrare nella storia di questo sindacato.

Nelle settimane che sono passate fra la proposta di Susanna Camusso e ieri, l’accusa che gli è stata più rivolta è quella di essere «un movimentista» vicino al M5S. A smentirla basterebbe il fatto che Landini non ha mai avuto alcun rapporto con qualsivoglia esponente cinquestelle e i suoi giudizi sul governo sono stati duri fin dal principio: «Per la prima volta abbiamo un governo che è basato su un contratto privato e non discute con nessuno».

I preconcetti di tanti suoi detrattori sono già stati spazzati via nell’anno e mezzo passato in segreteria confederale. Chiamato da Camusso dopo la firma del contratto dei metalmeccanici su richiesta di quei pensionati dello Spi che ora capeggiavano i riformisti contrari alla sua successione, Landini ha subito conquistato la stima di tutti i componenti della segreteria per capacità di lavoro comune, rispetto delle competenze e collegialità.

Ha lavorato su deleghe simili e comuni con il suo avversario fino a ieri notte, Vincenzo Colla, avendo uffici vicini a Corso d’Italia. Si conoscono da tanti anni, entrambi sono emiliani ma con storie differenti. Se Colla, piacentino, è sempre stato vicino al Pd, Landini, reggiano testardo, non ha tessere di partito dai tempi del Pci: «In tasca ho solo quella della Cgil e dell’Anpi», ricorda sempre.

La battaglia per i diritti partita a Pomigliano nel 2010 e vinta in Corte costituzionale nel 2015 contro la Fca di Marchionne lo ha fatto diventare un personaggio e il simbolo del riscatto dei deboli. Ai tempi della fallita Coalizione sociale tutti pensavano puntasse a diventare un leader politico – lo pensò soprattutto il Fatto – e invece fin da quel giorno il suo obiettivo era prettamente sindacale: diventare segretario della Cgil per cambiarla e avvicinarla ai giovani e ai lavoratori autonomi.

Recentemente applaudito fino a spellarsi le mani dai delegati Cisl e Uil a un attivo della Ricerca, ieri Landini ha fatto le prime foto da segretario coi suoi compagni della Fiom. A Ivano e Angelo che scherzosamente gli dicevano: «Goditi oggi perché da domani ti attacchiamo», ha risposto: «Sì, sì, sì: voi dovete fare la Fiom».

 

 

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Le società occidentali stanno attraversando un periodo buio della propria storia. Il divario tra ricchi e poveri si allarga in modo pauroso, pochissime persone detengono capitali enormi mentre fasce di popolazione sempre più consistenti sopravvivono al limite della soglia di povertà.

I cambiamenti climatici determinati dall’inquinamento globale causano sconvolgimenti e condizioni sempre più estreme, destinati a colpire tutto il Pianeta. I flussi migratori non governati hanno creato chiusure, paure, intolleranza, razzismo, egoismo o, per dirla più semplicemente, aridità dei cuori.

Di fronte a questi scenari, in Europa hanno clamorosamente fallito le terapie di austerità, ma appaiono pericolose le derive sovraniste e nazionaliste, che sconfinano nel fascismo e nel razzismo. Anche i Valori ed i Princìpi fondamentali enunciati nelle Carte costituzionali e ribadite dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, a cui in tanti facciamo riferimento, vivono senza un comune sentire.

Ora più che mai occorre una risposta Alta ed Altra. Occorre ridare valore e centralità alle persone, ai popoli.

Si rende necessario un nuovo protagonismo in cui ogni persona sostenga con forza l’esigenza di ricreare comunità solidali ed accoglienti, dove a prevalere siano la giustizia sociale, i diritti, la dignità delle donne e degli uomini. E’ necessario che la politica e la società tornino ad impegnarsi per la pace ed il bene comune.

In Italia appare insufficiente la capacità di risposte adeguate da parte delle molteplici sigle di partito che, a vario titolo, si richiamano (spesso senza coerenza) ai valori della solidarietà, della pace, dell’ecologia, della giustizia sociale, dei diritti civili.

Si assiste ad una eccessiva frammentazione, a personalismi, ripicche, tentativi di tutelare rendite di posizioni di nomenclature ormai non più rappresentative. Di contro, vi sono straordinarie esperienze sui territori, portate avanti con generosità, passione, idealità dal mondo del volontariato e da Comuni lungimiranti.

Tra queste una menzione particolare la merita Riace, modello di accoglienza e di integrazione di migranti universalmente conosciuto, studiato ed apprezzato.

Questa piccola comunità della Calabria, dove hanno prevalso i valori dell’umanità, dell’inclusione, dell’accoglienza nei confronti di tutti coloro che sono alla ricerca di una vita migliore, oggi è diventata il simbolo di una speranza coltivata con tenacia, coerenza, generosità ed altruismo da Mimì Lucano, «anima» dell’esperienza Riace.

Mimì ha fatto della politica e del servizio la sua ragione di vita, ha interpretato il suo ruolo con abnegazione e spirito missionario.

Per queste ragioni gli chiediamo di rendersi disponibile per dare il proprio contributo in una dimensione più ampia, facendosi promotore di una forte iniziativa che metta insieme cattolicesimo democratico, volontariato ed associazionismo e che spinga all’unità le varie sigle partitiche, superando steccati, campanilismi, miopie e cura del proprio orticello.

Lo chiede il particolare momento storico, lo chiede il pericolo di una forte avanzata leghista in tutte le aree del Paese, lo chiede la necessità di portare in Europa narrazioni che riescano a scaldare i cuori e riescano a contrapporsi al pensiero unico dominante.

In una prospettiva UNITARIA (e solo a queste condizioni) la candidatura alle elezioni europee di Mimì Lucano porterebbe un grande valore aggiunto, in grado di riportare all’impegno ed alla mobilitazione migliaia e migliaia di donne e di uomini ormai alquanto delusi, soprattutto coloro i quali, pur credendo e vivendo fermamente i Valori della Costituzione repubblicana, da tempo, fanno fatica a riconoscersi nella rappresentanza politica, sempre più vuota di contenuti e tronfia di propaganda.

*** Primi sottoscrittori:

Abiusi Pio, attivista di base, Matera; Albanese Gianluca, giornalista – Siderno (Rc); Albanese Sasà già dirigente Verdi – Siderno (RC); Altimari Francesco docente università della Calabria – Cosenza; Amato Rina, regista ed attivista politica – Roma; Ariganello Vito, ingegnere ed intellettuale – Budapest; Associazione Cittadini del Mondo – Ferrara; Baffari Paolo, architetto ecologista – Potenza; Barillaro Gildo, imprenditore – Ardore (Rc); Belisario Felice, avvocato – Potenza; Becagli Dino, regista – Potenza; Bitonte Fabiano, attivista – Montalbano (Matera);Broccolo Angelo, segretario regionale Sinistra Italiana – Corigliano-Rossano (Cosenza); Carrano Luigi, attivista diritti umani – Faenza (Ravenna); Centonze Michele, attivista politico – Atella (Pz);Cirella Laura, attivista politica – Reggio Calabria; Cantore Renato, giornalista – Potenza; Costa Enrico, docente emerito di urbanistica – Reggio Calabria; Coviello Peppino, preside – Avigliano (Potenza); Crucitti Nadia, scrittrice – Reggio Calabria; D’Agostino Maria Francesca, docente Università della Calabria; Dal Fovo Arrigo, Centro Turistico Acli – Trento; De Flores Walter, attivista politico – Bovalino; De Lisa Antonio, docente – Potenza; De Luca Stefano, avvocato – Milano; Delfino Demetrio, presidente del Consiglio comunale di Reggio Calabria;Dentamaro Gaetano, medico – Matera; Di Bernardo Giuseppe, attivista politico – Ferrara; Di Giulio Patrizia, docente, coordinatore regionale Ecodem – Pignola (Potenza); Di Leo Angela, insegnante – Rocca Imperiale (Crotone); Di Michele Grazia, cantante – Roma; Di Siena Piero, giornalista – Roma; Donato Salvatore , docente -Avigliano (Potenza); Elliott Claudio, scrittore – Napoli;  Ferro Raffaella, operatrice culturale – Potenza; Filizzola Giovanni, attivista politico – Rivello (Potenza); Fontanari Marta, Centro Turistico Acli – Trento; Frascà Silvio, portavoce Possibile Costa dei Gelsomini – Siderno (Rc); Gallo Carla, fisica ed attivista – Vibo Valentia; Gallucci Luigi, giornalista – Potenza; Gambello Elisabetta, insegnante – Reggio Calabria; Gianforme Carla, docente – Palermo; Greco Silvio, biologo marino – Vibo Valentia; Guarino Liliana, sindacalista – Potenza; Ieraci Enzo, attivista politico – Siderno (Rc); Infantino Enzo, scrittore ed attivista diritti umani – Palmi (Rc); Insetti Maria Italia, architetto-progettista – Matera; Iovine Nuccio, già senatore della Repubblica – Roma; Laganà Massimo, giornalista/blogger – Milano;Lanorte Antonio, attivista di base – Potenza; Larotonda Angelo Lucano, docente – Potenza;Lavorato Peppino, già deputato al Parlamento – Rosarno (Rc); Lentini Enzo, attivista politico – Verzino (Crotone); Lepora Michele, operatore sociale – Torino; Leporace Paride, operatore culturale – Potenza; Loiero Valentina, giornalista – Roma; Lombardo Franco, insegnante ed attivista politico – Siderno (Rc); Longaretti Veronica, insegnante, – Rocca Imperiale (Cosenza);Macrì Annarosa, giornalista – Cosenza; Mallamaci Nino avvocato ed attivista – Reggio Calabria;Manco Palmiro, attivista politico – Scalea (Cosenza); Maraini Dacia, scrittrice; Martino Franco, ingegnere ed attivista ambientalista – Siderno (Rc); Mazzei Titta, operatore sociale, Bernalda (Matera); Melia Pietro, giornalista – Soverato (Catanzaro); Melillo Giuseppe, ricercatore – Bernalda (Matera); Mesiti Vincenzo, ingegnere ed attivista politico – Siderno (Rc); Messina Pinuccio, attivista di base – Potenza; Murace Turi, attivista politico – Bivongi (Rc); Navarra Sergio, attivista di base – Potenza; Nicolò Domenico, docente universitario – Reggio Calabria;Orenga Paola, operatrice culturale – Rivello (Potenza); Orlando Pasquale, Acli Napoli – Benevento; Pace Vito, quadro specializzato – Potenza; Pantano Agostino, giornalista – San Ferdinando (Rc); Paolino Tania, imprenditrice e scrittrice – S. Maria del Cedro (Cosenza); Parri Ferruccio, avvocato; Pascale Michele, attivista politico – Sasso di Castalda (Matera); Pascale Nicola, operatore culturale – Satriano di Lucania (Potenza); Pavia Laura, docente – Matera;Pesacane Paolo,  Arci Basilicata; Pignatari Angela, avvocato – Potenza; Praticò Alessio, attore cinematografico – Reggio Calabria; Petraroia Michele, sindacalista – Campobasso; Praticò Mariateresa, avvocato – Reggio Calabria; Primi Fiorello, operatore culturale – Castiglione del Lago (Perugia); Puerstl Maximilian, docente – Rotondella (Matera); Pugliese Filippo, Centro Turistico Acli – Potenza; Quaranta Nino artista ed attivista Sos Rosarno – Laureana di Borrello (Rc);Racco Nino, cantastorie – Bovalino (Rc); Restaino Lucia, attivista di base – Potenza; Restuccia Paolo, regista programma Il ruggito del coniglio – Roma; Rinaldi Patrizia, scrittrice – Napoli;Rocca Arturo associazione Osservatorio Ambientale Locride – Locri (Rc); Ruggieri Michele, sacerdote e attivista di base – Potenza; Russo Antonio, Acli Nazionali – Foggia; Sabia Franco, operatore culturale – Avigliano (Potenza); Saccomanno Francesco, Rifondazione Comunista Calabria – Cosenza; Sabato Cataldo, docente – Bella (Potenza); Savino Nicola, dirigente scolastico – Pignola (Potenza); Scaglione Luigi, giornalista – Potenza; Scalamandrè Silvestro, Anpi Vibo Valentia; Sciarra Graziano, Acli  Roma; Scutari Piero, operatore sociale – Roma; Sgambellone Giuseppe, avvocato ed attivista politico – Siderno(Rc); Sindona Antonello, docente di fisica all’Università della Calabria; Somma Mirko, attivista di base – Potenza; Stabile Biagio, Anpi Potenza – Tito (Potenza); Suppa Lele, dirigente scolastico – Sant’Onofrio (Vibo Valentia); Summa Angelo, sindacalista – Potenza; Suraci Paola, giornalista – Reggio Calabria; Tallura Antonio, attore – Locri (Rc); Telesca Vito, operatore culturale – Potenza; Tonini Norberto, operatore culturale – Udine; Toscano Peppe, sindacalista Usb – Reggio Calabria; Tramutoli Alfredo, attivista di base – Potenza; Tramutoli Valerio, docente – Potenza; Tufaro Filomena, docente archeologa – Nova Siri (Potenza); Umbaca Enzo, artista – Milano; Valerio Maria, montatrice cinematografica – Roma; Villano Franco, editore – Potenza; Ziparo Alberto, docente universitario urbanistica;Zavaglia Maurizio, cooperatore sociale e consigliere comunale – Gioiosa Ionica (Rc).

PER ADESIONI E SOTTOSCRIZIONI: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

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