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PARIGI 2024. «L’ultima cena» pantagruelica e la testa mozzata della Regina scatenano gli istinti reazionari. Per Malan (Fratelli d'Italia) le simbologie parigine istigano alla «disobbedienza blasfema»

«Cerimonia woke», la destra alla crociata anti-olimpica La testa mozzata di Maria Antonietta - foto Faralla

Il ribaltamento è sotto gli occhi di tutti, roba da triplo salto carpiato all’indietro con medaglia d’oro d’ufficio. A destra denunciano le varie culture woke, la cosiddetta «dittatura del politicamente corretto», e sostengono che il linguaggio e la comunicazione siano l’ultima, fragile, trincea dietro cui si sono barricate le sinistre (meglio ancora se radical chic), ma la verità è che sono terrorizzati dalla potenza di parole, immagini e narrazioni. Insomma, l’ossessione è diametralmente opposta: è dell’altro giorno la proposta di legge leghista (poi ritirata) che voleva vietare l’utilizzo del genere femminile per alcune professioni. Ed è di queste ore lo scandalo per la messa in scena della cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Parigi. Siamo passati dal «Non si può dire più niente» utilizzato per giustificare ogni bestialità all’esplicita invocazione della censura.

IL PASSAGGIO che ha destato maggiore scalpore è la riproposizione in chiave pantagruelica (nel senso del romanzo di Rabelais) dell’Ultima cena di Leonardo Da Vinci. Tutto un mondo variamente reazionario (si va dai complottisti di ogni colore ai rossobruni fino a, ça va sans dire, i fascisti più o meno mascherati) ha visto nella rappresentazione dell’altra sera l’intenzione di macchiare l’immagine sacra con gli stilemi delle drag queen. O, peggio ancora signora mia, della propaganda gender. Ne deriva, a cascata, tutto il campionario degli allarmismi di estrema destra sul laicismo che mette in scena «la debolezza e la disintegrazione dell’Occidente» (il presidente ungherese Viktor Orbán), sulla «Francia di oggi che sembra in mano a filoislamici» (Alfredo Antoniozzi, vicecapogruppo FdI alla camera). Per il golden boy del destrapensiero Francesco Giubilei, poi, «se l’Occidente vuole salvarsi dalla decadenza deve guardare alla Francia e fare l’opposto». Il leghista Simone Pillon si è spinto a chiedere che l’Italia ritiri la sua delegazione in modo da «lasciare Macron a correre solo verso l’abisso» rappresentato da «le radici cristiane ridicolizzate, l’umanità priva di identità sessuale, tutto ridotto a un gigantesco gay pride dionisiaco». Il fatto che siano intervenuti anche i vescovi francesi ha fatto rievocare a più di una persona il precedente tutto italiano de Il Papocchio, il film di Renzo Arbore del 1980 ambientato in Vaticano con tanto di drag queen e tricolori (erano le Sorelle Bandiera) che venne accusato di vilipendio alla religione. Ma non ditelo a Vannacci, sarebbe capace di far risalire a quella pellicola l’inizio del degrado morale. Del resto, sempre ieri nell’acme della paranoia tradizionalista, il senatore Lucio Malan di FdI ha scambiato il toro di bronzo della fontana del Trocadero per un vitello d’oro messo lì ad hoc per evocare la «blasfema disobbedienza» (sic).

DEL RESTO, possiamo facilmente immaginare che ai destri si siano rizzati i capelli in testa quando i metallari Gojira hanno reinterpretato il canto rivoluzionario Ah Ça Ira! con tanto di ingresso in scena della regina Maria Antonietta con la testa mozzata in mano in mezzo a un tripudio di coriandoli rosso sangue. La stessa Giorgia Meloni per svicolare da fascismi e postfascismi si riallaccia al conservatorismo, inteso non come generica postura moderata ma come specifica ideologia che si contrappone allo spirito di uguaglianza, libertà e fraternità (cui saggiamente l’altro giorno a Parigi è stata aggiunta la sororité, la sorellanza) innescato dal 1789 francese. La linea reazionaria che corre da Edmund Burke a Roger Scruton esprime il panico, un sentimento morale prima che politico, che provano i privilegiati quando le masse si riprendono la storia. Da quel cliché sono nate tutte le culture reazionarie. La grande paura della Rivoluzione francese, della nuova era che andava inaugurando rappresenta il rifiuto della modernità: «Il mondo cambia e non so come interpretarlo, dunque mi invento un passato immaginario al quale tornare». La grande paura della ghigliottina sopravvive e forse supera persino il terrore per la Rivoluzione russa, soprattutto da quando nell’immaginario collettivo se n’è appropriato (abusivamente) un tradizionalista, antiglobalista e finanziatore di svariate destre internazionali come Vladimir Putin.

A PIÙ di un destro saranno saltate le coronarie quando tra le statue dorate delle donne che hanno fatto la storia, è comparsa quella della comunarda Louise Michel, che sfidò la corte che doveva giudicare la sua attività rivoluzionaria con queste parole: «Se mi lascerete vivere, esorterò incessantemente alla vendetta». Qualcuno dirà, giustamente, che tutto ciò è anche espressione della sussunzione dell’immaginario giacobino dentro il sistema politico francese. Il che in parte è vero, basti ricordare che la mascotte di Parigi 2024 è ispirata al berretto frigio. Ma in situazioni del genere è impossibile distinguere il palco dalla platea, i grandi eventi nello spazio pubblico sono fatti anche dall’uditorio e non possiamo evitare di notare che il presidente Macron è stato fischiato durante la proclamazione dell’inizio dei Giochi. A testimonianza del fatto che quello spirito rivoluzionario che tanto ha terrorizzato i benpensanti ha contagiato la gente in piazza. Ecco perché da quest’anno avremo un motivo in più per portare un fiore ai caduti della Comune dell’ala sud del cimitero di Père-Lachaise. Il fatto che spaventino i controrivoluzionari anche da morti è la migliore celebrazione della loro vita

 

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Tre bombe su una scuola di Deir al-Balah, ora rifugio per gli sfollati: 30 palestinesi uccisi. A Gaza è successo già 200 volte. Attacchi anche a nord: Israele colpisce il Libano, poi missili sul Golan occupato. Undici vittime nella città drusa, Hezbollah nega: non siamo stati noi

SENZA APPELLO. Colpito l’istituto Khadija a Deir al-Balah, ospitava 4mila sfollati. Israele: era un centro di Hamas. Ma, di nuovo, non fornisce prove. In Cisgiordania feriti due bambini a Ramallah, ucciso un 17enne da un drone nel campo profughi di Balata

La scuola Khadija di Deir al Balah colpita ieri foto ZumaPress/Omar Ashtawy La scuola Khadija di Deir al Balah colpita ieri - ZumaPress/Omar Ashtawy

«Non so dove sia mia figlia. I suoi vestiti e le sue cose sono laggiù, distrutti, ma non so se è stata soccorsa, se è morta, se sta bene. Non so dove sia». È il racconto di una donna, Umm Ahmed Fayed, all’agenzia Middle East Eye. Nel video continua a parlare, dice che la scuola era «piena di sfollati da ogni parte di Gaza, tanti amputati, sulle sedie a rotelle». Umm Ahmed si era allontanata, era andata a preparare del cibo in una tenda: la scuola veniva usata per dormire, per rendere un po’ meno opprimente il caldo estivo.

È SUCCESSO di mattina, come altre duecento volte prima: un bombardamento israeliano ha centrato una scuola, l’istituto femminile Khadija a Deir al-Balah. Nelle aule oggi vivono 4mila persone, ci è stata allestita dentro anche una clinica da campo. Come ogni altra scuola di Gaza, dal 7 ottobre è un rifugio per sfollati, l’intera o quasi popolazione dell’enclave.

A marzo scorso l’Onu aveva contato almeno 200 scuole prese di mira dai raid israeliani. Ne sono seguite tante altre. Nel bombardamento di ieri sono stati uccisi almeno

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Netanyahu chiude il viaggio negli Usa a Mar-a-Lago, ed è un voto per Trump. Che ringrazia e promette sobriamente che se vince «risolverà tutto in fretta», altrimenti «si andrà verso la terza guerra mondiale»

L'ENDORSEMENT. La visita del premier israeliano a Mar-a-Lago. Dove The Donald promette «pace in Medioriente e fine dell’antisemitismo»

Amici come prima. Bibi fa campagna elettorale per Trump L’incontro in Florida di Trump e Netanyahu foto di Alex Brandon/Ap

Dopo il discorso al Congresso e gli incontri con il presidente Joe Biden e la sua vice, nonché candidata democratica Kamala Harris, il premier israeliano Benyamin Netanyahu è arrivato in Florida, a Palm Beach, per incontrare Donald Trump a Mar-a-Lago, mentre un piccolo gruppo di manifestanti sventolava per protesta bandiere della Palestina.

«Se vinciamo, sarà molto semplice. Si risolverà tutto e molto rapidamente – ha detto Trump ai giornalisti all’inizio dell’incontro – Se così non sarà, ci ritroveremo con grandi guerre in Medio Oriente e forse una terza guerra mondiale. Non siamo mai stati così vicini a una terza guerra mondiale, e lo siamo perché abbiamo persone incompetenti alla guida del nostro Paese». «Trump si è impegnato a portare la pace in Medioriente e combattere l’antisemitismo» ha detto il premier israeliano ringraziando il tycoon dopo l’incontro.

TRUMP, che in passato è stato critico nei confronti di Netanyahu dopo l’attacco del 7 ottobre, ieri ha sottolineato il suo sostegno a Israele: «Abbiamo avuto un buon rapporto. Sono stato molto buono con Israele, meglio di qualsiasi altro presidente», ha detto ricordando lo spostamento dell’ambasciata Usa a Gerusalemme e gli Accordi di Abramo.

Quale siano le preferenze di Netanyahu non è un mistero: in Florida sarà ospite di Turning Point Action, un think tank conservatore che vuole riportare il tycoon alla Casa bianca, dove terrà un discorso. Questo è ilprimo incontro fra i due da quando Trump ha perso le elezioni, e Netanyahu è stato uno dei primi leader internazionali a congratularsi con Biden per la vittoria. Per un candidato sconfitto che non ha mai ammesso di aver perso, quello è stato un affronto che ha portato Trump a dichiarare: «Bibi avrebbe potuto rimanere in silenzio, ha commesso un terribile errore».

Stando alla stampa israeliana, i due in questi 4 anni non si sono mai neanche sentiti al telefono, ma il silenzio è stato rotto di recente, da una telefonata fatta da Netanyahu a Trump per augurargli un buon 4 luglio.

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“Il governo ha bocciato gli emendamenti al DL Ricostruzione che prevedevano l’aumento da 6.000 a 30.000 euro del tetto previsto per i rimborsi dei beni mobili delle famiglie romagnole distrutti dall’alluvione"

 

“Il governo ha bocciato gli emendamenti al DL Ricostruzione che prevedevano l’aumento da 6.000 a 30.000 euro del tetto previsto per i rimborsi dei beni mobili delle famiglie romagnole distrutti dall’alluvione, il sostegno alle attività economiche e la messa in sicurezza del territorio": così in una nota il senatore del Movimento 5 Stelle Marco Croatti. Che continua: "Emendamenti che portavano la mia prima firma, richiesti con forza dal territorio e che erano stati sottoscritti da tutte le forze di opposizione. Provo rabbia e indignazione per questa decisione scellerata che politicamente significa una cosa precisa: il governo Meloni ha deciso di abbandonare i romagnoli, le cui vite sono state travolte dall’alluvione e le cui case sono state spazzate via dalla furia di fiumi, fango e pioggia".

Ed ancora: "Come può una famiglia riarredare una casa da zero con 6.000 euro? L’emendamento proposto, che prevedeva di stanziare 30.000 euro come tetto, era la risposta per garantire una ripartenza dignitosa a chi ha perso tutto. Ma questi emendamenti, così come i beni di quelle famiglie, sono stati gettati nel fango da questo governo inadatto e incapace che una volta di più dimostra di essere lontano dai bisogni delle persone, dalle necessità di chi è vulnerabile e debole. Un esecutivo che, insieme alle forze che lo sostengono, meriterebbe di essere travolto dall’indignazione dei romagnoli con la stessa forza con cui il fango del maggio 2023 ha travolto la nostra meravigliosa terra”.

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AL FRONTE - Sono impiegate sia da Zelensky che da Putin

LEGGI – Bombe a grappolo. Usa per Kiev stoccate in Germania. E in Italia? L’annuncio risale ad un anno fa, nei primi giorni del luglio 2023. Gli Stati Uniti ammettevano di aver preso in considerazione l’invio di “cluster bombs” – bombe a grappolo – all’Ucraina, per fronteggiare i russi. Una decisione che fece molto discutere: […]

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LA GUERRA INFINITA - La prova. L’inchiesta della tv tedesca Ard svela che le armi proibite vanno dal deposito americano di Miesau fino in Ucraina

 
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EGITTO. Marriott apre nel centro dove sono stati massacrati centinaia di migliaia di egiziani. E dov’è stato torturato e ucciso Giulio Regeni. Il racconto di Hossam: «Leggere che quel luogo diverrà un albergo è un insulto. Forse la stanza dove sono stato torturato diventerà una sauna. È qualcosa che mi tormenta»

Il 29 gennaio 2011 i manifestanti marciano da piazza Tahrir verso il compound dei servizi a Lazoughly e tentano di assaltarlo. La polizia li ferma foto di Hossam el-Hamalawy Il 29 gennaio 2011 i manifestanti marciano da piazza Tahrir verso il compound dei servizi a Lazoughly e tentano di assaltarlo. La polizia li ferma - Hossam el-Hamalawy

Piazza Lazoughly dista dodici minuti a piedi da piazza Tahrir, una decina dall’American University del Cairo. La statua dedicata a Mohamed Bey Lazoughly, dignitario di Mohammed Ali Pasha alla fine dell’Ottocento, in mano la spada e in testa il turbante, è sovrastata da due enormi edifici. Uno dei due passerà dall’essere il più angosciante incubo di ogni egiziano ad asettico sogno per turisti.

Secondo quanto riportato dalla stampa egiziana, la catena alberghiera Marriott International aprirà – insieme all’egiziana Reliance Ventures – un hotel nell’ex quartier generale del ministero degli interni e della sicurezza interna, l’ex Ssis, dissolta dopo la rivoluzione del 2011 per rispuntare come Homeland Security, o National Security Agency (Nsa).

IN QUELL’EDIFICIO sono stati detenuti e torturati centinaia di migliaia di egiziani. In quell’edificio, nella stanza 13, è stato torturato e ucciso Giulio Regeni. «(Il teste epsilon) ha visto lì Regeni con due ufficiali e due agenti, c’erano catene di ferro, lui era mezzo nudo e aveva segni di tortura, delirava nella sua lingua. Un ragazzo molto magro, sdraiato per terra, con il viso riverso con manette che lo tenevano a terra, segni di arrossamento sulla schiena. Non l’ha riconosciuto subito ma 4-5 giorni dopo vedendo le foto sui giornali ha capito che era lui».

Con queste parole il 10 dicembre 2020 il sostituto procuratore Sergio Colaiocco dava conto alla Commissione parlamentare d’inchiesta dei nove giorni trascorsi dal ricercatore italiano nelle mani dei suoi aguzzini, dal 25 gennaio al 3 febbraio 2016, quando il suo corpo massacrato fu ritrovato lungo l’autostrada tra Il Cairo e Alessandria.

Forte di testimonianze come quelle di «epsilon», per 15 anni dentro l’Nsa, la Procura di Roma ha potuto chiudere le indagini preliminari e rinviato a giudizio i quattro agenti ritenuti responsabili della sparizione, le torture e l’uccisione di Regeni e oggi a processo in contumacia: il generale Tariq Sabir, i colonnelli Athar Kamel e Usham Helmi e il maggiore Magdi Sharif.

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