La Global Sumud Flotilla salpa l’ancora: la missione diretta a Gaza riparte da Creta con gli equipaggi al completo, deputati italiani compresi. La destra attacca le opposizioni: «Richiamateli». Intanto nella Striscia i raid israeliani uccidono 82 palestinesi in 24 ore
Via col vento La lunga attesa, la trattativa di Roma, la burocrazia greca. E alla fine il messaggio: «Prepararsi a partire». Superati guasti e tentate fratture, la Global Sumud Flotilla leva l’ancora. A bordo i deputati italiani, la «scorta democratica»
A bordo della Global Sumud Flotilla – foto di Carlos Pérez Osorio
«Cosa faremmo senza i cellulari? Saremmo costretti a parlare tra di noi!», sbuffa Hanna, e riabbassa gli occhi sullo schermo che trasmette la partita del Liverpool. Un caccia partito dalla base Nato di Suda sorvola le barche ferme sulla punta occidentale di Creta. Il boato non scuote l’equipaggio della Hio che sonnecchia sotto coperta. Il sole è già basso. La Global Sumud Flotilla doveva ripartire alle dieci del mattino ma ormai sono tutti rassegnati a un’altra notte all’ancora. Chi è partito a fine agosto da Barcellona la prende con filosofia. Due settimane fuori casa, avevano detto, massimo tre. È il 27 settembre.
Ogni volta che la flottiglia si ferma un’ondata di guasti e burocrazia la blocca più del previsto. Questa volta c’è una trattativa politica in Italia che sembra contribuire allo stallo delle navi, ma nessuno ci capisce granché, né gli italiani né tanto meno i cittadini degli oltre 40 paesi che partecipano alla missione. Arriva un messaggio dal direttivo con emoticon di allarme: «PREPARARSI A PARTIRE! Per qualche ragione c’è gente che dice che la partenza è rimandata a domani: non è così».
SULLA HIO NESSUNO si prepara, nessuno ci crede. Solo lo slovacco Peter fa su e giù per la barca e non capisce perché nessuno si muova, ma è solo e deve rassegnarsi. Passano altre due ore e all’improvviso l’ancora è su. Partiamo? «Non chiederlo a me, io mi limito a tenere il timone», dice Hannah. Nessuno sembra crederci e invece alle sette e un quarto, col sole che già scompare dietro le rocce dell’isoletta di Koufonissi, arriva il messaggio del portavoce della Global Sumud Flotilla, il brasiliano Thiago Avila: «L’ultima interazione con la guardia costiera greca è appena terminata. Sono stati davvero gentili, ci hanno augurato un viaggio sicuro e buona fortuna per la nostra missione. Questa missione ha superato il rischio di una sconfitta burocratica nei porti. Salpiamo per Gaza!». Su Hio è il momento di lasciare i cellulari e parlare tra di noi. Si mette su una cena rapida di sandwich che però entusiasma tutti: da Creta ci hanno portato del formaggio fresco ed è il primo cibo fresco da una decina di giorni, su Hio non c’è il frigo. Potrebbe essere l’ultima cena tranquilla di questa missione e il manifesto vorrebbe approfittarne per raccogliere le sensazioni dell’equipaggio che da un mese convive in tredici metri per tre.
Ma prima l’equipaggio vuole conoscere le informazioni del manifesto: i parlamentari italiani sono ancora con noi? A quello che qualcuno ha chiamato lo «scudo democratico» della missione i partecipanti semplici credono veramente: con la notte dei droni ancora nella pelle e il pericolo di un’aggressione ancora più violenta, tutti vogliono sapere se le figure di spicco, i politici, quelli più difficili da toccare, rimangono a bordo della missione.
RIMANGONO: il giorno prima si respirava aria di frattura, con i deputati Pd che spingevano per andare a Cipro e una piccola fronda italiana a mettere in dubbio il senso stesso della missione. Ma la frattura non c’è stata: deputati italiani ed europei di Partito democratico, Alleanza Verdi Sinistra e Movimento Cinque Stelle continuano ad
Commenta (0 Commenti)Mattarella parla alla Flotilla mondiale. Smentisce Meloni: missione di valore. Ma chiede di fermarsi a Cipro: troppi rischi. Il governo teme le piazze e vuole lo stop. Anche le opposizioni chiedono una riflessione. Gli attivisti discutono, ma decidono di proseguire per denunciare il blocco di Gaza
Terra rimossa Il Capo dello Stato smentisce Meloni: «La missione ha un grande valore». Lei lo ringrazia. Pd, M5S e Avs: «Aprire una riflessione»
Sergio Mattarella – Imagoeconomica
Poco dopo mezzogiorno, Sergio Mattarella entra con tutta la sua forza nella vicenda della Sumud Flotilla in viaggio verso Gaza. Con poche parole prende nettamente le distanze dalla premier, che aveva definito la spedizione «irresponsabile» e finalizzata a «creare problemi al governo» e sottolinea «il valore dell’iniziativa che si è espresso con ampia risonanza e significato» e lancia un appello «alle donne e agli uomini» in mare da oltre 20 giorni. «Il valore della vita umana, gravemente calpestato a Gaza con disumane sofferenze per la popolazione, richiede di evitare di porre a rischio l’incolumità di ogni persona. Mi permetto di rivolgere con particolare intensità un appello perché raccolgano la disponibilità offerta dal Patriarcato Latino di Gerusalemme – anch’esso impegnato con fermezza e coraggio nella vicinanza alla popolazione di Gaza – di svolgere il compito di consegnare in sicurezza quel che la solidarietà ha destinato a bambini, donne, uomini di Gaza».
UN APPELLO FORTE, che nasce da una grave preoccupazione per l’incolumità dei naviganti, non solo per gli italiani. Al Quirinale non hanno dubbi: se le barche dovessero avvicinarsi a Gaza rischierebbero di essere colpite. Per questo, anche se ora la Flottilla si trova in Grecia, ancora molto distanze dalle coste palestinesi, Mattarella ha deciso di intervenire. Per spingere su una soluzione negoziale a cui sta lavorando il Vaticano che appariva ormai bruciata dalle parole di Meloni che aveva tentato di intestarsela chiedendo alla Flotilla di lasciare gli aiuti a Cipro. Le parole della premier erano state una provocazione: «Non si può rischiare l’incolumità delle persone per fare iniziative che sembrano prevalentemente fatte per creare problemi al governo».
Al Quirinale le parole del presidente vengono spiegate come «un appello», quanto di più lontano da un atto presidenziale: non dunque l’azione di un potere, ma un messaggio che riconosce la positiva azione politica della Flotilla e, contemporaneamente, chiede di scongiurare un esito pericoloso. Prima che sia troppo tardi. A nessuno è sfuggita la nettezza della presa di distanza dal governo, a 24 ore dall’attacco di Meloni ai naviganti: forse la più esplicita da quando nel 2022 la destra è arrivata a palazzo Chigi. Prima di divulgare l’appello il presidente ha sentito Meloni, spiegando il senso della sua iniziativa. Ma sul testo non c’è stata alcuna consultazione né condivisione.
LE PAROLE DI MATTARELLA scuotono il mondo politico. La destra prova a tirarlo dalla propria parte, ignorando lo schiaffo appena ricevuto e accusando gli attivisti di essere degli irresponsabili per il garbato no alla richiesta di invertire la rotta. Tra i partiti che sostengono la missione e hanno alcuni loro parlamentari a bordo, Pd, Avs e M5S, le parole del Capo dello Stato aprono una riflessione. «Da Mattarella parole importantissime: riconoscono l’alto valore della missione e rinnovano la condanna per le disumane sofferenze che subisce la popolazione di Gaza. Condividiamo il suo appello a raccogliere la disponibilità del Patriarcato Latino di Gerusalemme a una mediazione che consenta di conseguire il primario obiettivo umanitario della missione», dice il responsabile esteri Peppe Provenzano.
«Auspichiamo che il dialogo tra i cardinali Zuppi e Pizzaballa e i coordinatori della Flotilla continui proficuamente», dicono i deputati dem Arturo Scotto e Annalisa Corrado, a bordo
Leggi tutto: Flotilla, l’appello di Mattarella: «Serve una mediazione» - di Andrea Carugati
Commenta (0 Commenti)Parla Meloni all’Onu, ma sembra Trump. Attacca la «burocrazia» della Nazioni unite. Si lamenta delle persecuzioni dei cristiani e delle «migrazioni di massa». Dichiara guerra alle «magistrature politicizzate» e all’«ecologismo insostenibile». L’unica prudenza è per Netanyahu: sta eccedendo, ma per reazione
Sono una Donald La premier illustra la sua visione del mondo all’Assemblea generale I diritti vengono dopo la logica sovranista e l’interesse occidentale. In sedici minuti di discorso getta sempre l’occhio alle polemiche interne
Giorgia Meloni all'Assemblea generale delle Nazioni unite – Getty
In sedici minuti di discorso, pronunciato in italiano, in chiusura di serata di fronte a una platea semideserta, Giorgia Meloni interviene all’Assemblea generale delle Nazioni unite e schiera l’Italia sul fronte trumpista, sbilanciandosi rispetto ai propositi iniziali, quelli che la collocavano in mezzo a Europa e Stati uniti, a far da ponte (seppure da destra) tra il corso Maga e l’Unione europea. Sulle responsabilità del governo israeliano a Gaza, lotta ai migranti, questione climatica la presidente del consiglio riprende, seppure con forme meno dirompenti, la sostanza della Casa bianca.
A COMINCIARE, appunto, dal genocidio a Gaza. Perché se Meloni quando affronta la guerra tra Russia e Ucraina non lesina critiche a Putin, reo di avere inferto «una ferita profonda al diritto internazionale», parlando di Netanyahu usa una formula molto più attutita. Critica Israele per aver «superato il limite del principio di proporzionalità» nella sua reazione all’attacco del 7 ottobre. In questo modo, il fatto di avere infranto «le norme umanitarie causando una strage tra i civili» diventa un eccesso colposo di legittima difesa e non un crimine di guerra. È questo il cuore politico della faccenda: ogni questione di diritto e ogni paletto umanitario ed etico salta, è tutto relativo agli occhi della logica sovranista applicata alle relazioni internazionali.
«Israele deve uscire dalla trappola di questa guerra – sostiene Meloni – Lo deve fare per la storia del popolo ebraico, per la sua democrazia, per gli innocenti, per i valori universali del mondo libero di cui fa parte. Israele, incalza, non ha il diritto di impedire che domani nasca uno Stato palestinese, né di costruire nuovi insediamenti in Cisgiordania al fine di impedirlo». Per questo, spiega, «abbiamo sottoscritto la Dichiarazione di New York sulla soluzione dei due Stati», ribadendo le «precondizioni irrinunciabili»: il rilascio di tutti gli ostaggi e l’esclusione di Hamas da ruoli di governo. E allora sono «molto interessanti le proposte che il presidente degli Stati uniti ha discusso con i paesi arabi in queste ore». Quanto alle sanzioni, ha ribadito la posizione italiana: vanno bene solo alcune di quelle proposte dalla Commissione europea, che sono quelle che propone anche il tedesco Merz su singoli ministri di Tel Aviv e determinati coloni.
SEGUENDO QUESTO canovaccio, la premier denuncia l’inadeguatezza dell’architettura dell’Onu e invita a contrastare le persecuzioni religiose che riguardano «prevalentemente i cristiani», e qui scatta il frame dell’Occidente sotto attacco. Ma tra le emergenze cita anche la lotta al «traffico di esseri umani», che nella neolingua della destra significa negazione del diritto alla libera circolazione. Dunque, chiede di rivedere le «anacronistiche» convenzioni internazionali su migrazione e asilo che, e qui pesano le batoste prese su centri di detenzione in Albania e respingimenti facili, «quando vengono interpretate in modo ideologico e unidirezionale da magistrature politicizzate, finiscono per calpestare il diritto».
IN PIENA EUFORIA trumpista, poi, passa poi a criticare le politiche ambientali: «In Europa, e nell’intero Occidente, stanno portando alla deindustrializzazione molto prima che alla decarbonizzazione». Il problema, insomma, non è più riscaldamento globale ma «l’ecologismo insostenibile» colpevole di avere «quasi distrutto il settore dell’automobile in Europa, creato problemi negli Usa, causato perdite di posti di lavoro, appesantito la capacità di competere e depauperato la conoscenza».
OGNUNA di queste posizioni ha inevitabili riflessi sul dibattito italiano. Ed è difficile non immaginare che
Leggi tutto: Gaza, migranti, clima: Meloni all’Onu si schiera con Trump - di Giuliano Santoro
Commenta (0 Commenti)«Non possiamo mica dichiarare guerra a Israele». Attaccata dai droni, la Flotilla è abbandonata dall’Italia. La missione umanitaria internazionale per Meloni «vuole solo creare problemi al nostro governo». Dalla Spagna una nave militare a protezione, da noi per osservazione
Avviso ai naviganti In acque internazionali al largo di Creta, sulle barche arrivano nella notte interferenze, bombe sonore e incendiarie, gas urticanti
La Life Support di Emergency assiste le barche della Global Sumud Flotilla – LaPresse
Mamma mia, here we go again. La musica degli Abba raschia le frequenze del canale radio usato dalla Global Sumud Flotilla, impedendo momentaneamente la comunicazione tra le quaranta barche della flotta umanitaria diretta a Gaza. L’attacco dei droni è appena iniziato. Il terzo e il più vasto da quando la missione è partita da Barcellona a fine agosto.
SONO PASSATE da poco le 23.30 e le barche navigano in acque internazionali. L’isola di Creta è alla vista. Da mezz’ora almeno un folto stormo di droni sorvola la flottiglia. I piccoli quadricotteri con luci rosse intermittenti sono ormai una presenza familiare, da tre notti sulle teste degli equipaggi che ormai non ci fanno quasi più caso. Ma stanotte sono di più e molto più bassi. E non si limitano più a osservare, ma attaccano. Il primo ordigno incendiario è sganciato contro il veliero Owhaila. L’equipaggio è composto da un collettivo di veterani pentiti dell’esercito degli Stati uniti, che non si fanno cogliere di sorpresa. Grazie a una traiettoria a zigzag riescono a evitare l’impatto.
Descrivono un proiettile incendiario simile a quelli che due settimane fa, nel porto di Sidi Bou Said in Tunisia, hanno colpito le navi Family e Alma. In quell’occasione la propaganda israeliana aveva provato a negare l’evidenza, diffondendo storie su razzi di segnalazione sparati dagli stessi attivisti a bordo. Ma, ormai, contro quella che nelle comunicazioni ufficiali del governo israeliano è diventata «la flottiglia di Hamas» si gioca a carte scoperte. Dopo Owhaila tocca a Yulara: su questa barca un drone sgancia una sostanza chimica che colpisce in volto Youssef Sammour, provocando una sensazione di forte bruciore, ma nessuna ferita.
NEI GIORNI SCORSI Sammour aveva assicurato al manifesto di essere pronto ad assumersi tutti i rischi di questa missione. È un uomo palestinese cresciuto in Nuova Zelanda e in passato ha partecipato ad altre due missioni navali dirette a rompere il blocco sofferto da Gaza. In entrambi le occasioni, ha raccontato, «la mia famiglia e il mio equipaggio mi hanno convinto a lasciare la barca prima dell’ultimo tratto di navigazione, per via dei maggiori pericoli a cui sarei stato esposto in quanto palestinese». «Ma stavolta il mio corpo, la mia mente, il mio cuore, il mio sistema nervoso mi chiedono di andare fino in fondo». L’equipaggio di Yulara ha descritto una sostanza chimica dall’odore estremamente sgradevole, e in base all’irritazione provocata sulla pelle di Sammour è stato ipotizzato che potesse trattarsi di solfuro di idrogeno.
Dopo la bomba incendiaria e l’attacco chimico sono iniziate le forti esplosioni. Dalla barca a vela Hio, che ospita il manifesto, sono stati ascoltati almeno 15 boati, più
Commenta (0 Commenti)Trump interviene dopo anni all’Assemblea generale dell’Onu. Per demolirla, con la Nato, l’Europa, gli ambientalisti, Biden, la sinistra «folle», il Brasile e chiunque voglia mettersi sulla sua strada. L’Ucraina? Basta con il gas russo. Gaza? Basta con Hamas. È tutto semplice, nel favoloso mondo di re Donald. Ed è falso
Un sacco bullo All’assemblea generale Trump sconfessa le Nazioni unite e impone al resto del mondo «libero» la persecuzione degli immigrati
Il discorso di Donald Trump alle Nazioni unite – AP
Durante la settimana dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, ogni giorno intervengono 18 Paesi, e alle delegazioni viene richiesto di limitare i propri interventi a 15 minuti. E una linea guida volontaria che viene solitamente rispettata. Donald Trump ha parlato per un’ora. 57 minuti in cui ne ha avute per tutti: ha attaccato l’Onu, la Nato, l’Europa, gli ambientalisti, Joe Biden, la sinistra «folle», il Brasile. Toni e contenuti simili a quelli dei suoi comizi elettorali, come se ormai avesse un unico discorso buono per tutte le occasioni, basta adattarlo un po’.
TRUMP ha iniziato attaccando l’Onu per non averlo aiutato nel processo di «porre fine a sette guerre», impresa che, a suo dire, ha portato a termine da quando è tornato in carica, e che sarebbe spettata alle Nazioni unite.
Il dato non è accurato ma non importa, e non ha impedito a Trump di rimproverare l’Onu: «Sembra che tutto ciò che fanno sia scrivere lettere di protesta e poi non dare mai seguito alle loro parole. Sono parole vuote, e le parole vuote non risolvono la guerra – ha detto – L’unica cosa utile è l’azione».
Non ha speso molte parole sulla guerra in Ucraina che prometteva di risolvere in 24 ore, addossando la colpa a tutti quei Paesi che acquistano petrolio russo: India, Cina e diversi alleati della Nato. «Stanno finanziando la guerra contro se stessi», ha detto Trump, per continuare affermando che «nel caso in cui la Russia non sia pronta a raggiungere un accordo per porre fine alla guerra, gli Usa sono pienamente pronti a imporre una serie molto forte di dazi doganali», e l’Europa dovrebbe seguire l’esempio «adottando esattamente le stesse misure». Più tardi, durante il bilaterale con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky , ha affermato di ritenere che Kiev sia in grado di «recuperare tutti i territori ucraini» nella guerra con Mosca.
MA TRUMP ha soprattutto attaccato la ragion d’essere stessa dell’Onu, chiedendo: «Qual è lo scopo delle Nazioni unite?». Le sue personali rimostranze: il malfunzionamento della scala mobile e del teleprompter, oltre a una mancanza di rispetto di molti anni fa, quando le Nazioni unite hanno ingaggiato un altro costruttore e non lui per la ristrutturazione del Palazzo di vetro, e ora si ritrovano con un brutto pavimento, «non di marmo» come aveva invece offerto Trump. «Ho fatto un’offerta per la ristrutturazione e la ricostruzione di questo stesso complesso Onu. Me lo ricordo benissimo. All’epoca dissi che l’avrei fatto per 500 milioni di dollari, ricostruendo tutto. Ma hanno deciso di andare in un’altra direzione, che all’epoca era molto più costosa, per un prodotto di gran lunga inferiore».
CON GLI “ALLEATI” europei ha speso parole dure anche per l’uso di energia verde che rovina l’estetica di posti meravigliosi come la Scozia, deturpata dai pannelli solari per
Leggi tutto: Colpa dei migranti, della bufala sul clima e dell’Onu «inutile» - di Marina Catucci
Commenta (0 Commenti)Sciopero riuscito e cortei pieni per Gaza. In tutta Italia centinaia di migliaia di persone raccontano un paese diverso da quello del governo complice di Israele. Nel solco dello sdegno mondiale per il genocidio, un giorno di blocco che sblocca un nuovo protagonismo
Un mondo Come si fa a portarsi addosso il peso di quello che sappiamo, che vediamo, che leggiamo ogni giorno nei racconti da Gaza? E come si fa a non gridare il proprio sdegno, la propria rabbia, l’elementare esigenza di restare umani e dunque di fermare subito Israele e il genocidio?
Come si fa a portarsi addosso il peso di quello che sappiamo, che vediamo, che leggiamo ogni giorno nei racconti da Gaza? E come si fa a non gridare il proprio sdegno, la propria rabbia, l’elementare esigenza di restare umani e dunque di fermare subito Israele e il genocidio? Non si può, come non si può più negare o nascondere la forza di questo sentimento popolare che ieri si è manifestato così chiaro nelle strade di tutto il paese. È grande ed è forte perché è rimasto a lungo compresso dalle prudenze, dai distinguo, dalla distrazione e non raramente dall’ignavia e dalla complicità del governo e delle forze politiche ed economiche.
È un sentimento che sta diventando un movimento. Come è già successo nella storia, la lotta di un piccolo popolo indica al mondo la strada di una resistenza che non è solo alla guerra e allo stermino, ma a tutto quello che alla guerra e allo sterminio stanno dietro, anche lontano da Gaza. Lo sfruttamento senza limiti, le disuguaglianze senza freni, la violenza senza giustizia. Proprio nel momento più buio, crollano di fronte alla buona fede i tentativi di mortificare con l’accusa di antisemitismo chi per terra e per mare ha il coraggio di battersi per la salvezza dei palestinesi, e dei gazawi ancora in vita, perché ha capito che la loro salvezza è quella di tutto il mondo. E appare chiarissimo come a rinvigorire la bestia dell’antisemitismo sia stata proprio l’impunità smaccata e insopportabile che l’Occidente offre a Israele.
Ma impunità è poco perché di collaborazione allo sterminio si tratta. Per fermare Israele l’Europa parla ma non agisce, scriveva ieri il New York Times. Gli Usa neanche parlano, ma questo vale per i governi. Non per le donne e gli uomini che hanno portato i loro corpi nelle piazze per bloccare tutto.
Centinaia di migliaia di lavoratori che fanno i conti con la povertà pure non hanno esitato a scioperare per Gaza. Bene avrebbe fatto il sindacato confederale a convocare lo sciopero generale, come da queste pagine gli avevamo chiesto. I suoi iscritti erano nelle piazze chiamate ieri dal sindacato di base che dunque va ringraziato. Ma non è più questione di sigle come non avrebbe mai dovuto essere questione di primogenitura. La partecipazione ha travolto anche i promotori. Ragazze e ragazzi si sono presi la scena, sono anche loro i protagonisti della lotta contro un destino che non può essere nero. Ma nero, rosso, bianco e verde come la bandiera che la guida.
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