In uno scenario politico/elettorale che forse virerà verso il proporzionale, se «l’intruso» Renzi se ne va dal Pd e tenta di fare un suo partito, è, almeno in parte, nella natura delle cose. Perché sotto un altro punto di vista, la scissione potrebbe essere interpretata soprattutto come conseguenza di un comportamento narcisistico, tipico delle persone di potere incapaci di accettare le proprie sconfitte e di restare «in fila», come si fa di solito in democrazia.
Comunque nella attuale e profonda ristrutturazione del sistema politico, tutti i soggetti vecchi, nuovi e in costruzione, sono in movimento. Adesso si sta smontando un equilibrio che
Leggi tutto: La scissione del piccolo monarca - di Norma Rangeri
Commenta (0 Commenti)Il nuovo governo. Da oggi con il governo M5S-Pd-LeU, si apre una nuova stagione politica. Che sarà costellata di ostacoli, contrapposizioni, rivalità, passi falsi. E non sarà facile centrare gli obiettivi previsti. Anche perché i conti vanno fatti tenendo ben presenti le condizioni economiche. Che sono deboli. Però da Conte fino all’ultimo parlamentare che sostiene questa alleanza, tutti sanno che siamo in presenza di qualcosa di più di una semplice scommessa
I rappresentanti del popolo, finché c’è questa Costituzione, sono i deputati e i senatori. E quanto al governo che chiede la loro fiducia, la sua funzione è volta al servizio del paese e va esercitata «con disciplina e onore».
La premessa del discorso del presidente del consiglio alla Camera, e quindi al Parlamento (il primo, forte, applauso, Conte lo ha suscitato nei confronti del presidente Mattarella), potrebbe essere soltanto galateo istituzionale. Se non fosse che i due leader della destra fascioleghista in quel momento erano in piazza per chiedere ancora una volta di dare la parola al popolo, in compagnia dei soliti saluti a braccia tese. Il loro agitarsi si ripeterà nei prossimi mesi, con una protesta a tutto campo. Ma intanto lo spettacolo che hanno offerto al paese è quello degli sconfitti: erano convinti di avere in mano l’Italia e adesso si ritrovano all’opposizione. Rabbiosamente.
Ora siamo in presenza di un’alleanza di governo inedita, imprevedibile solo due mesi fa, mal digerita da una parte, minoritaria, delle forze che la compongono, criticabile per diversi aspetti, sicuramente molto delicata. E proprio per queste ragioni richiede
Leggi tutto: Giochiamo una partita difficile - di Norma Rangeri
Commenta (0 Commenti)Palombella giallorossa. Certo, non staremo a guardare, come non staranno a guardare immobili le forze sociali, i sindacati dei lavoratori, i cittadini, i movimenti ambientalisti, le donne
La foto di gruppo dei ministri della coalizione di governo M5S-Pd-Leu, per il solo fatto di escludere il ministro dell’odio Salvini, il signor «chiamo le piazze» e «voglio i pieni poteri», che fuori campo sbava e minaccia di «riprendersi l’Italia», è positiva e apprezzabile.
Ma dall’immagine ecco che un enigma si approssima e diventa sempre più evidente, ora che il sipario si è alzato e i posti di governo sono occupati da nomi, biografie e si spera, da volontà alternative o comunque diverse – che brutta parola è la discontinuità – da quelle del governo precedente.
Perché la composizione dei ministri, da una parte, quella dei 5Stelle e dall’altra quella del Pd e anche di Leu, mostra insieme coraggio e novità, ma anche incapacità e vuoti (di contenuti e di memoria).
E una sostanziale verità: le due forze contraenti la coalizione di governo sono entrambe alla disperata ricerca di identità. Fino a sfiorare,
Leggi tutto: Una necessaria migrazione politica - Di Tommaso di Francesco
Commenta (0 Commenti)Crisi di governo. A prescindere dai nomi che riempiranno le diverse caselle - sicuramente importanti ma non fondamentali - bisognerà vedere su quali basi si costruirà l’accordo giallorosso: dobbiamo leggere gli obiettivi, i contenuti, vogliamo sapere se ci sarà una vera svolta
E dunque i «rospi» si baceranno. Al plurale perché in questa stressante fase politica, non è uno solo il reietto. Resta da capire se qualcuno diventerà principe, visto che al momento c’è già un regnante, Giuseppe Conte, che esce da un tunnel quasi buio, pieno di trabocchetti e di ostacoli.
Uno dei pochi premier a diventare presidente del Consiglio a stretto giro di posta, di due maggioranze diverse, e tuttavia non opposte tout-court visto che il M5S è l’elemento di continuità.
Un altro vincitore è il Parlamento. Perché così come è nato in Parlamento il contratto giallo-verde, sempre nella stessa massima istituzione forse nascerà un progetto alternativo, e di legislatura, tra il M5S e il Pd. Salvini e Meloni possono appellarsi al popolo dei 60 milioni di italiani prigionieri del Palazzo, possono gridare «al voto al voto», ma quello che accadrà, sempre che accada, è legittimo e nel rispetto delle regole democratiche. I plebisciti non sono previsti e solo la propaganda – e l’ignoranza della Costituzione – può arrivare a sostenere che si tratta di un tradimento del voto dei cittadini italiani. Se così fosse, allora gli elettori sono stati traditi già con il contratto giallo-verde, per il quale nessuno si era espresso nel terremoto politico del 4 marzo del 2018.
Ecco perché il segretario della Lega, nonostante i comizi, le invettive, la rabbia evidente, esce doppiamente sconfitto.
È stato lui ad aprire la crisi, sbagliando tempi e modalità, e ora è fuorigioco potendo contare solo sulla piazza e sugli errori di chi si accinge a governare.
Sarebbe sbagliato poi sottovalutare il ruolo svolto dal presidente della Repubblica. Che, saggiamente, si è affidato al senso di responsabilità dei partiti per evitare agli italiani un altro appuntamento elettorale, destinato a una campagna sicuramente furiosa, concentrata su rivalità politiche e personali più che sui problemi da risolvere.
E qui arriviamo al nodo più importante. A prescindere dai nomi che
Leggi tutto: Ma adesso dovete dirci il programma - di Norma Rangeri
Commenta (0 Commenti)
Zingaretti e Di Maio in un incontro del 2018 © Fabio Cimaglia /LaPresse
Ma ai Salvini, alle Meloni, ai Berlusconi, che bollano l’eventuale alleanza M5S-Pd come una truffa, che la demonizzano come il governo più a sinistra della storia, e chiedono le elezioni purificatrici, cosa si risponde, che hanno ragione?
Chi fa politica, e decide, dovrebbe guardare ai fatti nella loro complessità, senza farsi influenzare da comportamenti personali, e personalistici, utili solo a creare poi altri ostacoli e altra confusione in questa fase molto delicata per il futuro del Paese. E se stiamo alle parole dei Dem, a seguito del primo incontro con i 5S, possiamo essere e vedere la situazione con un certo ottimismo.
Tuttavia tra i commentatori, tra gli osservatori è il pessimismo la nota prevalente, con il rischio serio però di sfociare nell’autolesionismo. A conferma che il personaggio Tafazzi è sempre molto caro alla sinistra italiana.
Il punto di partenza, è bene ripeterlo ogni volta, è
Leggi tutto: Sì, Salvini premier fa paura - di Norma Rangeri
Commenta (0 Commenti)Crisi di governo. Sembra di capire che il Partito democratico preferisca un governo chiaramente salviniano per potersi meglio fare le ossa e crescere nei consensi grazie alla polarizzazione
Si assiste in queste ore convulse ad una gara di entusiasmo per il voto anticipato. Nel nome della chiarezza, del non inciucio, del far parlare gli italiani – a destra come a sinistra, tutti stregati dal ritorno alle urne. E Matteo Salvini dirige questo garrulo coro nel quale poco o nulla ci si preoccupa delle possibili conseguenze di un monocolore targato Lega.
Eppure bisognerebbe preoccuparsi molto proprio in base a quello che Salvini ha mostrato di poter fare in questo anno di governo di coalizione, e per quel che ha detto nel comizio a Pescara: «Abbiamo fatto una scelta di coraggio. Adesso chiedo agli italiani se hanno la voglia di darmi pieni poteri per poter fare quello che abbiamo promesso senza palle al piede. Chi sceglie Salvini sa cosa sceglie».
«Pieni poteri» – cosa assurda in una democrazia parlamentare, è ovvio. Ma il solo coraggio di usare questa espressione mussoliniana, intesa probabilmente a rubare consensi a Fratelli d’Italia, fa rabbrividire.
Salvini vuole la libertà dai lacci e lacciuoli che imporrebbero un governo di coalizione – ecco perché mostra fastidio a presentarsi come il capo di una maggioranza di destra (con disappunto di Giorgia Meloni e di quel che resta di Forza Italia).
Salvini è il Capitano del suo popolo, non di quello d’altri. E il suo popolo, come sanno bene coloro che studiano il populismo, è un artificio retorico di tanta maestria da riuscire a far sentire chi vi si identifica una cosa sola col capo.
Così fu per il più grande dei populisti, colui che diede a questa forma di governo un’identità sua propria, Juan Domingo Perón, il quale disse celebrando la vittoria elettorale del 1949: «Abbiamo dato al popolo l’opportunità di scegliere … Il popolo ci ha eletto, e il problema è risolto».
Il capopopolo pratica una forma di rappresentanza che ha davvero poco a che fare con il mandato elettorale,
Leggi tutto: Non cadiamo nel baratro populista - di Nadia Urbinati
Commenta (0 Commenti)