Nella foto: Manifestazione degli studenti a Milano contro le riforme del governo. Via @Getty Images
Oggi un Lunedì Rosso dedicato all’oppressione.
Quella che, secondo la rivista israelo-palestinese 972mag, è prevista nel presente e nel futuro che l’ultradestra israeliana immagina per Gaza.
L’oppressione che deriva dalle piccole e grandi discriminazioni che avvengono nelle discipline sportive, ne parla nel suo libro “Corpi che contano” la scrittrice Nadeesha Uyangoda.
Opprimere è una prerogativa di chi ha potere, così come è un diritto resistere all’oppressione.
Si prepara per dicembre a Roma una grande manifestazione nazionale contro il ddl Sicurezza, provvedimento ritenuto liberticida da molte anime della società.
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Nella dichiarazione finale l’accorato appello agli stati ad unirsi all’Alleanza globale contro la fame e la povertà. E la sfida per il lavoro dignitoso
Si è trattata di una prima volta e di una scommessa senza precedenti quella del presidente Lula: riunire poco prima del Summit dei Capi di Stato e di governo del G20, tutti i rappresentanti dei gruppi di impegno a Rio de Janeiro per elaborare una dichiarazione che parta dal basso da consegnare al summit. I gruppi di impegno sono i gruppi della società civile, dei movimenti e delle parti sociali: sindacati, imprenditori, movimenti sociali informali, ong, etc.
La Cgil, che quest’anno ha avuto il compito di dirigere i lavori del Labour7 (il summit dei sindacati dei Paesi del G7), ha partecipato ai lavori del G20 social e alle iniziative collaterali organizzate a Rio de Janeiro. I lavori sono stati organizzati attorno a tre aree tematiche: lotta alla fame, alla povertà e alle diseguaglianze; sostenibilità, cambiamento climatico, transizione giusta; riforma della governance globale. La dichiarazione contiene un forte appello agli stati ad unirsi all’Alleanza globale contro la fame e la povertà, in linea con l’agenda 2030 e gli obiettivi di sviluppo sostenibile.
Nella lotta alle diseguaglianze, diventa centrale il tema del lavoro dignitoso “in linea con gli standard dell’Oil, come elemento fondamentale per superare povertà e disuguaglianza. È imperativo combattere il lavoro schiavo, il lavoro minorile, la tratta di esseri umani e tutte le altre forme di
Dopo gli scontri tra polizia e studenti «Prima si incita alla rivolta, poi si aggrediscono i poliziotti, poi si spara». Dopo il «No Meloni day» il ministro Nordio agita lo spettro degli anni di piombo e ordina ai magistrati «severità contro questi banditi». E sull’autonomia Calderoli spera che l’opposizione «taccia per sempre»
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio – Mauro Scrobogna /LaPresse
Il ruolo richiederebbe prudenza, almeno un minimo per permettere ai magistrati di svolgere serenamente il proprio lavoro. Non sembra però pensarla in questo modo il ministro della Giustizia Carlo Nordio che ieri, facendo riferimenti agli scontri tra studenti e polizia avvenuti venerdì in occasione del «No Meloni Day», si è lasciato andare a qualcosa di più di un semplice commento: «Spero che la magistratura intervenga nei tempi più rapidi e nel modo più severo nei confronti di questi banditi che hanno ferito le forze dell’ordine». Parole che vengono lette dall’opposizione come un’indicazione alle toghe su come agire, tanto da spingere il deputato di Avs Angelo Bonelli a chiedere «con quali poteri il ministro Nordio possa impartire ordini alla magistratura».
Il Guardasigilli parla a Stresa dove si trova per il forum organizzato dalla Fondazione Iniziativa Europea. E a margine dei lavori si lascia andare a una serie di considerazioni a 360 gradi. A cominciare dalla decisione presa dalla Consulta sull’Autonomia differenziata, che il Guardasigilli giudica «equilibrata, se si chiede se impedirà il referendum, ’a spanne’ direi di sì». Proseguendo poi con i provvedimenti di annullamento dei trattenimenti di migranti in Albania («Secondo noi vi è una assoluta carenza di motivazione») per finire parlando di una presunta caduta della credibilità dei magistrati («Vera a falsa che sia, l’opinione che hanno i cittadini è che alcuni di questi magistrati non siano imparziali ma condizionati politicamente dai propri pregiudizi»).
Ma è su quanto accaduto venerdì, e in modo particolare sugli scontri di Torino, che il ministro usa le parole più dure arrivando ad agitare lo spettro degli anni di piombo: «Data la mia età, ho visto come è nato il terrorismo, proprio a Torino», dice. «Hanno iniziato così, prima si incita alla rivolta, poi si aggrediscono i poliziotti poi si fa il gesto della P38 per strada e poi però si spara. Quindi l’intervento deve essere efficace. Non ci sono attenuanti per chi aggredisce le forze dell’ordine».
Farò tesoro degli indirizzi che usciranno dalla sentenza della Consulta, mi auguro poi le opposizioni taceranno e mi auguro taceranno per sempre Calderoli sull’automonia
Parole che inevitabilmente suscitano la reazione da parte delle opposizioni. Il primo a rispondere è Angelo Bonelli: «Nordio è riuscito a evocare lo spettro del terrorismo parlando delle manifestazioni degli studenti che manifestavano per lo stop ai tagli alla scuola e contro la violenza a Gaza e per loro il ministro ha chiesto alla magistratura pene severe. Io mi chiedo con quali poteri il
Leggi tutto: Nordio agita lo spettro del terrorismo - di Marina Della Croce
Commenta (0 Commenti)«I poteri dello Stato rispettino i limiti». Di fronte a una maggioranza che rompe gli argini e criminalizza chi non si allinea, il presidente Mattarella è costretto a intervenire ancora. Con sempre maggiore chiarezza: «Ho promulgato anche leggi che non condividevo, ma era il mio dovere»
Un messaggio al governo che sconfina. E il presidente sottolinea: «Ho promulgato leggi che ritenevo sbagliate, era mio dovere»
«Ciascun potere e organo dello Stato deve sapere che ha limiti che deve rispettare. Gli organi dello Stato non sono fortilizi contrapposti che cercano di strappare territorio l’uno all’altro. Essere arbitro significa ricordare a tutti i limiti delle proprie attribuzioni e delle sfere in cui operano e ciò vale per il potere legislativo, esecutivo e giudiziario». Con i modi inappuntabili di sempre e la puntigliosa attenzione alla correttezza istituzionale che gli è propria, rispondendo alle domande degli studenti nell’evento organizzato dall’Osservatorio giovani editori, Sergio Mattarella picchia durissimo. E prosegue sullo stesso tono: «È importante che nessun organo dello Stato abbia troppo potere. Il contenimento nei propri limiti è fondamentale così come il controllo esercitato dagli organi imparziali, che indicano i limiti di ciascun potere».
NON SONO PAROLE estemporanee. Mattarella dice quel che aveva già deciso di dire a prescindere dalle domande degli studenti. Per pronunciare le parole più importanti della giornata si attacca a una domanda che in realtà era quasi su altro. Ma nelle scelte del presidente nulla è mai casuale. Tre giorni fa, dopo l’invasione di campo di Elon Musk, aveva optato per una dichiarazione ufficiale fortissima proprio perché pubblicata sul sito del Quirinale ed era stata questa “solennità” a mandare fuori dai gangheri la premier. Il giorno dopo aveva dato una mano a Raffaele Fitto, appoggiando la sua contrastata corsa alla vicepresidenza della Commissione europea, per dimostrare che il Colle non è mai di parte se non a favore dell’interesse del Paese.
Lo ripete anche agli studenti: «La dialettica politica deve tener conto dell’interesse nazionale». Ma per staffilare il governo, la sua tendenza a dilagare molto oltre i propri limiti istituzionali, la sua pretesa di dettare legge agli altri organi dello Stato, preferisce una sede rigorosamente informale. In modo da lanciare un segnale preciso ma senza esasperare la polemica.
I SEGNALI IN REALTÀ Sono due, perché il capo dello Stato si sofferma anche e a lungo sul ruolo della stampa e dell’informazione: «L’informazione non è un prodotto: è un bene essenziale. La libertà di informazione è l’ossigeno della vita democratica. Ma servono regole per difendere i cittadini da notizie artefatte. Serve consapevolezza per rimuovere il rischio che le notizie siano filtrate da preconcetti o algoritmi». È anche questo un messaggio rivolto però a un intero sistema politico che sempre più si basa sulla manipolazione delle informazioni permessa dai social e dal controllo sui social. Forse è una coincidenza che parole simili siano spese pochi giorni dopo la durissima replica a un tycoon che partecipa da protagonista al controllo dell’informazione sui social. Forse però, anzi probabilmente, non lo è affatto.
IL PRESIDENTE RISPONDE a domande precise, tornando però su temi che negli ultimi tempi aveva già toccato più volte ma stavolta in modo ancora più esplicito. «Il presidente non promulga solo le leggi che gli piacciono. Mi è capitato più volte di promulgare leggi che non condividevo affatto perché questo era il mio dovere. Il presidente non promulga solo leggi di evidente incostituzionalità, non basta un dubbio altrimenti usurperei i compiti della Corte costituzionale». In dieci anni di mandato, quelle leggi firmate “controvoglia” sono state certamente molte e partorite da governi di segno opposto. Ma oggi è impossibile evitare che vengano in mente per prime quelle sull’immigrazione del governo in carica che
Leggi tutto: L’altolà di Mattarella: ogni potere resti dentro i suoi limiti - di Andrea Colombo
Commenta (0 Commenti)La Corte costituzionale smonta la legge sull’autonomia differenziata firmata dal ministro della Lega. È illegittima nei suoi punti essenziali: non c’è un diritto delle regioni alla secessione e il parlamento non va tagliato fuori. Referendum in forse, ma governo già sconfitto
La decisione Censurati i due pilastri della legge: la cessione alle regioni di tutte le materie previste nel Titolo V, l’esclusione del Parlamento sui Lep. La devoluzione, in particolare, deve riguardare «specifiche funzioni» e deve anche essere giustificata. La Corte resta competente a vagliare la costituzionalità delle singole leggi di differenziazione, qualora venissero censurate con ricorso da altre regioni
Roma, la sede della Corte Costituzionale – Mauro Scrobogna/LaPresse
La legge Calderoli sull’autonomia differenziata è incostituzionale nei suoi due cardini: la devolvibilità alle regioni di tutte le materie previste dal Titolo V della Carta, nonché le modalità di determinazione dei Lep che escludono il Parlamento dalle decisioni in materia. In più altre norme vanno «interpretate» e attuate in una direzione diversa da quella su cui si stava muovendo il governo. Lo ha detto la Corte costituzionale in un lungo e articolato comunicato in cui ha annunciato le proprie decisioni, che saranno motivate sul piano giuridico nella sentenza che verrà pubblicata ai primi di dicembre.
Una sentenza che «smonta» la contestata legge targata Lega e apre scenari politici ancora da decriptare. Questioni inedite si aprono anche per la Cassazione, chiamata a decidere se vi siano ancora gli estremi per celebrare il referendum abrogativo della legge e, se sì, come riformulare il quesito.
IL COMUNICATO, diffuso ieri nel tardo pomeriggio, spiega che la Consulta «ha ritenuto non fondata la questione di costituzionalità dell’intera legge sull’autonomia differenziata», cosa che permette al governo di salvare la faccia. Tuttavia la Corte, dopo un preambolo sui principi solidaristici e unitari della Costituzione repubblicana, spiega che «ha ravvisato l’incostituzionalità dei seguenti profili della legge», con un elenco impietoso, visto che riguarda i cardini del provvedimento.
In primis il fatto che possano essere devolute intere materie o anche tutte e 23 le materie previste dall’articolo 117 della Carta, «laddove la Corte ritiene che la devoluzione debba riguardare specifiche funzioni legislative e amministrative e debba essere giustificata». In effetti l’articolo 116 comma 3 parla di «forme e condizioni particolari» di autonomia di competenze.
IN SECONDO LUOGO il fatto che in tutti i suoi passaggi la legge Calderoli abbia messo nelle mani del solo governo la determinazione dei Lep (Livelli essenziali delle prestazioni) che, insiste il comunicato, «concernono i diritti civili e sociali». In particolare la legge Calderoli affida a uno o più decreti legislativi la determinazione dei Lep, sui quali il Parlamento può solo esprimere un parere; a ciò si aggiunge che la legge delega sia «priva di idonei criteri direttivi». In più, le successive modifiche ai Lep sono affidate a dei semplici dpcm, decreti della presidenza del Consiglio – di pandemica memoria – su cui le Camere non possono nemmeno dare un parere.
GIÀ L’ABBATTIMENTO dei due pilastri della legge Calderoli è una Caporetto per il governo Meloni; come se non bastasse i giudici hanno indicato che
Leggi tutto: Autonomia, la Corte smonta lo «spacca Italia» di Calderoli - di Kaspar Hauser
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«L’Italia sa badare a se stessa nel rispetto della sua Costituzione» e nessuno dall’estero «può impartirle prescrizioni». Sergio Mattarella replica con ferma durezza a Elon Musk, che in due tweet – tra martedì e ieri- aveva scritto «questi giudici devono andarsene», per poi definire i magistrati italiani «un’autocrazia non eletta che prende le decisioni».
Ma il miliardario fresco di nomina nella squadra di Trump, che aveva messo nel mirino i giudici italiani sul caso Albania, sente l’amica Meloni e replica a stretto giro: «Continuerò a esprimere le mie opinioni tutelate dal Primo emendamento e della Costituzione italiana». Tra i due tweet anti-giudici, era riuscito a scriverne un altro per definire la ong Sea-Watch un’«organizzazione criminale».
LA REPLICA DI MATTARELLA, pur senza citare Musk, è molto diretta. E arriva circa due ore dopo il terzo tweet di Musk, quello sull’autocrazia. «Chiunque, particolarmente se, come annunziato, in procinto di assumere un importante ruolo di governo in un Paese amico e alleato, deve rispettarne la sovranità e non può attribuirsi il compito di impartirle prescrizioni».
Nel suo messaggio, il capo dello Stato ricorda che già nell’ottobre 2022, quando Meloni vinse le elezioni, aveva utilizzato le stesse parole per replicare alla ministra francese Laurence Boone, che aveva annunciato una sorta di «vigilanza» sull’operato del governo di destra centro. «L’Italia sa badare a stessa» ripete il Capo dello Stato esattamente due anni dopo rivolgendosi a Musk, appena nominato capo del Dipartimento per l’efficienza del governo americano.
NEPPURE DOPO IL SECONDO tweet del miliardario vicino a Trump, da palazzo Chigi e dintorni nessuno aveva sentito il bisogno di dire qualcosa. Ci ha pensato il Quirinale che, sempre nel rispetto delle sovranità di tutti i paesi, da tempo avverte dei rischi democratici rappresentati da individui e imprese multinazionali che nello scenario globale pesano più dei singoli stati.
Parlando alle alte cariche dello Stato a fine dicembre 2023, Mattarella aveva evocato 1984 di Orwell, ricordando per i giganti del web «l’esigenza di regole per evitare che pochi
Leggi tutto: Mattarella in campo contro Elon Musk: «L’Italia bada a se stessa» - di Andrea Carugati
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