Nella foto: Bombardamenti israeliani a Beirut, Libano @Bilal Hussein/Ap
Oggi un Lunedì Rosso dedicato all’idea del fuori. La incarna l’attivista curdo iraniana Maysoon Majidi, finalmente uscita da una lunga reclusione nelle carceri italiane, dopo essere fuggita dalle persecuzioni di vari governi. Sono fuori, perché spesso detenuti e respinti ai confini dell’Europa, i richiedenti asilo che provengono da paesi definiti “sicuri”. Ma cosa definisce davvero un paese sicuro? Fuori, o sulla soglia sottile che divide salute e malattia mentale, qui si collocano oggi tanti abitanti di Israele, dopo oltre un anno di sangue, la tenuta nervosa del paese è in declino.
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Commenta (0 Commenti)La risposta di Israele all’attacco iraniano del primo ottobre alla fine scatta, ma è «contenuta». Come chiesto dagli Usa. È comunque il primo passo verso la guerra diretta tra i due paesi. L’Iran minimizza: danni lievi ai siti militari e quattro soldati uccisi. Ma «risponderemo»
Assaggio pericoloso I jet di Tel Aviv hanno colpito 20 siti militari in un raid contenuto rispetto alle previsioni. Tel Aviv bombardare in Libano, uccise 19 persone. Colpita ancora la periferia di Beirut
Teheran nella notte dell’attacco israeliano
Lo scontro frontale ora frenerà o l’attacco israeliano all’Iran dell’altra notte, seppur «contenuto», ha segnato un ulteriore passo verso il baratro? Tanti se lo domandavano ieri mentre tiravano un sospiro di sollievo per le apparenti dimensioni ridotte del raid aereo israeliano e per il bilancio relativamente basso di morti in Iran: quattro soldati. La guerra totale sembra evitata, ma la prospettiva continua ad aleggiare.
IN REALTÀ LA GUERRA APERTA cercata dal premier Netanyahu per creare, dopo il 7 ottobre 2023, un «Nuovo ordine» in Medio oriente – con un Iran fortemente ridimensionato – è già in atto. Tel Aviv e Teheran sono sprofondate da tempo in un conflitto regionale ad intermittenza, a causa della distanza tra i due paesi, che, con ogni probabilità, si intensificherà anche se l’Iran dovesse scegliere di non reagire all’attacco subito in risposta al suo lancio di 181 missili su Israele lo scorso 1° ottobre. «Gli attacchi della guerra ombra sono entrati a pieno titolo in un conflitto aperto, anche se per ora di tratta di un conflitto gestito», diceva ieri l’analista Ellie Geranmayeh al New York Times. Fin troppo esplicite le minacce del portavoce militare israeliano Daniel Hagari: «Se il regime in Iran dovesse commettere l’errore di iniziare un nuovo ciclo di escalation, saremo obbligati a rispondere. Il nostro messaggio è chiaro: tutti coloro che minacciano lo Stato di Israele e cercano di trascinare la regione in un’escalation più ampia pagheranno un prezzo elevato». Il dito, avverte Hagari, resta sul grilletto. E in queste ore su Netanyahu premono, per alzare il tiro, non solo le forze più radicali della sua maggioranza di estrema destra religioso. Chiedono più guerra, più escalation proprio i leader dell’opposizione critici verso il governo per la scelta degli obiettivi in Iran. L’ex premier centrista Yair Lapid, ha dichiarato che «la decisione di non attaccare obiettivi strategici ed economici in Iran è stata sbagliata». Secondo Lapid, Israele «avrebbe potuto e dovuto esigere un prezzo molto più alto da Teheran». L’ultranazionalista ministro della Sicurezza Itamar Ben Gvir invece ha esortato il governo a considerare il raid come «il colpo di apertura» di prossimi attacchi più devastanti.
TUTTI – DESTRA, SINISTRA CENTRO – esaltano le capacità dimostrate dall’aviazione, capace di colpire con 100 velivoli, tra cacciabombardieri e droni, a 1.600 km di distanza «con estrema precisione» impianti iraniani per la produzione di missili, i sistemi di difesa terra-aria e ulteriori capacità aeree iraniane. «L’esercito israeliano – scriveva ieri il quotidiano Haaretz – ha voluto comunicare che è in grado di raggiungere qualsiasi punto del Medio oriente indipendentemente dalla distanza e che gli iraniani avranno difficoltà a impedirglielo». L’altra notte, nella prima fase dell’attacco, gli aerei hanno preso di mira i radar e la contraerea in Siria e Iraq, poi gran parte di essi hanno proseguito verso Teheran. All’esterno del territorio iraniano hanno lanciato i missili distruggendo, pare, batterie antiaeree S-300. Una seconda ondata avrebbe attaccato i siti di produzione di missili a lungo raggio e
Commenta (0 Commenti)L'esercito: 'Colpite le strutture di produzione di missili. L'Iran pagherà un prezzo alto se risponderà all'attacco'. Usa, Iran cessi attacchi a Israele per fermare escalation
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L’esercito israeliano fa saltare in aria undici palazzi a Jabaliya, è un massacro: 150 tra uccisi e feriti. Dopo venti giorni di assedio, decine di migliaia di palestinesi espulsi dal nord di Gaza: rifugi dati alle fiamme, arresti e fuoco sugli ospedali. Il Piano dei Generali è in corso
Invado avanti L’esercito israeliano fa saltare in aria 11 palazzi: 150 tra morti e feriti. Colpito il Kamal Adwan. 17 uccisi in una scuola a Nuseirat. In Libano uccisi 19 civili e cinque soldati israeliani
Gaza. La scuola di Nusseirat colpita ieri da Israele – gettyimage
Un massacro enorme, un bagno di sangue tra i peggiori subiti da Gaza da un anno a questa parte. Dal campo profughi di Jabaliya, sotto assedio da tre settimane, con le scuole e le case date alle fiamme per non far tornare gli sfollati, ieri sera giungevano notizie di nuovi orrori causati da un violento bombardamento aereo israeliano su una dozzina di case. Le vittime, tra cui bambini, sono almeno 100, ha riferito la Protezione civile palestinese, costretta a sospendere le operazioni nel nord di Gaza a seguito degli attacchi israeliani. «Si parla di oltre 100- 150 martiri e feriti e neppure noi possiamo intervenire per salvarli», ha avvertito un dirigente della Protezione civile.
Sotto il fuoco delle forze israeliane, c’erano ieri anche gli ospedali nel nord di Gaza. «Il nostro ospedale è stato preso di mira, siamo sotto tiro». Con tono concitato Hussam Abu Safiya, direttore del Kamal Adwan, denunciava ieri i colpi subiti dal suo ospedale dove sono ricoverati 150 feriti gravi, tra cui 14 bambini. «C’è un numero elevato di feriti e ne perdiamo almeno uno ogni ora a causa della mancanza di forniture mediche e di personale. Le nostre ambulanze non possono trasferire i feriti. Quelli che possono arrivare da soli cerchiamo di assisterli. Quelli che non ce la fanno muoiono per strada», ha aggiunto Abu Safiya. Fonti non ufficiali parlavano di raffiche sparate sui serbatoi dell’acqua e il reparto di terapia intensiva del Kamal Adwan. Israele non ha commentato la notizia. Non è la prima volta in queste ultime settimane, ricordano i palestinesi, che gli ospedali vengono attaccati.
Da 20 giorni è un inferno da nord fino alla periferia del capoluogo Gaza city. Il portavoce militare fa sapere che «200 palestinesi sospetti» sono stati arrestati. Decine li abbiamo visti in video, in fila, ammanettati, lasciati in mutande, tra le rovine di edifici sventrati dalle bombe, di fatto costretti a dichiarare ad alta voce «odio e rabbia» nei confronti di Hamas «unico responsabile della distruzione di Gaza», prima di essere portati via.
Questo mentre il bilancio dei palestinesi uccisi dal 7 ottobre 2023 sale veloce verso 43mila e decine di migliaia di civili fuggono dal nord verso il centro e il sud di Gaza, senza cibo e con pochissima acqua perché gli aiuti umanitari arrivano da settimane con il contagocce. Uno sfollamento pianificato, lo provano i bombardamenti incessanti e i continui ordini di evacuazione. Non è marginale, peraltro, che il premier Benyamin Netanyahu si sia rifiutato di negare che l’intenzione di Israele sia svuotare il nord di Gaza della sua popolazione per
Commenta (0 Commenti)Manovra Nel 2025 non ci saranno assunzioni di medici e infermieri, tutto rimandato alla prossima legge finanziaria. Dai sanitari arrivano toni duri contro il «tradimento», i sindacati lanciano lo sciopero nazionale per il 20 novembre e una manifestazione
Dopo l’esame del presidente della Repubblica, il disegno di legge sulla manovra finanziaria è stato depositato ieri alla Camera. Nel testo ci sono finalmente le cifre della spesa sanitaria. Nel 2025 il governo investirà 1,3 miliardi in più per la salute, che si aggiungono agli 1,2 miliardi già previsti dalla legge di bilancio dello scorso anno.
In totale, l’aumento di risorse per il Ssn ammonta a 2,5 miliardi di euro lordi. Sulle risorse che andranno a medici e infermieri bisogna però detrarre le tasse e si arriva così vicino al misero 0,4% del Pil che il governo ha comunicato a Bruxelles come aumento netto della spesa sanitaria, nemmeno un miliardo di euro. Sono pochi decimali in più e non la svolta promessa dal ministro della salute Orazio Schillaci, che aveva annunciato il probabile stanziamento di «oltre tre miliardi di euro» per reclutare medici e infermieri. Incauto.
«CON 1,3 MILIARDI non si raggiunge nemmeno la metà dei fondi necessari per tagliare le liste d’attesa e assumere nuovo personale sanitario» commenta la segretaria Pd Elly Schlein. «Scompare il piano straordinario per le nuove assunzioni. È una batosta clamorosa per il servizio sanitario nazionale». Le numerosissime dichiarazioni di ieri di parlamentari e dirigenti Pd sottolineano «il punto più basso del finanziamento alla sanità pubblica degli ultimi 15 anni» in rapporto al Pil. Marco Grimaldi (Avs) fa il confronto con la difesa dopo l’ok della commissione bilancio allo stanziamento di 400 milioni in favore della difesa aerea: «I soldi sono già disponibili dal 2025 fino al 2034» dice il deputato. «Però per la sanità i soldi non ci sono».
LA DELUSIONE è fondata. Dopo molte richieste di chiarimento, anche il governo infatti ammette che nel 2025 non ci saranno assunzioni di medici e infermieri ma solo «la programmazione da parte delle regioni del piano di assunzioni che verranno effettuate nel 2026» come spiegano fonti ministeriali alle agenzie. Tutto rimandato alla prossima legge finanziaria, dunque.
Dai sanitari arrivano toni duri contro il «tradimento». La manovra, denunciano i sindacati degli ospedalieri Anaao e Cimo-Fesmed e quello degli infermieri Nursing Up, «conferma la riduzione del finanziamento per la sanità rispetto a quanto annunciato nelle scorse settimane e cambia le carte in tavola rispetto a quanto proclamato per mesi». 150 milioni copriranno l’aumento dell’indennità per i medici, e in particolar modo per quelli che lavorano in pronto soccorso, per gli infermieri e le altre professioni del comparto.
Tenuto conto delle tasse, però, non è abbastanza. Al mese fanno «17 euro nette per i medici e 14 euro netti per i dirigenti sanitari – spiegano i sindacalisti – mentre nelle tasche degli infermieri arriverebbero circa 7 euro». Inoltre, «si è persa traccia del piano straordinario di assunzioni e dello sblocco del tetto di spesa per il personale» che impedisce alle Regioni di effettuare nuove assunzioni e favorisce il subappalto dei turni scoperti ai cosiddetti «gettonisti» a costi maggiorati per la sanità pubblica. «Non possiamo essere complici dell’ormai evidente smantellamento del Servizio sanitario nazionale» dicono i segretari delle tre sigle Pierino Di Silverio, Guido Quici e Antonio De Palma. E proclamano per il 20 novembre uno
Commenta (0 Commenti)Meloni costretta a festeggiare i due anni di governo solo in video e con una serie di slide su record inventati. Rafforzato il decreto anti-migranti per salvare il modello Albania, ma resta inutile o quasi. E il testo della manovra non c’è
Io parlo da sola Il governo cambia il decreto sui Paesi sicuri. Mattarella firmerà, il pasticcio resta
Un’immagine dal video postato ieri da Giorgia Meloni
Doveva essere una festa a caviale e champagne, conferenza stampa fiume con tutti i ministri in bella schiera, trionfalismo a go go, superlativi a perdere. È finita a spumantino e tramezzini da bar. La celebrazione del secondo compleanno del governo Meloni si è risolta in un modesto videomessaggio della premier, di quelli da ordinaria amministrazione. Poco meno di due minuti: «Non mi sono risparmiata», «Sono soddisfatta dei risultati e dei traguardi raggiunti», «Sono consapevole di quanto lavoro ci sia ancora da fare». Non entrerà negli annali. Fatica persino ad approdare nella cronaca di giornata.
COLPA IN PARTE della manovra, che ancora non quadra come dovrebbe e tarda ad arrivare in parlamento. Con la legge di bilancio vacante sarebbe stato comunque un compleanno senza torta. Colpa soprattutto del pasticcio albanese, che è un guaio serio e chi ha voglia di fare festa quando il fiore all’occhiello si scopre appassito, la carta vincente per indicare la direzione all’Europa si rivela un’inutile scartina?
Il dl presentato lunedì sera da Mantovano, Nordio e Piantedosi serviva solo alle esigenze della propaganda, certo non secondarie ma neppure risolutive. I magistrati possono ignorare quel decreto in nome della prevalenza gerarchica della norma europea. Il Colle si era messo di mezzo su ogni ulteriore contenuto di carattere procedurale. Il governo, dopo alcuni momenti di tensione alta, si era rassegnato ad arretrare.
ALLA FINE LA PREMIER e i suoi ministri hanno deciso di forzare almeno un po’ per portare a casa qualcosa in più di una lista dei Paesi sicuri promossa a norma primaria, in quanto legge, ma inutile o quasi lo stesso. Il testo finale contiene a sorpresa una seconda modifica, della quale non c’era stata traccia nella conferenza stampa di lunedì sera: i ricorsi contro le sentenze del Tribunale saranno presentati in Appello, che deve decidere entro 10 giorni, e non più in Cassazione. Questione di celerità insomma. Il Quirinale non si aspettava la
Leggi tutto: Meloni rilancia sull’Albania, ma la festa non decolla - di Andrea Colombo
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