La premier socialdemocratica Sanna Marin manca la riconferma alla guida della Finlandia. A vincere le elezioni generali, in una corsa combattutissima tra i tre partiti principali, sono stati i conservatori del Partito della coalizione nazionale (Ncp), guidato dall’ex ministro delle Finanze Petteri Orpo, che ha ottenuto il 20,7% e 48 seggi all’Eduskunta, il Parlamento finlandese. “Sulla base di questo risultato, i colloqui per la formazione di un nuovo governo in Finlandia saranno avviati sotto la guida del nostro partito”, ha detto Orpo, che riceverà un incarico espolorativo da primo ministro. Al secondo posto si è piazzata l’ultradestra di Veri finlandesi, guidata da un’altra donna, Riikka Purra, che si è attestata al 20,1%, il miglior risultato della storia del partito (46 seggi). Marin invece è arrivata terza, fermandosi al 19,9% (43 seggi). La leader dell’esecutivo uscente ha ammesso la sconfitta: “Il numero dei nostri seggi è aumentato. È un ottimo risultato, anche se oggi non sono arrivata prima”, ha detto, congratulandosi sia con il centro-destra che con Veri finlandesi.
L'INIZIATIVA DOPO LE DICHIARAZIONI SHOCK SU VIA RASELLA. Di fronte alle parole gravissime del Presidente del Senato non possiamo tacere. Abbiamo raccolto in poche ore le firme su un appello per le dimissioni di La Russa che vi […]
Di fronte alle parole gravissime del Presidente del Senato non possiamo tacere. Abbiamo raccolto in poche ore le firme su un appello per le dimissioni di La Russa che vi chiediamo di pubblicare. In particolare segnaliamo quelle dei partigiani Gastone Cottino e Aldo Tortorella, dell’ex-presidente della Camera Fausto Bertinotti, del presidente dell’Arci Walter Massa, di storici, intellettuali, artisti, attivisti e ex-parlamentari. Da alcuni minuti la petizione è on line e chiediamo di firmarla a tutte le cittadine e i cittadini che si riconoscono nella Costituzione nata dalla Resistenza.
Si avvicina il 25 aprile, la festa della Liberazione, la primavera della nostra democrazia rinata dopo vent’anni di feroce dittatura mussoliniana, dopo una guerra scatenata dal nazifascismo. Una festa nazionale, popolare, fondativa che già nel primo decennio degli anni Duemila gli improbabili liberali berlusconiani volevano candeggiare dalle macchie comuniste ribattezzandola, non più festa non della Liberazione ma della Libertà. Poi bastò che il Cavaliere si arrotolasse attorno al collo il fazzoletto partigiano perché tutti apprezzassero il geniale spot e tirassero un sospiro di sollievo. Il maldestro tentativo revisionista non riuscì ma era solo rinviato.
La peggior destra europea, oggi al governo del paese, torna a battere quella strada. Meloni e i suoi sodali ci riprovano procedendo sul doppio binario di Patria e Famiglia. Vogliono tagliare le radici antifasciste della Repubblica, sfigurando la cultura costituzionale del paese. Vogliono ripulire dalle infiltrazioni moderniste i rapporti tra le persone cancellando i diritti civili, negando l’emancipazione sessuale di uomini e donne.
Questa destra, dobbiamo saperlo, procede con metodo, lucida intelligenza, tracotante sicumera. Come se la vittoria elettorale, il consenso popolare (piuttosto
Leggi tutto: Cancellano la nostra vera storia - di Norma Rangeri
Commenta (0 Commenti)SOLDI EUROPEI. Scaricabarile sui ritardi nei progetti per spendere i 220 miliardi. Ex premier furioso per gli attacchi. Schlein: hanno detto che erano pronti, non lo sono
Il segnale è eloquente e pessimo: intorno al Pnrr e ai suoi ritardi fioriscono solo accuse reciproche, oltre a un coro di sindaci e governatori che strepitano perché i soldi siano affidati a loro che saprebbero ben come spenderli. Ieri è stato il turno del primo cittadino di Roma Gualtieri: «Dateci 500 milioni e noi li mettiamo a terra entro giugno 2026». Repertorio.
Per l’opposizione è tutta colpa di questo governo incapace: «Hanno detto che erano pronti e pronti non sono», attacca Elly Schlein. L’addebito non è infondato: la governance articolata fra Chigi e il Mes funziona con dei limiti, i sistemi di controllo informatici sullo stato dei lavori dei vari ministeri devono ancora essere armonizzati, gli acconti del Mef alle aziende si limitano al 10% ed è poco. Però mettere all’indice un governo in carica da pochi mesi per vizi decennali è un bel po’ esagerato. Alcuni governanti se la prendono con l’esecutivo precedente, e anche qui qualcosa di vero c’è: i ritardi erano già certi nell’ultimo tratto del governo Draghi. Però finché è stato in carica quel governo non poteva che occuparsi della prima e di gran lunga più facile parte del Piano, le riforme, e quelle le ha completate in tempo. La premier, al telefono con un Draghi imbufalito per le accuse, se l’è presa con Bruxelles: per punire i sovranisti userebbe pesi e misure ben diversi da quelli che adoperava con Draghi. Al solito, non è solo retorica vittimista anche se il sovranismo c’entra fino a un certo punto. Il problema è che per comprensibili ragioni la Ue si fidava dell’ex presidente della Bce un migliaio di volte più di quanto si fidi del nuovo
Commenta (0 Commenti)IL CASO. Il rischio è stato denunciato dal presidente dell’Autorità anticorruzione Anac Giuseppe Busia: "Per le gare sotto 150 mila euro va benissimo il cugino o chi mi ha votato, si prenderà l'impresa più vicina, non quella che si comporta meglio". Cgil: "Ci saranno più cartelli, più corruzione e più precarietà". Salvini: "Con appalti veloci meno corruzione, e se la Cgil sciopera allora abbiamo fatto bene"
Sopralluogo di matteo Salvini ai cantieri del Villaggio Olimpico a Milano - LaPresse
Con il «Codice Salvini» gli appalti fino a 150 mila euro potrebbero andare «a un cugino o a chi ha votato». La battuta di Giuseppe Busia, presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione (Anac), ieri è stata efficace. «Si dice non consultate il mercato, scegliete l’impresa che volete – ha aggiunto – il che vuol dire che si prenderà l’impresa più vicina, quella che conosco, non quella che si comporta meglio». «Attenzione a spostare l’attenzione solo sul “fare in fretta”, che non può mai perdere di vista il ‘fare bene».
LA STRONCATURA dell’Anac è una buona introduzione alla «filosofia e all’impostazione culturale» – così l’ha definita ieri il ministro leghista alle infrastrutture e ai trasporti Matteo Salvini – del nuovo codice appalti da 229 articoli varato due giorni fa dal Consiglio dei ministri. «Chi si lamenta che sia un favore a corrotti e corruttori si sbaglia – ha detto Salvini – Non diffidiamo per partito preso delle imprese e dei sindaci. Un semplice avviso di garanzia in un paese civile non è una sentenza di condanna». Il «suo» codice appalti «scommette sul sistema industriale italiano». E alle proteste della Cgil ha risposto che «se sciopera allora significa che il nuovo codice è fatto bene».
LE PRIME SCHERMAGLIE polemiche si sono concentrate sull’«appalto integrato»: l’affidamento della progettazione e dell’esecuzione dei lavori allo stesso operatore economico. È stato previsto il ricorso al subappalto a cascata e senza limite. Così aumenterà la precarietà dei lavoratori e si frammenterà il sistema. La tecnica era stata vietata in precedenza, ma è
Commenta (0 Commenti)ADDIO GIANNI. L'annuncio della famiglia affidato ai social: "Gianni Minà ci ha lasciato dopo una breve malattia cardiaca. Non è stato mai lasciato solo, ed è stato circondato dall’amore della sua famiglia e dei suoi amici più cari"
Gianni Minà nel corso della presentazione del suo libro "Così va il mondo" al centro sociale "Scugnizzo liberato", Napoli 31 maggio 2017 - ANSA/CESARE ABBATE
“Gianni Minà ci ha lasciato dopo una breve malattia cardiaca. Non è stato mai lasciato solo, ed è stato circondato dall’amore della sua famiglia e dei suoi amici più cari”. Così, su Facebook, la famiglia ha annunciato la morte del giornalista.
Nato a Torino, Minà ha iniziato la carriera giornalistica nel 1959 a Tuttosport, di cui fu poi direttore dal 1996 al 1998. Nel 1960 ha esordito alla RAI come collaboratore dei servizi sportivi per le Olimpiadi di Roma.
Nella sua carriera ha seguito otto mondiali di calcio e sette olimpiadi, oltre a decine di campionati mondiali di pugilato, fra cui quelli storici dell’epoca di Muhammad Ali.
Campione idealista e provocatorio
Una volta entrato in RAI, nel 1976, inizia a raccontare l’America Latina con una serie di reportage che caratterizzeranno tutta
Leggi tutto: È morto Gianni Minà
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