Il Sipri certifica l'incremento esponenziale degli investimenti bellici nel mondo: siamo arrivati a 2.240 miliardi di dollari. L'analisi di Francesco Vignarca
Il 2022 è un anno da record per la spesa in armi dei governi di tutto il mondo: 2.240 miliardi di dollari, pari a un aumento del 3,7% in termini reali rispetto all’anno precedente. Sono i numeri che emergono dal rapporto del Sipri, lo Stockholm International Peace Research Institute. A renderli noti la Rete italiana pace e disarmo, il cui coordinatore, Francesco Vignarca, ci spiega che si stanno rafforzando numerose tendenze, a livello globale come anche nello specifico dei singoli Stati.
“A livello globale l'accelerazione dell’aumento della spesa in armamenti è stata evidente con la guerra in Ucraina, ma la crescita negli ultimi anni è stata continua, tanto che dal 2000 siamo giunti a un 35% in più rispetto alla fine della guerra fredda – dice Vignar
Leggi tutto: Report armi 2022: il record della spesa mondiale - di Simona Ciaramitaro
SCENARI . Il processo della ricostruzione deve essere intrecciato, secondo il governo italiano, a quello dell’adesione dell’Ucraina all’Unione europea e alla sua integrazione nel mercato comune. Ecco il punto dell’ambiguità. Perché quello che avviene in realtà sul terreno dei rapporti tra Ucraina ed Unione europea mostra invece una realtà a dir poco opposta
Il ritorno sulla scena del conflitto ucraino della diplomazia cinese segna la giornata di ieri tra le più importanti per chi pensa ad una soluzione negoziata della crisi che si è ufficialmente aperta con l’invasione russa dell’Ucraina un anno e due mesi fa.
L’attesa telefonata di Xi Jinping è stata per Zelensky «lunga e significativa» accompagnata anche del rilancio degli scambi bilaterali con la nomina dell’ambasciatore ucraino a Pechino; per parte sua Xi ha insistito sulla linea cinese: «Il dialogo e il negoziato per la pace sono l’unica via d’uscita praticabile», aggiungendo che «non ci sono vincitori in una guerra nucleare», con chiaro monito per una crisi appesa all’uso sfrenato di armi sempre più micidiali e che rischia la «linea rossa» dell’atomica; e ribadendo, nonostante che Pechino non abbia messo sanzioni a Mosca e anzi difenda il rapporto «indistruttibile» con la Russia, che «il rispetto reciproco di sovranità e integrità territoriale è la base politica delle relazioni Cina-Ucraina».
Positive ma fredde le reazioni di Mosca e di Washington, ma l’avere allacciato questo dialogo è probabilmente una svolta nei rapporti internazionali appesi alla guerra ucraina, e anche al confronto, per ora solo di teatro, Usa-Cina per la crisi di Taiwan.
Di altro segno, se non opposto, la conferenza bilaterale tra Italia e Ucraina per la ricostruzione della martoriata Ucraina che si è svolta ieri a Roma. A guerra però non ancora conclusa, e anzi ogni giorno più sanguinosa.
Alla conferenza la premier Meloni ha portato come interlocutori del dividendo di guerra che si apre, ben 600 aziende italiane. «Parlare della ricostruzione dell’Ucraina – dice Meloni – significa scommettere sulla vittoria e
Leggi tutto: La Cina dialoga. E dall’Est Europa sì alle armi no al grano - di Tommaso Di Francesco
Commenta (0 Commenti)25 APRILE. Questo anniversario della Liberazione è stato forse il più antifascista di sempre, perché ha moltiplicato la presenza di donne, anziani, ragazzi nelle piazze, da Milano a Roma
Milano, 25 aprile - foto LaPresse
Mentre il presidente Mattarella va in montagna con Piero Calamandrei ricordando il significato del 25 aprile, la presidente del consiglio sciorina al Corriere della Sera un fiume di parole quando ne bastava una. Difficilmente i due Palazzi romani hanno mostrato la diversità, svelato la distanza, interpretato il contrasto tra una cultura che affonda le radici nell’antifascismo e perciò nella Costituzione, e una ideologia liberticida che galleggia sui luoghi comuni del neo-post-fascismo.
Questo anniversario della Liberazione è stato forse il più antifascista di sempre, perché ha moltiplicato la presenza di donne, anziani, ragazzi nelle piazze, da Milano a Roma (come abbiamo documentato con la diretta-tv sul manifesto.it), rinnovando l’impegno alla resistenza antifascista e antirazzista. Dopo sei mesi di messa alla prova del governo più a destra della storia dal ’45 a oggi, sappiamo che sono sotto attacco i diritti individuali e collettivi, civili e sociali da parte di forze e personaggi che, per convinzione, sono estranei ai valori della Resistenza.
Speciale 25 Aprile ai tempi del governo di Giorgia Meloni: rivivi la diretta del manifesto
Per il partito di maggioranza il 25 aprile è ancora vissuto come il giorno della sconfitta, comunque camuffata, preferibilmente usando
Leggi tutto: In piazza la nostra identità - di Norma Rangeri
Commenta (0 Commenti)PASSATO E PRESENTE. È vero che il fascismo di Giorgia Meloni non coincide con quello di Benito Mussolini (diversamente da quello di alcuni suoi ministri o sodali), e però per quanto si controlli, poi le sfugge la verità: che anche lei una riflessione critica su quel ventennio non l’ha mai neppure tentata
Un gruppo di partigiani in una foto storica
Primo anniversario del 25 aprile in presenza di un governo che trae la sua ispirazione politico-culturale da quelli che in quella data furono sconfitti. Che la nostra festa possa essere realmente condivisa è evidentemente impossibile. Ha fatto bene l’Arci a produrre per questa occasione un manifesto su cui è scritto:”25 aprile divisivo. Per i fascisti “. Perché sia giorno di fierezza anche per gli attuali Ministri dovrebbero aver fatto la rivoluzione dentro sé stessi, quella che tanti giovani nell’immediato dopoguerra hanno saputo fare, al contrario di loro, che non ne hanno mai avuto il coraggio e l’intelligenza.
È vero che il fascismo di Giorgia Meloni non coincide con quello di Benito Mussolini (diversamente da quello di alcuni suoi ministri o sodali), e però per quanto si controlli, poi le sfugge la verità: che anche lei una riflessione critica su quel ventennio non l’ha mai neppure tentata. Mi ha colpito una sua frase rivelatrice, pronunciata pochi giorni fa mentre prendeva l’aereo per Addis Abeba : «È’ un po’ – ha detto con il tono colpevole di una Ong un po’ in ritardo – che non ci occupiamo dell’Africa». Vale a dire: che non l’aiutiamo come in passato.
Una frase terrificante, perché sembra inconsapevole di come sia stata «aiutata» dal nostro paese nei non lontanissimi anni ‘30. C’è da domandarsi se Giorgia abbia mai saputo cosa hanno fatto i fascisti quando dell’Etiopia, della Somalia, e della Libia si sono «occupati». L’epoca di “faccetta nera ti verremo a liberar “ – scritta che, ricordo, campeggiava sulla parete della mia aula scolastica – una delle pagine più vergognose della nostra storia patria.
Certo è vero che ora non andiamo in Africa con le bombe a gas, bensì a fare accordi commerciali e a concordare misure per impedire che gli africani godano degli stess
Leggi tutto: Partigiani con il coraggio del mondo nuovo - di Luciana Castellina
Commenta (0 Commenti)Dalle pagine di Repubblica, il segretario generale della Cgil mette in fila le scelte sbagliate dell'esecutivo su lavoro, fisco, Pnrr, Def, salari, 25 aprile. E rilancia le manifestazioni unitarie di maggio
"Il governo sta facendo scelte sbagliate sulle politiche per il lavoro e il fisco". Lo ha detto a La Repubblica Maurizio Landini, segretario generale della Cgil. "Prosegue senza un disegno, con interventi non strutturali. Ci fa arretrare sul Pnrr. Ha fatto un Def sbagliato che taglia la spesa pubblica. E procede solo a colpi di propaganda. I lavoratori sono stufi dei salari troppo bassi e di essere il bancomat per chi fa grandi profitti e non paga le tasse. Noi ci mobiliteremo. Lo faremo, assieme a Cisl e Uil, con tre manifestazioni interregionali il 6 maggio a Bologna, il 13 a Milano e il 20 a Napoli. E andremo avanti fino a quando non avremo risposte alle nostre richieste dal governo. Anche con lo sciopero se necessario".
"Vogliamo aumentare i salari - ha aggiunto Landini -. Chiediamo un taglio di 5 punti del cuneo fiscale. E il fiscal drag, l'adeguamento delle detrazioni all'inflazione, per garantire aumenti reali di salari troppo bassi. Chiediamo di superare la precarietà anziché procedere a colpi di voucher e liberalizzazione dei contratti a termine senza causale. Chiediamo una riforma fiscale che sani disuguaglianze ormai non più accettabili con il lavoro tassato al 40%, la rendita immobiliare al 21%, quella finanziaria fino al 20%, il reddito degli autonomi al 15%. Vogliamo una vera riforma delle pensioni. Chiediamo di non tagliare, come fa il governo nel Def, la sanità e la scuola pubblica. Il governo sta smantellando il servizio sanitario nazionale. Ci sono liste d'attesa di anni. E per accedere alle prestazioni sanitarie troppo spesso bisogna pagare il privato. Medici e infermieri sono allo stremo. Serve un piano
RIFORME. Schlein, Conte, Fratoianni e altri alla Casa delle Donne. Gelo del leader 5 stelle sul Pd: «Non mi fido»
Assemblea per una agenda sociale condivisa presso la casa internazionale delle donne, Roma 22 aprile 2023. ANSA/MASSIMO PERCOSSI
Metti un pomeriggio a Trastevere, alla Casa delle donne, tutti i leader dell’opposizione a confrontarsi con la Rete dei numeri pari (network di centinaia di associazioni laiche e cattoliche) su una agenda sociale che mette al centro la lotta alle diseguaglianze. Ci sono Elly Schlein (in videocollegamento), Giuseppe Conte, Nicola Fratoianni, Luigi De Magistris e Maurizio Acerbo di Rifondazione.
La Rete, per bocca del coordinatore Giuseppe De Marzo e del giurista Gaetano Azzariti chiede un «tavolo permanente» con le forze politiche, per «elaborare insieme un pensiero critico», che significa costruire un fronte fuori e dentro il Parlamento per fare argine alla destra e rimettere al centro della politica la Costituzione. Che vuol dire, innanzitutto, fare muro contro l’autonomia differenziata «che distruggerebbe lo stato sociale». E poi contro le politiche che generano precarietà e bassi salari, quelle sui migranti. E, in positivo, per il diritto all’abitare e la conversione ecologica. Barbara Tibaldi, della Fiom, ricorda come «il fascismo inizio a finire tra gli operai della Fiat con una serie di scioperi del 43 che nascevano da rivendicazioni salariali». E lancia il cuore oltre l’ostacolo: «Abbiamo liberato il paese una volta, possiamo farlo ancora».
Sulla natura della destra al governo ci sono pochi dubbi. «Quella di La Russa è propaganda fascista, non post fascista», dice Maura Cossutta. Anche Conte non si tira indietro. «C’è un progetto neoconservatore molto ambizioso, con venature reazionarie e autoritarie, che va contrastato in ogni modo. Questo governo è stato sottovalutato». Conte risponde sì all’appello sul tavolo permanente, e così fa anche la coordinatrice del Pd Marta Bonafoni, che segnala la novità avvenuta con