CRISI UCRAINA. Pure assolutamente convinti della necessità di una forza di sinistra alternativa in questa rovinosa crisi italiana, consideriamo l’avvento di Elly Schlein alla segreteria del Pd come una occasione importante per […]
Pure assolutamente convinti della necessità di una forza di sinistra alternativa in questa rovinosa crisi italiana, consideriamo l’avvento di Elly Schlein alla segreteria del Pd come una occasione importante per tutti per una opposizione in questo Paese precipitato nell’epoca dell’estrema destra al governo. Tuttavia accadono cose che è impossibile non sottolineare. Soprattutto in queste ore drammatiche, di fronte al discorso minaccioso di Putin che annuncia il dispiegamento di armi nucleari tattiche in Bielorussia, bontà sua dichiarando «nel rispetto del Trattato Start», come se la cosa non mettesse lo stesso il mondo nel terrore.
Parliamo di quello che è accaduto giovedì 23 scorso a Bruxelles alla riunione del Pse, le forze socialiste europee. Dove, e non è chiaro a quale titolo, insieme a Schlein, al premier spagnolo Sanchez e alla premier finlandese Marin e a tanti altri, ha partecipato Jens Stoltenberg, il segretario generale della Nato. La cosa è sorprendente per diversi ordini di motivi. Il primo è che nessuno dei presenti ha avuto a quanto pare niente a che ridire. Sarà stata una sorpresa per molti, oppure era invitato – ma ripetiamo, a che titolo visto che Stoltenberg è stato sì dirigente laburista norvegese ma fino al 2014? Oppure siamo di fronte alla strategia dell’«ospite ingrato»: dare la tribuna a quello che dovrebbe essere un avversario per essere legittimati?
Schlein a Bruxelles. Poi il nodo capigruppo
Oppure meglio ancora, un revival di memoria, annoverando la triste storia dei leader neoliberisti di sinistra Clinton, Blair e tanti altri che hanno avviato tutte le guerre sporche che
Leggi tutto: Il nodo scorsoio del riarmo - di Tommaso Di Francesco
Commenta (0 Commenti)Il 24 marzo del 1944, l’eccidio nazifascista delle Fosse Ardeatine. Giorgia Meloni da Bruxelles: uccisi «solo perché italiani». Dimenticando che in gran parte furono scelti perché antifascisti, militari resistenti, politici ed ebrei. Tanti i non italiani tra le vittime. La protesta di Anpi e opposizioni
Il presidente Mattarella alle Fosse ardeatine - LaPresse
FOSSE ARDEATINE. Giorgio Leone Blumstein era nato nel 1895 a Leopoli, città dell’Ucraina. È morto il 24 marzo 1944., ammazzato alle Fosse Ardeatine. Non l’hanno ucciso perché era italiano. Non era italiano. […]
Giorgio Leone Blumstein era nato nel 1895 a Leopoli, città dell’Ucraina. È morto il 24 marzo 1944., ammazzato alle Fosse Ardeatine. Non l’hanno ucciso perché era italiano. Non era italiano. L’hanno ucciso perché era ebreo.
Blumstein non è un caso isolato. Gli stranieri uccisi alle Fosse Ardeatine sono una dozzina. Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni (così vuole essere chiamata) vanta giustamente la sua origine alla Garbatella, quartiere popolare di Roma. La Garbatella è direttamente contigua alle Fosse Ardeatine. Chi è cresciuto lì non può non aver sentito parlare di che cosa è successo.
Le sue sorprendenti parole non sono frutto di ignoranza ma di inconfessata e tracotante vergogna. Non fu ucciso perché era italiano neanche il generale Simone Simoni,
Leggi tutto: Italiani e non, il revisionismo di Giorgia Meloni - di Alessandro Portelli
Commenta (0 Commenti)«Guardiamo in faccia la realtà», aveva detto Macron. Ma la realtà ha guardato lui: 3,5 milioni di persone in tutte le piazze di Francia, scuole occupate, blocchi a strade e ferrovie, mezzo paese fermo. E martedì si ricomincia. Manon Aubry: «Questa riforma è l’ultima goccia». Non si tratta più di pensioni, ma di democrazia
IL MARZO FRANCESE. Nono sciopero generale contro la riforma delle pensioni, tutti compatti: studenti, lavoratori, ambientalisti, persone Lgbtqia+. La polizia attacca il corteo, prova a dividere la testa «radicale» dalla coda: ma va in tilt. Da una parte idranti e gas, dall’altra spray sui muri e fiamme: «Questa mobilitazione è storica»
Parigi, Place de la Bastille gremita durante lo sciopero generale di ieri - Ap/Thomas Padilla
La «testa» del corteo, dove si sono radunati i leader dell’intersindacale, è assediata dai giornalisti. È il nono sciopero generale contro la riforma delle pensioni di Macron, tutti i colleghi dei media francesi e internazionali cercano di passare il filtro del servizio d’ordine per fare qualche domanda ai dirigenti dei sindacati.
Una vera e propria tonnara che si concentra attorno a Philippe Martinez, il segretario della Cgt, appena udibile mentre risponde a una tv francese: «Noi glielo abbiamo scritto al presidente della Repubblica – dice in riferimento agli scontri di piazza degli ultimi giorni – nero su bianco, che la situazione era esplosiva. Ha scelto di fregarsene».
POCO DIETRO, Marie Buisson ascolta in silenzio. L’attuale membra della direzione Cgt dovrebbe succedergli alla testa della centrale in una settimana, alla fine del congresso del sindacato (salvo sorprese).
«C’è una crisi sociale profonda in Francia, che si esprime sulle pensioni, ma soprattutto sulle lotte per i salari» dice Buisson al manifesto. Ora si è aggiunta «una crisi democratica, nella quale ci ha gettato questo governo irresponsabile. È inquietante». Alla tv, mercoledì, Macron «ha detto che bisognava guardare in faccia la realtà e approvare la riforma. Non ha capito che la realtà è
Commenta (0 Commenti)La premier, nel suo intervento al congresso della Cgil, ha difeso la riforma fiscale. Le rispondiamo punto per punto
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, parlando alla platea del XIX congresso della Cgil, si è soffermata lungamente sulla legge delega per la riforma fiscale, provando a disegnarla come una riforma importante e positiva per i lavoratori e i pensionati. La realtà è invece che tale legge delinea un sistema fiscale estremamente frammentato, che individua una tassazione diversa a seconda di una molteplicità di fattori. Sembra proprio che una cedolare, o una flat tax, non la si voglia negare a nessuno. Pensavamo fossero già troppe, ebbene questa delega ne aggiunge di ulteriori. Di seguito il fact checking all’intervento di Giorgia Meloni.
A mio avviso (la legge delega fiscale) è stata un po' frettolosamente bocciata da alcuni. Noi lavoriamo per consegnare agli italiani una riforma complessiva del sistema fiscale che migliori l'efficienza della struttura delle imposte, che riduca il carico fiscale, che contrasti adeguatamente l'evasione fiscale con un tax gap che è stabilmente intorno ai 100 miliardi di euro.
L’evasione fiscale, storicamente, diminuisce quando
Leggi tutto: Tasse: presidente Meloni, se permette, un po' di chiarezza - di Cristian Perniciano
POLITICA. Informativa della premier: maggioranza compatta sulla carta, ma sull’Ucraina si vedono crepe. E il tema migranti preoccupa. Il timore è che a Bruxelles l’Italia non ottenga niente. Telefonata con von der Leyen
Giorgia Meloni al Senato - foto LaPresse
Nervosissima. Una Meloni così tesa dalla vittoria elettorale in poi forse non la si era mai vista. Alza i toni, si abbandona all’iperbole, azzarda profezie apocalittiche, si irrita e si offende. Eppure l’informativa al Senato sul Consiglio europeo di domani non presenta incognite, non ci sono rischi di sorta, alcuni degli argomenti più spinosi, dalla riforma fiscale ai diritti civili, sono espunti in partenza. Sulla carta, quella su cui si scrivono le risoluzioni, la maggioranza è compatta anche dove non lo è affatto, vedi alla voce guerra, e sul resto è unita davvero.
L’OPPOSIZIONE INVECE proprio no. La senatrice del Terzo Polo Paita, anzi, chiede di poter votare la mozione di maggioranza per parti separate, in modo da poter appoggiare la parte sull’Ucraina. Finisce proprio così e il segnale è ben chiaro: i centristi sono pronti a un dialogo che in alcuni casi, primo fra tutti il presidenzialismo, si rivelerà politicamente prezioso. Anche le altre due forze d’opposizione sono divise che più divise non si può sull’Ucraina: il Pd vuole continuare a inviare armi a Kiev,
Leggi tutto: Meloni alla camera, il consiglio europeo la rende nervosa - di Andrea Colombo
Commenta (0 Commenti)LANTERNE RUSSE. Il presidente cinese in visita al suo «buon amico», per rafforzare i legami e tentare un’intesa «collettiva» che metta fine alle ostilità
L’incontro di ieri al Cremlino tra il presidente cinese Xi Jinping e il russo Putin - Ap
Quando il leader cinese, Xi Jinping, dice di essere certo che il popolo russo alle elezioni del prossimo anno «sosterrà con forza» la conferma del suo «buon amico» al Cremlino, Vladimir Putin piega la testa e tende i muscoli del viso in quello che ha l’aria di essere un segno di gratitudine per una apertura ancora più ampia rispetto ad attese già positive.
La visita a Mosca di Xi Jinping, cominciata ufficialmente ieri pomeriggio con un incontro al palazzo presidenziale, potrebbe segnare una svolta per gli equilibri globali. «Russia e Cina combattono minacce comuni», aveva detto Putin alla vigilia del vertice, definendo «al livello più alto della storia» le relazioni fra i due paesi, fra due sistemi economici per molti aspetti complementari e due sistemi politici orientati al medesimo obiettivo. «Nessun governo è superiore ad altri», gli ha fatto eco Xi Jinping: «Nessuno dovrebbe dettare da solo l’ordine mondiale».
IL PUNTO DI PARTENZA del ragionamento è la guerra in Ucraina. I cinesi sono arrivati a Mosca con un piano di pace che «riflette visioni globali» e che sarà discusso nei dettagli fra oggi e domani. Per Xi Jinping la fine delle ostilità è possibile soltanto nel quadro di un «accordo collettivo sulla sicurezza». Il che, è chiaro a tutti, spingerebbe di fatto la comunità internazionale verso il multipolarismo. La risposta degli Stati uniti è stata
Leggi tutto: Putin grato a Xi. E il suo piano di pace è «interessante» - di Luigi De Biase
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