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«Leone XIV è un anti Donald, un papa woke, un marxista». La canea Maga scatenata contro Bob Prevost. Mentre i democratici smarriti ne fanno un idolo e già vogliono al Congresso «pope hope». Il primo pontefice nordamericano ha fatto un miracolo: un po’ d’ombra a Trump

Chiesa Scarpe nere come Bergoglio e croce di Ratzinger, il cardinale ha iniziato a mettere mano alla macchina vaticana

Una suora tiene una bandiera statunitense durante il primo discorso del nuovo papa Leone XIV in Vaticano Una suora tiene una bandiera statunitense durante il primo discorso del nuovo papa Leone XIV in Vaticano – Ap

Scarpe nere, come quelle di Bergoglio, e croce pastorale di Ratzinger. Così si è presentato ieri mattina nella Cappella Sistina per presiedere la messa con l’intero collegio cardinalizio il nuovo pontefice Leone XIV. Se gli oggetti hanno anche un valore simbolico – e nell’immaginario della Chiesa cattolica lo hanno –, quelli scelti da Prevost sembrano indicare il suo posizionamento a metà strada fra i due papi che lo hanno preceduto: semplici scarpe nere – non quelle rosse indossate da Benedetto XVI – per continuare a camminare sul percorso tracciato da Francesco; croce pastorale realizzata per Ratzinger per mantenersi saldamente ancorato alla tradizione.

Un atteggiamento che si era già potuto intravedere nella prima apparizione pubblica del nuovo pontefice appena eletto: abiti papali tradizionali a differenza della semplice talare bianca indossata da Bergoglio – cosa che ha fatto tirare un sospiro di sollievo ai cattolici conservator-moderati –, discorso dai contenuti “bergogliani”, come «sinodalità», «pace disarmata e disarmante», «costruire ponti».

Un’impressione confermata anche dall’omelia – più breve di quella densa di Benedetto XVI del 2005 e più lunga di quella semplice di Francesco del 2013 – pronunciata ieri durante la messa alla Sistina incentrata sul tema della fede e della figura di Cristo.

Il 18 la messa di inizio pontificato: attese 250mila persone e i leader politici mondiali

In molti contesti «la fede cristiana è ritenuta una cosa assurda, per persone deboli e poco intelligenti», «si preferiscono altre sicurezze, come la tecnologia, il denaro, il successo, il potere, il piacere», ha detto il papa, aggiungendo che «la mancanza di fede porta spesso con sé drammi quali la perdita del senso della vita, l’oblio della misericordia, la violazione della dignità della persona nelle sue forme più drammatiche, la crisi della famiglia». La persona di Gesù viene minimizzata dal mondo dei ricchi e dai «circoli di potere», i quali lo considerano «al massimo un personaggio curioso», che però è da eliminare «quando la sua presenza diventerà fastidiosa per le istanze di onestà e le esigenze morali che richiama».

Ed è spesso travisato dagli stessi cattolici, che lo trasformano in una sorta di «leader carismatico o di superuomo», da seguire «finché possono farlo senza troppi rischi e inconvenienti». Gesù invece – ha concluso – va riconosciuto dai credenti come «figlio di Dio», e il compito della Chiesa è annunciare il suo messaggio non con la «magnificenza delle sue strutture» ma «attraverso la santità dei suoi membri».

Leggendo in parallelo le omelie e le prime parole di Prevost con quelle di Ratzinger e Bergoglio subito dopo l’elezione è possibile cogliere similitudini e differenze che appunto collocano il nuovo papa fra i due. Benedetto XVI si rivolse prevalentemente ai «venerati padri» o «signori cardinali», parlando di sé, talvolta in terza persona, come «successore di Pietro» e «vicario di Cristo». Bergoglio al contrario, salutando i fedeli in piazza San Pietro appena eletto, nominò i cardinali come «fratelli» e appellò sé stesso come «vescovo di Roma». Prevost si è collocato in mezzo, chiamando, in inglese, «brothers» i porporati e sé stesso sia «successore di Pietro» sia «vescovo della Chiesa che è in Roma».

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Un analogo discorso si può fare per l’idea di Chiesa: Ratzinger si è limitato a evocare la «comunione collegiale» fra «romano pontefice e vescovi», Bergoglio al contrario ha salutato l’inizio di un «cammino» fra «vescovo e popolo», Prevost ha parlato di «Chiesa sinodale». Leone XIV, quindi, come punto

medio fra Benedetto XVI e Francesco: continuatore di Bergoglio senza però perdere di vista Ratzinger, in una sintesi non facile da realizzare, perlomeno su alcune questioni sia di natura ecclesiale e pastorale che sociale. Ma il pontificato è appena iniziato, e l’ipotesi andrà verificata nel tempo, con i primi atti del nuovo papa.

Ieri intanto Prevost ha iniziato a mettere le mani nella macchina vaticana, con una decisione scontata: la conferma nei rispettivi incarichi dei capi dicastero, dei componenti delle istituzioni della curia romana e della presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano (suor Raffaella Petrini, nominata da Francesco e in carica solo dal primo marzo) «donec aliter provideatur», cioè fino a nuovo ordine. Nelle prossime settimane arriveranno le prime nomine di Leone XIV e si capirà meglio il suo indirizzo di governo. E in attesa di capire se il nuovo papa tornerà ad abitare nel Palazzo apostolico (dove ci sono lavori in corso) o sceglierà una residenza alternativa, è stato reso noto il calendario dei primi impegni: domenica il Regina Coeli in piazza San Pietro con il secondo “bagno di folla”, il 18 messa solenne di inizio pontificato: attese 250mila persone e i leader politici di mezzo mondo.