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ISRAELE/PALESTINA. Qualcosa sul piano diplomatico si muove, ma a Gaza non è ancora tempo di tregua. Secondo «funzionari anonimi» egiziani sentiti dall’Ap, il governo israeliano avrebbe proposto una pausa di due […]

La protesta dei familiari degli ostaggi davanti alla Knesset (Foto Ap/Ohad Zwigenberg) La protesta dei familiari degli ostaggi davanti alla Knesset - Ap/Ohad Zwigenberg

Qualcosa sul piano diplomatico si muove, ma a Gaza non è ancora tempo di tregua. Secondo «funzionari anonimi» egiziani sentiti dall’Ap, il governo israeliano avrebbe proposto una pausa di due mesi nella Striscia, la liberazione di alcuni prigionieri palestinesi nelle carceri israeliani e la possibilità per i leader di Hamas a Gaza di trasferirsi in altri paesi. In cambio Tel Aviv chiede la liberazione di tutti e 130 gli ostaggi rapiti il 7 ottobre. Stando agli stessi funzionari, tuttavia, i rappresentanti di Hamas hanno rifiutato la proposta.

LA NOTIZIA sembra inaspettata. Da un lato, per alcuni significherebbe che il governo Netanyahu non sta considerando soltanto l’opzione tabula rasa, come ripetono continuamente i rappresentanti dell’esecutivo. Ieri il ministro della difesa di Israele, Yoav Gallant, ha dichiarato: «Questa è una guerra che determinerà il futuro di Israele per i decenni a venire: la caduta dei combattenti ci costringe a raggiungere gli obiettivi della guerra».

Anche se Gallant si riferiva specificatamente ai 21 militari israeliani caduti nelle scorse ore, le sue parole non si sono discostate di un millimetro dalla linea dei vertici israeliani. «Sradicare Hamas da Gaza e mettere in sicurezza la Striscia» è il mantra di Netanyahu e del suo governo fin dal giorno seguente agli attacchi terroristici di Hamas.

Tra l’altro il premier ieri ha dichiarato: «La mia aspirazione principale è la vittoria totale, niente di meno». Dall’altro, indicherebbe che forse le pressioni internazionali degli Usa e della comunità internazionale e quelle interne starebbero mettendo in difficoltà Bibi.

LE IMMAGINI dei familiari delle vittime che fanno irruzione in una riunione di commissione al parlamento a Gerusalemme hanno fatto in fretta il giro del mondo. Così come la testimonianza di Aviva Siegel, una degli ostaggi liberati da Hamas che ha raccontato di fronte alla Knesset di aver assistito ad abusi e atrocità subiti dagli ostaggi.

«I terroristi portano vestiti che non vanno bene per le ragazze, le vestono come le bambole. Hanno trasformato le ragazze nelle loro bambole, con cui possono fare quello che vogliono», si legge sulle colonne del Times of Israel. Secondo Siegel gli stupri «toccano anche i ragazzi». E intanto le grandi città israeliane compaiono pià spesso cartelli con il volto di Netanyahu insanguinato e la scritta «dimettiti».

Le stesse fonti anonime egiziane sostengono che Hamas avrebbe rilanciato con la sua nota richiesta: non verranno rilasciati altri ostaggi finché Israele non metterà fine alla sua offensiva e si ritirerà da Gaza. Il motivo è pratico: la proposta israeliana sarebbe per Hamas un suicidio e Tel Aviv, quando l’ha avanzata con un’astuta mossa politica, sapeva già che era irricevibile. Perché senza ostaggi la forza ai tavoli diplomatici del gruppo sarebbe ridotta a zero. Hamas punta a un cessate il fuoco permanente, altrimenti tra due mesi l’offensiva non avrà limite alcuno.

IN OGNI CASO Israele non commenta le indiscrezioni sulle trattative. Ma due conferme indirette ci sono. Secondo la Cnn, il capo del Mossad (i servizi segreti israeliani), David Barnea, avrebbe proposto che i leader di Hamas vengano esiliati dalla Striscia come parte di un più ampio accordo di cessate il fuoco.

Il portavoce del ministero degli esteri del Qatar, Majed al-Ansari, in serata ha aggiunto: «Non posso dare dettagli specifici sulla mediazione in corso ma posso dire che siamo impegnati in discussioni serie con entrambe le parti. Stiamo ricevendo un flusso costante di risposte da entrambe le parti e questo è motivo di ottimismo». Anche se, per ora, l’ottimismo è soltanto il suo