Nella foto: Donald Trump e Volodymyr Zelensky alla Casa Bianca poco prima del colloquio ripreso dai media che ha fatto il giro del mondo via Getty Images
Oggi un Lunedì Rosso dedicato ai luoghi sicuri.
Il racconto della prima udienza della Corte di giustizia dell’Ue chiamata a esprimersi sulla direttiva per il diritto all’asilo: possono gli stati considerare sicuri i paesi di provenienza dei migranti nonostante non lo siano per alcune categorie di persone?
Luoghi insicuri per eccellenza e per decreto, sono le sette periferie designate dal governo come campi di applicazione del “modello Caivano”, tra queste il Quarticciolo, estremità est della capitale, dove oltre all’insicurezza però si intravedono forze civili di cambiamento e cooperazione.
Luoghi da cui molti ancora vogliono fuggire, sono quelli dolci e amari del meridione italiano. Ne parla Brunori Sas (al secolo Dario Brunori) raccontando la sua musica e la Calabria con lo sguardo di chi la abita.
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L'incontro tra 19 leader + Zelensky + Nato Un piano a trazione franco-britannica "per fermare i combattimenti. Poi discuteremo quel piano con gli Stati Uniti e lo porteremo avanti insieme”, in caso di cessate il fuoco, per dispiegare truppe di pace. Magari sotto l'egida della Turchia, E non senza il sostegno di Trump. Starmer: riarmo massiccio con i fondi russi congelati. Bilaterale dei "pontieri" con Meloni, che insiste sul vertice con gli Usa
Il premier britannico Starmer al centro con Macron e Zelensky al summit di Londra – Ap
Con “boots on the ground, planes in the air”, l’Europa sosterrà Kiev. Armandosi, sia militarmente che, soprattutto, di buona volontà. Con i fondi russi congelati. Con ulteriori sanzioni alla Russia. Ma giammai senza il forte sostegno degli Stati Uniti. E non accetterà un accordo come quello di Minsk “che i russi possono violare facilmente.”
Lo ha detto domenica il premier britannico Keir Starmer alla fine del summit londinese da lui convocato dopo il trauma collettivo appena vissuto dall’ex-Occidente a Washington. Vincere la pace insomma, come si diceva da queste parti nel 1946. Gli fa eco Ursula von der Leyen con un’acuminata metafora: l’Unione europea deve “urgentemente” riarmarsi e aiutare l’Ucraina a trasformarsi in un “porcospino d’acciaio” che si riveli “indigesto a futuri invasori” come la Russia.
Ancora un po’ sbigottiti dal reality shit-show allo studio ovale fra Donald Trump e Volodymyr Zelensky venerdì, i 19 leader europei sono accorsi al summit denominato “Rendiamo sicuro il nostro futuro” nella neoclassica cornice di Lancaster House. Oltre allo stesso Zelensky, Ursula von der Leyen, Macron e a Giorgia Meloni erano presenti i leader di Danimarca, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia, Spagna, Finlandia, Svezia, Repubblica Ceca e Romania.
C’erano anche il segretario generale della Nato Mark Rutte, il ministro degli Esteri turco Hakan Fidan, e due uscenti, il cancelliere tedesco Scholz e il canadese Justin Trudeau. Tutti invitati da Starmer – che già sabato aveva accolto il presidente ucraino con calore manifesto nel tentativo di metabolizzare il recente trauma collettivo e concedendogli l’onore di un’udienza col monarca (su desiderio di Zelensky; i due si sono fatti fotografare nel tardo pomeriggio) – e che più di ogni altro leader europeo è ostaggio della Casa Bianca.
Si sa che le priorità dei partecipanti, a onta della proiettata unità, sono assai sfilacciate. Per questo a prospettarsi è la ben nota Europa a due velocità, stavolta in materia di difesa contro la minaccia russa. Secondo il piano delineato da Starmer, la Francia e il Regno Unito si impegneranno nella costruzione di una “coalizione di volenterosi” (riemerge da fondali limacciosi questa formula già screditata dall’invasione dell’Iraq) che offra garanzie di sicurezza all’Ucraina nel caso
Commenta (0 Commenti)Sull’uscio del 10 di Downing street la attende Keir Starmer. Giorgia Meloni, di bianco vestita, saluta e si volta: la sua attenzione è attirata da un movimento.
‘’È uno dei famosi gatti…’’, dice il premier britannico indicando un felino. ‘’Io ne ho due’’, replica la presidente del Consiglio. Sorridono, ma neanche troppo. Il leader laburista, assieme a Emmanuel Macron, sta costruendo un percorso europeo alternativo a Donald Trump, che non prevede la mortificazione di Volodymyr Zelensky, ma una ‘’pace duratura e giusta’’.
Ma lo sta facendo bruciando da giorni i tempi delle altre cancellerie, e quindi spiazzando Roma. La premier non ha voglia di accodarsi all’Eliseo, dunque neanche agli inglesi che lavorano fianco a fianco con i francesi, perché non intende sfidare il tycoon.
Fuori da Downing Street sventolano bandiere ucraine, ma anche europee: il ciclone Trump fa miracoli. Quando Meloni siede nello studio di Starmer, pronuncia alcune frasi di circostanza sull’Ucraina, che ricalcano l’approccio degli ultimi giorni e delle ultime ore: più che schierarsi con Zelensky o contro Putin, sceglie di appellarsi all’unità transatlantica.
‘’Penso che sia molto importante evitare il rischio che l'Occidente si divida. Ho proposto una riunione tra gli Stati Uniti e i leader europei perché se ci dividiamo saremo tutti più deboli. E penso che in questo il Regno Unito e l'Italia possano svolgere un ruolo importante nella costruzione di ponti".
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Palestina/Israele Hamas: ora seconda fase, lo dice l’accordo. Netanyahu temporeggia per poter riprendere la guerra. Unicef: aprite le porte della Striscia. Il primo iftar tra le macerie: lunghe tavolate di palestinesi da Rafah a Khan Younis
Khan Younis, la prima rottura del digiuno di Ramadan tra le macerie – Ap/Jehad Alshrafi
È scaduta ieri la prima fase del cessate il fuoco tra Israele e Hamas. I negoziatori sono rientrati con un nulla di fatto e non si ha idea di quando e se i colloqui riprenderanno. Le trattative per il secondo ciclo dovevano iniziare quasi un mese fa ma solo lo scorso giovedì Tel Aviv ha accettato di inviare una delegazione al Cairo.
Netanyahu vorrebbe estendere di 42 giorni la fase uno, Hamas ha respinto la proposta e intende entrare nella seconda, come stabilito, durante la quale tutti i 59 ostaggi (di cui probabilmente 24 ancora vivi) dovrebbero essere consegnati, i soldati si ritirerebbero da Gaza e il cessate il fuoco diverrebbe definitivo. P
er mettere pressione a Netanyahu e al suo governo, Hamas ha reso pubblico un video che mostra due fratelli, Eitan e Iar Horn, entrambi ostaggi a Gaza, salutarsi e abbracciarsi in lacrime prima del rilascio di uno di loro. Eitan è rimasto nella Striscia e nel filmato girato dal gruppo islamico chiede a Netanyahu di accettare la seconda fase dell’accordo e riportare tutti a casa: «Se hai un cuore, una coscienza anche piccola, firma, firma oggi».
L’UFFICIO del primo ministro ha accusato il gruppo islamico di «brutale propaganda». Manifestazioni si sono tenute ieri in tutto il Paese per chiedere di completare l’accordo. Hamas ha anche pubblicato un appello alla Lega araba, che si riunirà al Cairo il prossimo martedì, ribadendo il rifiuto di qualsiasi amministrazione non palestinese per la Striscia e della presenza straniera nell’enclave. Durante il vertice sarà presentato ufficialmente il piano arabo per la Gaza del dopoguerra, un’alternativa alla pulizia etnica proposta dal presidente Usa, Donald Trump.
Netanyahu, che già venerdì sera ha tenuto una serie di colloqui con ministri e membri dell’intelligence, ha iniziato un nuovo ciclo di consultazioni ieri sera, per discutere del futuro dei negoziati e di un’eventuale ripresa degli attacchi. A Gaza il Ramadan, il cui inizio è coinciso con la fine della tregua, è cominciato tra l’incertezza e i timori per ciò che potrà accadere. Centinaia di palestinesi hanno tenuto insieme il primo Iftar, il pasto serale che rompe il digiuno, con una lunghissima tavolata tra le macerie di Rafah.
Il ministero della salute palestinese ha fatto sapere che negli ultimi due giorni sono stati registrati ventitré decessi, di cui due persone uccise e ventuno corpi recuperati, aggiornando così il numero dei morti a 48.388. Saleem Oweis, portavoce di Unicef a Gaza, ha dichiarato che sei settimane dopo l’inizio del cessate il fuoco le necessità della popolazione restano enormi: «Riparo, cibo, acqua pulita, che non è ancora disponibile per molti».
Anche se la tregua ha permesso l’ingresso di beni sul mercato, ha aggiunto Oweis, «è tutto troppo costoso per la maggior parte di coloro che sono stati tagliati fuori da qualsiasi reddito negli ultimi 16 mesi. Tutto quello che dobbiamo fare è aprire le porte e far entrare tutto l’aiuto necessario, senza alcuna restrizione».
IN CISGIORDANIA, durante le ormai abituali violenze dei coloni per la festività religiosa dello Shabbat, un veicolo palestinese è stato incendiato a Silwad, nei pressi di Ramallah. Il sabato ebraico, momento rituale di riposo in cui dedicarsi alla famiglia e alla preghiera, è divenuto un appuntamento costante per i coloni, soprattutto per gli ultranazionalisti religiosi, che effettuano raid nei villaggi palestinesi, occupano terre, attaccano la popolazione residente e le proprietà.
Anche l’esercito non interrompe la sua operazione nella Cisgiordania occupata. Secondo diversi analisti l’attacco sta causando il più grande sfollamento di palestinesi dal 1967. L’agenzia di stampa Wafa fa sapere che tre bambini sono stati feriti a Beit Furik, a est di Nablus, dove l’esercito israeliano ha portato avanti, ieri, un violento raid. Anche Fawwar è stata presa d’assalto e diversi palestinesi sono stati arrestati e percossi.
I militari hanno ordinato invece alle persone rimaste nel campo profughi di Nur Shams di lasciare tutto e andare via, minacciando detonazioni su larga scala. Le ruspe hanno abbattuto varie case, costringendo gli abitanti a sfollare.
L’attacco israeliano in Cisgiordania, cominciato il 21 gennaio, ha causato almeno 55 morti e 40mila profughi. Mentre si moltiplicano gli appelli internazionali per proseguire il cessate il fuoco, il segretario di stato Usa Marco Rubio ha richiesto l’invio di altri 2,04 miliardi di dollari in munizioni e attrezzatura militare per Israele. Motivato da «ragioni di emergenza» e negli «interessi di sicurezza nazionale degli Stati uniti», il nuovo lotto verrà consegnato nel 2026 e comprende 35.529 bombe, 4.000 testate a penetrazione, materiale per i ricambi, supporto per il trasporto e altro ancora.
Commenta (0 Commenti)Il giorno dopo l’aggressione subita da Trump nello studio ovale, Zelensky vola tra le braccia amiche del premier britannico Starmer. E oggi riceve l’abbraccio degli alleati che gli sono rimasti, dopo il voltafaccia Usa, nel summit in programma a Londra sulle sorti dell’Ucraina
Vertice di emergenza a Londra Zelensky ricevuto a Downing sreet. Oggi sarà alla riunione, anche Rutte e Trudeau
Volodymyr Zelensky e Keir Starmer a Downing Street – Ap
Dopo l’accelerazione della storia avvenuta nello studio ovale venerdì, la riunione allargata di crisi che era già prevista per oggi a Londra si è trasformata in un appuntamento di svolta per il sostegno all’Ucraina, in seguito all’annunciato disimpegno Usa. Zelensky è stato ricevuto ieri da Keir Starmer e accolto a Downing street da una folla di persone: «Saremo al vostro fianco per tutto il tempo necessario», gli ha assicurato il primo ministro britannico parlando di «assoluta determinazione» nel sostenere l’Ucraina con l’obiettivo di «una pace duratura basata sulla sovranità territoriale e sulla sicurezza» dello Stato. «Siamo felici di avere questi partner e amici», gli ha risposto il presidente ucraino.
Oggi a Londra Zelensky partecipa al vertice assieme a una decina di paesi Ue (Francia, Germania, Italia, Danimarca, Olanda, Polonia, Spagna, Svezia, Repubblica ceca, Romania). Presenti anche Norvegia, Turchia, il premier canadese Trudeau che si è aggiunto dopo l’attacco di venerdì alla Casa Bianca, i presidenti di Commissione e Consiglio Ue e il segretario Nato, Rutte. Prima del vertice, Starmer sentirà i paesi baltici, esposti al rischio di una nuova aggressione russa e ci sarà un bilaterale Starmer-Meloni. L’ungherese Orbán, assente, esalta Trump e minaccia di bloccare il Consiglio europeo del 6 marzo se la Ue non avvia negoziati con la Russia.
Starmer aveva pensato di poter fare da “ponte” tra le due sponde dell’Atlantico. Ma da venerdì questa posizione è difficile, così come il tentativo di Macron di attenuare l’abbandono Usa. Il rovesciamento delle alleanze di Washington si è realizzato in tre mosse: prima l’attacco contro gli europei del vice-presidente J.D.Vance alla Conferenza di Monaco, poi il voto all’Onu, con gli Usa allineati a Russia, Cina e Corea del Nord. L’ultimo atto si è svolto nello studio ovale, con l’umiliazione di Zelensky.
Il presidente ucraino ha ricevuto solidarietà dalle istituzioni Ue e Macron ha risposto a Trump che «se qualcuno gioca con la terza guerra mondiale, questo è Putin». Per la ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock, «una nuova era d’infamia è iniziata». Ma come aiutare l’Ucraina, con la Russia che conferma i suoi obiettivi di guerra: demilitarizzazione e “denazificazione” dell’Ucraina oltre al riconoscimento delle conquiste di territori? Come arrivare a una pace «giusta e durevole», mentre Usa e Russia continuano a parlare di cessate-il-fuoco, un termine che si riferisce a uno stato di guerra, non a un trattato di pace? Starmer confermerà la sua proposta di
Commenta (0 Commenti)Ambiente La fissione costa più del triplo rispetto a solare ed eolico
Il ministro Gilberto Pichetto Fratin – LaPresse
La risposta fossile alla crisi energetica, quella basata su petrolio e metano, è lenta e incapace di affrontare in modo strutturale i problemi: non è un caso, forse, se ieri il governo si è trovato a discutere di un bonus per ridurre le bollette energetiche delle famiglie, nello stesso giorno in cui è arrivata al largo del porto di Ravenna la nave rigassificatrice Bw Singapore: è una delle infrastruttura che era stata acquistata nel 2022, a seguito dello scoppio del conflitto in Ucraina, per affrontare l’emergenza gas, in grado di stoccare 170mila metri cubi di gas liquefatto e rigassificarlo per una capacità complessiva di 5 miliardi di metri cubi l’anno.
Quando il progetto di Snam diventerà operativo saranno passati oltre tre anni dall’avvio del conflitto, anni persi rinunciando ad affrontare la questione della dipendenza dell’Italia da Paesi terzi: al posto della Russia, i nuovi «padroni del gas» sono gli Usa, grazie allo sfruttamento dei giacimenti di gas di scisto attraverso il fracking, la fratturazione idraulica che comporta (ovviamente) l’emissione in atmosfera di gas climalteranti. Il contributo di 200 euro a famiglia, quindi, rappresenta il tentativo di nascondere l’incapacità di «affrontare un problema sistemico», come evidenzia in una nota il Wwf: «La soluzione bonus una tantum se in minima parte tampona la grave condizione di disagio di moltissime famiglie italiane, di certo non offre soluzioni di medio-lungo periodo. Il tema della povertà energetica e del caro bollette necessita di politiche pubbliche di sistema, che puntino ad affrontare i veri problemi del costo dell’energia elettrica».
Ieri in consiglio dei ministri è stata avanzata una risposta a questa obiezione che però è sempre la stessa e si ripete dagli anni Ottanta, bocciata da due referendum e oggi ammantata da un’aurea di novità: il nucleare. Che sarebbe, però, una nuova «energia nucleare sostenibile» o anche il «nucleare di nuova generazione», secondo il ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin, anche grazie alla «creazione della newco tra Ansaldo Nucleare, Enel e Leonardo» che avrà come obiettivo «ricerca e sperimentazione nell’ottica di una produzione». Le nuove centrali, secondo alcune stime diffuse ieri, potrebbero essere disponibili a partire dal 2030. La delega approvata in consiglio dei ministri prevede intanto che il governo adotti una serie di decreti legislativi, entro 12 mesi dall’entrata in vigore della legge approvata ieri, per disciplinare in maniera organica l’intero ciclo di vita del nucleare, con un Programma nazionale che affronti i temi della sperimentazione, della localizzazione, della costruzione e dell’esercizio dei nuovi «moduli», che non si chiamano più reattori per non ricordare gravi episodi del passato.
Poco importa ai pasdaran del nucleare che secondo l’Agenzia internazionale per l’energia (non estremisti ambientalisti, basti pensare che il direttore viene da un passato all’Opec, l’organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio), l’energia elettrica prodotta attraverso la tecnologia della fissione nucleare costa più del triplo di quella prodotta con il solare e l’eolico, anche gli impianti di terza o quarta generazione (di cui si riempiono la bocca i membri dell’esecutivo) producono rilevanti quantità di rifiuti altamente radioattivi e pericolosi come il plutonio, la cui radioattività si dimezza dopo 24 mila anni e hanno causato incidenti devastanti a Chernobyl e a Fukushima. Non è un caso, forse, se nel decreto delega si parla esplicitamente del fatto che i promotori dei progetti nucleari devono fornire adeguate garanzie finanziarie e giuridiche per coprire i costi di costruzione, gestione e smantellamento degli impianti e per i rischi, anche a loro non direttamente imputabili, derivanti dall’attività nucleare. Il dibattito su dove trasferire le scorie degli impianti chiusi dopo il referendum del 1987 è ancora aperto.
«È possibile, più ecologico ed economicamente conveniente decarbonizzare l’elettricità puntando solo sulle rinnovabili, come sta facendo la maggioranza dei Paesi europei» sottolinea in una nota la coalizione 100% Rinnovabili Network, formata da Università e centri di ricerca, imprese, sindacati, terzo settore, Fondazione per lo sviluppo sostenibile, Greenpeace Italia, Kyoto Club, Legambiente e Wwf. Anche perché sole, vento e acqua sono risorse nazionali, mentre l’uranio no e al pari dei combustibili fossili metterebbe l’Italia in condizione di dipendenza da Paesi terzi, come l’Australia, il Kazakistan e il Canada, che ne detengono le maggiori riserve. Eppure, per l’esecutivo il nucleare sostenibile servirebbe a «favorire il raggiungimento dell’indipendenza energetica».
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