Accedi Registrati

Login to your account

Username *
Password *
Remember Me

Create an account

Fields marked with an asterisk (*) are required.
Name *
Username *
Password *
Verify password *
Email *
Verify email *

SINISTRA. Le liste civiche di sinistra oggi a Bologna lanciano il loro manifesto fondativo. Tra i promotori dell’iniziativa Clancy (Bologna), Rosatelli (Torino) e Ciaccheri (Roma)
Nasce la rete neo-municipalista per la giustizia sociale e ambientale

Esiste una sinistra in grado di attrarre a sé consenso senza perdere la radicalità. È sparsa nelle città e oggi, a Bologna (ore 15, al centro sociale Giorgio Costa) prova a tirare le prime conclusioni di un lavoro di cucitura che va avanti ormai da qualche mese. A piccoli passi e senza fare solenni proclami, ma nella convinzione che ci sia davvero uno spazio politico non piccolo da occupare.

Lo scorso gennaio, a Torino, gli esponenti di una quarantina di liste civiche di sinistra si sono incontrati per la prima volta e da lì si è cominciato a discutere del documento che verrà presentato oggi in assemblea, il «Manifesto per la Rete neo-municipalista per la giustizia sociale e ambientale». Tra i promotori si segnalano l’assessore torinese Jacopo Rosatelli, la vicesindaca di Bologna Emily Clancy, il presidente del municipio di Roma VIII Amedeo Ciaccheri E poi ci sono quelli di Coalizione Civica Padova, Adesso Trieste, Napoli Solidale e tanti altri. L’idea è dunque quella di dar seguito al percorso cominciato ormai diversi mesi fa, con l’obiettivo di costruire uno spazio «dove le tantissime realtà civiche del Paese possono riconoscersi, negli obiettivi politici ma anche nel metodo per raggiungerli, mettendo a fattor comune buone pratiche, promuovendo iniziative politiche coordinate e comuni a livello nazionale, valorizzando differenze e specificità territoriali, insieme e grazie alla Rete».

Nel manifesto fondativo si parla dunque di «un mondo da costruire a partire dai Comuni, dai rioni e dalle periferie delle nostre città, attivandoci nei singoli territori e in considerazione della loro specificità, ma adottando fin da subito uno sguardo e una prospettiva europea e globale. Promuovendo una politica che si nutra di partecipazione popolare e valorizzazione delle differenze contro ogni discriminazione, traendo linfa dall’elaborazione teorica e pratica, dell’ambientalismo, dell’antirazzismo, del pacifismo, del movimento lgbtqia+, del transfemminismo, delle lotte contro il lavoro povero, precario e ricattabile e di quella contro le mafie». Le parole d’ordine, per cominciare, sono tre: «Partecipazione, coerenza, radicalità».

Una messa a disposizione di esperienze diverse che vorrebbero coordinarsi tra di loro sia per essere più forti nelle città sia per far sentire la propria voce a livello nazionale. Di organizzazione si discuterà con calma (già si pensa alla formula del doppio portavoce e a una struttura leggera per coordinare le varie iniziative territoriali), intanto oggi la discussione riguarderà prima il manifesto fondativo con «interventi politici sul contesto generale» e poi la crisi climatica, con esperti e contributi sul tema, a partire dal territorio emiliano che ancora sta facendo i conti con le conseguenze dell’alluvione di due settimane fa.

Ci sarà da vedere poi quale sarà la collocazione precisa della Rete sulla scacchiera delle forze politiche: tra le realtà che si vedono oggi a Bologna, infatti, alcune sono andate in coalizione con il centrosinistra mentre altre hanno preferito andare da sole. Da scoprire pure quale sarà il rapporto con gli altri partiti di sinistra che già esistono. Spiega Rosatelli, che a Torino è assessore alle Politiche Sociali della giunta guidata da Stefano Lo Russo (Pd): «Da questo punto di vista ognuno ha una sua storia. In alcuni contesti Sinistra Italiana ha, per così dire, ceduto la sua sovranità alla civica di turno, altre volte si mantiene un rapporto di dialogo e collaborazione ma si fanno cose diverse. Il modello è quello spagnolo, dove a livello municipale esistono forze indipendenti che a livello nazionale poi fanno le loro scelte»

 
 
Commenta (0 Commenti)

Alluvione in Romagna, Musumeci ai sindaci: “Il governo non è un bancomat”. Protestano Pd e M5s: “Arrogante” 

Crescono le proteste degli amministratori della Romagna che, a un mese dall’alluvione,aspettano la nomina del commissario e lo stanziamento dei fondi per la ricostruzione. E l’incontro a Palazzo Chigi del 15 giugno tra i rappresentanti dei territori alluvionati e il governo non ha fatto che accrescere i malumori. Non solo sono state contestate le scarse risposte, ma ha fatto molto rumore la frase del ministro Nello Musumeci che, nel corso del vertice, ha replicato usando l’espressione “l’esecutivo non è un bancomat”. L’uscita ha provocato le reazioni delle opposizioni: da Pd al M5s, l’accusa è quella di inerzia e “arroganza” nei confronti delle popolazioni colpite. Il ministro, poi interpellato da Rainews24 ha detto: “La cifra va solo verificata”. E ha scaricato le responsabilità sul passato: “Se ci fosse un fondo per le calamità, oggi non staremmo qui a discutere su dove trovare il denaro. Non c’è mai stato questo fondo e, quindi, dobbiamo fare una ricognizione. Ci vorrà del tempo per mettere insieme le risorse”.

“Ma chi crede di essere? Pensa davvero di

Commenta (0 Commenti)
IL CASO. Contro l’inflazione cresce ancora il costo del denaro. Lagarde prepara un nuovo balzo a luglio mentre la Federal Reserve statunitense si è presa una «pausa». 4% è la soglia alla quale è stato portato il tasso di riferimento dalla Bce, il tasso sui depositi delle banche è al 3,50%, quello per la lending facility al 4,25%. 6,1 per cento. È l’inflazione stimata in Europa a maggio. Quella sottostante, depurata dai prezzi di energia e cibo, è data al 5,1. È quella che preoccupa la Bce. Ma la la linea di Francoforte è contestata
Tassi amari per i lavoratori: nuovo aumento della Bce La presidente della Banca Centrale Europea (Bce) Christine Lagarde - Ansa

La Banca Centrale Europea (Bce) ha festeggiato ieriventicinque anni di storia aumentando per l’ottava volta consecutiva i tassi di interesse sui depositi al 3,5% e quelli per il rifinanziamento principale e marginale al 4 e al 4,25 per cento. È il livello più alto mai raggiunto dal 2001. A luglio è stato già annunciato un altro aumento per i venti paesi che utilizzano l’euro. Francoforte ha deciso, a larga maggioranza, di non prendere una pausa di riflessione come ha fatto l’altro ieri la Federal Reserve statunitense dopo dieci rialzi consecutivi.

«NON SO CHE DIFFERENZA c’è tra una pausa e un salto – ha detto la presidente della Bce Christine Lagarde durante la conferenza stampa di ieri, riferendosi alla Federal Reserve – La Bce non farà nessuna pausa sul rialzo dei tassi». A meno che, ha aggiunto, non ci sia un «cambiamento sostanziale» nelle aspettative di inflazione. Ipotesi al momento remota dato che la cosiddetta «inflazione sottostante», depurata cioè dai prezzi ondivaghi dell’energia e dei generi alimentari, è stimata al 5,1 per cento nel 2023, dovrebbe calare al 3 nel 2024 e al 2,3 nel 2025. L’inflazione generale nell’Eurozona era stimata a maggio al 6,1% dopo aver raggiunto un picco di oltre il 10%.

TUTTO QUESTO AVVIENE mentre l’economia dell’Eurozona «ha registrato una stagnazione negli ultimi mesi» ha detto Lagarde che prevede un rimbalzo. Le previsioni della crescita sono però state riviste in negativo (0,9%) quest’anno. E l’Istituto per l’economia mondiale di Kiel (Ifw) ha previsto che il Pil della Germania subirà una contrazione dello 0,3 per cento nel 2023. È una delle conseguenze del conflitto russo-ucraino che vede nella Germania, sistema capitalistico centrale nell’Eurozona, uno dei principali obiettivi. Molte delle «incertezze» riscontrate da Lagarde ieri nascono anche dalla ristrutturazione armata della globalizzazione.

LA MOSSA DI IERI è stata preannunciata dall’ultima riunione del Consiglio direttivo della Bce, tenutasi all’inizio di maggio, quando è stata espressa una preoccupazione per le pressioni inflazionistiche sottostanti, dovute probabilmente all’aumento dei profitti e all’impatto dell’aumento dei prezzi dei generi alimentari, più che alla crescita dei salari che in paesi come l’Italia continuano ad essere congelati. Ma è esattamente su questo punto che l’analisi sulle origini, e le prospettive, del nuovo ciclo inflazionistico globale divergono.

LAGARDE HA SOSTENUTO, in primo luogo, che «al momento non si vede una spirale salari-prezzi» e che la persistenza dell’«inflazione di fondo», è legata al «costo per unità di lavoro». «Il mercato del lavoro è una delle componenti principali dei rialzi dell’inflazione». «La revisione al rialzo dell’inflazione core, quella che esclude cibo ed energia, deriva dalla tensione sui salari e dal costo del lavoro». Per la banchiera francese il «mercato del lavoro» è un «enigma» perché «molti servizi – che svolgono un ruolo importante nella nostra economia – sono ad alta intensità di manodopera e i salari, da questo punto di vista, giocano un ruolo fondamentale».

VICEVERSA, nel dibattito descritto dall’economista Christian Marazzi su Il Manifesto (17 marzo), il rischio di spirale salari e prezzi non esiste. L’inflazione è dovuta a una spirale prezzi-prezzi derivata dall’accumulazione dei profitti nella pandemia e proseguita con la speculazione sui prezzi delle materie prime. La testardaggine dei banchieri centrali è dettata da una politica che vuole proteggere questi profitti.

IL DILEMMA non sarebbe dunque rappresentato dal «mercato del lavoro», ma dalle politiche monetarie. I banchieri non riescono a capire se continuare ad aumentare i tassi produrrà un infarto dell’economia e peggiorerà le sue prospettive. Se invece ci fosse un rallentamento degli aumenti l’inflazione potrebbe diventare un problema persistente e difficile da sradicare. In ogni caso saranno i lavoratori e i consumatori a pagare la doppia tassa: quella dell’inflazione in sé e gli effetti delle decisioni della Bce.

A TALE PROPOSITO Massimiliano Dona, presidente dell’Unione nazionale consumatori, parlava ieri di una «stangata annua di 240 euro» in Italia . La «domanda di mutui sta calando» e «sale il reddito di chi richiede un finanziamento per l’acquisto di una casa, con una selezione alla base» ha aggiunto Nicoletta Papucci di mutuionline.it. «C’è un indebolimento della domanda di acquisto destinato a riflettersi in un calo significativo delle compravendite nell’ordine del 14,6% su base annua» ha detto Luca Dondi, amministratore delegato di Nomisma.

È UN PERIODO DIFFICILE per i banchieri centrali. «Alla fine se ne andrà – ha detto Lagarde- Si prevede che l’inflazione scenderà nel 2022». Era il dicembre 2021. Finirà nel 2025. Forse

 
Commenta (0 Commenti)

CONSIGLIO DEI MINISTRI. Abolito l’abuso d’ufficio e poco altro, il Guardasigilli adesso teme il giudizio della Ue. Tajani: Silvio sarebbe soddisfatto. Critici gli avvocati e le toghe, per il ministro «interferenze»

La mini riforma Nordio. Toghe e penalisti contro Il ministro della giustizia Carlo Nordio - Ansa

«Ho spiegato al Commissario Ue Reynders che l’arsenale dell’Italia per combattere gli amministratori infedeli è il più agguerrito d’Europa e la Commissione non deve focalizzarsi solo su una norma ma sull’insieme dell’ordinamento. Su questo si è detto d’accordo». Il ministro Nordio mette le mani avanti, presentando dopo il Consiglio dei ministri che l’ha approvato, il disegno di legge di (mini) riforma della giustizia. Decisa l’abolizione dell’abuso d’ufficio, è chiaro che adesso il governo teme il giudizio, imminente, dell’Europa. Perché le norme comunitarie così come le convenzioni Onu impongono agli stati di non disarmare la lotta alla corruzione. E i magistrati italiani sono chiari: l’abuso d’ufficio è un reato spia, cancellarlo indebolisce la lotta alla corruzione.

Presentando il piccolo pacchetto giustizia che Tajani, moderatore in sala stampa, dedica a Berlusconi («sarebbe soddisfatto»), Nordio sostiene che le misure sulla segretezza dell’avviso di garanzia e il divieto di pubblicazione delle intercettazioni, non solo quelle che coinvolgono i terzi ma tutte, anche dopo il deposito e fino eventualmente alla fase del dibattimento, «non sono un bavaglio» perché «le intercettazioni hanno raggiunto un livello di imbarbarimento». Più avanti, assicura, il governo farà di più: «Una radicale trasformazione del sistema postula una revisione del codice di procedura penale». Ma non solo, anticipando le critiche sulla portata ridotta della riforma il ministro garantisce: «Vogliamo cambiare la Costituzione», com’è necessario se vorranno separare sul serio le carriere di giudici e pm. Nordio riconosce di avere «un vasto programma», quello di rispettare a fondo lo spirito accusatorio del codice di procedura penale, «adattando» la Costituzione che non solo sulle carriere, ma anche sulla obbligatorietà dell’azione penale e sull’assetto unitario del Csm va in un’altra direzione. «Lo faremo – promette – entro la metà della legislatura». Intanto però il governo consegna il disegno di legge al parlamento. «Spero – dice il ministro – che possa essere approvato nel più breve tempo possibile e che le critiche siano razionali».

Il Pd è contrario. Così il M5S. Non Azione, Calenda conferma l’appoggio. Ma «non siamo di fronte a nessuna riforma di largo respiro ma a interventi spot, alcuni dei quali allarmanti», dice la vicepresidente pd del senato Rossomando. Che sia solo «un primo passo» in realtà lo dice anche la Lega, che in Consiglio dei ministri ha messo da parte le sue riserve anche grazie al clima di omaggio alla memoria a Berlusconi. Il Pd però è preso in contropiede dai suoi sindaci. Come spiega quello di Milano Beppe Sala: «Suggerisco al Pd di non scagliarsi contro, perché tutti i suoi sindaci, e parlo di sindaci con la tessera del Pd, sono convinti che si debba mettere mano all’abuso d’ufficio». Mettere mano, ma non abolire del tutto, come prova ad argomentare il primo cittadino di Bari e presidente dell’Anc Decaro: «Non abbiamo mai chiesto impunità, solo di avere certezze». Ma il sindaco anche lui Pd di Pesaro Ricci non ci gira attorno: «L’abolizione è un fato positivo ed è una battaglia vinta dai sindaci italiani».

Il ministro riceve l’appoggio (imbarazzante?) dell’ex presidente dell’Anm motore dello scandalo al Csm, Palamara, per il quale «la riforma Nordio è coerente e coraggiosa». Con l’Anm di oggi invece il ministro continua il suo braccio di ferro. Non gli sono piaciute le critiche del presidente dell’associazione magistrati Santalucia. «Il magistrato non può criticare le leggi – proclama -, noi ascoltiamo tutti ma poi è il governo che propone e il parlamento che dispone, questa è la democrazia e non sono ammesse interferenze». Replica questa volta il segretario dell’Anm, Casciaro, toga moderata: «Non si può parlare di interferenza se i magistrati partecipano al dibattito pubblico».

Intanto però neanche il giudizio degli avvocati è tutto positivo. «Apprezziamo alcuni primi passi. Molto positivo il divieto di impugnazione delle sentenze di assoluzione, ancorché limitato – dice l’Unione delle camere penali – del tutto deludente invece l’intervento sulle intercettazioni: eluso il tema cruciale dell’abuso dello strumento e la sanzione per la pubblicazione rimane irrisoria». Gli avvocati penalisti trovano poi un difetto anche nelle norme con le quali Nordio vuole contenere il ricorso alla misure cautelari, in particolare al carcere preventivo, che in teoria apprezzano: «A prescindere dalle preoccupazioni circa la sostenibilità di questa innovazione in termini di organici – scrivono – lascia perplessi la formazione di compagini collegiali costituite da giudici strutturalmente e culturalmente monocratici quali sono i gip». Preoccupazioni operative in fondo non troppo diverse di quelle dei magistrati

Commenta (0 Commenti)

Le vittime del naufragio nel mar Jonio sono forse 600, con 100 bambini. Potevano essere salvate, ma nessuno si è mosso. Non Grecia, Italia e Malta, ma neanche l’Ue che ieri ha pensato solo a proteggere Frontex 

Gli operatori umanitari: «Possibili fino a 600 morti». Arrestati nove sospetti scafisti. L’imbarcazione forse salpata dall’Egitto

Il salvataggio mancato della Guardia costiera Immagine del peschereccio fornita dalla Guardia costiera greca - Ap

La Guardia costiera greca ha lasciato, per sua stessa ammissione, che il peschereccio andasse alla deriva, fino al naufragio, con la scusa ufficiale che «la barca non chiedeva di essere assistita» e che «ogni tipo di intervento brusco avrebbe potuto causare un incidente».

Sulla banchina del porto di Kalamata, gli operatori umanitari che assistono i naufraghi continuano a ripetere: «È possibile che i morti siano fino a 600». Intanto fanno la spola tra le tende dove i sopravvissuti vengono interrogati dalle autorità. Non ci sono ancora stime ufficiali sui dispersi, ma tra gli uomini che hanno passato la notte in un magazzino del porto, in tanti continuano a dire che sul peschereccio sovraccarico viaggiassero in 750. Gli uomini ammassati sul ponte, le donne e i bambini, più di cento secondo il racconto di alcuni testimoni, stipati invece nella pancia della nave. I superstiti sono 104, le vittime 78, tra queste probabilmente una donna: le autorità non hanno rinvenuto altri corpi rispetto a quelli recuperati nelle prime ore successive al naufragio.

Le salme sono state trasportate nel porto di Kalamata in tarda notte, lontano dalle telecamere dei giornalisti. Una motovedetta della Guardia costiera, protetta dal buio, ha fatto la

Commenta (0 Commenti)

STRAGE SENZA FINE. Da Nord a Sud della penisola non si ferma la scia di sangue: quattro erano edili, padre e figlio in una tinozza di vino a Gioia del Colle

In 24 ore ben sei morti sul lavoro: due nel bresciano Una magliettta per ricordare la strage sul lavoro - Foto Ansa

In giornate in cui la morte di persone famose blocca il paese, le sei sul lavoro di ieri non fanno – come al solito – notizia. La striscia di sangue va da nord a sud e non sembra essere fermabile.

A Brescia un uomo è precipitato da un traliccio dell’alta tensione alto circa 50 metri a Castegnato, lungo la via Padana Superiore 111/a. Si tratta di un lavoratore albanese di 23 anni residente a Caorle. Era al lavoro per conto di una ditta privata impegnata nella sostituzione della fune di guardia di una rete elettrica di Terna.

A pochi chilometri di distanza, lungo l’autostrada A4, nella tratta tra Desenzano del Garda e Brescia un lavoratore di 60 anni è stato investito da un mezzo pesante di passaggio. La vittima è un uomo di 60 anni: secondo la prima ricostruzione è stato travolto da un mezzo pesante cassonato che trasportava terra. L’operaio è morto sul colpo. Proprio nel tratto di strada interessato dal tragico infortunio è in corso l’asfaltatura della corsia di emergenza e prima corsia, ragione per la quale la circolazione è limitata alle due corsie residue.

Nel catanese un operaio di 56 anni, Angelo Aleo, è morto in un incidente in un cantiere edile di Misterbianco. Secondo una prima ricostruzione, sarebbe precipitato da tre metri durante la realizzazione del solaio di un edificio per abitazione. La salma, su disposizione della Procura di Catania, è stata trasferita nell’obitorio del policlinico.

È poi deceduto il lavoratore di 43 anni, Pasquale Cosenza, che il 9 giugno è precipitato da un capannone di un’azienda nella zona industriale di Pastorano, a Caserta, mentre stava montando dei pannelli solari.

Infine, due uomini, padre e figlio di 47 e 81 anni, sono morti in un incidente sul lavoro lunedì notte dopo essere caduti in una cisterna contenente vino nella Cantina Storica del Cardinale a Gioia del Colle, in provincia di Bari. Le due vittime stavano pulendo la cisterna. La morte è avvenuta a causa delle esalazioni. Il figlio è caduto per primo avvertendo i sintomi tipici e poi il padre ha fatto la stessa fine nel tentativo di aiutarlo.

Commenta (0 Commenti)