I lavori sull’argine nei pressi di via Cimatti
Sembra una lotta contro il tempo, quella per erigere un argine in fondo a via Cimatti a protezione del quartiere Borgo. Si tratta di un allungamento e rinforzo del manufatto iniziato il giorno prima dell’ultima alluvione. Si lavora alacremente perché oggi è ancora allerta arancione della Protezione Civile e da quel punto potrebbe arrivare dal torrente Marzeno una quarta alluvione.
A questo proposito, il sindaco Massimo Isola nel tardo pomeriggio di ieri ha scritto che «qualora le condizioni meteo dovessero peggiorare, l’allerta potrebbe diventare rossa durante la giornata di domani (oggi, ndr). Dunque, vi invitiamo a mettere in atto, fin da ora, tutte le misure precauzionali per salvaguardare anche i beni mobili e le auto. Stiamo mettendo in campo tutte le misure e le risorse umane per farci trovare pronti in caso di necessità. Hera ha garantito il potenziamento della portata delle idrovore e del loro presidio in caso di emergenza. Domani (oggi, ndr) in tarda mattinata è convocata una nuova riunione in Prefettura per verificare l’evolversi delle condizioni meteo. Sarà mia cura tenervi aggiornati sulla situazione».
Si interviene in un punto cruciale ai fini preventivi, infatti vi insiste – nei cosiddetti terreni Dalmonte, Ferniani e qualche altro proprietario – il progetto della cassa di espansione, secondo il progetto contenuto nei piani speciali e che potrebbe includere anche uno sbarramento con porte vinciane sul Lamone, poco a monte del ponte della circonvallazione. Un sistema quest’ultimo simile a quello sul porto canale di Cesenatico, che dirotterebbe parte delle piene nella cassa di espansione.
L’argine dunque sarebbe un manufatto minimale rispetto ad un’opera più grande, impensabile da realizzare in pochi giorni, comunque un baluardo in qualche modo efficace a contenere acqua prima che arrivi nel Borgo.
Incontro con i proprietari
I lavori attuali sono la parte più semplice da realizzare e li ha disposti il Comune d’iniziativa, dopo avere incontrato i proprietari terrieri e ottenuto di prelevare terra dai campi sul posto per costruire l’argine. «Con i proprietari – riferisce un agricoltore del posto – si sta cercando un accordo per quanto riguarda la cassa: potrebbe essere una servitù di allagamento, ma anche l’acquisto o acquisizione dei terreni sui quali poi iniziare le altre opere. Credo vi sia disponibilità».
Tutta l’area andrebbe ulteriormente scavata, e la terra utilizzata per innalzare altri argini lungo il perimetro. Un lavoro grosso che però con l’impiego di più mezzi, potrebbe risultare abbastanza veloce. Nella piana alluvionale vi è ancora acqua giacente, quindi è difficile accedervi con i mezzi, perciò è stata piazzata una grossa pompa per agevolare il prosciugamento. In caso di diluvio, oggi e domani, il Borgo dovrebbe risultare più protetto, ma non le zone a ridosso di via San Martino e del Marzeno, dove non si è riusciti a fare granché.
Intanto il sindaco Massimo Isola ad una settimana dall’invio della lettera al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ha fatto nella serata di martedì il punto della situazione. «Ci stiamo impegnando sugli obiettivi che ci siamo fissati e superare così i tempi degli iter ordinari. Stiamo ottenendo i primi risultati. Siamo andati avanti in via Cimatti: con i nostri progettisti abbiamo avviato un dettagliato elaborato che ci avvicina all’inizio degli interventi più grossi».
Il sindaco si è anche confrontato con il generale Figliuolo e ha accolto con soddisfazione la pubblicazione delle nuove ordinanze, in particolare la 13 Bis, «che permetterà di finanziare, insieme alle risorse per la somma urgenza, il progetto di difesa della città». Il prossimo consiglio comunale inoltre dovrebbe approvare il contributo di 10mila euro ai cittadini più volte alluvionati
Commenta (0 Commenti)Il consesso delle nazioni è un peso: Israele dichiara persona non grata il segretario generale dell’Onu Guterres. Mentre scambia i primi colpi diretti con Hezbollah in Libano, bombarda Damasco in Siria, prepara il raid sull’Iran. Senza mai smettere di colpire Gaza: ieri 79 morti
Reportage Scontri diretti a sud, è la prima volta dal 2006. Otto soldati israeliani uccisi. Beirut senza pace: le bombe continuano a cadere sui civili
Sulle macerie di un palazzo bombardato a Beirut Epa/Wael Hamzeh
Una grossa voragine sul lato sinistro della strada, macchine capovolte e carbonizzate, edifici distrutti. A poca distanza un gabbiotto di cemento che dovrebbe essere un checkpoint ma è vuoto. Da dietro un albero a bordo strada spunta la mano di un militare che fa segno di proseguire. Nessun controllo e nessuna domanda.
È COSÌ che ti accoglie Tiro in questi giorni concitati. Siamo a meno di 100 km da Beirut, nella città più grande del Libano meridionale. Lo stato ebraico ha dichiarato che l’obiettivo dell’offensiva militare contro il vicino è eliminare Hezbollah o, più realisticamente, costringere i suoi miliziani a ritirarsi al di là del fiume Litani (storicamente noto come Leonte in italiano ma ora indicato da tutti con la sua denominazione araba) che poco a nord di Tiro sfocia nel Mediterraneo.
Nei piani di Tel Aviv Tiro dovrebbe rientrare in quella «zona cuscinetto» ampia circa 40 km che impedirebbe ai miliziani del Partito di Dio di lanciare razzi e incursioni sul nord di Israele. Diventerebbe, cioè, terra di nessuno. O al massimo un territorio formalmente libanese ma controllato di fatto dai militari di Tel Aviv o da truppe locali sue alleate. In passato una situazione del genere si è già verificata e Israele appoggiò in queste stesse aree l’Esercito del Libano del Sud, comandato all’inizio da Sa’d Haddad, giudicato tra i colpevoli del massacro di Sabra e Chatila nel 1982. La presenza dell’Els, tra l’altro contribuì a fasi alterne a destabilizzare il Libano meridionale fino al 2000 e cessò di fatto solo con la ritirata israeliana nello stesso anno.
ORA NEL PAESE dei cedri, le varie fazioni osservano attentamente gli eventi. Secondo gli analisti, sono diverse le figure che vorrebbero trarre vantaggio dall’indebolimento di Hezbollah e degli sciiti libanesi, soprattutto tra i cristiani maroniti. Questa breve digressione, che non ha nessuna pretesa di essere esaustiva, aiuta a capire due notizie fondamentali
Leggi tutto: Hezbollah e Tel Aviv faccia a faccia 18 anni dopo - di Sabato Angieri INVIATO A TIRO
Commenta (0 Commenti)Centrosinistra Il leader 5 Stelle furioso con Schlein che non ha chiuso a Renzi. E apre il fronte emiliano: il nostro simbolo non sarà a fianco di quello di Iv. Il rottamatore: noi ci saremo, non accettiamo veti. L’ira del Pd: così non si batte Meloni
Giuseppe Conte prende a picconate il campo largo: «Non esiste più, lo certifichiamo stasera», mette a verbale nello studio di Bruno Vespa su Raiuno. Nel mirino c’è sempre Matteo Renzi, con cui l’avvocato non vuole allearsi neppure in Emilia-Romagna e Umbria, dopo aver fatto saltare l’accordo in Liguria che consentiva ai renziani di stare nella coalizione di Andrea Orlando senza simbolo.
CONTE NON SI ACCONTENTA del risultato ottenuto, e scalcia ancora, soprattutto sull’Emilia Romagna, dove da tempo era chiaro che il campo a sostegno di Michele De Pascale era larghissimo, anche perchè i renziani sono in giunta con Bonaccini da 5 anni, i 5 stelle all’opposizione, e finora non c’erano stati particolare polemiche sul perimetro della coalizione. E invece sera ieri, sempre da Vespa, è partito un altro siluro: «Non sono disponibile ad affiancare il mio simbolo nelle regioni al voto a quello di Renzi che si è sempre distinto per distruggere, per rottamare».
AL NETTO DELLE CRITICHE a Renzi, che sono note e legittime, c’è qualcosa di più. Conte ce l’ha con Schlein, che ha sì accettato di escludere i renziani in Liguria, ma in questi giorni (soprattutto da sabato scorso, quando Conte aveva posto un ultimatum) non ha detto una parola definitiva sulla presenza di Iv nel centrosinistra a livello nazionale. Non ha cioè messo fuori Renzi dalla nascitura alternativa a Meloni, invitando tutti i potenziali alleati a concentrare le critiche contro le destre.
Per Conte è inaccettabile: «M5S ha detto che si è aperta una ferita quando Iv è stata messa in un campo largo senza neppure avvertirci e la riposta di Schlein è stata “Io non faccio polemiche”. Allora c’è qualcosa che non va, non c’è la consapevolezza da parte del gruppo dirigente del Pd che c’è un problema serio. Non siamo pronti ad un’alleanza con loro ci sono tantissimi chiarimenti da fare».
RENZI NON CI STA a farsi sbattere fuori: «Ho parlato con de Pascale. Iv è già in maggioranza in Emilia, abbiamo un assessore e tre consiglieri che hanno lealmente sostenuto il centrosinistra dagli attacchi delle opposizioni di destra e del M5s. Alle regionali ci presenteremo a fianco di De Pascale con i nostri candidati e con il nostro simbolo. Se Conte vuole fare una battaglia contro Schlein, la faccia pure. Ma non sulla pelle dell’Emilia Romagna. Non mettiamo veti nei confronti dei grillini, ma non siamo disponibili a subirne».
IN REALTÀ LA PRESENZA di Iv in coalizione non ha ancora preso una forma certa: in queste settimane ci sono state trattative con +Europa e anche con i fratelli coltelli di Azione per una lista riformista. Ma ancora non si è trovato un accordo. Di certo c’è che De Pascale ha detto a tutti che nella sua civica “del presidente” non c’è spazio per esponenti politici. Nel 2020 Bonaccini tolse d’impaccio i centristi mettendoli nella sua lista. Stavolta no. Azione e i Iv devono cavarsela da soli, e non è una passeggiata.
Anche perchè le liti tra i due leader rendono quasi impossibile fare una lista insieme in Emilia. E anche in Umbria ne hanno messe in piedi due diverse, senza simboli di partito, tanto che nella coalizione che sostiene la candidata Stefania Proietti non si registrano scossoni dopo la nuova fatwa di Conte: «In Umbria nessuna frizione o criticità», conferma il coordinatore regionale dei 5s Thomas De Luca.
PER DE PASCALE INVECE il problema è reale: che fare con i due alleati che non vogliono più coabitare? «Ho profondo rispetto per il dibattito politico nazionale nel centrosinistra. Per una larga coalizione di governo serve fiducia reciproca e un progetto condiviso ed è evidente che questo oggi purtroppo a livello nazionale non c’è», dice il candidato presidente. Ma precisa che «in Emilia-Romagna invece non solo esiste ma si è anche allargato a oltre 60 liste civiche. L’Emilia-Romagna è troppo importante, io mi voglio occupare solo di lei e, con grande rispetto, chiedo a tutti di fare lo stesso».
Un appello alla responsabilità, quello di De Pascale. Ma non è scontato che il terremoto nazionale non ammacchi anche la sua coalizione. Tra Conte e Renzi è difficile che uno faccia un passo indietro. Le liste devono essere consegnate entro metà ottobre, sono previste due settimane di fibrillazioni. Sul piano nazionale, Schleina affida la replica a Francesco Boccia: «Il campo largo non è mai esistito, esiste il centrosinistra. Se non vogliamo lasciare Meloni a Palazzo Chigi sine die, è evidente che bisogna rafforzare l’alternativa». Più duro Marco Furfaro: «Non si può decidere in un salotto tv se fare un’alleanza o no, non si possono usare i territori per fare battaglia politica»
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In Iran passa la linea dei pasdaran: 180 missili balistici su Israele per vendicare l’uccisione dei leader di Hamas e Hezbollah generano molto allarme e pochi danni. Unica vittima accertata un palestinese a Gerico. La risposta, promette Tel Aviv, sarà dura e immediata
Escalation per l'inferno Tel Aviv annuncia che reagirà con massima forza contro l’Iran. Morto un palestinese a Gerico. Attentato armato a Giaffa poco prima dei lanci: due palestinesi hanno ucciso sei israeliani
L’allarme è scattato intorno alle 18.30. «Recatevi subito in un’area protetta, non uscite e aspettate il messaggio di cessato pericolo» era il testo apparso sullo schermo di milioni di telefoni cellulari israeliani. Quello di fine pericolo è arrivato un’ora dopo, al termine di almeno due ondate di missili balistici, in totale 180, lanciati dall’Iran verso Israele. Per molti minuti durante l’attacco, mentre l’urlo delle sirene squarciava il silenzio calato poco prima in tutti i centri abitati, il cielo è stato attraversato dalle scie e dalle luci generate dai missili inseguiti dagli intercettori. La seconda ondata è stata la più violenta, accompagnata da forti boati, anche a Gerusalemme, e dalle grida di persone spaventate. Le tv israeliane in diretta hanno mostrato i missili diretti su Tel Aviv e i suoi sobborghi. Nei video amatoriali postati sui social si sono visti missili che colpivano il territorio israeliano. Si sono registrati pochi danni materiali a Tel Aviv e minime sono state le conseguenze per i civili israeliani: solo due feriti leggeri. L’unico morto, secondo il bilancio aggiornato a ieri sera, è un lavoratore palestinese, Sami Asali, di Jabaliya. Sarebbe stato colpito in pieno dall’esplosione di un missile caduto su Gerico, nella Cisgiordania occupata.
Sei israeliani invece sono rimasti uccisi in un attacco compiuto con un’arma automatica e un coltello a una fermata di Giaffa della metropolitana leggera da due palestinesi di Hebron pochi minuti prima delle sirene per i missili in arrivo su Israele. Altre nove persone sono rimaste ferite. I due attentatori sono stati uccisi da agenti di polizia dopo un breve inseguimento. Ieri sera non era arrivata alcuna rivendicazione ma i due palestinesi potrebbero essere militanti di Hamas. Qualcuno ha anche ipotizzato un collegamento tra la sparatoria a Giaffa e l’attacco dall’Iran. La Guardia rivoluzionaria iraniana ha spiegato il lancio dei missili come una risposta alle uccisioni compiute da Israele del capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh, a fine luglio a Teheran, e del leader di Hezbollah venerdì scorso a Beirut. «Abbiamo colpito tre basi militari israeliane vicino a Tel Aviv», ha aggiunto. La televisione pubblica iraniana ha aggiunto che sono stati utilizzati missili ipersonici Fatah di fabbricazione iraniana.
L’attacco di ieri è stato più potente di quello dello scorso aprile, portato soprattutto con droni, che fu sventato quasi completamente dalle difese di Israele con l’aiuto decisivo degli alleati americani, francesi e arabi. Aiuto che c’è stato di nuovo ieri – anche da parte della Giordania – e che era stato assicurato da Joe Biden e dall’Amministrazione Usa quando il New York Times ha previsto l’attacco iraniano a Israele nel giro di poche ore al
Commenta (0 Commenti)Far partire subito una serie di opere straordinarie, tra quelle inserite nei Piani speciali per la Ricostruzione, già presentati dalla Regione alla struttura commissariale a inizio luglio e in attesa di approvazione, anticipando l’avvio di un primo stralcio funzionale. Con fondi certi, previsti dal Governo nella prossima manovra, e procedure semplificate per lo svolgimento dei lavori e la messa in sicurezza strutturale del territorio, al di là degli interventi già conclusi e in corso.
Queste le richieste ribadite oggi dalla presidente facente funzione della Regione e commissaria all’emergenza per l’alluvione di una settimana fa in Romagna, Irene Priolo, nel corso dell’incontro con il Commissario straordinario per la ricostruzione, Francesco Paolo Figliuolo.
Le opere straordinarie interesseranno due ambiti: i bacini idrografici e fluviali e le infrastrutture, a partire dai ponti che costituiscono ormai un ostacolo conosciuto al regolare scorrimento delle acque. Nel primo ambito, vi saranno opere complesse come le casse di espansione, quelle relative alla tracimazione controllata in caso di bisogno, poi l’ampliamento delle arginature e delle aree golenali, infine, quelle dei Consorzi di Bonifica sul reticolo secondario. Un elenco di opere che la Regione porterà alla condivisione con enti locali e territori e che nel complesso richiederà risorse pari a circa 650 milioni di euro nel prossimo triennio.
Successivamente all’incontro con Figliuolo, la presidente Priolo ha incontrato i sindaci dei Comuni alluvionati del bolognese (Budrio, Molinella, San Lazzaro, Medicina, Castenaso e Pianoro), con cui ha fatto il punto della situazione. Priolo ha ricordato il Piano di interventi appena approvato da 20 milioni, che consentirà di attivare immediatamente i Contributi per l’autonoma sistemazione (Cas), e della richiesta di un “Cis raddoppiato” per chi è stato colpito dall’alluvione sia nel 2023, sia nel 2024. Un programma di intervento ribadito anche nell’incontro con i firmatari del Patto per il Lavoro e per il Clima, con i quali sono state condivise le priorità per l’immediata messa in sicurezza dei territori colpiti e l’assistenza alle persone nuovamente colpite dal maltempo.
“Non abbiamo tempo da perdere, ci aspetta l’inverno e dobbiamo farci trovare preparati: è indispensabile un cambio di passo- ha sottolineato Priolo-. Di fronte a comunità così pesantemente colpite, le istituzioni hanno il dovere di lavorare insieme e il più velocemente possibile per aiutarle a tornare a vivere in tranquillità. Tutto quello che potevamo fare, lo stiamo facendo, ma non è più sufficiente: dobbiamo adottare misure straordinarie e per questo abbiamo chiesto alla struttura commissariale di condividere la necessità di partire con un primo stralcio funzionale di opere da 650 milioni, già previste all’interno dei Piani speciali per la Ricostruzione. Interventi strategici, bacino per bacino, che noi abbiamo necessità vengano finanziate e realizzate con norme speciali”.
Commenta (0 Commenti)Come si ricorderà dopo la seconda alluvione apparve internamente alla rotonda del Fontanone “E galet de paciugh”: l’allestimento rimase esposto alcuni mesi, si pensò poi di collocarlo in un luogo permanente a testimonianza dell’evento climatico, ma poi non si è saputo più nulla. Ebbene dopo il galletto e dopo la terza alluvione sono arrivate le colombe stilizzate che si sono posate sul muro di via Renaccio.
Il nuovo allestimento ha come obiettivo di ricordare le famiglie colpite dal disastro: 320 nella prima e seconda alluvione, rappresentate da colombe azzurre e bianche, e 170 nell’ultima (colombe rosse). Sono apparse a decoro del muro grigio su iniziativa di Luigia Carcioffi, ex consigliera dimissionaria di Faenza Coraggiosa e insegnante dell’Istituto comprensivo Carchidio.Strocchi.
“Le colombe sul fango” questo il titolo dell’opera sono piccoli manufatti in legno, frutto di un progetto nato un anno fa nella scuola media per raccogliere fondi a favore delle famiglie alluvionate. Sono state realizzate dagli alunni con l’aiuto degli insegnanti.
«Ora – riferisce Carcioffi - si sono posate sul muro per ricordare le famiglie costrette ad abbandonare le loro case: fino a quando tutti non vi torneranno non ci sarà pace né giustizia». La frase appare scritta anche su cartelli plastificati all’inizio del percorso artistico che prosegue per una lunghezza di oltre cento metri, proprio di fronte al parco di via Calamelli.
Il muro è quello costruito in sostituzione del vecchio manufatto in mattoni crollato a causa della seconda alluvione nel maggio 2023. Da quella rottura arrivò l’acqua che invase il quartiere Bassa Italia e il centro storico: nel vicino parcheggio “Faenza 1” raggiunse i quattro metri di altezza. Con la costruzione della muraglia il fiume stavolta non ha procurato danni, che si sono comunque verificati a causa del sistema fognario. F.D.
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