Il decreto attuativo della Riforma del Canone RAI in bolletta è da rifare: manca una puntuale definizione di “apparecchio televisivo”, non tutela la privacy degli utenti, non formula con chiarezza le regole, non prevede informazione per gli utenti e non ha il formale via libera del ministero dell’Economia: a muovere i rilievi è il Consiglio di Stato,che sospende il parere sul provvedimento e invita il Governo a integrarlo. Non male, considerando che le scadenze per presentare la domanda di esenzione sono alle porte (30 aprile e 10 maggio, per presentazione cartacea e telematica).
In vista dovrebbe esserci una proroga al 15 maggio, ma alla luce del pronunciamento questa manciata di giorni non sembra sufficiente a mettere nel frattempo le norme in regola, forse neppure per partire il primo luglio 2016.
Ma vediamo punto per punto i rilievi mossi dalla giustizia amministrativa.
Innanzitutto, c’è un vizio formale, perché la legge che istituisce il canone RAI in bolletta(comma 154 della legge 208/2015), prevede che il decreto attuativo sia emanato dallo Sviluppo Economico di concerto con l’Economia, che invece ha fornito un semplice assenso. Ci sono poi una serie di questioni sostanziali, che nell’atto del Consiglio di Stato sono definiti
«profili di criticità che dovrebbero trovare soluzione prima della sua definitiva approvazione, anche al fine di non condizionare il grado di efficacia di tale strumento normativo».
Innanzitutto, nel testo del regolamento manca
«un qualsiasi richiamo ad una definizione di cosa debba intendersi per apparecchio televisivo».
Non viene nemmeno specificato che il
«canone deve essere corrisposto per un unico apparecchio, prescindendo dall’effettivo numero di apparecchi posseduto dal singolo l’utente».
In realtà, nel provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 24 marzo, che contiene anche il modello per l’esenzione, sono specificate entrambe le cose. Il punto è che, però, tutto questo dovrebbe essere scritto anche nel decreto ministeriale, che invece non specificanulla:
In secondo luogo, il meccanismo attraverso il quale viene addebitato il Canone RAI in bolletta prevede un notevole scambio di dati e informazioni fra diversi enti (Anagrafe tributaria, Autorità per l’energia elettrica, Acquirente unico, Ministero dell’Interno, Comuni, società private). Ebbene, secondo i magistrati amministrativi questo
«necessariamente implica profili di rispetto e tutela della privacy».
Questi accorgimenti invece non sono previsti. Nelle norme in esame, anzi, non c’è alcun riferimento alla problematica che, viceversa, potrebbe trovare soluzione almeno esplicitando che le procedure:
«avvengano nel rispetto della normativa sulla privacy, sentito il Garante per la protezione dei dati personali».
Le norme previste nel decreto, infine, non sono sempre:
«formulate in maniera adeguatamente chiara, tenendo conto dell’ampia platea di utenti» a cui si rivolgono.
Per esempio, l’articolo che individua gli utenti obbligati al pagamento del Canone RAI:
«utilizza formule tecniche di non facile comprensione per i non addetti al settore». Tanto più che il decreto non prevede:
«forme adeguate di pubblicità, rispetto all’elevato grado di diffusione raggiunto dal mezzo televisivo».
Conclusione:
la sezione consultiva per gli atti normativi «invita l’amministrazione a rivedere il testo regolamentare nel suo complesso», e a «dare la massima diffusione, nelle forme ritenute più opportune, alle disposizioni del procedimento di riscossione», con «particplare riferimento a quelle che implicano adempimenti a carico dell’utenza». Nel frattempo, sospende «l’espressione del parere in attesa che l’Amministrazione integri il testo trasmesso».
Non è chiaro cosa succede ora: in teoria, ci sono ancora poche settimane di tempo per chiedere l’esenzione dal canone. E dal prossimo mese di luglio arriveranno gli addebiti in bolletta. Certo, senza un decreto attuativo ministeriale, esplicitamente richiesto dalla Legge, difficilmente potranno essere rispettati questi termini.
Il Codacons chiede che non venga inserito il canone RAI in bolletta.
«fino a quando non saranno superate le critictà rilevate», e anzi invita il Governo a «rinunciare del tutto al provvedimento».
Dal ministero dello Sviluppo Economico, invece, arriva la reazione del sottosegretario alle Comunicazioni, Antonello Giacomelli, secondo il quale:
«quella del Consiglio di Stato non è affatto una bocciatura ma un utile suggerimento di integrazioni e chiarimenti peraltro assolutamente nella prassi dei pareri del Consiglio stesso».
Comunque lo si voglia chiamare, il parere del Consiglio di Stato blocca il provvedimento applicativo sulla Riforma del canone RAI in bolletta. E aumenta il caos fra i contribuenti, alle prese con adempimenti e scadenze che a questo punto sembrano difficili da rispettare.
Fonte: Paere del Consiglio di Stato sul Decreto attuativo del Canone RAI in bolletta
Il decreto attuativo della Riforma del Canone RAI in bolletta è da rifare: manca una puntuale definizione di “apparecchio televisivo”, non tutela la privacy degli utenti, non formula con chiarezza le regole, non prevede informazione per gli utenti e non ha il formale via libera del ministero dell’Economia: a muovere i rilievi è il Consiglio di Stato,che sospende il parere sul provvedimento e invita il Governo a integrarlo. Non male, considerando che le scadenze per presentare la domanda di esenzione sono alle porte (30 aprile e 10 maggio, per presentazione cartacea e telematica).
In vista dovrebbe esserci una proroga al 15 maggio, ma alla luce del pronunciamento questa manciata di giorni non sembra sufficiente a mettere nel frattempo le norme in regola, forse neppure per partire il primo luglio 2016.
Ma vediamo punto per punto i rilievi mossi dalla giustizia amministrativa.
Innanzitutto, c’è un vizio formale, perché la legge che istituisce il canone RAI in bolletta(comma 154 della legge 208/2015), prevede che il decreto attuativo sia emanato dallo Sviluppo Economico di concerto con l’Economia, che invece ha fornito un semplice assenso. Ci sono poi una serie di questioni sostanziali, che nell’atto del Consiglio di Stato sono definiti
«profili di criticità che dovrebbero trovare soluzione prima della sua definitiva approvazione, anche al fine di non condizionare il grado di efficacia di tale strumento normativo».
Innanzitutto, nel testo del regolamento manca
«un qualsiasi richiamo ad una definizione di cosa debba intendersi per apparecchio televisivo».
Non viene nemmeno specificato che il
«canone deve essere corrisposto per un unico apparecchio, prescindendo dall’effettivo numero di apparecchi posseduto dal singolo l’utente».
In realtà, nel provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 24 marzo, che contiene anche il modello per l’esenzione, sono specificate entrambe le cose. Il punto è che, però, tutto questo dovrebbe essere scritto anche nel decreto ministeriale, che invece non specificanulla:
In secondo luogo, il meccanismo attraverso il quale viene addebitato il Canone RAI in bolletta prevede un notevole scambio di dati e informazioni fra diversi enti (Anagrafe tributaria, Autorità per l’energia elettrica, Acquirente unico, Ministero dell’Interno, Comuni, società private). Ebbene, secondo i magistrati amministrativi questo
«necessariamente implica profili di rispetto e tutela della privacy».
Questi accorgimenti invece non sono previsti. Nelle norme in esame, anzi, non c’è alcun riferimento alla problematica che, viceversa, potrebbe trovare soluzione almeno esplicitando che le procedure:
«avvengano nel rispetto della normativa sulla privacy, sentito il Garante per la protezione dei dati personali».
Le norme previste nel decreto, infine, non sono sempre:
«formulate in maniera adeguatamente chiara, tenendo conto dell’ampia platea di utenti» a cui si rivolgono.
Per esempio, l’articolo che individua gli utenti obbligati al pagamento del Canone RAI:
«utilizza formule tecniche di non facile comprensione per i non addetti al settore». Tanto più che il decreto non prevede:
«forme adeguate di pubblicità, rispetto all’elevato grado di diffusione raggiunto dal mezzo televisivo».
Conclusione:
la sezione consultiva per gli atti normativi «invita l’amministrazione a rivedere il testo regolamentare nel suo complesso», e a «dare la massima diffusione, nelle forme ritenute più opportune, alle disposizioni del procedimento di riscossione», con «particplare riferimento a quelle che implicano adempimenti a carico dell’utenza». Nel frattempo, sospende «l’espressione del parere in attesa che l’Amministrazione integri il testo trasmesso».
Non è chiaro cosa succede ora: in teoria, ci sono ancora poche settimane di tempo per chiedere l’esenzione dal canone. E dal prossimo mese di luglio arriveranno gli addebiti in bolletta. Certo, senza un decreto attuativo ministeriale, esplicitamente richiesto dalla Legge, difficilmente potranno essere rispettati questi termini.
Il Codacons chiede che non venga inserito il canone RAI in bolletta.
«fino a quando non saranno superate le critictà rilevate», e anzi invita il Governo a «rinunciare del tutto al provvedimento».
Dal ministero dello Sviluppo Economico, invece, arriva la reazione del sottosegretario alle Comunicazioni, Antonello Giacomelli, secondo il quale:
«quella del Consiglio di Stato non è affatto una bocciatura ma un utile suggerimento di integrazioni e chiarimenti peraltro assolutamente nella prassi dei pareri del Consiglio stesso».
Comunque lo si voglia chiamare, il parere del Consiglio di Stato blocca il provvedimento applicativo sulla Riforma del canone RAI in bolletta. E aumenta il caos fra i contribuenti, alle prese con adempimenti e scadenze che a questo punto sembrano difficili da rispettare.
Fonte: Paere del Consiglio di Stato sul Decreto attuativo del Canone RAI in bolletta
Commenta (0 Commenti)Ecco il modello dell’Agenzia delle Entrate per autodichiarare il mancato possesso dei requisiti per pagare il canone RAI in bolletta: lo compila chi non ha un televisore, o ha un altro familiare che paga il canone. La scadenza è il 30 aprile 2016 per la presentazione cartacea oppure il 10 maggio per la presentazione telematica.
Il modello è pubblicato insieme al provvedimento di approvazione del 24 marzo 2016, con le istruzioni di compilazione, disponibile sul sito dell’Agenzia, sul sito del ministero delle Finanze e su quello della RAI nelle pagine dedicate al canone.
Nel pomeriggio di martedì 15 marzo, nella sede di Faenza del Consorzio di Bonifica della Romagna occidentale, si è svolta una riunione delle associazioni rappresentative dei portatori di interesse, per illustrare il nuovo riparto degli oneri consortili, che interessa molti cittadini di Faenza e dei territori vicini. Federconsumatori ha ritenuto suo dovere partecipare a questo incontro, per fornire alcune informazioni ai cittadini interessati.
Il presidente, Alberto Asioli, e il direttore, Giovanni Costa, hanno illustrato le importanti novità: i cittadini interessati hanno già ricevuto dal Consorzio una lettera di informazione.
"In sostanza - scrive il presidente Federconsumatori di Ravenna, Vincenzo Fuschini, in base alla Legge regionale n. 7 del 2012, gli oneri consortili saranno d'ora in poi ripartiti fra un maggior numero di cittadini che si avvantaggiano dei servizi di difesa del territorio offerti dal Consorzio: saranno così assoggettati al contributo anche molti cittadini che ne erano finora esclusi. L'area esente da contribuzione è ormai ridottissima. I nuovi criteri di applicazione sono stati definiti dalle delibere della Giunta regionale applicative della nuova Legge e sono illustrati in dettaglio in un complesso studio, scaricabile dal sito internet del Consorzio. Ai fini dell'applicazione, il territorio resterà diviso in zona di pianura e zona montana.
"In poche parole - prosegue il presidente, alcune famiglie, finora esentate, da quest'anno inizieranno a contribuire alle spese di funzionamento del Consorzio; altri probabilmente vedranno diminuire il loro contributo, che pagavano da anni.
Il contributo per la grande maggioranza di cittadini sarà fortunatamente piuttosto contenuto. Data la complessità dei calcoli da effettuare per definire i nuovi contributi, che necessitano di specifiche conoscenze tecniche, gli Uffici del Consorzio si sono impegnati a fornire ai cittadini tutti i chiarimenti necessari: a questo scopo è stato creato il n. verde 800 22 66 22.
La riscossione sarà affidata alla SORIT; per eventuali inadempimenti, è previsto che l'ingiunzione di pagamento sia inviata solo dopo tre avvisi, spediti per posta".
"Non dubitiamo - conclude poi Fuschini - dell'importanza del servizio svolto dal Consorzio di Bonifica per la difesa del territorio. Resta tuttavia in molti cittadini un dubbio: per svolgere questa importantissima attività, è proprio necessario mantenere una pluralità di enti?"
16 marzo 2016
Vincenzo Fuschini Federconsumatori
Fornitori di elettricità senza istruzioni sul canone RAI in bolletta: si rischia il caos a luglio, mentre tra i nodi da sciogliere restano i costi, le sanzioni, gli addebiti, le fatturazioni e le morosità.
Mancano quattro mesi alla prima rata del canone RAI in bolletta, troppo poco per consentire ai fornitori di energia di adeguare sistemi informatici e software di fatturazione. Lo segnala Assoelettrica, il cui presidente Chicco Testa lancia l’allarme:
Commenta (0 Commenti)«al 15 febbraio le imprese del settore ancora non sanno come dovranno esigere il canone RAI che il Governo ha voluto inserire nelle bollette dell’energia elettrica» e c’è il rischio «che si arrivi impreparati alla scadenza del prossimo luglio».
COMUNICATO STAMPA di CGIL ER
Il voucher, la nuova frontiera del lavoro precario e sottopagato
Il Jobs Act, oltre a togliere i diritti a chi lavora e demandare a leggi delega la ulteriore riduzione delle tutele sociali, favorendo i “furbetti” che speculano sugli incentivi per chi assume a tempo indeterminato a “tutele crescenti”, ha confermato i voucher come forma di assunzione. In sostanza ha ribadito la precarietà attraverso la possibilità da parte delle imprese di assumere, senza oneri contributivi, i lavoratori pagando un semplice ticket.
Con il voucher vanno “a farsi benedire” i contratti nazionali di lavoro, i contributi previdenziali, le tutele sociali, e si può assumere e licenziare quando si vuole.
In Italia, nel 2014 sono stati venduti 69 milioni di voucher che sono stati utilizzati in tutti i settori; dal commercio ai servizi, passando per l'agricoltura e il manifatturiero.
L’utilizzo dei voucher regolamenta il rapporto diretto tra prestatore e lavoratore; non danno diritto alle prestazioni di malattia, né di maternità, disoccupazione e assegni familiari.
Il voucher da 10 euro corrisponde al compenso minimo di un’ora di prestazione, che per il lavoratore significano 7,5 euro all'ora netti.
Attraverso i “buoni lavoro” (voucher) è garantita la copertura retributiva nei limiti di 5.050 euro nette (6.740 € lorde) per lavoratore, con riferimento alla totalità di committenti, nel corso di un anno solare.
Nel caso di committente imprenditore commerciale (cioè un soggetto, persona fisica o giuridica, che opera sul mercato per la produzione, commercializzazione o gestione di beni e servizi), o libero professionista, il limite economico diventa di 2.020 euro nette (pari a 2.690 € lorde), fermo restando il limite complessivo di 5.050 € nette.
Siamo al lavoro pagato con i buoni, dando spazio in questo modo allo sfruttamento, alla penetrazione nel nostro sistema produttivo della malavita organizzata, alla dequalificazione del lavoro e dei lavoratori e alla negazione dei diritti.
Anche nella nostra regione l'utilizzo dei voucher, soprattutto in vista di campagne come quelle estive del turismo, è aumentato in maniera esponenziale.
Anche per queste ragioni la Cgil Emilia Romagna continuerà a sostenere le azioni di contrasto al Jobs Act, ai voucher, al taglio delle tutele sociali, ribadendo la centralità dei contratti nazionali di lavoro e il rispetto della dignità di lavora e di chi il lavoro lo sta cercando.
CGIL EMILIA ROMAGNA
Bologna, 1 luglio 2015
Il TFR in busta NON paga.
+ TASSE - RENDIMENTO - PREVIDENZA INTEGRATIVA
La Legge di Stabilità 2015 ha decretato che i lavoratori dipendenti del SETTORE PRIVATO, ivi compresi quelli che hanno destinato il Tfr ai fondi pensione, dal 1 marzo 2015 sino al 30 giugno 2018 possono richiedere all’impresa di accreditare il TFR mensile in busta paga. tale scelta è irrevocabile per tutto il periodo, è pero’ necessario che il lavoratore sia assunto da almeno sei mesi presso la stessa azienda; sono escluse le aziende dichiarate in crisi e i lavoratori con cessione del quinto.
Ecco perché non paga: