Accedi Registrati

Login to your account

Username *
Password *
Remember Me

Create an account

Fields marked with an asterisk (*) are required.
Name *
Username *
Password *
Verify password *
Email *
Verify email *

«Dando seguito alla decisione di Legambiente dell’Emilia Romagna, dopo l’approvazione della nuova Legge Regionale sull’Urbanistica (24/2017), ci stiamo occupando di raccogliere i dati sulla ”Individuazione della superfice del territorio urbanizzato esistente nel Comune alla data del 1 gennaio 2018 e dei dati sul patrimonio costruito inutilizzato”. 

A questo fine abbiamo inviato, in data 10 maggio scorso, la lettera (allegata) al Dott. Giovanni Malpezzi, Sindaco del Comune di Faenza e Presidente dell’Unione della Romagna Faentina; All’ Avv. Domizio Piroddi, Assessore all’urbanistica del Comune di Faenza; all’ Arch. Ennio Nonni, Dirigente Settore Territorio URF; e p.c. ai Consiglieri Comunali del Comune di Faenza.

La necessità che questi dati vengano resi pubblici, espressamente prevista dalla Regione, serve intanto per il calcolo del 3% di consumo di suolo massimo, indicato dall’articolo 6 della legge, ma più in generale per avere, da parte di tutti i cittadini, la percezione del reale utilizzo del territorio, in relazione agli effettivi fabbisogni.

Per questo abbiamo chiesto che siano resi pubblici anche i dati sul patrimonio costruito e non utilizzato. Tutte informazioni importanti anche per il percorso partecipativo per la definizione del Documento Programmatico della Qualità Urbana, sul quale l’Assessore all’Urbanistica ha a suo tempo sollecitato “l’invio di nuovi contributi, approfondimenti e riscontri da far pervenire entro il 30.06.2018”.

Per quanto ci riguarda, come Circolo di Legambiente, vorremmo che tutti questi approfondimenti non fossero circoscritti ai soli specialisti e addetti ai lavori, ma diventassero patrimonio di tutti i cittadini perché il territorio e la qualità urbana sono beni comuni, ed è questo il miglior antidoto per evitare che possono esserci sorprese su nuovi insediamenti o espansioni non necessarie nei nostri territori».

La lettera:


Gentilissimi,
in relazione alla nuova Legge Urbanistica Regionale n°24/2017, con la presente siamo a sollecitare la Vostra Amministrazione a procedere, quanto prima, con la definizione e la perimetrazione della superficie del Territorio Urbanizzato (TU) al 1 gennaio 2018, come previsto dagli art. 32 della stessa legge.  Chiediamo inoltre che tale lavoro venga reso pubblico con appositi elaborati, consultabili da tutti i cittadini.

La definizione del perimetro del TU risulta fondamentale per la successiva attuazione di numerose parti della legge (a cominciare dal calcolo del 3% di consumo di suolo massimo, di cui all’art 6), tuttavia la Legge Regionale permette la possibilità di procrastinare nel tempo – fino alla partenza del PUG, dunque fino al 2021 – la definizione cartografica del perimetro.
Ma già oggi sul territorio sono in atto nuove trasformazioni, dunque una perimetrazione del TU posticipata nel tempo dovrà essere “al netto” di tutte le aree che verranno edificate dopo il 1 gennaio 2018. Un procedimento che risulterebbe dunque poco lineare. Riteniamo dunque che più tempo si aspetterà per cartografare la perimetrazione del TU, più alti saranno i rischi di incertezza, errore e opacità.
Viceversa riteniamo che la rapida predisposizione di tale atto ricognitivo costituisca non solo un valido contributo iniziale al monitoraggio degli effetti della LR 24/2017, ma anche un elemento di garanzia per lo stesso Comune rispetto ai momenti partecipativi ed al dibattito che si svilupperanno successivamente al momento della formazione ed approvazione del PUG. Riteniamo infine che procedere immediatamente risulti un lavoro molto più semplice anche per gli stessi Uffici Comunali.
Si tratta dunque di mettere agli atti anticipatamente, in tempo reale e trasparente – perché materialmente riscontrabile sul territorio urbano da ogni cittadino – il punto ricognitivo di partenza.
L’assoluta importanza di tale monitoraggio è ribadita dalla stessa Regione nella nota in cui fornisce “Prime indicazioni applicative per i Comuni, le Unioni e gli altri Enti territoriali”:
“Trattandosi di informazioni che il Comune ha l’obbligo di raccogliere e trasmettere, e che risultano essenziali per valutare l’attuazione di una delle politiche principali perseguite dalla legge, la mancata disponibilità di dette informazioni sarà preclusiva della possibilità di valutare, in sede di CU, sia gli strumenti urbanistici che saranno elaborati dai Comuni nel corso del periodo transitorio, sia il PUG.“
Analogamente, chiederemo anche agli altri Sindaci dei Comuni dell’Unione della Romagna Faentinadi procedere con la definizione e la perimetrazione della superficie del Territorio Urbanizzato (TU) al 1 gennaio 2018 e di rendere pubblici questi dati.
Nello spirito della corretta applicazione della nuova normativa regionale, riteniamo che per potere avere una percezione corretta del reale utilizzo del territorio in relazione agli effettivi fabbisogni, sarebbe necessario che, sia per il Comune di Faenza, che per gli altri Comuni dell’Unione della Romagna Faentina, siano resi pubblici i dati:
– sul costruito inutilizzato, sia abitativo che produttivo/commerciale, distinguendo tra proprietà private, pubbliche o di Enti e Fondazioni; con una suddivisione tra costruzioni recenti e storiche;
– sulle aree edificabili, con progetti già autorizzati, avviati parzialmente o bloccati, e quelle non ancora urbanizzate, che potrebbero essere riconvertite, come era previsto da un bando promosso dall’Amministrazione Faentina, per tornare alla destinazione d’uso originale”.

La fase di incontri per il “Patto di governance collaborativa, per uno sviluppo partecipato dell’Unione Romagna Faentina” del progetto “Fermenti” si è conclusa il 16 maggio scorso producendo un documento nel quale vengono richiamati obiettivi, metodi, azioni svolte e proposte che dovrebbero portare all’adozione del “Regolamento della partecipazione”. E’ doveroso dare atto a giovani che se ne sono occupati di aver svolto il compito con diligenza e con ammirevole impegno.

Va detto però che non può essere questo lo strumento che rimedia al grave deficit di coinvolgimento e di partecipazione che ha contrassegnato per cinque anni la “costruzione” dell’Unione dei Comuni. Il lavoro fin qui svolto è stato ambito pressoché esclusivo di un ristretto numero di amministratori di maggioranza e di funzionari. Forse è anche questa la ragione dello scarso coinvolgimento di alcune realtà associative nei vari incontri promosso da “Fermenti”.

Pur essendo rappresentata nel Consiglio comunale di Faenza e pur essendo il suo consigliere Edward J. Necki vicepresidente dell’Assemblea dell’URF, L’Altra Faenza non è mai stata messa in condizione di conoscere e tanto meno di discutere i corposi documenti scritti e riscritti dal 2012 in poi. Lo stesso è avvenuto per gli altri gruppi di minoranza, per le organizzazioni sociali e professionali, per le associazioni di volontariato.

Su queste problematiche di grande significato L’Altra Faenza ha promosso un convegno pubblico a più voci fin dall’aprile dello scorso anno. Un dibattito di merito, ricco di approfondimenti sia per gli aspetti giuridici e costituzionali che di funzionalità amministrativa, si è aperto grazie al lavoro di un gruppo numeroso di amministratori pubblici, di esperti e di cittadini.

Chi ha gestito tutta la partita dell’URF ha forse iniziato a rendersi conto delle incongruenze e delle criticità, dei pericoli insiti in un assetto delle istituzioni locali che svuota di ogni prerogativa e funzione gli organi dei Comuni espressione della volontà popolare.

E’ dunque necessario colmare il ritardo e aprire una fase nuova di confronto vero e costruttivo per mettere sui giusti binari l’Unione della Romagna Faentina. L’Altra Faenza auspica che ciò sia possibile nell’interesse delle nostre comunità, del diritto dei cittadini di sapere, di partecipare e di giudicare, in altre parole della vita democratica.

In un dibattito ampio e partecipato l’esito del lavoro svolto da “Fermenti” può costituire un utile contributo da recepire e utilizzare, non solo per dare valore alla cittadinanza attiva, alla cura dei beni comuni, alla trasparenza, ma anche per dar vita a veri istituti di partecipazione e di democrazia diretta, a partire dal “Regolamento della partecipazione”.

Nessuno pensi però che esso da solo possa rimediare a ritardi, a carenza di coinvolgimento e di partecipazione: la foglia di fico sarebbe davvero troppo piccola.

Faenza, 19 maggio 2018

L’Altra Faenza

Premesso che:

Com’era facile prevedere, l’inaugurazione dell’ambasciata degli Stati Uniti a Gerusalemme, avvenuta lunedì 14 maggio, ha provocato una drammatica escalation di violenza e di morte. Sul confine di Gaza l’esercito israeliano ha ucciso più di 50 persone e ne ha ferito migliaia. Le proteste continuano e tutto lascia presagire un ulteriore aggravamento della situazione in uno scenario già percorso da pericolosissimi venti di guerra.

La data scelta per una cerimonia disertata dalla maggioranza dei Paesi del mondo e macchiata del sangue di tante vittime, coincideva con il 70ª anniversario della fondazione dello Stato di Israele, ma anche con la commemorazione della “Nakba”, la cacciata di oltre 700mila palestinesi dalle loro case nel 1948. L’aver scelto proprio quella giornata ha assunto l’evidente significato di una sfida, di una provocazione.

Considerato che:

A nulla sono valsi i richiami alla moderazione e alla ragionevolezza. La decisione del presidente Trump è stata condannata dall’Unione Europea, dai capi delle Chiese cristiane in Palestina, da uomini di Stato e di cultura nel mondo intero. Disapprovazione è stata espressa dal Vaticano. Gerusalemme – si afferma saggiamente negli ambienti religiosi – è una città che appartiene a tutti e nella quale i Luoghi Santi devono restare accessibili a ognuno. La decisione del presidente degli Stati Uniti disconosce di fatto il patto che vigeva a livello internazionale di non trasferire le sedi di ambasciate a Gerusalemme fino al raggiungimento di un accordo di pace fra israeliani e palestinesi.

Il presente OdG Impegna il Sindaco, la Giunta e il Consiglio comunale di Faenza a:

  • disapprovare fermamente azioni dissennate che ostacolano il già difficile dialogo fra le parti in causa;
  • condannare la violenza e l’uso indiscriminato di armi d’ogni genere contro la popolazione civile e inerme;
  • ritenere che la soluzione da perseguire ad ogni livello – nel rispetto delle risoluzioni dell’Onu – sia quella di due Stati che vivano in pace e in armonia;
  • chiedere che in questo senso si pronunci e agisca il governo italiano.

 

Presentato da:

L’ALTRA FAENZA - MDP ART. 1

TRE LEGGI

per la DEMOCRAZIA COSTITUZIONALE

Campagna di raccolta firme promossa dal Coordinamento nazionale per la Democrazia Costituzionale

Anche a Faenza è possibile firmare

 

Il Coordinamento Nazionale per la Democrazia Costituzionale ha promosso una campagna di raccolta firme per tre importanti leggi di iniziativa popolare.

La prima, è una proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare che vuole rimuovere dalla Costituzione (art. 81) il vincolo del pareggio di bilancio che è stato inserito nel 2012, durante il governo Monti, subendo le pressioni europee sull'austerità. Modifica della Costituzione non necessaria, perché le decisioni europee lasciavano agli Stati nazionali la scelta tra diverse modalità del loro recepimento. Ma il Parlamento, in quel momento, fece una scelta inaccettabile, perché pregiudica il futuro, in particolare il rispetto dei diritti fondamentali previsti dalla Costituzione. L'unico modo per rimuovere queste norme, inserite nella nostra Costituzione nel 2012 con una maggioranza superiore ai 2/3 dei parlamentari - maggioranza che impedisce il referendum abrogativo - passa attraverso la proposta di una legge di iniziativa popolare, per un ritorno sostanziale alla situazione precedente la modifica del 2012.

La seconda proposta di legge di iniziativa popolare ha l'obiettivo di riaprire la discussione politica e parlamentare al fine di cambiare la legge elettorale in vigore, quella con cui - purtroppo-  abbiamo votato il 4 marzo scorso. Avevamo denunciato, prima della sua approvazione definitiva, sia il metodo seguito (con il ricorso a ben 8 voti di fiducia tra Camera e Senato) che il merito della legge attuale, il rosatellum, che ha impedito ai cittadini di scegliere i loro parlamentari, in continuità con il porcellum e l’italicum. La legge elettorale attuale dà continuità alla serie dei Parlamenti nominati dai capi partito anziché composti da parlamentari scelti dagli elettori, con un ulteriore abbassamento della qualità della democrazia nel nostro paese. Gli elettori e le elettrici si sono trovati a fare una scelta  obbligata votando per candidature da loro non scelte.

La terza proposta di legge di iniziativa popolare è quella riguardante la scuola. Il CDC nazionale ha fatto propria la proposta di legge di iniziativa popolare della Lip Scuola. Questa proposta  di legge è  volta a modificare radicalmente la cosiddetta “Buona scuola” che probabilmente, in futuro, verrà riconosciuta come la legge che ha maggiormente allontanato i governi Renzi e Gentiloni dal personale della scuola, dai docenti, dagli studenti e dalle famiglie. La Lip Scuola si propone di ricostruire un quadro organico delle politiche scolastiche, e ha il merito di riaprire il confronto su una materia importante  come la scuola.

Invitiamo la cittadinanza interessata a informarsi direttamente sui testi delle proposte di legge di iniziativa popolare che abbiamo depositato, con i moduli per le firme, presso l’Ufficio elettorale del Comune di Faenza, P.zza Rampi.

E’ possibile firmare, con il proprio documento  di identità, fino al 20 giugno.

Il Comitato in Difesa della Costituzione di Faenza

 

Fino ad oggi l’Amministrazione di Imola è stata il paladino più intransigente a favore di HERA e della raccolta stradale (con cassonetti) contro la raccolta porta a porta e contro la strategia rifiuti zero, vale a dire contro le pratiche per ridurre al massimo i rifiuti e riciclare quelli prodotti, puntando su incenerimento e discarica. La discarica Tre Monti è stata vista come la cassaforte del Comune tanto che gli enormi spazi di ampliamento del lotto 3 chiesti solo qualche anno addietro, e che potevano servire per molti anni con una gestione oculata, sono stati bruciati in pochi anni riempendoli di rifiuti urbani ma soprattutto di rifiuti speciali. Per non parlare della gestione discutibile, visti i gravi problemi di inquinamento interni ed esterni all’impianto che hanno generato negli anni numerose diffide da parte della Città Metropolitana e obbligato ad una bonifica di cui però non sappiamo ancora nulla. Imola in tutti questi anni è sempre stata ai vertici per la produzione di rifiuti pro-capite da smaltire (ben oltre i 300 kg a testa) rispetto ai 60 del comune di Carpi, comune di pari dimensioni e con una efficace raccolta porta a porta.

Ora basta! non possiamo più accettare ulteriormente questa mala gestione del territorio e delle sue preziose risorse: via la discarica e via HERA.

I cittadini inquinati dicono basta e tramite i propri comitati e la Rete Rifiuti Zero invitano i candidati sindaco alle prossime elezioni comunali a sottoscrivere, e le forze politiche a mettere integralmente nel programma elettorale, il seguente impegno sulla gestione dei rifiuti da portare avanti nella prossima legislatura:

1 – la chiusura, la messa in sicurezza e la bonifica della discarica Tre Monti di Imola.

2 – l’affidamento in house a propria società totalmente pubblica della gestione dei rifiuti togliendola all’attuale gestore HERA.

3 – l’adozione, tramite delibera e le conseguenti azioni, della strategia rifiuti zero in accordo con Zero Waste Italy e con la Rete Rifiuti Zero Emilia Romagna, strategia esplicitata nei 10 passi contenuti nelle delibere già adottate da oltre 270 comuni italiani.

4 –  far valere le proprie quote in HERA per modificare le politiche di questa società verso la strategia rifiuti zero e mettere ai vertici dell’azienda esperti che condividono tale strategia per garantirne l’applicazione.

Comitati e Rete Rifiuti Zero E.R. Informeranno i cittadini su chi ha sottoscritto e messo nel programma i punti citati e inviteranno a votare esclusivamente i sindaci e le forze politiche che avranno preso in modo sincero questo impegno. Ribadiamo ovviamente che non ci fidiamo nel modo più assoluto delle forze politiche che fino ad oggi hanno governato la città, viste le forti azioni in direzione opposta a quanto da noi auspicato.

RETE RIFIUTI ZERO EMILIA ROMAGNA

COMITATO “VEDIAMOCI CHIARO” IMOLA

“Il lavoro è travaglio: sono doglie per poter generare poi gioia per quello che si è generato insieme. Senza ritrovare una cultura che stima la fatica e il sudore, non ritroveremo un nuovo rapporto col lavoro e continueremo a sognare il consumo di puro piacere. Il lavoro è il centro di ogni patto sociale: non è un mezzo per poter consumare, no. È il centro di ogni patto sociale.” Dal Discorso di Papa Francesco all’Ilva di Genova 27 maggio 2017

 

La quantità, qualità e dignità del lavoro è la grande sfida dei prossimi anni per la nostra società nello scenario di un sistema economico che mette al centro consumi e profitto e finisce per schiacciare le esigenze del lavoro. I due imperativi del benessere del consumatore e del massimo profitto dell’impresa hanno risolto il problema della scarsità dei beni e delle risorse necessarie per investimenti, innovazione e progresso tecnologico nella nostra società. Ma hanno finito per mettere in secondo piano le esigenze della dignità del lavoratore indebolendo il suo potere contrattuale, soprattutto nel caso delle competenze meno qualificate.

Questi meccanismi sono alla radice di quella produzione di scartati, di emarginati così insistentemente sottolineata da Papa Francesco. Essi ci aiutano a capire perché ci troviamo di fronte a tassi di disoccupazione così elevati, ancor più tra i giovani, e al fenomeno inedito dei lavoratori poveri. Se un tempo il lavoratore povero era una contraddizione in termini, oggi l’indebolimento della qualità e della dignità del lavoro porta al paradosso che avere lavoro (che molte volte rischia di essere un lavoretto saltuario) non è più condizione sufficiente per l’uscita dalla condizione di povertà.

Gli ultimi dati sulla distribuzione del lavoro, dei salari e della ricchezza confermano che la frattura tra Nord e Sud del mondo non è più una frattura geografica ma è delimitata dal confine delle competenze. Ci sono tanti Nord e Sud dentro ciascun paese, città, quartiere. Nei paesi ad alto reddito come nei paesi emergenti assistiamo a crescenti diseguaglianze interne tra un ceto istruito e preparato alle sfide dell’economia globale e un ceto con minori competenze che rischia di finire tra i “vinti” del progresso, abbandonato sulla riva.

Di fronte a questo scenario è innanzitutto necessario innovare il nostro metodo di azione. Farsi prossimo agli ultimi, comprendere e condividere le loro urgenze non è solo un compito pastorale ma diventa un’esigenza fondamentale per l‘ intera società in tutte le sue componenti (art. 2 della Costituzione) e un compito ineludibile per la classe politica. Abbiamo bisogno sempre più di forme di sussidiarietà circolare di solidarietà che vedano nuove configurazioni di collaborazione fra tutti i soggetti, senza particolarismi o primogeniture, ma come fondamento e fine del convivere responsabilmente insieme per un futuro di speranza a partire dal lavoro ‘centro di ogni patto sociale’.

Con il percorso che ci ha portato alle Settimane Sociali di Cagliari abbiamo camminato per le strade del nostro paese andando sui territori, individuando migliori pratiche e problematiche. Da questo viaggio nel paese abbiamo individuato tre urgenze fondamentali.

La prima è rimuovere gli ostacoli per chi il lavoro lo crea come sottolineato dal pontefice nel suo discorso all’Ilva di Genova. Creare buon lavoro (lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale (EG n. 192) è oggi una delle più alte forme di carità perché genera condizioni stabili per l’uscita dal bisogno e dalla povertà. I mondi della pubblica amministrazione e della giustizia non possono essere distanti e separati da questa sfida e devono porsi l’obiettivo di rimuovere lacci e ostacoli evitando di essere un peso ed un freno.

La seconda è avere istituzioni formative (scuole, università, formazione professionale) all’altezza di queste sfide. In grado innanzitutto di suscitare nei giovani desideri, passioni, ideali, vocazioni senza le quali non esiste motivazione né sforzo verso l’acquisizione di quelle competenze fondamentali per risalire la scala dei talenti. Sogniamo un mondo nel quale i nostri giovani non si domandino semplicemente se potranno trovare un lavoro ma lavorino con passione e costanza per raggiungere l’obiettivo della loro generatività domandandosi quanto lavoro, valore sostenibile, quanto bene comune possono creare per la società in cui vivono. A questo fine l’incontro con il mondo del lavoro sin dai tempi della scuola, il confronto con le sue esigenze, lo stimolo allo sviluppo di competenze e al discernimento del proprio percorso di vita rappresentano elementi fondamentali per un sistema formativo che vuole aiutare i giovani ad inserirsi nella società ed evitare che finiscano nel vicolo cieco di coloro che non lavorano né studiano.

La terza è una rete di protezione per i soggetti più deboli, uno strumento efficace di reinserimento e di recupero della dignità perduta per gli scartati, gli emarginati che desiderano reinserirsi nel circuito di diritti e doveri della società. Su questo punto chiediamo alle nostre forze politiche di superare contrapposizioni strumentali e convergere su un comun denominatore di una rete di protezione universale efficace. Tenendo ben presente che dignità della persona non significa essere destinatari di un mero trasferimento monetario ma piuttosto essere reinseriti in quel circuito di reciprocità nel dare e avere, nei diritti e doveri che è la trama di ogni società. Se è vero che la mancanza di lavoro uccide, poiché genera “un’economia dell’esclusione e della inequità” (Evangelii gaudium 53) e produce inevitabilmente conflitti sociali la risposta al problema non può non essere ambiziosa. I giovani, gli imprenditori, noi tutti, credenti e uomini di buona volontà dobbiamo impegnarsi a riscoprire la «“vocazione” al lavoro», intesa come «il senso alto di un impegno che va anche oltre il suo risultato economico, per diventare edificazione del mondo, della società, della vita». Un buon lavoro è infatti dimensione fondamentale per svolgere il nostro ruolo di con-creatori e chiave fondamentale per la generatività, ricchezza di senso e fioritura della vita umana.

 Roma, 9 aprile 2018

(Solennità dell’Annunciazione del Signore)

La Commissione Episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, la custodia del creato