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IMMIGRAZIONE. La sottosegretaria Boome: «Non c’è più fiducia». I migranti della Ocean Viking in 11 Paesi, ma la Germania resta nel patto di solidarietà
«L’Italia ha messo delle vite in pericolo» 

La Francia sottolinea che la “solidarietà europea” esiste. Il ministro degli Interni, Gérald Darmanin, ha informato che 11 paesi hanno risposto alla domanda di Parigi per la ripartizione degli esiliati della nave di Sos Méditerranée, Ocean Viking, arrivata ieri mattina nel porto militare di Tolone. Germania, che accoglierà un terzo dei 234 naufraghi (80 persone), poi Croazia, Romania, Bulgaria, Lituania, malta, Portogallo, Lussemburgo, Irlanda, Finlandia e anche Norvegia (che non è nella Ue), 175 persone troveranno ospitalità in Europa.

La tensione con il governo italiano non si è placata ieri. La sottosegretaria agli Affari Europei, Laurence Boone, ha affermato che si è «spezzata la fiducia» in seguito all’atteggiamento del governo Meloni, una «decisione unilaterale che ha messo vite in pericolo».

Parigi sta mettendo in atto una strategia per isolare l’Italia in Europa, a cominciare da un aumento dei controlli alle frontiere (500 gendarmi alla decina di posti di dogana con l’Italia, mentre in tutto sono 4mila per controllare tutti i confini francesi, Germania, Belgio, Svizzera, Lussemburgo, Spagna). Ma la Francia pensa anche a sanzioni Ue, sui finanziamenti per far fronte all’accoglienza dei migranti, ma non solo.

La Germania ha dato ragione alla Francia in questa polemica, ma cerca al tempo stesso di mediare. L’ambasciatore a Roma, Viktor Elbling, ha ricordato che «l’Italia fa tanto ma non è la sola: 154.385 richiedenti asilo in Germania tra gennaio e settembre 2022, 110.055 in Francia, 48.935 in Italia, sono rispettivamente lo 0,186% della popolazione, lo 0,163% e lo 0,083%». Ma il governo tedesco non segue Parigi nella sospensione del meccanismo di solidarietà europeo, che prevede 3500 esiliati in Italia accolti in Germania, un «primo passo» per Berlino verso una «riforma del sistema comune di asilo». L’Eurodeputato Mandred Weber, della Cdu, partito di opposizione a Berlino, ha insistito a Roma su una «soluzione condivisa» per uscire dalla crisi.

Ieri mattina, la Ocean Viking è entrata nel porto militare di Tolone alle 8,45. E’ la prima volta che la Francia accoglie una nave delle ong rifiutata dall’Italia e forse sarà anche l’ultima: l’obiettivo della crisi attuale è anche per Parigi sottolineare l’importanza del rispetto delle regole della Ue, per non creare precedenti rischiosi per la politica interna, mentre a gennaio sarà discussa in Parlamento una nuova legge sull’immigrazione, che intende conciliare «umanità e fermezza». Lo sbarco dei naufraghi è stato molto lungo, è durato tutta la giornata. Sos Méditerranée ha fatto sapere che c’era molta emozione a bordo, che tutti erano molto stanchi ma sollevati per essere arrivati a terra e aver messo fine al «calvario». Gli esiliati sono sbarcati in un porto militare e poi portati, in autobus, nella penisola di Giens, a una trentina di km, in una «zona di attesa», cioè un «centro amministrativo» che tecnicamente non è nel territorio nazionale. Ci sono 600 persone mobilitate per accoglierli, la gestione del quotidiano è affidata alle associazioni umanitarie.

Dopo la valutazione della situazione sanitaria, da oggi inizieranno le analisi delle situazioni singole, minorenni no accompagnati, legami famigliari in altri paesi, controlli di sicurezza da parte dei servizi, condizioni per ottenere l’asilo. Chi non ha i requisiti verrà rinviato nel paese d’origine. Queste procedure non potranno durare più di una ventina di giorni. Durante questo periodo, gli esiliati non potranno uscire dal centro né entrare nel territorio francese.

Destra e estrema destra ieri hanno scatenato una polemica sulle condizioni di accoglienza, giudicate troppo lussuose: il centro amministrativo è una colonia di vacanza per i dipendenti di Edf (e non un club Belambra con piscina, una specie di Club Med, come hanno voluto far credere i polemici). Eric Zemoour, ex candidato di estrema destra alle presidenziali, ha organizzato una manifestazione di protesta a Tolone contro «una decisione scandalosa, i porti aperti ai clandestini». I Républicains sono completamente schiacciati sulla posizione dell’estrema destra (mettendo a rischio eventuali intese con la maggioranza in Parlamento). Marine Le Pen ha detto che «le navi che mettono in sicurezza i migranti recuperati in mare devono portarli nel porto di partenza».

Ieri, i ministri degli Esteri di Francia e Gran Bretagna, Catherine Colonna e James Cleverly, hanno annunciato sostanziali passi avanti in vista di un accordo sui migranti a Calais che cercano di attraversare la Manica.

 
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BONNE NUIT. «Parigi trarrà le conseguenze». La crisi ora rischia di estendersi alle relazioni Roma-Bruxelles. L’Ocean Viking in arrivo a Tolone

Bonne nuit

Una soluzione d’emergenza per lo sbarco dei naufraghi dell’Ocean Viking e una crisi diplomatica aperta tra Francia e Italia, che rischia di estendersi alle relazioni Roma-Bruxelles. Parigi «trarrà le conseguenze nella relazione bilaterale», ha affermato il ministro degli Interni, Gérald Darmanin. Emmanuel Macron ha telefonato alla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen per valutare la possibilità di una riunione della Ue senza l’Italia, che potrebbe portare a tagli agli aiuti per l’accoglienza versati a Roma.

OGGI, IN MATTINATA, la nave di Sos Méditerranée Ocean Viking con 230 persone a bordo sarà accolta nel porto militare di Tolone, «a titolo eccezionale, su domanda del presidente Macron» ha precisato Darmanin. Ieri, 4 persone – tre esiliati e un accompagnatore – sono stati evacuati per ragioni sanitarie dall’Ocean Viking al largo della Corsica con un elicottero e ricoverati all’ospedale di Bastia (un rifugiato ha problemi psichiatrici e altri due delle ferite non curate subite in Libia). Un terzo dei naufraghi sarà accolto in Francia, un altro terzo in Germania e i rimanenti da altri paesi europei. La Francia esaminerà poi caso per caso la situazione dei naufraghi, chi non risponderà ai criteri per ottenere l’asilo politico o un documento di soggiorno sarà «direttamente riaccompagnato» nel paese d’origine.

INTANTO LA FRANCIA mette in atto una prima ritorsione verso l’Italia, con «effetto immediato»: Darmanin ha annunciato la sospensione dell’accordo europeo di accogliere in Francia entro l’estate 2.300 persone rifugiate in Italia. Il ministro ha definito Roma «disumana» e ha chiesto «a tutti i partecipanti a questo meccanismo» – Germania in testa – di sospendere anch’essi il programma di accoglienza dall’Italia. Questa presa di posizione è la conseguenza di una «scelta incomprensibile», di un «comportamento inaccettabile» dell’Italia, che ha «deciso di non comportarsi come uno stato europeo responsabile». Per il ministro delle Finanze, Bruno Le Maire, «la regola europea è che una nave deve sbarcare nel porto più vicino, che è un porto italiano, gli italiani devono quindi rispettare la regola europea, se cominciamo a derogare non c’è più solidarietà possibile, non c’è più una gestione efficace dei flussi migratori». Ma, ha aggiunto, «questo non esclude di dare prova di umanità». In ogni caso saranno gli esiliati i primi a subire gli effetti della crisi diplomatica franco-italiana: ci sarà «un rafforzamento dei controlli alle frontiere tra Francia e Italia» (Ventimiglia, Fréjus, Montgenèvre) dove già ieri sera sono arrivati 500 poliziotti.

Sos Méditerranée, che nei giorni scorsi ha inviato una quarantina di domande di sbarco (ricevendo un “no” dall’Italia ma anche da Malta), denuncia il «circo» europeo, la direttrice generale Sophie Beau parla di «gusto amaro» dopo la soluzione di emergenza francese e sottolinea che c’è «un dovere di assistenza imperativo, morale e legale» per venire in aiuto ai naufraghi, vittime ogni volta di «strumentalizzazioni politiche inaccettabili», che per tre settimane hanno lasciato la nave senza risposte, «un segno di fallimento drammatico degli stati europei, non è stato rispettato il diritto del mare».

L’IMMIGRAZIONE è un argomento altamente scottante in Francia, dove dal prossimo gennaio verrà presentata una nuova legge – la ventiduesima in 36 anni. Ieri, l’estrema destra è partita all’attacco. Per Marine Le Pen, «Macron invia un segnale drammatico di lassismo», mentre una parlamentare del Rassemblement national, partito che al Parlamento europeo siede con la Lega, ha definito l’Italia «coraggiosa» per il suo rifiuto, il governo francese ha aperto «il vaso di Pandora, solo la fermezza metterà fine ai drammi». Zemmour sarà oggi a Tolone per protestare. Anche I Républicains invocano «fermezza», per Eric Ciotti, candidato alla presidenza del partito, «il governo francese si fa complice dei passeurs». Invece, dalla France Insoumise sono venute inabituali parole di approvazione: «finalmente», una decisione «degna e d’emergenza» del governo, secondo il deputato Carlos Martens Bilongo, che pochi giorni fa è stato al centro di un attacco di un esponente del Rassemblement national (che gli ha ingiunto: «ritorni in Africa», la seduta è stata sospesa e il deputato responsabile dell’aggressione verbale è stato escluso per 15 giorni).

Nei giorni scorsi, il presidente della Corsica, Gilles Simenoni, e il sindaco di Marsiglia, il socialista Benoît Payan, si erano detti disposti ad accogliere i naufraghi.

 

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CRISI DEM. Possibile il sostegno di Franceschini. Gelo di Bettini che oggi presenta il libro con Orlando e Conte. Letta conferma: le primarie saranno anticipate
Schlein si iscrive al congresso Pd. Primo passo per candidarsi Elly Schlein - Ansa

Si candida o non si candida? E soprattutto: chi la sosterrà nella corsa (eventuale) alla guida del Pd? Sull’asse Roma-Bologna ieri non si parlava d’altro che di Elly Schlein. Il suo nome gira da dopo le elezioni, lei cautamente in queste settimane non ha mai detto una parola su una sua possibile corsa per succedere a Enrico Letta. Si è mossa alla Camera da matricola con grande circospezione.

Ieri però ha deciso di dire la sua, annunciando una diretta Instagram per oggi alle 14. Parlerà del congresso costituente, il cui percorso pare ormai delineato. Anche se ieri dal Nazareno è arrivata la conferma che le primarie saranno anticipate: non più il 12 marzo ma qualche settimana prima.

C’è stato anche un appello di varie dirigenti per fare le primarie a gennaio, molte sono potenziali sostenitrici di Stefano Bonaccini come le europarlamentari Alessandra Moretti e Elisabetta Gualmini. Il succo è semplice: «Fare presto. Non possiamo permettere a M5S e terzo polo di stringerci come una tenaglia».

Letta ne è consapevole e intende accelerare, senza però mutilare la fase costituente tra iscritti e non iscritti che discuteranno di un nuovo manifesto dei valori. E tenendo presente che a metà febbraio ci saranno le regionali, nel Lazio e forse anche in Lombardia.

Quanto a Schlein, chi le ha parlato assicura che oggi si limiterà ad aderire al percorso costituente, come ha fatto giorni fa anche un altro esterno come la sardina Mattia Santori. Così avrà tutte le carte in regole per dire la sua nella prima fase del congresso: se poi vorrà candidarsi, dovrà prendere la tessera dem entro fine gennaio.

Farà un passo in più già oggi? Sembra improbabile, ma non è escluso. E non pare neppure un caso che abbia scelto di parlare poche ore prima di un evento che si terrà nel centro di Roma: la presentazione del nuovo libro di Goffredo Bettini con Andrea Orlando e Giuseppe Conte. Non è un mistero che Bettini, grande tessitore della sinistra dem, non sia convinto dalla possibile candidatura di Schlein, e che preferisca nomi come Orlando o Peppe Provenzano (che però non intende candidarsi).

Si tratta di ipotesi che pescano in bacini contigui, entrambe con una netta caratterizzazione a sinistra e alternative rispetto a Stefano Bonaccini, finora il candidato in pectore più forte, sostenuto dagli ex renziani guidati da Lorenzo Guerini e Luca Lotti (che ieri è tornato in sella alla guida della corrente Base riformista).  L’area Bettini- Orlando e quella di Schlein si contendono il sostegno della corrente di Dario Franceschini, areadem.

L’ex ministro della Cultura, raccontano, «non ha ancora deciso come muoversi nel congresso». Ma è certo che intende sbarrare la strada al suo corregionale Bonaccini e che sta cercando di costruire una alternativa vincente. Fonti di areadem non smentiscono un interesse per Schlein, ma ribadiscono che «nessuna decisione è stata presa».

Attorno a Franceschini si muove anche Dario Nardella, sindaco di Firenze: potrebbe correre in ticket con Schlein, più difficile che si presenti da solo. Quanto a lei, una delle ipotesi è che, alla fine, faccia squadra con Bonaccini, che nel 2020 l’ha voluta come sua vicepresidente in Emilia Romagna.

Il quadro precongressuale è ancora nebuloso. Ma il fatto che Schlein abbia deciso di rompere il suo lungo silenzio conferma che la gara vera si sta avvicinando. La prossima settimana, di ritorno dagli Usa, anche Bonaccini dovrebbe sciogliere la riserva.

 
 
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DESTRA ASOCIALE. Taglio del superbonus da 110 a 90%. Per il resto si limita a prolungare le norme di Draghi. Misure per 9,1 miliardi: prolungato lo sconto benzina, premi aziendali esentasse fino a 3 mila euro

Gli «aiuti» di Meloni: trivelle e limite del contante a 5 mila Una protesta di un esercente contro il caro bollette - Foto Ansa

Avanti tutta, senza neanche aspettare la legge di bilancio. Il tetto per il contante s’innalza subito: 5 mila euro al posto dei 2 mila attuali, che senza interventi sarebbero tornati a mille a fine anno. È la metà di quanto chiedeva Salvini ma pur sempre un bel salto in alto. Perché tanta fretta? Proprio perché il governo prevede che si tratterà di una delle misure più contestate e vuole evitare che il fuoco si concentri sulla legge di bilancio. Il dl Aiuti varato ieri dal governo, il quarto dopo quelli di Draghi, 9,1 miliardi di copertura e 13 articoli, anticipa anche la revisione del Superbonus: la prima e non è affatto detto che sia anche l’ultima. Su alcuni punti ci sono stati dissensi, la riunione si è prolungata sino a tarda sera, anche per fare il punto sulla crisi con la Francia, ma nel complesso l’impianto proposto da palazzo Chigi

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Irritazione di Parigi per i toni trionfalistici usati dal governo: Giorgia Meloni attacca i medici per lo sbarco dalle navi ong

Sui migranti è scontro con Francia e Ue: l’Italia rispetti le leggi 

Le decisioni prese dal governo Meloni sui migranti rischiano adesso di provocare un incidente diplomatico con la Francia. A Parigi non sono infatti piaciuti i toni di trionfo con cui a Roma è stata commentata la scelta di offrire il porto di Marsiglia come approdo per la nave Ocean Viking con 234 migranti a bordo. Un gesto che per il presidente Emmanuel Macron avrebbe dovuto essere umanitario, ma che invece in Italia è stato presentato dal governo di destra come una vittoria della linea dura imposta sulle navi delle ong. A partire da quel «l’aria è cambiata» di Matteo Salvini, fino alla rivendicazione della premier, più retorica che reale, di aver «difeso i confini» del Paese.

L’irritazione è tale che già al mattino il portavoce del governo, Olivier Véran, non risparmia i toni duri: «L’Italia deve svolgere il suo ruolo e rispettare gli impegni europei accogliendo la nave Ocean Viking su cui sono bloccati centinaia di migranti», dice. Parole che, quando il portavoce ricorda come la nave si trovi ancora in acque italiane, fanno quasi pensare a un ripensamento francese sull’offerta di Marsiglia come porto sicuro. «L’attuale atteggiamento del governo italiano, e in particolare le dichiarazioni e il rifiuto di far attraccare questa barca – conclude Véran – è inaccettabile». In serata è anche circolata la voce, non confermata, su un possibile richiamo a Parigi dell’ambasciatore per consultazioni.

Sulla vicenda interviene anche l’Unione europea, sebbene lo faccia a giochi ormai chiusi. La Commissione Ue sollecita anch’essa lo sbarco immediato e «nel luogo sicuro più vicino» dei naufraghi a bordo della Ocean Viking per «evitare una tragedia umanitaria», vista la situazione drammatica a bordo della nave.

Insomma, sono bastate poche ore e qualche dichiarazione di troppo per trasformare la possibile conclusione della vicenda ong in un pasticcio internazionale. «Noi abbiamo posto un principio europeo» prova a spiegare il ministero degli Esteri Antonio Tajani annunciando di voler affrontare la questione migranti nel Consiglio Affari europei di lunedì. «Perché – spiega – il problema dell’immigrazione è europeo e l’importante è che ci sia una collaborazione e un’intervento dell’Unione europea». Concetti già sentiti decine di volte con i passati governi senza che si sia mai trovata una soluzione definitiva.

Chi sembra non accorgersi di niente è Giorgia Meloni. A bordo delle navi delle ong «non ci sono naufraghi ma migranti», dice la premier. «Le persone sono salite a bordo in acque internazionali trasbordando da altre unità navali di collegamento e la nave che li ha presi in carico è attrezzata ed equipaggia per ospitarli». Poi, non contenta dello scontro che si sta delineando in Europa, Meloni decide di aprire un fronte interno polemizzando con i medici che hanno visitato i naufraghi a bordo delle navi aprendo la via allo sbarco: «Scelta, quella dell’autorità sanitaria, che abbiamo trovato bizzarra». Parole che provocano la reazione dl presidente degli ordini dei medici Filippo Anelli: «La medicina è cosa diversa dalla politica. Bisogna rispettare l’operato dei medici che hanno operato in scienza e coscienza». Alla premier, conclude Anelli, «risponde dicendo che si rispettino le decisioni che i sanitari hanno preso, perché la valutazione sullo stato di salute è cosa diversa dalle scelte politiche in tema di migranti». Critico anche Pierino Di Silverio, segretario dell’Anaao Assomed, il principale sindacato dei medici ospedalieri: «Esiste l’autonomia professionale del medico, che non può essere intaccata da altri fattori».

Sulla vicenda delle ong per mercoledì prossimo è prevista un’informativa al Senato del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. Non è escluso che nel frattempo il ministro non sia costretto ad aggiornare la sua relazione. Tra ieri e oggi, infatti, sia la Geo Barents, nave di Medici senza frontiere, che la Humanity One, avranno lasciato il porto di Catania con l’intenzione di riprendere il soccorso dei migranti una volta fatto rifornimento e cambiato gli equipaggi.

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L'INTERVENTO DEL PRESIDENTE COLOMBIANO ALLA COP27. «È l’ora dell’umanità e non dei mercati». Pur se da posizioni molto più estrattiviste, sia Maduro che soprattutto Lula sono pronti a fare fronte comune

Il decalogo di Petro scuote il summit: «La soluzione è  un mondo senza petrolio» Monocoltura di soia al posto della foresta nello stato del Para, in Brasile - Ap

Per controllare gli ultimi dettagli del suo discorso, tutto scritto a mano, Gustavo Petro ha persino saltato la foto ufficiale dei capi di stato alla Cop 27. Aveva annunciato un decalogo di raccomandazioni contro la crisi climatica e ci teneva che il suo messaggio arrivasse forte e chiaro. Un obiettivo, non ci sono dubbi, che il presidente colombiano ha centrato in pieno.

DURANTE I SETTE MINUTI del suo intervento, Petro ha sollecitato il contributo della comunità internazionale per salvare l’Amazzonia – definita come uno dei fondamentali «pilastri climatici» – assicurando che anche il suo paese farà la sua parte, stanziando 200 milioni di dollari all’anno per 20 anni. Ma non si è fermato qui. Se, ha detto, «dalla Cop numero uno a oggi, la leadership politica ha fallito», lo ha fatto perché per «superare la crisi climatica» non ha intrapreso l’unica via possibile : «Smettere di consumare idrocarburi».

Per questo, ha detto, serve un immediato piano globale di decarbonizzazione: «La soluzione è un mondo senza carbone e senza petrolio». Ma non può essere il mercato «il meccanismo principale» per combattere l’emergenza climatica, considerando che «è proprio l’accumulazione di capitale ad averla prodotta»: essendo la causa, non può essere anche il rimedio. Sarà, necessariamente, la mobilitazione dell’umanità a portare a un cambiamento di direzione, «non l’accordo tra tecnocrati condizionati dagli interessi delle imprese degli idrocarburi»: è, insomma, «l’ora dell’umanità e non quella dei mercati».

Gustavo Petro (Ap) Gustavo Petro (Ap)

Ma Petro ne ha avuto un po’ per tutti: sono l’Organizzazione mondiale del commercio e il Fondo monetario internazionale a dover rispettare le decisioni della Cop, non viceversa; il Fmi deve avviare un programma per sostituire il debito con investimenti nell’adattamento e nella mitigazione; le banche devono smettere di finanziare l’economia degli idrocarburi. E, infine, occorre iniziare subito i negoziati di pace: «La guerra – ha concluso – toglie tempo vitale all’umanità per evitare l’estinzione».

SE LA SUA POSIZIONE convintamente anti-estrattivista è un’eccezione nella stessa America Latina, sul fronte della difesa dell’Amazzonia Petro può contare, tuttavia, su importanti alleati. Prima di tutto Lula, il quale arriverà a Sharm El Sheikh il 14 novembre accompagnato, tra gli altri, da Marina Silva, che in molti vorrebbero vedere nuovamente come ministra dell’Ambiente, e preceduto da enormi aspettative a livello mondiale. Non per niente, su 34 messaggi di felicitazioni giunti il giorno della sua vittoria, ben dieci si riferivano alla questione ambientale.

Benché, a differenza di Petro, continui a puntare sull’estrattivismo, Lula si è impegnato a combattere in maniera decisa la deforestazione – a cui si deve quasi il 50% di tutte le emissioni climalteranti del Brasile – recuperando quelle strategie che in passato avevano condotto a una riduzione quasi dell’80% del tasso di deforestazione. E ha pure promesso la creazione di un Ministero dei popoli originari, che sarà probabilmente presieduto – l’annuncio potrebbe avvenire proprio alla Cop 27 – da una delle più grandi leader indigene del paese, Sônia Guajajara, appena eletta deputata federale.

E con Petro e Lula si è schierato anche Maduro, sebbene anche lui molto distante dalle posizioni anti-estrattiviste del presidente colombiano: molto aspre, non a caso, le critiche che gli sono state rivolte in materia ambientale, a partire dal lancio, già nel 2016, del megaprogetto dell’Arco Minero dell’Orinoco, lo sfruttamento di una superficie di 120mila kmq nell’Amazzonia venezuelana – corrispondente a circa un terzo dell’Italia – in cui, oltre al petrolio, sono state scoperte ingenti quantità di oro, coltan, diamanti, ferro, bauxite e altri minerali.

ALLA COP 27, TUTTAVIA, MADURO è arrivato con proposte di nuovo tipo, a cominciare da quella, discussa proprio con Petro e Lula, di «riprendere la difesa dell’Amazzonia», rilanciando l’Organizzazione del trattato di cooperazione amazzonica (Otca), creata nel 1995 da Bolivia, Brasile, Colombia, Ecuador, Guyana, Perù, Suriname e Venezuela, e realizzando al più presto un vertice latinoamericano in difesa della foresta.

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