MIGRANTI. Dall'Etiopia, Meloni rivendica a sé gli emendamenti voluti dalla Lega. Salvini rilancia: li ho voluti io. E tutte le destre ripetono la falsità che solo l'Italia ha una forma di protezione del genere. Schlein: «E' una vergogna»
Giorgia Meloni ieri ad Addis Abeba - Ansa
La rivendicazione di Giorgia Meloni arriva da Addis Abeba, subito dopo le foto abbracciata ai bambini africani e l’inno d’Italia fatto cantare a ragazze e ragazzi etiopi. «Io mi do come obiettivo l’eliminazione della protezione speciale, perché si tratta di una protezione ulteriore rispetto a quello che accade nel resto d’Europa». Dunque direttamente la presidente del Consiglio mette la firma sull’operazione all’origine imposta da Salvini al resto della maggioranza. L’emendamento al decreto Cutro, arrivato venerdì in prima commissione al senato, del resto lo hanno firmato i capigruppo di tutti e tre i partiti della destra di governo. Riporta le lancette indietro ai decreti Salvini del governo Conte uno. Dunque è il capo leghista a dover correre a riappropriarsi del successo: «Grazie a un emendamento voluto dalla Lega stop alla protezione speciale allargata a dismisura dalla sinistra – dichiara lesto -. Per colpa di questo status presente unicamente nel nostro Paese l’Italia era diventata una meta ancora più ambita».
Per tutta la giornata di ieri, diversi esponenti di maggioranza ripetono la falsa informazione. Come il
Leggi tutto: «Protezione speciale, sono io che l’abolisco» - di Andrea Fabozzi
Commenta (0 Commenti)FRANCIA. Il Consiglio Costituzionale approva nella sostanza la riforma delle pensioni e boccia il referendum. Il 1 maggio si annuncia bollente
Ieri in corteo sotto L'Hotel de Ville - foto Ap
La riforma delle pensioni a 64 anni è approvata nella sostanza, mentre la domanda di referendum è respinta. È la sentenza del Consiglio Costituzionale, presieduto dall’ex primo ministro socialista Laurent Fabius.
La decisione dei saggi è una bomba sociale, come benzina per l’Atto II della protesta. Più di 130 manifestazioni erano in corso ieri pomeriggio in tutta la Francia, in attesa del Consiglio Costituzionale. Alla comunicazione della decisione, le piazze sono esplose, con alcuni scontri in serata in varie città e repressione della polizia.
Per il Rip (referendum di iniziativa condivisa, presentato dalla sinistra) resta aperto uno spiraglio: una seconda domanda di referendum è stata presentata giovedì, giuridicamente redatta meglio della prima, il Consiglio Costituzionale ha fatto sapere che la decisione sarà resa nota il 3 maggio prossimo.
«La lotta continua» ha reagito Jean-Luc Mélenchon della France Insoumise, il Consiglio Costituzionale «mostra che è più attento ai bisogni della monarchia presidenziale che a quelli del popolo sovrano». Mathilde Panot, presidente del gruppo all’Assemblée nationale, aggiunge che si tratta di «un precedente pericoloso». Per Marine Le Pen, «la sorte della riforma non è decisa» e ha promesso che una volta al potere l’abrogherà. Per Fabien Roussel del Pcf è «una sberla», adesso «siamo su un vulcano». Marine Tondelier, segretaria di Europa-Ecologia, parla di «impasse democratica», dopo la sentenza dei saggi «la riforma è legale ma più che mai illegittima». Per Olivier Faure segretario del Partito socialista, è «delusione, ma non resa», la battaglia continua, anche se la seconda domanda di Rip verrà respinta la sinistra pensa a una petizione con raccolta di firme per chiedere un referendum.
La prima ministra, Elisabeth Borne, ha reagito con un tweet: non ci sono «né vincitori né vinti», il testo di legge «arriva alla fine del processo democratico». Eric Ciotti, capo della destra dei Républicain, ha lanciato un appello ad accettare la sentenza. Macron dovrebbe promulgare la legge in tempi brevissimi. La Nupes ha chiesto ufficialmente ieri a Macron di ritirare una legge «cattiva, ingiusta, illegittima». «Uno scandalo, la crisi democratica si intensifica» afferma il sindacato dei liceali.
I SINDACATI, DELUSI dalla sentenza del Consiglio Costituzionale, anche se non avevano illusioni, preparano ora le manifestazioni del primo maggio, che saranno
Leggi tutto: Francia, la decisione dei «saggi» è una bomba sociale - di Anna Maria Merlo, PARIGI
Commenta (0 Commenti)CRISI UCRAINA. Cos’è la guerra in Ucraina ce lo ripete il capo di Stato maggiore Usa Mark Milley. Ora la conferma dei «leaks» della realtà sul campo. Mentre amici e alleati non sono più tali e vanno spiati
La «talpa» della fuga di notizie dal Pentagono che tutti negli Stati uniti stanno cercando, in realtà l’abbiamo già: è lo stesso capo di stato maggiore americano Mark Milley. Milley da mesi – anche cn una narrazione diversa sull’andamento del conflitto – avverte che questa guerra non può terminare con i soli mezzi militari e con la vittoria di uno dei due belligeranti.
In un’intervista a febbraio al Financial Times aveva ripetuto la previsione già avanzata il 20 gennaio scorso a Ramstein, in Germania, a conclusione del vertice dei 54 Paesi che forniscono armi a Kiev. In sintesi: i russi non sono in grado di sopraffare gli ucraini ma è molto difficile che entro il 2023 l’esercito di Zelensky riesca a riconquistare il territorio invaso dall’armata putiniana dal 24 febbraio 2022 in poi.
Anche senza i “leaks” non potevamo dire di non sapere. I documenti del Pentagono riservati, pubblicati sui social media, confermano la visione di Milley delineando un quadro pessimistico degli Stati Uniti sull’andamento della guerra in Ucraina.
I DOCUMENTI, nella spiegazione della Cnn, evidenziano difetti negli armamenti e nelle difese aeree dell’Ucraina e prevedono uno stallo della guerra per i mesi a venire. In particolare, i
Leggi tutto: La «talpa» del Pentagono non è un segreto - di Alberto Negri
Commenta (0 Commenti)In difficoltà nel gestire gli sbarchi dei migranti, il governo dichiara lo stato di emergenza per sei mesi. Ma è solo una misura spot per nascondere l’incapacità nel trovare soluzioni a una crisi che è solo umanitaria. Accordo nella maggioranza: giro di vite sulla protezione speciale
ALLARME FALSO. Durerà sei mesi. Meloni: «Servirà a dare risposte rapide alla gestione dei flussi». E Salvini ventila un possibile stop a Schengen
Era il 29 giugno del 2017 quando Marco Minniti, all’epoca ministro dell’Interno, decise di interrompere un viaggio istituzionale in Irlanda e fare rapidamente rientro in Italia. Il motivo della decisione va ricercato su quanto stava accadendo lungo le coste siciliane: in sole 36 ore erano arrivati 12.500 migranti a bordo di 25 navi diverse. «Ho temuto che ci fosse un rischio per la tenuta democratica del paese», raccontò più tardi Minniti ricordando un anno che vide arrivare in Italia circa 180 mila persone.
Oggi in quattro giorni, da venerdì scorso a ieri, i migranti soccorsi a sbarcati tra Lampedusa e la Calabria sono stati circa 3.000, portando il totale degli arrivi dal primo gennaio a 31.292. Situazione sicuramente difficile, ma non certo paragonabile a quanto si è visto negli anni. Eppure sono bastati questi numeri, che fonti del governo ieri hanno definito «largamente superiore rispetto al passato», per permettere al consiglio dei ministri di dichiarare lo stato d’emergenza su tutto il territorio nazionale per far fonte agli sbarchi. Ad annunciarlo è stato il ministro per la Protezione civile e le politiche del Mare Nello Musumeci spiegando che sono stati stanziati 5 milioni di euro per i primi interventi da destinare principalmente all’accoglienza e che saranno proposti dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi una volta ascoltati Comuni e Regioni, e approvati dallo stesso Musumeci. Che ha voluto specificare: «Sia chiaro, non si risolve il problema, la cui soluzione è legata solo a un intervento consapevole e responsabile dell’Unione europea». Prossimo passo sarà
Leggi tutto: In difficoltà sui migranti il governo vara lo stato di emergenza - di Carlo Lania
Commenta (0 Commenti)MEDITERRANEO. In quattro giorni la guardia costiera italiana ha salvato 3.200 naufraghi tra il mar Ionio e le acque al largo di Lampedusa. Ieri 1.200 persone in pericolo su due pescherecci dalla Cirenaica. Intervengono la Diciotti e la Peluso. Domenica il veliero Nadir in aiuto di una barca affondata: 22 in salvo, altrettanti tra morti e dispersi. Nonostante i picchi di sbarchi, comunque, la popolazione straniera in Italia non aumenta da 10 anni
Il salvataggio della guardia costiera del barcone con 800 migranti nel mar Ionio - Guardia costiera
Una ventina di persone sono annegate domenica nel tentativo di raggiungere l’Italia. Ieri la guardia costiera ne ha soccorse 1.200 in due grandi interventi. Intanto a Lampedusa gli sbarchi sono continuati senza sosta.
«PRIMA DI ARRIVARE sul punto indicato via radio da un peschereccio tunisino abbiamo sentito delle urla. Le persone erano in acqua. Abbiamo lanciato il mezzo di soccorso e iniziato la ricerca con quello in una direzione e la barca nell’altra», racconta Jasmine Iozzelli. Nella notte tra sabato e domenica era a bordo di Nadir, il veliero della Ong Resqship attivo lungo la rotta tunisina. A parte nei casi di emergenza estrema, «stabilizza» la situazione dei barchini: distribuisce giubbotti di salvataggio, calma le persone, chiama le autorità e ne attende l’arrivo. «Abbiamo recuperato 22 persone vive, tra cui tre donne incinte – continua Iozzelli – Una, in avanzato stato di gravidanza, all’inizio non rispondeva agli stimoli. Poi abbiamo trovato due corpi. Dai racconti dei sopravvissuti mancano all’appello una ventina di persone».
Naufragi e morti lungo la rotta migratoria tunisina. Diversi arrivi a Lampedusa
LA SOCCORRITRICE aggiunge: «Al di là del dolore di tirare fuori dall’acqua dei cadaveri sono arrabbiata. Non è il primo naufragio e non sarà l’ultimo. I mezzi della guardia costiera stanno facendo tutti gli sforzi possibili per stare dietro allo sciame di barchini, ma non bastano. Ne servono altri e soprattutto servono canali di ingresso legale». A Lampedusa sono
Leggi tutto: Naufragio a Pasqua, due mega soccorsi il giorno di Pasquetta - di Giansandro Merli
Commenta (0 Commenti)PALESTINA. Intifada popolari, diplomazia a perdere, lotta armata dalla vita breve, attacchi individuali: nulla ha scalfito il sistema di segregazione israeliano. Perché questi "fallimenti" hanno un responsabile: la complicità internazionale verso il colonialismo d’insediamento, di cui oggi sono volto sia il governo di estrema destra sia le proteste israeliane contro Bibi
Palestinesi sopra il muro di separazione israeliano - Ap
Venerdì sera le notizie si inseguivano confuse. Un attentato a Tel Aviv, una sparatoria, poi un’auto lanciata sulla folla. Quattro feriti, sette, un morto, un italiano, Alessandro Parini. Ieri i dubbi sulla terribile vicenda non si erano dissipati, neppure per la polizia israeliana: attentato, dunque atto volontario, o drammatico incidente.
Resta una certezza: la questione israelo-palestinese non è relegata a quel pezzo di terra, ha conseguenze nella regione e nel mondo.
Non è la prima volta che un cittadino italiano le subisce. Nel marzo 2002 il fotoreporter Raffaele Ciriello fu abbattuto da una raffica di mitra dell’esercito israeliano durante l’assedio di Ramallah, in piena Seconda Intifada. Nell’agosto 2006 Angelo Frammartino, volontario, morì accoltellato da un palestinese nella Città Vecchia di Gerusalemme.
E NELL’APRILE 2011 l’attivista Vittorio Arrigoni fu rapito e ucciso da una banda di islamisti nella Gaza diventata sua seconda casa. Non solo italiani, una su tutti la statunitense Rachel Corrie schiacciata da un bulldozer israeliano a Rafah, venti anni fa.
La questione palestinese è globale. Lo è per l’effetto destabilizzante che continua ad avere in Medio Oriente ma soprattutto per le contraddizioni che squarcia in un Occidente che
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