La Cgil fa il punto dopo l'ultimo incontro a Palazzo Chigi. Salari, inflazione, sanità pubblica: “Risultati ancora lontani e tutti da conquistare”
Il governo Meloni sfoggia un incauto ottimismo e, forte di qualche segnale economico incoraggiante, conferma l’intera agenda di provvedimenti presi fino a oggi: dagli incentivi alle imprese alla flat tax, dalla rivalutazione delle pensioni al taglio del cuneo contributivo sui salari. L’esecutivo italiano è stato “aiutato”, oggettivamente, dalle ultime previsioni della Commissione europea (che danno il nostro Pil in crescita dell’1,2%, sopra la media europea), e dal record storico di occupati registrato lo scorso marzo.
L’incontro del 26 maggio a Palazzo Chigi con le parti sociali potrebbe sintetizzarsi così: ognuno avanti per la sua strada, ma non perdiamoci di vista. La presidente del Consiglio ha infatti annunciato che, sui temi all’ordine del giorno, i ministeri competenti attiveranno tavoli specifici per un “confronto cadenzato”, mentre sarà istituito un “Osservatorio sul potere di acquisto” per monitorare inflazione, prezzi, salari ed efficacia dei provvedimenti del governo. E ha parlato di “dialogo approfondito con le parti sociali”.
Al di là di una questione di fondo, che riguarda le risorse e i contenuti del Def, lo scetticismo della Cgil su questi incontri resta. Sono “tavoli occasionali, di mero ascolto, privi di carattere negoziale e totalmente improduttivi”, sostengono in corso d’Italia, rivendicando la necessità di “una vera trattativa sui contenuti delle proposte e delle piattaforme sindacali”.
In casa Cgil è invece netta la convinzione che le manifestazioni di Bologna, Milano e Napoli abbiano indotto il governo a convocare le parti sociali. Quindi la strada della mobilitazione “non può che continuare e allargarsi, a partire dalla manifestazione nazionale indetta il prossimo 24 giugno a Roma su temi fondamentali come il diritto
Leggi tutto: Il governo non cambia linea. La mobilitazione prosegue - di Davide Orecchio
CHE FARE . Le opposizioni dovrebbero rimboccarsi le maniche per costruire dal basso una alternativa. Prevale invece una pervicace quanto ingiustificata autoreferenzialità
La vocazione autolesionista – e distruttiva – delle forze democratiche e di sinistra ha solide radici, affondano nella storia, ne traggono così abbondante nutrimento da diventare sempre più robuste e rigogliose. È quasi impossibile sradicarle, sono forti a tal punto da condizionare profondamente lo sviluppo della pianta che alimentano. Specialmente quando si attraversano stagioni politiche turbolente, drammatiche, complicate.
Guardiamo cosa sta succedendo nell’area democratica dopo la batosta elettorale delle recenti elezioni amministrative. Invece di provare a comprenderne le cause, assistiamo alla ricerca forsennata del colpevole sul quale scaricare le responsabilità politiche del tonfo. Che sicuramente sono presenti, ma che, altrettanto certamente, solo per evidente insipienza o per malcelata strumentalità possono essere attribuite ad un unico soggetto.
L’esempio più eclatante è la campagna
Leggi tutto: I democratici, la sinistra e il sole dell’avvenire - di Norma Rangeri
Commenta (0 Commenti)Altare della patria, parata e parà, Frecce tricolori… L’Italia celebra le forze armate. Intanto la guerra c’è e continua, per padre Zanotelli siamo in guerra da tutte le parti, nella Sardegna occupata dalla Nato si va in piazza e il Pnrr servirà per il riarmo. Buona Festa della Repubblica
INTERVISTA AL MISSIONARIO COMBONIANO. «Cos’ha a che fare la parata militare con la festa della Repubblica nata dalla Costituzione, che all’art 11 ripudia la guerra? Siamo sull’orlo di due abissi: l’inverno nucleare, basta un incidente sul fronte ucraino e ci siamo, e l’estate incandescente per la crisi climatica». E sulla produzione di munizioni con i fondi del Pnrr votata in Ue: «Pd e sinistra non possono barcamenarsi tra visioni opposte»
Padre Alex Zanotelli - LaPresse
«Siamo sull’orlo di due abissi: l’inverno nucleare, basta un incidente e ci siamo, e l’estate incandescente per la crisi climatica. Serve un unico forte movimento per la pace e l’ambiente»: così il missionario comboniano Alex Zanotelli fotografa l’attuale momento storico.
Festeggiamo la Repubblica, che vieta la guerra come mezzo di offesa ma anche di risoluzione delle controversie, con una parata militare.
È assurdo e l’ho sempre detto in questi anni. Ma cos’ha a che fare la parata militare con la festa della Repubblica italiana? Una repubblica che è bastata sull’articolo 11, che ripudia la guerra, mentre invece siamo in guerra da tutte le parti. Una contraddizione totale.
Il conflitto in Ucraina va avanti da più di un anno, si riaccende l’ex Jugoslavia. In Italia non c’è un vero dibattito.
C’è una narrativa in questo paese in cui incredibilmente la parola pace è scomparsa. La guerra in Ucraina ha riarmato l’Europa, quello che sta avvenendo fa paura. Secondo il
Leggi tutto: Zanotelli: «Serve un unico, forte movimento per la pace e l’ambiente»
Commenta (0 Commenti) Volontari liberano strade e abitazioni dal fango a Sant' Agata sul Santerno - Ansa
“La maledizione della noce moscata” di Amitav Ghosh racconta come nel 1855, in quello che oggi è l’Oregon, un capo dei nativi americani Cayuse, si rifiutò di firmare un trattato perché sentiva che ignorava la voce della terra. Perché i nativi americani, come gli indios dell’Amazonia, e quelli delle isole Banda, dai quali ( dalla loro noce moscata, il libro di Ghosh prende le mosse), la voce della terra, dei fiumi, degli animali sapevano sentirla. E capirono subito che la riduzione della terra a realtà inerte, a pura materia da usare a nostra discrezione, era la premessa per considerare la maggior parte degli esseri viventi che la popolano come cose. Anche gran parte del genere umano, sulla base del colore della pelle, della religione, della lontananza dalle tecnologie, e persino per la pretesa di considerare la natura viva e parlante. Videro lucidamente la nascita di quel capitalismo coloniale ed estrattivista che ha contrassegnato la storia fino ai nostri giorni.
Certamente la voce della terra non hanno nemmeno provato a sentirla quelli che hanno riempito di cemento la pianura alluvionale della val Padana e della Romagna, e hanno costruito case, fabbriche, strade a ridosso dei corsi d’acqua, dopo averli imbavagliati dentro argini rigidi ed inutilmente alti, e rinchiuso polli e maiali in allevamenti intensivi che fanno male a loro e al clima. Né quanti in cerca di una vita apparentemente più dignitosa, attratti dal mito della velocità e del consumismo, ma spesso per avere vicino una scuola o un ospedale, stanchi di custodire territori e paesi sul cui futuro politica ed economia avevano smesso di investire, hanno abbandonato colline e montagne.
La calata a valle di quel popolo, che era quello che curava il territorio, che lo terrazzava, che sapeva fare i muretti a secco, rispettare il corso dei torrenti, ha preceduto la calata
Leggi tutto: Siamo addestrati a ricostruire anziché a prevenire - di Andrea Ranieri
Commenta (0 Commenti)L’ecocastastrofe socioambientale dell’Emilia Romagna, segna un punto di non ritorno rispetto agli effetti della crisi climatica: l’alternarsi di lunghi periodi di siccità impermeabilizzante e precipitazioni violente aggredisce il territorio in dimensioni inedite, diffuse e interconnesse fra versanti e pianure. L’ennesima riproposizione rituale di politiche emergenziali sul dissesto idrogeologico non serve più. Non serve più fare oggi ciò che non si è fatto in passato. Ciò che serve, oltre al blocco radicale del consumo di suolo, è un sistema di progetti integrati, multisettoriali a livello di bacini e sottobacini idrografici, capaci di ridefinire globalmente le relazioni fra sistemi insediativi e ambiente, fra versanti e pianure.
MONTAGNE (35%) e colline (41,6) costituiscono più del 70% del territorio italiano. E’ qui che i terreni induriti dalla siccità prolungata, franano e scaricano improvvise e rapide valanghe di acqua e fango in pianure a loro volta impermeabilizzate, i cui fiumi e torrenti non smaltiscono più e allagano campi e città, con tempi di ritorno dei fenomeni sempre più frequenti.
Si impone dunque la priorità strategica di trattenere a monte le acque nei periodi di precipitazioni violente e realizzare
“Fu un’opportunità molto allettante, certo”. Momento di pausa. “Ma no, col senno di poi non valeva la pena costruire in quell’area”. Nello Liverani è un faentino fortemente attaccato alla comunità che spala fango da giorni dopo l’esondazione di uno dei tre fiumi di Faenza, dove sono stati estratti tre cadaveri. Un tempo erano occupati dalla “Liverani pelli”, finché la famiglia li ha venduti. Al posto dei capannoni giudicati ormai “incompatibili con l’area” nel 2002 sorge un bel condominio residenziale con 36 appartamenti e 45 garage sotterranei. La particolarità è il nome stesso, che molto dice dell’Italia edificata sul rischio: la “Casa sul fiume” si chiama, ma con la piena è diventata una casa nel fiume, con l’acqua salita a un metro e mezzo seppellendo
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