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EUROBOMB. Basta infrastrutture: chiesto alla Bei di occuparsi anche di difesa. Consiglio europeo con l’elmetto, via a quella «agenda di Versailles» che già Macron teorizzava

Ursula von der Leyen e Giorgia Meloni ieri al Consiglio europeo foto Epa/Olivier Hoslet Ursula von der Leyen e Giorgia Meloni ieri al Consiglio europeo - Epa/Olivier Hoslet

L’accordo si è trovato sulla richiesta di una «tregua umanitaria per il cessate il fuoco» a Gaza e sul via libera ai negoziati di adesione per la Bosnia-Erzegovina. Avanza inoltre la discussione sulle nuove possibili forme di finanziamento del riarmo europeo e delle forniture militari a Kiev.

Nel Consiglio europeo concluso ieri, il penultimo prima dell’appuntamento elettorale di giugno – l’ultimo si terrà il 17 e 18 aprile e tratterà soprattutto di economia – i capi di Stato e di governo hanno lavorato su un’agenda molto fitta, quasi per intero dedicata alla politica estera, con in primo piano le due guerre alla frontiera dell’Ue.

E NONOSTANTE la conferma del generale ri-orientamento sul Green deal e la Politica agricola comune (Pac), attraverso la concessione di esenzioni e flessibilità alle regole di tutela ambientale originariamente previste, anche su questo versante spicca la dimensione internazionale, come certifica la proposta arrivata ieri dalla Commissione di imporre dazi sull’import di cereali dalla Russia.

Ma è soprattutto il tema delle risorse monetarie per la difesa europea che tiene banco. Sulla possibilità di debito comune, spicca il pronunciamento a favore di Emmanuel Macron, che vede sulla stessa lunghezza d’onda il commissario all’economia Paolo Gentiloni («necessario lavorare sugli eurobond, tema fondamentale nel prossimo ciclo politico»). Possibilista perfino il premier spagnolo socialista Pedro Sanchez, mentre il cancelliere tedesco Olaf Scholz ribadisce, senza sorprese, la contrarietà di Berlino, scettica da sempre.

L’inquilino dell’Eliseo, già sostenitore della controversa e da giorni discussa ipotesi boots on the ground sul suolo ucraino, definisce «una buona idea» le emissioni di debito comune e chiama «rivoluzione copernicana» il fatto che gli europei ora affermino chiaramente «il principio che bisogna produrre di più e costruire la propria industria della difesa che ci permetta di rifornirci».

Tra gli strumenti da mettere in campo, oltre ai già citati eurobond e all’utilizzo degli extraprofitti degli asset russi su cui si sta trovando un aggiustamento con il riottoso Orbán, Macron fa sapere che i leader dei 27 hanno «nuovamente chiesto oggi alla Banca europea per gli investimenti (Bei) di adattare la sua politica al settore della sicurezza e della difesa per accrescere gli investimenti» e stimolare quelli del settore privato.

L’opzione Bei si era già affacciata in occasione del Consiglio europeo dello scorso dicembre, ma si è fatta più concreta con la lettera inviata il 18 marzo. Nel testo, 14 stati membri chiedono in modo esplicito alla presidente della Banca – che finora ha finanziato progetti di sviluppo e infrastrutture – di sostenere l’aumento dei finanziamenti per l’industria della difesa made in Europe.

La missiva è firmata da un gruppo di paesi guidati dalla Finlandia e dal suo premier conservatore Petteri Orpo. Tra gli scandinavi, Svezia e Danimarca, poi le repubbliche baltiche, alcuni paesi dell’est (Bulgaria, Polonia, Romania e Repubblica ceca), e tra i big Francia, Germania e anche l’Italia.

LA RICERCA di sostentamento per le casse militari europee si inserisce anche in una strategia di lungo termine rivendicata da Macron: «Nel marzo 2022 avevamo fissato l’agenda di Versailles, che consisteva nel definire il contenuto dell’autonomia strategica sul piano tecnologico e militare, avviato sotto la nostra presidenza. Oggi gli europei stanno attuando pienamente quei testi fondamentali e stanno accelerando, per ridurre la loro dipendenza e aumentare la loro capacità».

Una visione sulla quale Roma e Parigi sembrano trovare piena intesa, quando Meloni sottolinea come grazie all’impulso italo-francese si è avviata «una riflessione sul nodo essenziale delle risorse da affiancare al nuovo programma di difesa europea da 1,5 miliardi presentato dalla Commissione». Affinità elettive anche sul possibile secondo mandato di von der Leyen. Se Macron è gelido nei confronti di colei che nel 2019 fu la sua prescelta («mai convinto del sistema Spitzenkandidaten»), Meloni liquida così l’alleata degli ultimi mesi: «Vedremo, ma non è un tema che mi appassiona»

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Un commando apre il fuoco nella sala concerti Crocus di Mosca: 60 uccisi, se ne temono il triplo. Città blindata, caccia agli assalitori. L’Isis rivendica. Vent’anni dopo Dubrovka torna l’incubo terrorismo. È con la repressione del nemico interno che Putin ha consolidato il suo potere

RUSSIA. Un commando armato, di 4 o 5 persone, entra nella sala da concerti e apre il fuoco. La capitale è blindata, la vita viene sospesa. L'Isis rivendica, Kiev nega ogni coinvolgimento. Medvedev: «Se sono stati loro sarà morte per morte»

 L’incendio scoppiato ieri sera al Crocus City Hall dopo l’attacco - Ap /Sergei Vedyashkin

Un urlo di donna, il silenzio e poi i boati degli spari: Mosca sanguina di nuovo. Un commando di assalitori ha fatto irruzione alle 19 italiane nella grande sala da concerti Crocus City Hall di Krasnogorsk, zona periferica a ovest del centro di Mosca. Mentre chiudiamo il giornale il bilancio è di almeno 40 morti e 100 feriti, ma secondo fonti non confermate dei servizi d’emergenza, le vittime potrebbero essere anche più di 140: due terzi dell’edificio sono in fiamme e almeno 3 squadre di reparti speciali hanno fatto irruzione per scovare eventuali assalitori rimasti.

Aggiornamento delle 9 del 23 marzo 2024: secondo l’agenzia russa Ria, le vittime accertate sono almeno 60, tra cui 3 bambini, e i feriti 145 ma il bilancio è ancora provvisorio

Mosca è blindata, le stazioni della metro controllate dall’esercito, la polizia ha circondato una vasta area intorno a Krasnogorsk per controllare tutte le auto in uscita, dall’alto gli elicotteri e le eliambulanze sorvolavano l’area. Stazioni dei treni e aeroporti sono in allerta massima. Il piano Zarya è stato attuato nella capitale russa e «tutto il personale militare e di polizia, inclusi gli agenti in ferie, devono presentarsi entro un’ora nei punti stabiliti, armati».

Intanto il tetto del Crocus, che ricopre un’area di 13mila mq, ha bruciato per ore e alcune sue parti hanno iniziato a crollare mentre nel cielo di Mosca incombeva un inquietante bagliore. I visitatori sono stati evacuati da tutti i centri commerciali della capitale i quali sono stati chiusi.

FUORI DAL CROCUS l’auto, o una delle auto, usate dal commando sembra sia stata identificata e la polizia ha subito circondato l’area per

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L'ULTIMA. Una grande «inchiesta sociale» lanciata da Cgil, Arci e Piazza Grande sulle trasformazioni nefaste degli ultimi anni - gentrificazione, caro affitti, inquinamento - a colpi di questionari

Bologna città della rendita La manifestazione dei Fridays for Future del 6 settembre 2023 sotto le due torri a Bologna - Foto Ansa

Bologna la dotta, la rossa, la grassa. Ora, forse, anche Bologna la diseguale. È questo il tema attorno al quale ruota «L’inchiesta sociale sui costi della città» lanciata nel capoluogo emiliano da Cgil e Istituto per le ricerche economiche e sociali (Ires) assieme a Arci, Link, Udu e Piazza Grande. Volantini e sticker col Qr code sono apparsi in giro per la città: aprendolo ci si trova di fronte al lungo questionario, decine di domande su reddito, trasporti, salute, abitare, welfare.

«ABBIAMO RIPRESO una tradizione della classe lavoratrice bolognese degli anni ‘60 e ‘70» spiega Michele Bulgarelli, segretario della Cgil locale. Molti i quesiti sulla casa – tema scottante a Bologna, seconda in Italia per costo degli affitti. Non solo sui costi sostenuti, ma anche difficoltà nel trovare alloggio, disponibilità dei servizi di base nel quartiere, accessibilità per persone diversamente abili. Molto spazio anche per la transizione digitale – questione cruciale per la popolazione anziana, sempre più spesso costretta a rapportarsi alla burocrazia con strumenti elettronici cui non è avvezza. E ovviamente il tema del lavoro, dei redditi, della sindacalizzazione.

«Stiamo assistendo alla trasformazione del nostro territorio, da città del lavoro a città della rendita. È questo che vogliamo indagare» spiega ancora Bulgarelli. Un problema non nuovo e non limitato alla sola Bologna, ma sempre più urgente. Il capoluogo emiliano è attraversato da più crisi aziendali, frutto di quella deindustrializzazione che colpisce tutto il Paese. C’è la Marelli di Crevalcore, su cui in queste settimane si sta trovando un accordo, C’è l’Industria Italiana Autobus, ex-Bredamenarinibus, la cui vertenza è ancora in alto mare. C’è la Perla, storico brand del lusso ogni giorno più vicino alla chiusura. Contemporaneamente, il turismo trasforma il centro storico, sostituendo gli alloggi coi B&B e le attività storiche coi ristoranti. Un processo che nel lungo periodo rischio di espellere i bolognesi dalla città. «È un problema anche per gli studenti fuorisede: i dati dell’Università ci dicono che calano le immatricolazioni degli studenti del meridione e aumentano quelle di stranieri più benestanti» dice il segretario Cgil. «Sulla scuola nutriamo preoccupazioni simili. La paura è che si torni ad una dinamica tale per cui gli operai iscrivono i figli al professionale e le classi agiate al liceo».

L’INCHIESTA NON ARRIVA da sola. Fa parte di una piattaforma politica concordata tra le realtà aderenti, a sua volta parte de La Via Maestra, il percorso di aggregazione lanciato dalla Cgil a livello nazionale. Nel documento si leggono molti dei temi trattati nel questionario. La giusta transizione, che riguarda sopratutto lo storico settore automotive emiliano. La qualificazione del lavoro nel turismo e nel terziario, ambito povero per eccellenza dove nero e bassi salari fanno da padroni. Poi salute, sicurezza sul lavoro, cura. Tra le proposte una riforma progressiva del fisco, con l’Isee da usare come parametro per riformulare le imposte comunali. Torna anche l’idea dell’1% sociale – una percentuale dei profitti delle aziende da usare per il welfare territoriale. Non manca, ovviamente, il salario: da aumentare e adeguare all’inflazione galoppante.

«VOGLIAMO INDAGARE ciò che non si trova nei database già esistenti. Per questo ci serve uscire dalla nostra bolla: se il questionario lo compileranno solo i lavoratori Lamborghini in assemblea sindacale non sarà rappresentativo dell’intera città. Ci servono disoccupati, giovani, precari, migranti». Per i proponenti l’iniziativa serve a raccogliere informazioni, ma anche a mobilitare le persone. «Stiamo ottenendo i primi risultati. Ad esempio la centralità dell’Isee nelle tariffe di scuola, trasporti e rifiuti sta man mano entrando nella contrattazione con le istituzioni. Ma non basta. A chi compila il questionario diciamo: vuoi cambiare le cose? Mobilitati con noi!».

La raccolta delle risposte proseguirà fino a Maggio. Poi la restituzione, in estate ma non solo. Le realtà studentesche, ad esempio, useranno i dati raccolti anche in occasione dell’apertura del prossimo anno accademico.

NEL MENTRE, IL MALCONTENTO a Bologna cresce. Non ci sono solo le grandi vertenze prima elencate a tenere banco. La città metropolitana pullula di piccole storie, ridotte nelle dimensioni ma non meno dolorose per chi le vive. C’è l’Istituto Santa Giuliana, storica scuola elementare chiusa questa estate dalle suore che la possedevano. Per le lavoratrici si è trovato un accordo sulla buonuscita, ma l’attività non si è salvata. Ci sono i dipendenti della Mymenù, azienda di consegne che ha chiuso i battenti lasciando a casa 35 persone. C’è il problema di Tper, il trasporto pubblico locale che avrebbe disperatamente bisogno di autisti ma fatica a trovarli perché il salario offerto è ormai inadeguato al costo della vita a Bologna. Ci sono studenti e lavoratori precari che protestano contro il costo degli affiti. Lo scorso anno le tende diventarono il simbolo di questo malcontento, e tutt’oggi nella centralissima piazza Verdi – luogo universitario per eccellenza – i collettivi montano igloo e canadesi per ricordare che il probema ancora non è risolto. Ci sono, infine, le lotte ambientali: dalle proteste contro l’allargamento dell’autostrada – il cosiddetto passante – ai comitati di quartiere che cercano di bloccare le tante piccole cementificazioni in corso. Questioni non secondarie nella città che pochi mesi fa ha affrontato l’alluvione e che periodicamente si ritrova soffocata dalla cappa dello smog.

INVERTIRE IL TREND non sembra facile. Il rischio di una Bologna diseguale, in cui vive bene solo chi può contare su una rendita finanziaria o immobiliare, è sempre più concreto. Ai sindacati e ai movimenti il difficile compito di cambiare le cose prima che sia troppo tardi.

 

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Le linee ucraine vacillano e l’economia europea arranca? A Bruxelles il Consiglio di guerra Ue ha la soluzione: riarmo totale. L’apparato militare-industriale ci scommette, i paesi più indebitati come l’Italia si aggrappano agli eurobond per la difesa. Usa primi produttori di armi pronti a un nuovo boom di ordini

EUROBOMB. Consiglio di guerra a Bruxelles, mentre l’Europa si divide sui bond per pagare la difesa

Orbán rompe il fronte Ue: «Mi congratulo con Putin» Viktor Orbán - Getty Images

«La guerra non è un pericolo imminente per l’Europa, quindi non è il caso di spaventare i cittadini». Getta acqua sul fuoco dei più bellicisti l’Alto rappresentante della politica estera Ue Josep Borrell, dopo giorni di chiamata alle armi da parte del presidente del Consiglio europeo Charles Michel e prima ancora del presidente francese Emmanuel Macron.

QUELLA DEL CAPO della diplomazia europea è solo una delle voci dentro e fuori dal coro dei capi di Stato e di governo che convergono sull’Europa Building della capitale continentale con un ricchissimo programma. Si dovranno stabilire gli indirizzi politici su temi chiave della politica estera europea: dalla difesa comune e all’Ucraina, da Gaza all’allargamento dell’Unione verso est (temi trattati ieri), fino alle politiche agricole, off topic ma aggiunte in agenda a seguito delle giornate di protesta del mondo rurale (in discussione oggi). Il vertice si spalma su due giorni e nella prima parte i leader si sono ripetutamente incontrati fin dopo la cena di lavoro, mentre le decisioni saranno scritte nero su bianco solo con il documento finale del Consiglio europeo, previsto per oggi.

Il summit si è aperto nel pomeriggio di ieri con un incontro tra i leader dei 27 e il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, che si è espresso su entrambi i fronti di guerra che a diverso livello interpellano l’Europa. «Condanniamo gli attacchi terroristici del 7 ottobre e le violazioni del diritto umanitario internazionale da parte di Hamas, così come anche il fatto che stiamo assistendo a un numero di vittime civili a Gaza che non ha precedenti nel corso del mio incarico come segretario generale».

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Riferendosi invece all’offensiva di Mosca, Guterres ha richiamato l’importanza della pace in Ucraina che sia «pienamente in linea con i principi, il che significa nel rispetto della Carta Onu, del diritto internazionale e dell’integrità e sovranità di Kiev». Sul Medio Oriente gli fa eco Borrell, che nelle ultime settimane non ha risparmiato accenti sempre più critici nei confronti dell’azione militare del governo: «Quello che succede oggi a Gaza è il fallimento dell’umanità».

IN ATTESA che il contrappunto delle diplomazie faccia il suo corso, le vere notizie della prima giornata di Consiglio sembrano arrivare da

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Tempesta perfetta a meno di tre mesi dalle elezioni: sollecitati da Piantedosi, a Bari arrivano gli ispettori. Dopo l’inchiesta per voto di scambio, si rischia il commissariamento. Il sindaco Decaro contrattacca: «Inquietante». Solidarietà dai colleghi Pd, il governo tira dritto

CINICI E BARI . Solidarietà dai sindaci Pd. Il governo: «Lamentele sconcertanti». Sciogliere il consiglio comunale è complesso, i tempi sono stretti

Il sindaco di Bari Antonio De Caro durante la conferenza stampa Il sindaco di Bari Antonio De Caro durante la conferenza stampa - Donato Fasano

Francesco Russo. È questo il nome del personaggio decisivo per gli sviluppi del caso Bari, con l’iter avviato dal ministro degli Interni Matteo Piantedosi per valutare lo scioglimento del consiglio comunale per l’inchiesta sul voto di scambio (137 arrestati, tra cui due consigliere comunali). Russo è il prefetto di Bari, nominato lo scorso autunno, in precedenza in servizio a Salerno e, quando era vice a Milano 15 anni fa, noto per il suo attivismo nelle «emergenze» nomadi e migranti, campagne politiche parecchio intense dell’ultimo governo Berlusconi.

LEGALMENTE è lui che ha in mano le sorti del percorso che potrebbe portare alla fine anticipata del mandato di Antonio Decaro e al commissariamento: a lui infatti spetta la valutazione sull’eventualità di scioglimento per infiltrazioni mafiose, previo confronto con il Comitato per l’ordine e la sicurezza allargato al procuratore locale, il cui parere è certamente importante ma non decisivo. Quello che a Roma può fare il ministro Piantedosi è invece di chiedere di verificare se ci siano le condizioni per uno scioglimento e, al limite, proporlo. L’istruttoria comunque è in carico al prefetto, che poi deve farla avere al Viminale, che a sua volta la fa arrivare al presidente della Repubblica, che infine può firmare un decreto che pone fine alla consiliatura. Più nello specifico, il prefetto Russo dovrà valutare l’entità della faccenda per poi chiedere agli Interni l’istituzione di una commissione con ampi poteri di controllo nei confronti della macchina amministrativa, tra acquisizione degli atti e audizioni che poi vanno obbligatoriamente trasmesse proprio al prefetto. E da lì decidere se

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STRAGE SUL LAVORO. Iniziativa della Uil a Roma. Bombardieri: il governo fa solo propaganda. L'11 aprile sciopero con la Cgil
 Il flash mob della Uil a piazza del Popolo a Roma con mille bare per ricordare i morti sul lavoro nel 2023 - Foto Ansa

Le bare sono di cartone, ma il colpo d’occhio è impressionante: piazza del Popolo a Roma coperta dalle 1.040 vittime sul lavoro del 2023. A quattro anni di distanza, ricordano quelle del Covid. Con la differenza che la striscia di sangue nei cantieri e nelle fabbriche va avanti ininterrottamente da decenni e non accenna ad arrestarsi.

La Uil ha così proseguito la sua campagna itinerante «Zero morti sul lavoro» partita l’anno scorso e che ha già fregiato Roma di un murale all’ex Fiera.

Se sui numeri l’Osservatorio di Bologna di Carlo Soricelli avrebbe qualcosa da ridire – da decenni contesta quelli dell’Inail che conteggia solo i lavoratori con contratto e per il 2023 sostiene che in realtà i morti siano in realtà 1.460, ben 420 in più – sulla sostanza non si discute.

«È UN BOLLETTINO DI GUERRA inaccettabile – attacca subito dal palco il segretario della Uil Pierpaolo Bombardiri – . Oggi vogliamo richiamare le coscienze di tutti, l’attenzione dell’opinione pubblica e dei media per un dramma che colpisce tante famiglie. Abbiamo bisogno di sensibilizzare le coscienze, di non dimenticare, di costringere la politica e il governo a fare cose subito». «Vogliamo richiamare l’attenzione di tutti su queste vite che abbiamo perso, vite di persone che andavano a lavorare, di chi cercava di portare lo stipendio a casa per mantenere una famiglia. Lo abbiamo fatto volutamente nella giornata della festa della papà, sono tanti papà e tante mamme che non sono tornati a casa perché andavano a lavorare. Dobbiamo considerare la perdita di una sola vita umana inaccettabile. Non possiamo perdere tempo nelle discussioni, nella propaganda», conclude accusando il governo Meloni.

«Non servono palliativi, non serve dirci che c’è un parziale accoglimento delle cose che abbiamo chiesto se poi tutto viene rinviato. Se la vita umana vale 20 punti noi non l’accettiamo. Bisogna fermare le aziende che non applicano le norme sulla sicurezza, inserire l’omicidio sul lavoro e spiegare che il profitto non vale la vita umana. La politica e il Governo non lo stanno facendo”.
Bombardieri ha letto alcuni nomi di quelle persone la cui vita è stata spezzata dal mancato rispetto delle regole sulla sicurezza; lo scrittore Stefano Massini ha letto un testo.

LA MOBILITAZIONE VA AVANTI e c’è una data prescelta: giovedì 11 aprile lo sciopero già preparato dagli edili della Fillea Cgil e Feneal Uil si allargherà a tutte le categorie, sebbene la decisione su quante ore di sciopero fare non è ancora stata presa.

«Abbiamo indetto insieme alla Cgil un percorso di mobilitazione in linea con le piattaforme che abbiamo presentato da tanto tempo sulla sicurezza sul lavoro», spiega ai giornalisti Bombardieri rilanciando l’appuntamento di venerdì 22 marzo alla Leopolda a Firenze dove si riuniranno tutti i delegati di Cgil e Uil. «Abbiamo la necessità di incontrarci con i nostri rappresentanti per la sicurezza e di rifare il punto, vedere rispetto alle piattaforme cos’è successo e rilanciare iniziative di mobilitazione e di sciopero. Non vogliamo arrenderci sulla sicurezza: ce lo chiedono i nostri lavoratori, le famiglie che hanno perso i propri cari», conclude il leader Uil

 
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