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1 maggio Il Capo dello Stato in visita a un’azienda di Latina: «Tante famiglie non reggono l'aumento del costo della vita. L’Italia si distingue per una dinamica salariale negativa che incide anche sul preoccupante calo demografico, perché i giovani incontrano difficoltà a progettare il futuro». «Intollerabile l’indifferenza per le morti sul lavoro». Le opposizioni: «Parole fondamentali, ora la maggioranza accetti il salario minimo»

L’affondo di Mattarella: «In Italia salari troppo bassi» Sergio Mattarella – Ansa

«Salari inadeguati sono un grande problema per l’Italia. Tante famiglie non reggono l’aumento del costo della vita». Sergio Mattarella, alla vigilia del 1 maggio, lancia un messaggio forte al mondo della politica e dell’impresa. Lo fa da Latina, dove ha visitato ieri a l’azienda BSP Pharmaceuticals spa, che produce farmaci contro i tumori e le malattie neurodegenerative. Con camice e cuffia in testa, il Capo dello Stato visita i laboratori, insieme ai vertici dell’azienda e ad una delegazione dei circa 1600 dipendenti.

CITA L’ULTIMO Rapporto 2024-2025 dell’Organizzazione internazionale del lavoro, in cui l’Italia «si distingue per una dinamica salariale negativa nel lungo periodo, con salari reali inferiori a quelli del 2008». «Sappiamo tutti come le questioni salariali siano fondamentali per ridurre le disuguaglianze, per un equo godimento dei frutti offerti dall’innovazione, dal progresso», ricorda il presidente. Al contrario, bassi salari «incidono anche sul preoccupante calo demografico, perché i giovani incontrano difficoltà a progettare con solidità il proprio futuro. Resta, inoltre, alto il numero di giovani, con preparazione anche di alta qualificazione, spinti all’emigrazione. Questi fenomeni impoveriscono il nostro “capitale umano”».

NON È LA PRIMA VOLTA che Mattarella mette l’accento sul tema dei bassi salari: lo aveva fatto anche nell’ultimo discorso di Capodanno. Il monito di ieri è stato particolarmente forte. Anche su un altro dei problemi che non si stanca di segnalare. «Quella delle morti del lavoro è una piaga che non accenna ad arrestarsi e che ha già mietuto, in questi primi mesi, centinaia di vite, con altrettante famiglie consegnate alla disperazione». «Non sono tollerabili né indifferenza né rassegnazione». «È evidente che l’impegno per la sicurezza nel lavoro richiede di essere rafforzato». dice. «Riguarda le istituzioni, lo ha annunziato la presidente del Consiglio», ma anche le imprese e i lavoratori. «Ringrazio Cgil, Cisl e Uil per aver scelto la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro come tema di un Primo maggio unitario».

MATTARELLA RICORDA ANCHE le condizioni dei lavoratori immigrati. «A sopperire al calo demografico non bastano le migrazioni dall’estero, tanto che permane la circostanza che un lavoratore su due tra quelli cercati dalle imprese» è di «difficile reperibilità». I migranti poi percepiscono salari «inferiori di un quarto» rispetto agli italiani che svolgono le stesse mansioni. Quando non sono vittime di «fenomeni scandalosi come il caporalato» che «va contrastato con fermezza».

Cita ancora una volta Papa Francesco: «Non venga mai meno il principio di umanità come cardine del nostro agire quotidiano», le parole nell’ultimo messaggio di Pasqua. «Il lavoro non può separarsi mai dall’idea di persona, dalla unicità e dignità irriducibile di ogni donna e di ogni uomo. Nessuno deve sentirsi scartato o escluso», insiste il Capo dello Stato. Che ricorda come il lavoro sia una «radice di libertà» che «ha animato la nostra democrazia, ha prodotto eguaglianza e, dunque, coesione sociale. Il lavoro richiama e sollecita la corresponsabilità, la solidarietà. È stato il vettore più potente di giustizia, di mobilità sociale, di costruzione del welfare».

IL PRESIDENTE LANCIA anche un invito a

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Sconfitti i Conservatori che fino a pochi mesi fa sembravano in testa ai sondaggi

epaselect epa12061719 Canadian Prime Minister Mark Carney celebrates his election win at the Liberal Party election night event in Ottawa, Ontario, Canada, 28 April 2025. Carney was elected prime minister after Canadians went to the polls earlier in the day.  EPA/ERIC REID

Secondo i dati che arrivano i Liberali arriverebbero ad avere 168 seggi mentre i Conservatori si fermerebbero a 145. Carney non avrebbe quindi la maggioranza, che è di 172 seggi, e dovrebbe formare un governo di minoranza, come quello che ha guidato negli ultimi mesi dopo le dimissioni di Justin Trudeau, alla guida del Paese da quasi dieci anni. Nelle precedenti elezioni i Liberali avevano ottenuto 161 seggi, quindi ne guadagnerebbero 7 con questi risultati, mentre per i Conservatori la crescita rispetto al 2021 sarebbe di ben 26 seggi. In forte calo gli altri partiti (come il Bloc Quebecois e la sinistra dei New Democrats) che perderebbero ben 28 seggi complessivamente rispetto alle elezioni del 2021. 
 
 
Canadian Prime Minister Mark Carney arrives on stage at his campaign headquarters after the Liberal Party won the Canadian election in Ottawa on Tuesday, April 29, 2025. (Justin Tang/The Canadian Press via AP)
 

"Il nostro vecchio rapporto con gli Stati Uniti è finito" ha detto Mark Carney dopo la vittoria invitando tutti i cittadini a unirsi perché arriveranno mesi difficili che richiederanno molti sacrifici. Infatti il 75% delle esportazioni del Canda attualmente sono verso gli Stati Uniti e i dazi imposti da Donald Trump rischiano di danneggiare pesantemente l'economia. Lo sconfitto leader dei Conservatori, Poilievre, ha risposto che il "Canada sarà sempre al primo posto" e che sono pronti a collaborare con il primo ministro per difendere gli interessi del paese e "ottenere un nuovo accordo commerciale che ci permetta di superare i dazi, proteggendo al contempo la nostra sovranità". Il primo ministro Carney, che potrebbe nominare il nuovo governo nel giro di due settimane, ha aggiunto nel suo discorso della vittoria che si siederà con Trump per "discutere del futuro dell'economia e delle relazioni di sicurezza tra due nazioni sovrane. Abbiamo superato lo shock del tradimento americano, ma non dovremmo mai dimenticare la lezione. L'America vuole la nostra terra, le nostre risorse, la nostra acqua, il nostro Paese. Non sono finte minacce. Il presidente Trump sta cercando di spezzarci affinché l'America possa possederci".

Canadian Prime Minister Mark Carney dances to Canadian band Down With Webster as they play live at campaign headquarters after the Liberal Party won the Canadian election in Ottawa on Tuesday, April 29, 2025. (Sean Kilpatrick/The Canadian Press via AP)
 

la rimonta

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Per i Liberali si tratta del quarto mandato consecutivo, con il partito che governa il Canada ininterrottamente dal 2015. Carney ha ribaltato i pronostici nel giro di pochi mesi, dopo aver preso in mano il governo a seguito delle dimissioni di Justin Trudeau, quando i Liberali, secondo i sondaggi, erano 20 punti sotto i Conservatori. Ma proprio le continue minacce di Trump hanno rivitalizzato i Liberali e messo in mostra le abilità da negoziatore di Carney che ha saputo resistere con fermezza alle parole del Presidente degli Stati Uniti. L'economista sessantenne ha avuto l'abilità di decidere di indire le elezioni anticipate così da ottenere un nuovo mandato popolare per fronteggiare i dazi imposti da Trump.

Canadian Prime Minister Mark Carney and his wife Diana Fox Carney react on stage at his campaign headquarters after the Liberal Party won the Canadian election in Ottawa on Tuesday, April 29, 2025. (Frank Gunn/The Canadian Press via AP)
 

chi è mark carney

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Nelle elezioni che lo hanno visto trionfatore, Mark Carney è stato eletto per la prima volta alla Camera dei Comuni non essendosi mai candidato prima. Nato a Fort Smith e cresciuto a Edmond in Alberta, figlio di insegnanti, ha un passato da portiere della squadra di hockey dei Laurier Heights. Laureato ad Harvard in economia con un dottorato a Oxford, ha lavorato in giro per il mondo per Goldman Sachs fino a diventare nel 2008 governatore della Banca centrale canadese. Nel 2013 è stato il primo straniero a diventare governatore della Banca d'Inghilterra, incarico che ha lasciato nel 2020. Nel periodo del Covid è stato un consigliere del presidente Trudeau e da tempo i Liberali speravano in una sua candidatura politica. 

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Energia I sistemi energetici sono diventati molto sofisticati e gestiscono tutta la nostra vita ma in passato, in caso di blackout, i cavi del telefono funzionavano

Spettatori si aggirano all'interno dell'impianto del torneo di tennis Madrid Open durante un blackout generale a Madrid, lunedì 28 aprile 2025. Foto Ap Spettatori si aggirano all'interno dell'impianto del torneo di tennis Madrid Open durante un blackout generale a Madrid, lunedì 28 aprile 2025 – Foto Ap

Il primo bollettino che fornisce qualche informazione ufficiale è arrivato nel pomeriggio dalla società statale che gestisce la rete elettrica portoghese. Riferisce di un «guasto nella rete elettrica spagnola» causato da un «fenomeno atmosferico raro» legato a variazioni di temperatura anomale nell’entroterra. Non basta però un temporale per incolpare il cambiamento climatico del blackout che ieri ha fermato la penisola iberica. Peraltro, ancora in serata per il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez questa era solo una speculazione e nessuna ipotesi si poteva escludere, nemmeno l’attacco hacker. Tuttavia, che siano stati i pirati o le intemperie, il riscaldamento globale e le sue appendici geopolitiche potrebbero davvero aver giocato un ruolo.

Negli ultimi anni la Spagna ha abbracciato la transizione ecologica con più vigore di altri Paesi. Il 16 aprile, l’azienda di stato Red électrica de Espana ha annunciato un successo storico.

Quel giorno le energie rinnovabili hanno soddisfatto il 100% del fabbisogno energetico nazionale. Non era mai successo.

Merito soprattutto dell’energia eolica e degli impianti fotovoltaici, che negli ultimi anni hanno trasformato la Spagna in una superpotenza europea dell’energia pulita, seconda solo alla Germania. Grazie a sole e vento, la Spagna ha potuto anche rimanere indenne dalla brusca interruzione di forniture di idrocarburi russi seguita all’invasione dell’Ucraina.

L’ottimo risultato però ha un contraltare. Gli impianti eolici e fotovoltaici vanno realizzati nelle zone che offrono le migliori condizioni ambientali. Che non coincidono necessariamente con quelle che hanno più bisogno di energia. Oggi il 42% dell’energia elettrica è prodotta in quattro regioni spagnole che ne consumano appena il 12%. Al contrario, l’area metropolitana di Madrid produce solo il 4% dell’energia che consuma. A causa di questa asimmetria la corrente deve essere trasportata su distanze più lunghe. «Questa concentrazione dell’offerta, insieme alle nuove sfide tecniche poste dalle rinnovabili, richiede miglioramenti alla rete elettrica per garantire un trasporto efficiente dell’elettricità generata» spiegava un rapporto del centro studi del Banco di Bilbao pubblicato a marzo e oggi piuttosto profetico. «Un miglioramento che non è stato non è stato osservato, almeno per quanto riguarda l’estensione della rete ad alta tensione». In altre parole, la transizione verso le fonti rinnovabili non è stata accompagnata da investimenti nei cavi. E lo stress a cui è sottoposta la rete aumenta la probabilità di collassi casuali o dolosi.

Ma i collegamenti interni sono solo una parte della spiegazione. La penisola iberica soffre di uno storico isolamento rispetto al resto del continente dal punto di vista energetico. Il collegamento con la rete europea è garantito solo da pochi cavi che valicano i Pirenei. In tutto, garantiscono appena 2,8 gigawatt di potenza, pari al 2% di tutta quella installata. È poco, se si pensa che l’Europa ha fissato per tutti i Paesi membri un target di interconnessione energetica pari al 10% per il 2025 e al 15% entro il 2030 per garantire la sicurezza delle forniture a livello continentale. Con un simile collo di bottiglia, la linea che porta corrente dalla Francia è congestionata per il 67,6% del tempo secondo i report di Red eléctrica. I 600 megawatt potenziali in arrivo dal Marocco rappresentano un contributo irrisorio. In caso di malfunzionamenti sistemici portare energia da oltre confine diventa impossibile. È un problema noto a cui il governo spagnolo stava tentando di porre rimedio anche prima del disastro: per il quadriennio 2022-2026 Madrid ha stanziato quasi sette miliardi di euro per irrobustire la rete elettrica. Il blackout si spiega dunque con il disordine della via spagnola alla transizione ecologica che ha fatto realizzare gli impianti di produzione pulita prima delle infrastrutture di trasporto dell’energia. Un incidente lungo una strada virtuosa che un colpo di vento o un attacco informatico non devono interrompere.

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Europa Il ministero delle Finanze: « Richiesta l'attivazione della clausola di salvaguardia nazionale»

ReArm Europe parte da Berlino: esenzione dal piano di austerity

La Germania prova a chiudere il cerchio del mega-piano di riarmo nazionale da 1000 miliardi di euro. Come previsto nel cronoprogramma del ministero delle Finanze, Berlino ha chiesto ufficialmente alla Commissione di Bruxelles il via libera all’esenzione di tutte le spese per la difesa dal patto di stabilità Ue.

È L’ULTIMO PASSO del sempre più rapido iter istituzionale messo in piedi per archiviare per sempre l’austerity fiscale, non più totem sacro del paese, iniziato con il depennamento del debito-zero dalla Costituzione approvato dal Bundestag nelle ultime ore della scorsa legislatura. Ma è anche il primo tassello fiscale del grande e complicato incastro del ReArm Europe immaginato da Ursula von der Leyen incardinato non a caso sul ruolo-guida del suo paese.

«Abbiamo richiesto formalmente l’attivazione della clausola di salvaguardia nazionale (Nec) da quest’anno fino al 2028. Ciò ci consentirà di aumentare i fondi per la difesa mantenendo tuttavia la piena sostenibilità dei nostri conti pubblici» conferma il portavoce di Jörg Kukies, l’ex banchiere messo da Olaf Scholz a capo del ministero delle Finanze, destinato a esaurire il suo mandato fra pochi giorni.

Il “magheggio” contabile richiesto da Berlino a Bruxelles, imprescindibile per assicurare la tenuta delle casse dello stato di fronte al riamo fondato quasi interamente sul debito, apre di fatto la via a tutti gli altri stati Ue con i margini di spesa egualmente ristretti dal patto di stabilità varato ai tempi in cui a nessuno era consentito spendere un cent in più di quanto stabilito a Bruxelles.

ANCHE SE LA GERMANIA non ha dovuto aspettare la nuova postura bellica incarnata da Friedrich Merz. Nella classifica della spesa militare del 2024, la Repubblica federale che costituzionalmente ripudia la guerra (al pari dell’Italia) si colloca dietro soltanto alle tre superpotenze Stati uniti, Cina e Russia e al primo posto tra le forze convenzionali a livello mondiale, come dimostra il rapporto dell’istituto Sipri di Stoccolma pubblicato ieri secondo cui con il 3,3% della cifra totale i tedeschi hanno superato l’India, il Regno Unito e la stessa Ucraina, ma anche la Francia con capacità nucleare e proiezione su tutti gli oceani e la Polonia che pure vanta l’esercito più numeroso e meglio equipaggiato dell’Ue.

Insomma, Berlino è il campione del riarmo in Europa ancora prima dell’arrivo del governo Merz, che in ogni caso è già definito e pronto a partire dopo il giuramento previsto per la settimana prossima. Ieri durante il «Parteitag» straordinario della Cdu il cancelliere in pectore ha presentato la sua «squadra per la Germania»; la lista dei ministri democristiani fra cui spicca l’attuale capogruppo al Bundestag, Thorsten Frei, nella carica-chiave di responsabile della Cancelleria. Sarà lui il braccio destro di Merz di cui è già l’eminenza grigia.

A sostituire Annalena Baerbock agli Esteri, invece, andrà il vice capogruppo Johann Wadephul, ufficiale della riserva della Bundeswehr, atlantista di provata fede: sarà il primo politico cristiano-democratico a ricoprire questo ruolo da 60 anni.

IL MINISTERO dell’Interno sarà poi guidato dal bavarese Alexander Dobrindt, ex responsabile Csu dei Trasporti nel governo Merkel e strenuo difensore della Law & order contro i migranti, mentre l’Economia verrà assegnata alla deputata Katherina Reiche, i Trasporti a Patrick Schnieder, l’Istruzione a Karin Prien e la Salute a Nina Warken. Oltre ai cinque sottosegretari: Wolfram Weimar alla Cultura, Christiane Schenderlein allo Sport, Michael Meister ai rapporti con i Land e Serap Gueler e Gunther Kirchbaum agli Esteri.

 

 

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Nordamerica L’elezione federale straordinaria indetta dal primo ministro Mark Carney, dato per favorito contro il rivale conservatore

Elettori alle urne in Canada, foto Ap Elettori alle urne in Canada – Ap

Sono andati al voto ieri 30 milioni di cittadini canadesi. Mentre il paese è ancora scosso per le 11 vittime causate da un automobilista lanciatosi contro la folla sabato sera a Vancouver, un’elezione particolarmente tesa si è svolta in un clima di forte pressione e in un momento cruciale per il paese, con una campagna elettorale dominata dalla geopolitica e durata solo 5 settimane. È stata infatti un’elezione federale straordinaria, indetta con soli 37 giorni di preavviso dal primo ministro Mark Carney, la più breve elezione consentita dalla legge canadese, influenzata dalle tensioni con gli Stati uniti sotto la presidenza di Donald Trump.

I DAZI e le provocazioni sulla sovranità canadese, con il Canada definito «51esimo stato», hanno creato reazioni di indignazione, orgoglio nazionale e preoccupazione in tutto il paese.
Carney, ex governatore della Banca del Canada e della Banca d’Inghilterra, ha assunto la leadership del partito liberale, il centro sinistra, lo scorso marzo, succedendo a Justin Trudeau, che aveva ormai ricevuto troppe critiche di aver portato il paese troppo a sinistra e si è dimesso per salvare il suo partito. Nonostante la sua inesperienza politica, Carney ha rapidamente guadagnato consensi grazie alla sua competenza economica e alla promessa di difendere la sovranità canadese contro le pressioni statunitensi. Ha proposto tagli fiscali per la classe media, abolendo l’odiatissima tassa sul carbonio introdotta da Trudeau, spostando il partito verso il centro, e ha promesso una posizione decisa nei confronti di Washington. Per questo motivo, molti elettori del Quebec, tradizionalmente favorevoli al Bloc québécois, il partito di secessione della provincia francofona, hanno curiosamente deciso di sostenere il partito liberale e la sovranità canadese.

DI CONTRO, IL LEADER conservatore Pierre Poilievre, rappresentante del centro destra, noto per il suo stile populista e provocatorio, era inizialmente in testa nei sondaggi, ma la sua retorica simile a quella di Trump ha sollevato forti preoccupazioni tra gli elettori.

Queste elezioni rappresentano anche un momento complesso e delicato per l’Ndp (New Democratic Party, la sinistra canadese) e la leadership di Jagmeet Singh. Nel marzo 2022, l’Ndp aveva stipulato un accordo con i liberali, garantendo il sostegno in parlamento in cambio di politiche sociali come il programma di cure dentistiche per le famiglie a basso reddito. Ma nel settembre 2024, Singh ha annunciato la fine di questo accordo, criticando i liberali per aver deluso i canadesi, e dopo questa rottura, nonostante abbia cercato di posizionarsi come alternativa progressista, ha faticato a guadagnare terreno e il partito rischia un netto calo rispetto alle elezioni del 2021.

IN QUESTO CONTESTO, i cittadini canadesi, solitamente piuttosto distanti dalla politica, sembrano invece molto coinvolti. Lo prova l’affluenza record al voto anticipato, una tendenza ormai consolidata tra gli elettori canadesi, che scelgono sempre più spesso di votare prima del giorno ufficiale per comodità e per evitare attese ai seggi, che ha registrato un incremento del 26% rispetto al 2021 e del 33% rispetto al 2019. Le preoccupazioni riguardanti l’economia, la sicurezza nazionale e la leadership hanno motivato molti canadesi a partecipare attivamente. Anche se l’hockey arriva ancora prima della politica: in Quebec, infatti, il dibattito televisivo in francese dei principali candidati, un paio di settimane fa, è stato anticipato di due ore per non sovrapporsi a una partita cruciale dei Montreal Canadiens.

Altro aspetto interessante di queste elezioni è che, come da tradizione, nessun sistema di voto elettronico è stato utilizzato a livello federale, né per la raccolta né per il conteggio dei voti. Ogni scheda è stata scrutinata manualmente da funzionari elettorali sotto la supervisione di rappresentanti dei partiti, garantendo un processo trasparente ma inevitabilmente lento. I risultati ufficiali completi sono attesi diversi giorni dopo il voto, specialmente nei collegi più grandi o in quelli dove la competizione è molto serrata.

IN DEFINITIVA, molto probabilmente, si profila un governo di minoranza, che richiederà coalizioni o accordi parlamentari. I primi exit poll indicano i liberali in testa con un vantaggio sottile ma decisivo, i conservatori in calo rispetto alle aspettative iniziali e l’Ndp e il Bloc québécois con risultati regionalmente forti ma senza possibilità di formare governo.
Intanto, l’attenzione rimane focalizzata sulla capacità del prossimo leader di affrontare le sfide economiche e geopolitiche in un contesto locale e globale sempre più complesso.

 

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Alle 12:32 di ieri la penisola Iberica si è spenta. Un enorme blackout ha troncato tutte le comunicazioni, i trasporti, i pagamenti in Spagna e Portogallo. Migliaia le persone in trappola. Buio anche sulle cause, Sánchez: non escludiamo nulla

Spagna Buio sulla penisola iberica: trasporti, strade, aeroporti e telecomunicazioni collassano

La stazione ferroviaria di Sants a Barcellona è stata evacuata a causa di un'interruzione di corrente diffusa che ha colpito Spagna e Portogallo. Getty Images La stazione ferroviaria di Sants a Barcellona è stata evacuata a causa di un'interruzione di corrente diffusa che ha colpito Spagna e Portogallo – Getty Images

Erano le 12.32 quando d’improvviso in tutta la penisola iberica è andata via la luce. Blackout generale, come in Italia nel 2003 quando un albero portò il buio che durò quasi 24 ore. Si tratta di un apagón senza precedenti in Spagna, «eccezionale e totalmente straordinario», come ha dichiarato il presidente di Red Eléctrica Española, Eduardo Prieto, quasi due ore dopo. Si salvano solo le isole Baleari e le Canarie, oltre che Ceuta e Melilla (che sono in Africa), tutte regioni non collegate direttamente alla rete elettrica della penisola. Colpiti anche il Portogallo e per qualche ora alcune zone del sud della Francia.

UNO STOP che ha causato il collasso di tutti i sistemi di telecomunicazione e di tutte le infrastrutture, compresi i sistemi di trasporto. Fermi treni in tutto il paese, metropolitane, semafori, con vigili intenti a governare il traffico impazzito nelle principali città; negli ospedali, operazioni non urgenti posticipate (ma i gruppi elettrogeni hanno funzionato correttamente in tutto il paese), caos in stazioni e aeroporti, con il 20% dei voli in meno per ordine del governo (ma gli aerei hanno continuato a volare, mentre i treni erano tutti bloccati), gente intrappolata in vagoni di treni e metro, in ascensori o nei garage, linee telefoniche mute, Whatsapp intermittente per molte ore, Pos dei negozi inutilizzabili. Supermercati presi d’assalto, benzinai chiusi. Bazar pieni di persone che cercavano disperatamente radio, pile e candele. Solo chi aveva istallato placche solari autonome sul tetto non ha perso l’elettricità. La fragilità e la vulnerabilità del paese di fronte a questo tipo di incidenti sono palesi.

Il presidente del governo Pedro Sánchez è comparso alle 18 per una breve comunicazione, una immagine ormai diventata tristemente abituale, date tutte le catastrofi che ha dovuto gestire l’esecutivo socialista: eruzioni vulcaniche alla Palma, la pandemia, la terribile dana (tempesta) a València.

DAVANTI AI MICROFONI ha spiegato che per il momento la priorità del governo era quella di rimettere in sesto il sistema e restituire la luce alle case dei cittadini. A cui ha chiesto di limitare al massimo gli spostamenti, usare i telefoni solo per chiamate brevi, chiamare i numeri di emergenza solo per casi di effettiva emergenza e di fidarsi solo delle informazioni ufficiali, dato che come accade in questi casi, il numero di bufale senza senso che hanno subito iniziato a circolare era elevatissimo. «Non abbiamo informazioni definitive sulle cause», ha spiegato, aggiungendo che il governo non scarta nessuna ipotesi. Il fatto che l’esecutivo abbia fatto sapere di essere in contatto con «la Nato e le istituzioni europee» e che all’ora di chiusura del giornale non era stata ancora resa nota alcuna spiegazione per questo incidente straordinario fa comunque sospettare che una delle ipotesi in campo possa essere quella di un qualche tipo di ciberattacco. Anche se la commissaria europea per la Concorrenza, la spagnola Teresa Ribera, ha chiarito da Bruxelles che «non c’è nulla che ci permetta di affermare che si tratta di un boicottaggio o di un ciberattacco».

L’UNICA SPIEGAZIONE fornita dai tecnici è che c’è stata una «forte oscillazione nei flussi di potenza della rete» nel sistema elettrico europeo che ha causato l’interruzione generalizzata della distribuzione nella penisola iberica e nel sud della Francia, ma senza per

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