Il caso Smacco al vicepremier e ministro dei trasporti che vuole rivedere norme e diritti dei lavoratori Il sindacato di base: «Il caos lo ha creato lui, ha vinto la democrazia»
La terza sezione del Tar del Lazio ha accolto il ricorso dell’Unione Sindacale di Base (Usb) e ha sospeso la precettazione disposta martedì scorso dal vicepremier ministro dei trasporti Matteo Salvini che ha cercato di ridurre da 24 a 4 ore lo sciopero generale indetto nel lavoro pubblico, nei trasporti locali, in quelli ferroviari e marittimi. Lo sciopero, già iniziato ieri alle 21, si terrà per tutta la giornata di oggi fino alle 21 nel rispetto delle fasce di garanzia. Stamattina alle 9,30 da Porta Venezia a Milano e da piazzale Tiburtino a Roma partiranno i cortei organizzati dal sindacato di base. Dallo sciopero è stato escluso il trasporto aereo perché domenica 15 dicembre Filt Cgil, Uiltrasporti, Rsu, Cub Trasporti e Ugl ne hanno indetto un altro.
DALL’ORDINANZA di Salvini «non sono emerse le ragioni che possano sorreggere la precettazione – ha scritto il Tar del Lazio – I disagi discendenti dallo sciopero appaiono riconducibili all’effetto fisiologico proprio di tale forma di astensione dal lavoro, né sono emerse le motivazioni in base alle quali i disagi eccederebbero tale carattere, tenuto conto della vincolante presenza di fasce orarie di garanzia».
SALVINI HA REAGITO attaccando i magistrati, contrapponendo i sindacati ai lavoratori e i diritti di questi ultimi a quelli dei cittadini. Il ministro ha inoltre confermato l’intenzione di rivedere la legge che regolamenta gli scioperi in maniera restrittiva. «Per l’ennesimo venerdì di caos e disagi, i cittadini potranno ringraziare un giudice del Tar del Lazio. Lo strumento dello sciopero è da rivedere per l’interesse dei lavoratori. Lo sciopero gli toglie un giorno di stipendio e il resto dei cittadini ci rimettono giornate di salute. Non penso sia utile andare avanti di scontro in scontro, di precettazione in precettazione. Il diritto allo sciopero è sacrosanto ma nega il diritto di vivere». Ad avviso di Salvini esercitare il diritto di sciopero il 13 dicembre, a una decina di giorni del Natale, è inaccettabile perché rischia di violare la sua idea di «cittadino-consumatore».
LA SITUAZIONE è stata descritta in termini completamente diversi da Guido Lutrario di Usb in una conferenza stampa convocata ieri pomeriggio: «Oggi non ci sarà il caos. Ci sarà uno sciopero generale e generalizzato, sarà una bella giornata per la democrazia. Il caos lo ha creato Salvini con una precettazione illegittima che ha scavalcato la Commissione di garanzia che non ha trovato alcuna ragione di irregolarità nella convocazione dello sciopero – ha detto Lutrario – Salvini dimostra di non conoscere la legge, visto che continua a violarla con le sue ordinanze».
«L’ATTACCO DI SALVINI al diritto di sciopero non va sottovalutato – ha continuato Lutrario – anche se lo scopo primario del ministro è quello di ritagliarsi un ruolo e una visibilità in un momento in cui calano i consensi della Lega e anche quelli suoi personali». Per il sindacato di base la legge che regolamenta gli scioperi va cambiata ma in tutt’altra direzione. «È una delle più restrittive d’Europa e impedisce agli scioperi di protrarsi oltre le 24 ore – ha spiegato Lutrario – Ciò obbliga ad una procedura tortuosa e complessa che rende difficile proclamare le agitazioni. E ha dato la possibilità ai padroni e ai governi in tutti questi anni nelle condizioni di poter privatizzare i servizi pubblici e precarizzare fortemente il lavoro. I servizi sono essenziali solo quando si tratta di limitare il diritto di sciopero, non lo sono quando vengono privatizzati o tagliati come avverrà con la prossima legge di bilancio. Lo sciopero denuncia questa situazione, oltre che la crisi dei salari e l’assenza di politiche industriali».
LO SMACCO subìto da Salvini non è nuovo. Lo ha ricordato l’avvocato Arturo Salerni nella conferenza stampa. «Una situazione simile si è data il 15 dicembre 20243 in occasione di un altro sciopero indetto anche da Usb – ha detto – Salvini precettò, ma il 28 marzo 2024 il Tar annullò l’ordinanza e condannò il suo ministero a pagare le spese legali. Quello di ieri è un provvedimento importante perché difende un pilastro della democrazia costituzionale». Di «figuraccia di un ministro incapace e screditato» ha parlato ieri Arturo Scotto (Pd). Per Angelo Bonelli (Avs) Salvini «dovrebbe pensare alle ferrovie che registrano ritardi e cancellazioni». Per Riccardo Magi (Più Europa) «è Salvini che si astiene dal suo lavoro».
IN EMILIA ROMAGNA oggi Filt Cgil, Uiltrasporti e Orsa hanno dichiarato 8 ore di sciopero a causa dell’incidente costato la vita ad un macchinista di Mercitalia Rail travolto sui binari della stazione di Rubiera, nel Reggiano. «Un altro morto sul lavoro, a poche ore dalla strage dell’Eni di Calenzano. bisogna attribuire le responsabilità a chi le ha» hanno Federico Leoni e Giuseppe Ranuccio (Filt Cgil). Solo nei primi 10 mesi del 2024 il sistema del lavoro ha ucciso 890 persone.
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Siria L’Aanes curda proclama l’appartenenza al popolo siriano. La Turchia non si lascia impressionare e ripete che non permetterà l’esistenza di una entità curda nel paese arabo
Bombardamenti in Siria – Archivio Ap
Nel Rojava curdo è stato issato il tricolore con le tre stelle sventolato dai jihadisti e oppositori di Bashar Assad che domenica hanno costretto alla fuga il presidente siriano. «Siamo parte della Siria unita e del popolo siriano», affermavano ieri le Forze democratiche siriane (Sdf), ombrello di gruppi armati curdi e filo-curdi nel nord-est della Siria. «Le regioni dell’Amministrazione Autonoma Democratica nel nord e nell’est della Siria (Aanes) – hanno proseguito le Sdf – sono parte integrante della geografia siriana e gli abitanti di queste regioni appartengono alle componenti autentiche del popolo siriano. Perciò il Consiglio dei Popoli Democratici ha deciso di issare la bandiera siriana sui consigli, istituzioni, amministrazioni e strutture appartenenti all’Amministrazione Autonoma in tutte le province della regione».
Una voglia di far parte della Siria che, si spera, spingerà la Aanes a condividere le risorse del territorio sotto il suo controllo, a cominciare dai giacimenti di petrolio che sfrutta unilateralmente con l’aiuto e la benedizione di Washington mentre da anni la popolazione siriana fa i conti con la penuria di carburante, non solo per la corruzione del regime di Assad. Ma la bandiera con le tre stelle sventola nel Rojava perché la Aanes proclamandosi «parte della Siria» e abbassando i toni sull’autonomia conta di dissuadere la Turchia dal lanciare nuove sanguinose operazioni militari contro le regioni curde. I segnali in quella direzione sono arrivati subito quando si è sgretolato il potere di Assad. I mercenari del sedicente Esercito nazionale siriano al servizio di Ankara si sono lanciati all’attacco e hanno già provocato lo sfollamento dall’area di Aleppo di circa 100mila civili che ora cercano aiuto e assistenza nel Rojava.
Anche ieri la Turchia ha ripetuto che non permetterà «ad elementi terroristici» di trarre vantaggio «dall’incertezza nella regione e di prendere di mira la sovranità e l’integrità territoriale della Siria, la nostra posizione è chiara e determinata nella lotta contro le organizzazioni terroristiche». Quando parla di terroristi, il regime di Recep Tayyip Erdogan non si riferisce ai qaedisti di Hay’at Tahrir al Sham e agli altri gruppi che, grazie alla sua protezione, hanno potuto crescere e rafforzarsi nella regione siriana di Idlib, bensì alle forze curde siriane. Il Segretario di stato uscente Antony Blinken ha programmato un incontro con l’omologo turco, Hakan Fidan – giunto ieri a Damasco in visita ufficiale, ha riferito Al Jazeera – volto proprio frenare le intenzioni turche contro gli alleati curdi, sottolineando il ruolo fondamentale che i combattenti delle Sdf hanno avuto e ancora hanno contro l’Isis che sta rialzando la testa nella Siria orientale.
Il fascino del «jihadista buono» Abu Mohammad Al Julani (Ahmad Sharaa), intanto ha già conquistato il G7 e l’Europa, incluso il ministro degli Esteri italiano Tajani, che già si dicono disponibili a collaborare con le nuove autorità siriane, perché «i primi segnali sono positivi». E Al Julani, che ha sospeso la Costituzione e il Parlamento per tre mesi, fa il possibile per affermare la sua presunta «svolta moderata e inclusiva» in linea. Il G7 ieri si è detto pronto a sostenere un processo di transizione in Siria che «conduca a un governo credibile, inclusivo e non settario, che garantisca il rispetto dello stato di diritto, dei diritti umani universali, compresi i diritti delle donne, la protezione di tutti i siriani, incluse le minoranze religiose ed etniche». I suoi uomini nell’Amministrazione delle Operazioni Militari ripetono che non ci saranno restrizioni o limitazioni per nessuno nella «nuova Siria» e le minoranze saranno rispettate. Ma il modo in cui Hts ha plasmato il nuovo governo ad interim, portando a Damasco alti dirigenti dalla lontana Idlib, ha causato non poche preoccupazioni tra i siriani, inclusi alcuni simpatizzanti dell’opposizione anti-Assad laica. Al Julani continua a parlare di sicurezza e di punizioni – mercoledì ha detto che scioglierà i servizi segreti, chiuderà le prigioni e darà la caccia a chiunque sia stato coinvolto nella tortura e nell’uccisione dei detenuti -, ma non si è sbilanciato sulle politiche del futuro governo del premier ad interim Mohammed Bashir. Zakaria Malahifji, segretario generale del Movimento nazionale, descrive la mancanza di consultazione nella formazione di un governo ad interim come un passo falso. «Stanno nominando ministri di un solo colore, persino i poliziotti vengono da Idlib, ma la società siriana è diversificata in termini di culture, etnie, quindi francamente questo è preoccupante, ha detto.
Intanto è un turista americano, identificato come Travis Timmerman, l’uomo ritrovato ieri in Siria e inizialmente confuso col giornalista statunitense Austin Tice, arrestato dai servizi segreti siriani nel 2012 e ancora introvabile. Timmerman, rimasto in carcere alcuni mesi, sarà rimpatriato al più presto.
Commenta (0 Commenti)Riforme La decisione definitiva alla Consulta. Il governo può varare una norma che corregga la legge Calderoli per azzerare tutto. Zaia: «Asteniamoci»
Il ministro Roberto Calderoli, nel corso dei lavori della Camera dei deputati, sulle mozioni in materia di autonomia differenziata – Ansa
Il referendum sull’autonomia differenziata supera il secondo ostacolo, dopo il primo riguardante il numero di firme necessarie. Ieri mattina, infatti, la Cassazione ha dato il via libera al quesito, che dovrà affrontare tra un mese il vaglio di ammissibilità davanti alla Corte costituzionale. Se il governo varerà successivamente un decreto «salva legge Calderoli», si dovrebbe ancora tornare in Cassazione. E non è finita: se si arriverà alle urne ci sarà da superare la soglia del quorum. E su questo Luca Zaia ha già indossato la talare del cardinale Ruini, preannunciando di puntare sull’astensionismo.
IL PRONUNCIAMENTO di ieri mattina della Cassazione si era reso necessario per la sentenza della Corte costituzionale del 3 dicembre scorso (la ormai famosa 192 del 2024). Questa aveva dichiarato illegittime circa la metà delle norme della legge Calderoli, tra l’altro quelle più importanti. La Suprema Corte doveva dunque stabilire se sopravvivevano «contenuti normativi essenziali» e «i principi ispiratori» della legge. Venerdì scorso il presidente del Comitato promotore, Giovanni Maria Flick, aveva depositato una memoria, preparata dagli avvocati Enrico Grosso e Vittorio Angiolini, per sostenere le ragioni della validità del quesito totalmente abrogativo. La Cassazione è stata sintonica con queste argomentazioni, visto il pronunciamento di ieri.
UNA DECISIONE niente affatto scontata: alcuni esperti ritenevano che sarebbe accaduto il contrario. Il sì della Cassazione è stato salutato con entusiasmo dai promotori, sia gli attori sociali (come Christian Ferrari della Cgil o Ivana Veronese della Uil), che quelli politici (dal Pd a Avs, da M5s a Iv e +Europa) che hanno chiesto al governo di fermare le intese con le regioni. I governatori di destra, Attilio Fontana, Luca Zaia e Alberto Cirio, hanno sbeffeggiato il buon senso, dicendo che invece si va avanti con le intese. Se permane il referendum, è stato il ragionamento di Fontana e del ministro Roberto Calderoli, vuol dire che la legge «è viva e vegeta».
TRA UN MESE, entro il 20 gennaio, il quesito dovrà passare il vaglio di ammissibilità davanti la Corte costituzionale: la Costituzione impedisce referendum su leggi riguardanti la finanza pubblica e il governo aveva presentato il ddl come collegato alla legge di Bilancio 2023. Tuttavia il Comitato promotore è confidente in un ulteriore sì: precedenti pronunciamenti
Leggi tutto: Sì della Cassazione al referendum sull’autonomia - di Kaspar Hauser
Commenta (0 Commenti)Landini: sei sì per sei referendum
Roma, 12 dicembre - “Con il via libera della Cassazione ai sei quesiti referendari si apre una grande opportunità per il Paese. La Cgil, insieme ad un vasto mondo di associazioni e forze politiche, sosterrà convintamente le ragioni del sì ai referendum su: lavoro, autonomia differenziata e cittadinanza”. Ad affermarlo, in una nota, il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini.
Per il leader della Confederazione: “Sarà uno straordinario momento di partecipazione popolare per affermare la libertà di tutte e tutti. Bisogna porre fine ai licenziamenti ingiusti, alla precarietà, al lavoro insicuro, occorre dare cittadinanza a migliaia di italiani e fermare il progetto scellerato di spaccare il Paese con l'autonomia differenziata”.
“Finalmente, attraverso il voto, potremo tutti insieme partecipare e decidere di abrogare leggi sbagliate e ingiuste. È il momento - conclude Landini - del riscatto e della speranza per costruire un'altra società”.
Il palazzo della Corte di Cassazione, a Roma (ANSA/GIUSEPPE LAMI
Giovedì la Corte di Cassazione ha riconosciuto la validità della richiesta di referendum presentata dai partiti di opposizione con l’obiettivo di abrogare la discussa legge sull’autonomia differenziata, cioè quel provvedimento che dovrebbe consentire di trasferire alle regioni che lo richiedono competenze finora gestite prioritariamente dallo Stato. Non è ancora detto che il referendum – un’iniziativa su cui peraltro tutta l’opposizione al governo si era insolitamente compattata – si farà: sarà ora la Corte costituzionale a doverne confermarne l’ammissibilità, entro il 20 gennaio del 2025. Solo allora, eventualmente, il governo e il presidente della Repubblica potranno indire il referendum, che dovrà svolgersi nel caso tra il 15 aprile e il 15 giugno del 2025.
La decisione della Cassazione era molto attesa perché è stata presa dopo un pronunciamento della Corte costituzionale che aveva dichiarato parzialmente incostituzionale la stessa legge sull’autonomia: i quesiti referendari esaminati giovedì dalla Cassazione riguardavano proprio quel testo della riforma considerato in parte illegittimo, e dunque non era chiaro se la sentenza della Corte Costituzionale potesse essere un ostacolo per la loro validità. La Cassazione ha deciso di considerare ancora valido il quesito per l’abrogazione completa della legge, mentre ha ritenuto non più valido il quesito presentato da alcune regioni per un’abrogazione solo parziale.
Commenta (0 Commenti)Piazza Fontana 1969 - 2024 La bomba di Milano e quella del Rapido 904:oltre le responsabilità materiali restano aperte (e ambigue) le piste su complici e mandanti
L’interno della Banca dell’agricoltura di piazza Fontana a Milano poco dopo l’esplosione del 12 dicembre 1969 – Publifoto Press Torino/LaPresse
Tra la strage di piazza Fontana e quella del Rapido 904 passano 15 anni. È in questo arco di tempo che gli storici inquadrano la cosiddetta «Strategia della tensione», un percorso di sangue e dinamite cominciato con il «centrosinistra organico» del doroteo Mariano Rumor e finito con Bettino Craxi alla guida del pentapartito, per dire quanto, nel mentre, sono cambiato i connotati della Repubblica.
PER I FATTI del 12 dicembre 1969 (17 morti per lo scoppio di un ordigno nella sede milanese della Banca dell’agricoltura) una verità giudiziaria esiste, anche se contorta, ed è contenuta in una sentenza di Cassazione del giugno 2005: la responsabilità è del nucleo padovano di Ordine Nuovo guidato da Franco Freda e Giovanni Ventura, non perseguibili però perché in precedenza già assolti per gli stessi fatti. Il resto, come sempre nella storia delle stragi, resta sfumato, anche se gli storici hanno ormai pochi dubbi (anzi nessuno) nel citare frange dei servizi segreti come complici e mandanti. E non si parla solo di italiani.
Era il primo luglio del 1997 quando la Commissione stragi ascoltò il senatore a vita Paolo Emilio Taviani (che nel 1969 era ministro del governo Rumor) dire una frase di estrema chiarezza: «Che agenti della Cia si siano immischiati nella preparazione degli eventi di piazza Fontana e successivi è possibile, anzi sembra ormai certo: erano di principio antiaperturisti e anti-centrosinistra. Che agenti della Cia fossero fornitori di materiali e fra i depistatori sembra pure certo».
SUI MATERIALI, cioè sugli esplosivi, c’è una pista ancora aperta: l’ha seguita negli ultimi anni la procura di Brescia e attualmente è al vaglio processuale nell’ennesimo (e forse ultimo) capitolo giudiziario di un’altra strage, quella di piazza della Loggia del 1974. La tesi investigativa, suffragata da diversi riscontri, è che «i materiali» facessero parte di un fitto giro di scambi di varia natura tra Ordine Nuovo e la base Nato di Verona. Sui depistaggi pure ci sono pochi dubbi: la colpa della strage venne inizialmente attribuita agli anarchici. Pino Pinelli volò giù da una finestra della questura dopo due giorni di interrogatorio, Pietro Valpreda venne dipinto come un mostro, incarcerato e sottoposto a una lunga trafila di processi. Solo nel 1987 una sentenza decreterà in via definitiva la sua innocenza (e l’estraneità ai fatti di Pinelli ). Diciotto anni dopo la tragedia, quando ormai la verità era andata via e l’opinione pubblica era in altre faccende affaccendata.
I DEPISTAGGI e le verità mutilate sono anche le due principali caratteristiche della strage del 23 dicembre 1984, quella della bomba esplosa
Leggi tutto: Indagini infinite nella zona grigia delle stragi - di Mario Di Vito
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