Lettera aperta del combattente per la libertà e Presidente emerito dell'ANPI, Carlo Smuraglia. Di seguito la risposta delle "sardine" di Milano.
Lettera aperta alle “Sardine”
Care “sardine”, sto seguendo le vostre iniziative, con l'attenzione dovuta a tutto ciò che si “muove” in questa società, troppo statica e troppo spesso legata ad antiche prassi ed abitudini. Non ho nulla da suggerirvi e da proporvi, non solo perché non ne avete bisogno, ma perché sarebbe sbagliato. Ognuno ha il diritto – dovere di prendere in mano il proprio destino, così come molti di noi hanno fatto con la scelta partigiana nell'ormai lontano autunno del 1943. Gli sbocchi sono sempre incerti ed indefinibili a priori e nessuno ha il diritto di interferire, ferma restando la speranza che ne esca qualcosa di positivo per il complesso della vita politica e sociale italiana, così insoddisfacente per molti di noi (e di voi, credo).
Ho notato, però, un particolare che mi è parso assai interessante: durante la manifestazione svoltasi a Milano si sarebbero letti dal palco, alcuni articoli della Costituzione. Non so quali, perché ero a casa per una indisposizione che mi impediva di uscire in una giornata di pioggia. Il fatto, però, mi è sembrato positivo perché rappresenta quello che spero possa essere una premessa dello sviluppo delle iniziative che continueranno a svolgersi in tutta Italia.
Sostengo da tempo, come disse molto tempo fa Piero Calamandrei, che nei momenti difficili del Paese, il punto di riferimento deve essere la Costituzione. È questa che deve illuminarci, nei periodi più ardui e complessi, come punto di riferimento di ogni azione, perché la Costituzione è di tutti.
Io credo che già la lettura dei primi dieci articoli della Costituzione costituisca da sola un vero e proprio indirizzo per le azioni individuali e collettive. Ma sono anche convinto che l'intero “spirito” della Costituzione debba essere colto come un indirizzo, un “faro” che può guidarci, appunto quando tutto appare difficile e complicato e quando occorre individuare le vie d'uscita da un sistema che non riesce più a soddisfare i bisogni, i desideri, le attese della gente.
Ma c'è ancora una cosa su cui desidero richiamare la vostra attenzione. È pacifico che questa Costituzione si compone di affermazioni di valori, di princìpi e di impegni solenni per garantire l'effettività dei diritti, della uguaglianza e degli stessi valori concentrati soprattutto nella prima parte. Ebbene, la non attuazione di moltissimi di questi impegni è sotto gli occhi di tutti (dal lavoro, all'ambiente, alla tutela del patrimonio artistico, allo sviluppo della cultura, alla realizzazione di una vera “pari dignità sociale” e così via).
La sola attuazione di questi aspetti fondamentali della Costituzione rappresenterebbe un cambiamento sostanziale del sistema politico e sociale, un miglioramento della convivenza civile, uno sviluppo della rilevanza della persona e della sua dignità: insomma, una vera rivoluzione pacifica.
È un profilo importante, che mi permetto di sottoporre alla vostra attenzione, per ogni possibile sviluppo. Se intervengo su questo punto, lo faccio per convinzione personale (del resto, ho pubblicato due anni fa un libro con un titolo significativo: “Con la Costituzione nel cuore”) e per indicare una possibile e forse necessaria via di approfondimento.
Leggete dunque queste parole non come una interferenza, che non mi permetterei mai, ma come una sollecitazione a riflettere su un punto importantissimo della vita nazionale, verso la quale voi stessi avete espresso un segnale inequivocabile di attenzione.
Cari saluti e molti auguri,
Carlo Smuraglia, Presidente emerito dell'ANPI - Milano, 3 dicembre 2019
LA RISPOSTA DELLE "SARDINE" DI MILANO 5 dicembre 2019
Caro professor Smuraglia,
le sue parole non sono certamente un'interferenza, ma semmai uno stimolo a portare avanti i valori di una Costituzione che il mondo intero ci invidia.
Quando ci siamo interrogati su come aprire il flash mob di domenica in piazza Duomo ci è sembrato naturale farlo con la lettura dei primi 12 articoli della Costituzione per ribadire, oggi come allora, questi principi fondamentali che, come lei stesso ricorda, sono il “faro” che può guidarci in questo momento in cui la politica sembra fatta solo di slogan e di odio anziché di rispetto e inclusione.
Abbiamo pensato che fosse importante che fossero i più giovani tra noi a dar voce alla nostra Costituzione e ancor più che a farlo fossero dei ragazzi italiani di fatto ma non di diritto.
Ma gli articoli della Costituzione vanno messi in pratica ogni giorno nella vita del Paese, vanno attuati realmente per poter arrivare all'effettivo riconoscimento dei diritti fondamentali: il lavoro, l'uguaglianza, la dignità sociale.
Diritti che che per la piazza del primo dicembre sono inalienabili e indispensabili per la convivenza in una società come quella attuale che, pur molto diversa da quella del dopoguerra e delle lotte partigiane, presenta ancora troppe ineguaglianze e limitazioni dei diritti civili e sociali, anche per la mancata attuazione di alcuni dei principi costituzionali.
Le sue parole però sono per noi anche un monito, perché ci spingono a riflettere ancora più profondamente su queste tematiche e sono, per noi tutti, un invito a portare avanti la rivoluzione pacifica contro ogni forma di razzismo e di fascismo contrastando, con determinatezza, l'odio e la discriminazione sostituendoli con la solidarietà, l'inclusione, l'accoglienza, il rispetto dei diritti, la laicità e la dignità sociale.
La ringraziamo pertanto delle sue preziose parole e dandole appuntamento in una delle prossime piazze, le assicuriamo che saremo tra le tante e i tanti che portano avanti quei valori che hanno animato lei e tutti i partigiani ed hanno contribuito alla Resistenza e alla nascita della Costituzione italiana.
5 dicembre 2019
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Un documento ritrovato. Ravenna, 14 gennaio 2002
Come dimenticare Francesco Saverio Borrelli? In realtà, in questi suoi ultimi anni di silenzio, non lo abbiamo mai dimenticato.
Furono le sue parole che ci misero in movimento, simultaneamente, a Ravenna e in tanti altri luoghi, in Italia. Ricordo bene l’intensa emozione che ebbi nell’ascoltare le parole con le quali concluse l’apertura dell’anno giudiziario a Milano, il 12 gennaio 2002. Resistere, resistere, resistere, come su una irrinunciabile linea del Piave. E i parlamentari di centro destra che lasciano il palazzo di Giustizia, cartina di tornasole. Le sue parole avevano colpito nel segno. Parole semplici e dirompenti, che mossero molte coscienze. Con il resistere, musica per orecchie antifasciste, come erano – e sono – le nostre. E per orecchie casomai meno radicali delle nostre ma colpite dal linguaggio risorgimentale e patriottico una irrinunciabile linea del Piave. La patria è in pericolo.
Il mattino dopo, nella mia scuola, un gruppo di docenti si mosse. Un breve comunicato stampa di solidarietà, firmato in pochi minuti da decine di colleghi. La stampa ci aiuta. Nel giro di pochi giorni le decine diventano centinaia. Il Resto del Carlino ci dedica una locandina a grandi caratteri 750 le firme raccolte in pochi giorni. Arrivano firme da altre scuole, da cittadine e cittadini. Entusiasmo. A Firenze, dopo poche settimane, il Laboratorio per la Democrazia indice un corteo a tamburo battente. Aspettavano mille persone. Ne arrivano dodicimila. Comincia, in quasi tutte le città, la stagione dei girotondi. Anche a Ravenna. Entriamo in contatto con la sede ravennate dell’ Associazione Nazionale Magistrati. Fondiamo il Comitato Emergenza Legalità, attivo poi per molti anni. Dopo il 2006 ci rinominammo, speranzosi, Comitato per la Legalità e la Democrazia. Portammo il tema legalità costituzionale in molte scuole, con la preziosa e continuativa collaborazione di Gherardo Colombo. Il 23 febbraio 2002, poco più di un mese dopo resistere, MicroMega convoca a Milano, al Palavobis, una manifestazione nazionale a sostegno della indipendenza della Magistratura. Organizziamo pulman da Ravenna, che si riempiono in poche ore. Si aspettavano, a Milano, diecimila persone, ne arrivano quarantamila. Per chi non riesce ad entrare, altoparlanti esterni. Un pomeriggio memorabile, indimenticabile. Passione civile altissima. Per qualche anno ci siamo scherzosamente definiti quelli del Palavobis. Resistenti ostinati. Questa mobilitazione sfociò poi, dopo quattro anni, nel movimento referendario che disse NO alla riforma costituzionale di Berlusconi.
Il seguito è altra storia.
Ho ritrovato il comunicato ravennate del 14 gennaio 2002.
Solidarietà a Ilda Boccassini e a tutta la Magistratura libera e indipendente
Le sottoscritte e i sottoscritti docenti del Liceo Classico Dante Alighieri e dell’Istituto Magistrale Margherita di Savoia di Ravenna esprimono la loro piena solidarietà a Ilda Boccassini, a Francesco Saverio Borrelli, all’intera Procura di Milano e ai magistrati che, in tutta Italia, hanno pubblicamente e doverosamente espresso il loro dissenso per l’attacco anticostituzionale del Governo al libero svolgimento delle loro funzioni.
Invitano inoltre le cittadine e i cittadini ad esprimere direttamente e pubblicamente solidarietà e sostegno al coraggio civile di Magistrati che chiedono semplicemente di potere fare il loro dovere, nel rispetto dei compiti a loro affidati dalla Costituzione della Repubblica.
Ravenna, 14 gennaio 2002
Leggo della delusione di Borrelli nei suoi ultimi anni per l’incerto stato di salute della Repubblica. Comprensibile delusione. Ma, come sottolinea Gherardo Colombo nella intensa e commossa intervista rilasciata oggi a la Repubblica, la legge deve svolgere il suo compito. Aggiunge, poi. Quando la cultura (cioè la tolleranza della corruzione) e le leggi confliggono, a rimetterci sono queste ultime. Cultura. Dispiace dirlo, perché la parola cultura ci piace. Ma è cultura, mentalità, senso comune diffuso anche il disprezzo delle leggi, e il farla franca.
La patria è in pericolo anche oggi? Credo che ognun* di noi possa porsi, laicamente, questo interrogativo. Interrogativo che rilancio in questo mio ultimo saluto a un grande kantiano, di fatto e di diritto. Così lo ha definito la figlia Federica. Grande omaggio a chi ha difeso la Repubblica, con la Costituzione sempre in mano.
Paola Patuelli
Ravenna, 21 luglio 2019
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La Costituzione è di nuovo sotto attacco.
Il regionalismo differenziato è in realtà previsto come possibilità dalla riforma costituzionale del Titolo V approvata nel 2001 ma rischia di consegnarci un’altra Italia frazionata con una diversa attuazione dei diritti universali a seconda delle regioni.
Di fronte a conseguenze potenzialmente così gravi è necessario che nel Paese si apra un dibattito serio e trasparente che induca a spezzare il silenzio (e addirittura la segretezza) nel quale avvengono gli accordi.
Per questo il nostro Comitato ha partecipato recentemente a due incontri sul Regionalismo differenziato, uno a Bologna, organizzato dal CDC regionale (Coordinamento per la Democrazia Costituzionale E.R.) ed uno a Roma, organizzato dal CDC nazionale. Lo scopo è stato soprattutto informativo. Ne abbiamo tratto la convinzione che si tratta di una questione difficile da comunicare ma molto grave; anche se formalmente non si pone in essere una modifica del testo della Costituzione, dagli accordi fra il Governo e alcune regioni ne deriverebbe una modifica profonda addirittura della forma dello Stato e verrebbero intaccati anche diritti universali.
Come sapete Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna hanno avanzato richieste, le prime due supportate da referendum consultivi, la terza per iniziativa del Presidente e della Giunta regionale ed è stato firmato un preaccordo dal governo Gentiloni, già dimissionario nell’ultimo mese di attività, a pochi giorni dalle elezioni, quando si sarebbe dovuto limitare all’ordinaria amministrazione (e questo è il primo strappo alla Costituzione).
Ora sembra che siano stati firmate già delle bozze di accordo con il nuovo Governo, - difficili anche da definire e da conoscere, poiché tutto avviene nel più grande silenzio, sia da parte delle Regioni, sia da parte del Governo – per ottenere autonomie che in sostanza rischiano di trasferire alle regioni potestà che fino ad oggi sono state in capo allo Stato e che costituiscono anche garanzie dell’unità nazionale. Infatti verrebbero “regionalizzati” servizi legati a beni pubblici fondamentali, come l’istruzione, la sanità, la sicurezza del lavoro, la protezione dell’ambiente e dei beni culturali. Il tutto prevedendo un passaggio alle Camere solo per accettare o rifiutare gli accordi, delegittimando ancora il Parlamento su materie che sono di carattere legislativo e non amministrativo.
Come ha sottolineato Alfiero Grandi (vicepresidente del CDC): “… i diritti fondamentali oggi garantiti dalla Costituzione agli italiani con questa autonomia differenziata non sarebbero più uguali per tutti ma dipenderebbero dalla regione di appartenenza, con un aumento dei costi tanto che il Ministero dell’Economia ha chiesto garanzie sul non aumento, quindi i costi sarebbero a carico delle altre regioni …”
Tutto ciò in un contesto in cui alcune norme costituzionali decisive in materie per rendere legittima la concessione di maggiori poteri ed autonomia, restano ancora disattesi, a partire dalla definizione dei LEP (Livelli essenziali di prestazione).Già ora, a seguito delle politiche dei tagli, i finanziamenti agli Enti locali avvengono non su necessità e bisogni, ma su dati storici, il che significa che se, per esempio, in una città del Sud, non sono stati aperti nei precedenti anni asili nido, non verranno dati finanziamenti per gli anni successivi, anche se la richiesta c’è.
Come ha osservato Massimo Villone, questa scelta “… lascerebbe il Sud con i gravi ritardi di oggi nelle infrastrutture e nei servizi …” e per le tre regioni si stabilirebbe “un privilegio sulle risorse pubbliche, con garanzia che possano solo salire e mai scendere, e con quote riservate per gli investimenti. Altri dovranno stringere la cinghia per garantire i fortunati, e tanti saluti ai diritti uguali per tutti … In Campania continueremo a morire prima, i bambini a non avere asili nido, gli studenti ad avere meno strutture e borse di studio, i treni ad ansimare su vecchie rotaie.”
Per evitare questa svolta pericolosa occorre soprattutto impegnarsi nel diffondere informazione sul tema e far sentire la nostra voce, costringendo il Governo e le Regioni ad un dibattito aperto ed alla luce del sole. È poi fondamentale restituire al Parlamento il pieno diritto a deliberare nel merito di quella che si configura - non nella forma, ma nella sostanza - come una vera e propria riforma costituzionale.
Noi ci proviamo.
per il Comitato di Faenza per la valorizzazione e la difesa della Costituzione
Antonella Baccarini
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Si dimette Panos Kammenos, leader di ANEL e ministro della Difesa ma Tsipras va avanti.
Si è dimesso Panos Kammenos, leader del partito di destra ANEL, alleato di SYRIZA e ministro della Difesa.
Kammenos ha annunciato anche il ritiro dei membri del suo partito dal governo. Come è noto ANEL è partner di minoranza nell'esecutivo guidato da Tsipras.
Le dimissioni sono una conseguenza dell'accordo di Prespes, stipulato per porre fine ad un annoso braccio di ferro fra Grecia e FYROM ( ex Repubblica Jugoslava di Macedonia). L'accordo è stato approvato ieri dal parlamento macedone e nei prossimi giorni sarà sottoposto al voto del parlamento greco.
In seguito all'annuncio delle dimissioni di Kammenos, Alexis Tsipras ha annunciato che chiederà il voto di fiducia alla Camera mercoledì prossimo e contemporaneamente ha nominato il nuovo ministro della Difesa, l'ammiraglio Evanghelos Apostolakis.
Da parte sua Panos Kammenos in conferenza stampa ha dichiarato che lascia il governo perchè non approva l'accordo di Prespes che ha stabilito che da ora in poi l'ex repubblica jugoslava si chiamerà Macedonia del Nord e non semplicemente Macedonia. Oltre al cambio di nome l'accordo prevede che l'ex repubblica macedone rinunci ad ogni pretesa irredentista nei confronti della Macedonia greca e ponga fine ai tentativi di usurpazione delle sue radici storiche -culturali.
A tale scopo si impegna a procedere alle necessarie modifiche costituzionali, al cambio di nome dell'autostrada e dell'aeroporto, alle dovute correzioni dei libri di storia, all'abbattimento delle mastodontiche statue di Alessandro Magno sparse per il paese e in generale a rinunciare a tutti i simboli che fanno riferimento al patrimonio storico -culturale della Grecia, insomma a sgombrare il campo da ogni equivoco sull'identità di questa piccola nazione e sulle radici slave della sua lingua. Ma per Kammenos tutto questo non è sufficiente. Preoccupato evidentemente dei prossimi risultati elettorali e della possibilità di perdita di consensi a destra, il dimissionario ministro della Difesa ha dichiarato che i suoi sentimenti patriottici non gli consentono di accettare nessuna denominazione che comprenda la parola "Macedonia". Questa d'altronde è la posizione che ufficialmente hanno assunto tutti gli altri partiti presenti in parlamento, dal KKE ad Alba Dorata.
Il divorzio fra SYRIZA e ANEL era nell'aria da un po' di tempo e nel separarsi entrambi i leader hanno espresso parole di stima e apprezzamento reciproci. La loro alleanza è nata nel gennaio 2015, dopo che il risultato elettorale consegnò la vittoria a SYRIZA senza però garantirle l'autosufficienza per governare. SYRIZA e ANEL, due partiti profondamenti diversi e appartenenti a schieramenti opposti, di fronte alla gravità della situazione in cui versava il Paese, si allearono con la promessa di portare la Grecia fuori dalla crisi e di liberarla dai memoranda.
In questi quattro anni di governo hanno collaborato su molte cose, su altre sono emerse invece le differenze di vedute e la diversa provenienza politica. Per esempio in tema di diritti civili come è stato per le unioni omosessuali e per la libertà di scelta dell'identità di genere, ma anche e soprattutto per i rapporti fra Stato e Chiesa.
Fra SYRIZA e ANEL, ovviamente, esistono differenze anche in politica estera e i contrasti sull'accordo di Prespes ne sono conseguenza. Da parte di SYRIZA c'è la convinzione che la questione "SKOPJE" non era più rinviabile perchè
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Per il Diritto alla Riparazione. Rischiamo di perdere un’occasione unica per trasformare la nostra attuale economia “usa e getta”: c’è il rischio concreto che i paesi membri dell’Unione Europea diluiscano o votino contro alcune misure chiave del Pacchetto sull’Economia Circolare, che stipula prodotti più riparabili e più longevi.L’Italia e’ tra i paesi che stanno bloccando ...
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